Un avvocato presenta ricorso al CNF contro la sanzione della censura emessa nei suoi confronti dal CDD per mancato assolvimento dell'obbligo formativo.

 

In particolare, il legale deduce di aver sempre svolto la professione con competenza e capacità e che il mancato assolvimento dell'obbligo formativo non avrebbe portato nocumento ai clienti, né leso l'onorabilità del suo COA in quanto egli avrebbe sempre curato, attraverso lo studio, la propria competenza professionale, così come l'incremento dei redditi e del numero delle pratiche gestite dimostrerebbero di per sé la competenza e la preparazione professionale.

 

Il CNF, rigettando il ricorso con sentenza n. 123/2024, chiarisce innanzitutto che «l'obbligo di formazione continua sussiste per il solo fatto dell'iscrizione nell'albo e non subisce deroga né attenuazioni nel caso di impegni professionali ritenuti tanto assorbenti da precludere (..) la stessa possibilità materiale di acquisire i “crediti formativi” richiesti». Affermando diversamente, detto obbligo finirebbe per dover essere adempiuto con le modalità regolamentari previste solo dall'iscritto all'albo che svolga la propria attività in modo marginale, episodico e discontinuo.

 

In secondo luogo, lo stato di necessità conseguente a grave malattia, propria o di un proprio familiare, che esclude la rilevanza disciplinare della violazione dell'obbligo di formazione continua pur in mancanza di una previa richiesta o concessione di esonero ex art. 15 Reg. CNF n. 6/2014, non ricorre allorché sia meramente affermato, ovvero rimasto privo di ogni riscontro documentale o probatorio.