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Al difficile rapporto tra la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense vicenda e l'Agenzia delle Entrate - Riscossione (ADER) relativamente alla riscossione dei contributi previdenziali forensi non versati, si aggiunge un nuovo capitolo. Cassa Forense aveva affidato a Equitalia Sud la riscossione di contributi previdenziali per diversi anni (dal 1996 al 2003, e poi 2007 e 2008), riguardanti avvocati iscritti alla Cassa che non avevano corrisposto quanto dovuto. Stante il mancato riversamento a Cassa Forense di somme non riscosse, l'ente previdenziale aveva ottenuto dal Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo per l'importo complessivo di quasi 23 milioni di euro a titolo di conguaglio. L'opposizione proposta da ADER veniva rigettata in primo grado ed invece accolta nel giudizio di appello, che conseguentemente revocava il decreto ingiuntivo. Cassa Forense ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello. |
La Corte di Cassazione, nell'ordinanza n. 24043 del 13/06/24 e pubblicata il 6/09/24 ha rimesso gli atti alla Prima Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della seguente questione di diritto (definito testualmente dalla Prima Sezione "di particolare importanza", sia perchè relativo al delicato tema della parità delle armi processuali e retroattività del diritto CEDU, sia perchè attinente ad un contenzioso di portata rilevante): «Se, in tema di riscossione coattiva tramite ruoli dei crediti della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, il quadro normativo complessivo, in particolare quello disciplinato dalle leggi n.228/2012 e n.190/2014, sia compatibile o meno con l’art.6 par. 1 CEDU, quale norma interposta in relazione al parametro di cui all’art. 117, primo comma, Cost., avuto riguardo ai seguenti profili: a) la ricorrenza, nella specie, di elementi sintomatici di un uso distorto della funzione legislativa, come individuati nella pronuncia n.210/2021 della Corte Costituzionale (ADER, ente pubblico, è parte del giudizio; il primo intervento legislativo che ha inciso significativamente sul meccanismo del discarico, pur prevedibile, è avvenuto nel 2012, mentre quello precedente, parimenti finalizzato a perseguire esigenze di razionalizzazione del sistema di riscossione mediante ruolo, risale al 1999); b) l’incidenza, nella ponderazione dei motivi imperativi di carattere generale, sia della preponderanza di considerazioni di natura finanziaria (Cfr. Corte Cost. n.145/2022), sia della necessità di bilanciamento dell’interesse generale con quello legato alla finalità solidaristica della Cassa, in tesi pregiudicata nel suo equilibrio finanziario in considerazione dell’elevato numero di debitori, dell’accumularsi negli anni delle poste in riscossione tramite ruoli e dell’ingentissimo importo complessivo dei crediti già dichiarati inesigibili o a rischio di inesigibilità; c) il continuo e prolungato susseguirsi negli anni delle proroghe dei termini per la dichiarazione di inesigibilità, in quanto i “meccanismi comportanti una lunghissima dilazione temporale” sono difficilmente compatibili con la fisiologica dinamica di una riscossione ordinata e tempestivamente controllabile delle entrate (Corte Cost. n.51/2019 e Corte Cost. n.18/2019); d) la duratura incertezza, derivante dalle suddette proroghe, sull’esito della riscossione e sulla definizione dei rapporti debitori, nonché, di riflesso, l’allungamento considerevole della durata del processo; e) l’incidenza delle suesposte considerazioni sull’efficace esperibilità di rimedi alternativi (azione diretta della Cassa verso gli iscritti debitori), che deve concretarsi nella "ragionevole possibilità di preservare le proprie ragioni, senza trovarsi in una situazione di netto svantaggio rispetto alla controparte" (Corte Cost. n. 210/2021)». Se fino all'abrogazione da parte del D.Lgs. n. 112/1999 il concessionario (ADER, nel caso) aveva l'obbligo di anticipare a Cassa Forense il gettito delle procedure di riscossione (c.d. meccanismo del "non riscosso come riscosso"), salva la possibilità di recuperare quanto anticipato solo ove avesse agito diligentemente nella procedura di riscossione senza però riuscire a recuperare il dovuto (c.d. "diritto al discarico"), a seguito di detta abrogazione è stato introdotto il diverso sistema per cui il concessionario, una volta ricevuti i ruoli, provvede alla riscossione dei relativi importi e, solo dopo averli riscossi, ha l’obbligo di riversarli alla Cassa. In caso di omessa riscossione il concessionario può ottenere il «discarico per inesigibilità» (senza quindi obbligo di versare i relativi importi alla Cassa) soltanto ove abbia rispettato determinati adempimenti (previsti dall’art. 19, lett. a, b, c, d, e, del D.Lgs. n. 112/1999), mentre perde il diritto al discarico (con conseguente obbligo di pagamento alla Cassa dei relativi importi) ove, al termine della procedura prevista dall’art. 20 D.Lgs. n. 112/1999, venga accertata una sua responsabilità in ordine alla mancata riscossione. Sul punto è poi intervenuta la L. n. 228/2012 (Legge di stabilità per il 2013) nonchè il Decreto attuativo 15/06/15 del Ministro dell'Economia e delle Finanze per stabilire:
