Nel caso di specie il legale, in qualità di amministratore di sostegno, si faceva autorizzare dal giudice tutelare l'acquisto di un appartamento sostenendone la proprietà del proprio coniuge, ma tacendo che tale immobile era gravato da ipoteca.
A seguito di esposto, il COA di Lecco addebitava ad un avvocato comportamenti deontologicamente rilevanti nello svolgimento del proprio incarico di amministratore di sostegno della madre della denunciante. In particolare, in combutta con il giudice tutelare si faceva autorizzare, per conto dell'amministrata malata di Alzheimer, l'acquisto di un appartamento e di un box di proprietà del proprio coniuge per il prezzo di 320mila euro, nascondendo che era gravato da ipoteca per un importo superiore a 500mila euro; mentre la nomina del curatore speciale, richiesta per via del potenziale
Il COA di Lecco sospendeva il procedimento disciplinare in attesa dell'esito del procedimento penale, conclusosi con la condanna per il reato di tentato abuso d'ufficio in concorso con il magistrato.
La controversia giunge dinanzi al CNF, il quale ritiene che la sanzione della sospensione per anni 2 dall'esercizio della professione «sia commisurata alla gravità del fatto, al comportamento dell'incolpato (…) alla particolare intensità della compromissione dell'immagine della professione forense, tenuto anche conto del fatto che non vi è stato pregiudizio per la parte assistita e della vita professionale dell'incolpata fino al momento del fatto».
In merito alla lamentata violazione dell'art. 24 C.d.f., il Consiglio ritiene che essere risulti integrata nel caso in esame, poiché è sufficiente «la semplice sussistenza di un interesse da parte del professionista, non solo contrapposto ma anche concorrente rispetto a quello della parte assistita, potenzialmente confliggente (…) tale da determinare l'integrazione della fattispecie contestata, in quanto tale interesse potrebbe comunque interferire con lo svolgimento dell'incarico professionale e la cura degli interessi della parte assista».
In relazione all'elemento psicologico necessario ad integrare l'illecito disciplinare, prosegue il CNF, è sufficiente la "suitas" della condotta intesa come volontà consapevole dell'atto che si compie, altrettanto comprovata nel caso in esame.
Con sentenza n. 257 del 20 dicembre 2022, il CNF accoglie il ricorso e commina all'avvocato la sanzione in anni due di sospensione dall'esercizio della professione.