Come già precisato in altre sentenze di legittimità, per quel che riguarda i ruoli ante 1999 l'annullamento del ruolo non coincide con l'annullamento del credito sottostante, che ben potrà essere successivamente azionato con la procedura ordinaria. Per quel che concerne i ruoli successivi al 1/01/2000, i problemi sollevati da Cassa Forense si concentrano sulla proroga dei termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità, sull’eliminazione delle cause di decadenza per la mancata rendicontazione e sull’applicazione retroattiva della normativa introdotta dal L. n. 190/2014, che modifica le condizioni di discarico e di responsabilità dell’esattore. Infatti mentre per la Corte d'Appello il mancato invio delle comunicazioni di inesigibilità, come riformulate dalla L. n. 190/2014, non costituiscono causa di perdita del diritto al discarico in quanto i rapporti non possono ancora ritenersi definiti, la tesi sostenuta da Cassa Forense è che, trattandosi di norma sostanziale, non possa che trovare applicazione soltanto a partire dal 1/01/2015, e non precedentemente. |
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La decisione della Corte di Cassazione di rinviare alle Sezioni Unite sottolinea la delicatezza della questione, che presenta profili di rilevanza costituzionale e comunitaria (in particolare il rispetto dell'art. 6 CEDU, ovvero il principio della preminenza del diritto e la nozione di giusto processo, secondo cui non può esservi interferenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia, finalizzata ad influenzare l'esito di un giudizio). L'ordinanza affronta temi chiave della gestione della previdenza forense e anche della sostenibilità del sistema di riscossione dei contributi, con risvolti pratici significativi per la Cassa Forense e i suoi iscritti. |
Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza interlocutoria (ud. 13 giugno 2024) 6 settembre 2024, n. 24043
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 19521/2015 il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione proposta da Equitalia Sud s.p.a., agente per la riscossione subentrato a Equitalia Polis S.p.A., avverso il decreto ingiuntivo per l’importo di € 22.869.531,58, oltre accessori, ottenuto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, a seguito del pagamento soltanto parziale degli importi recati nei ruoli, relativi all'ambito di Napoli, emessi per gli anni 1996 suppletivo, 1997 ordinario e suppletivo, 1998 ordinario e suppletivo, 1999 ordinario, 2000, 2001, 2002, 2003, 2007 e 2008 e pertanto dovuta a titolo di conguaglio, in conseguenza del mancato riversamento di somme non riscosse, iscritte nei ruoli trasmessi al concessionario negli anni suindicati e rimaste insolute, nonostante le procedure esecutive avviate nei confronti dei debitori della Cassa (Avvocati iscritti all'ente di previdenza);
2. Con sentenza n. 4112/2020, pubblicata in data 9 settembre 2020, non notificata, la Corte di appello di Roma ha accolto l’appello proposto da Equitalia Sud, di seguito Agenzia delle Entrate Riscossioni, e ha revocato il decreto opposto, a spese compensate;
3. Avverso la predetta sentenza, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, affidato a sette motivi, resistito con controricorso da ADER, subentrata a Equitalia Sud, chiedendone l’inammissibilità o il rigetto;
4. Con ordinanza interlocutoria del 3-7-2023 è stata disposta la trattazione del ricorso in pubblica udienza, stante la necessità di approfondimento delle questioni poste dai motivi sesto e settimo; le parti hanno depositato memorie illustrative; alla pubblica udienza del 13 giugno 2024 la Procura Generale ha concluso per il rigetto del ricorso e la parte ricorrente ha chiesto accogliersi le conclusioni di cui al ricorso;
Motivi della decisione
5. Con il primo motivo, proposto ex art. 360, n.3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1, commi 527, 528 e 529 della legge 228/2012 e agli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 509/1994; lamenta l’applicazione effettuata dalla Corte territoriale della normativa speciale pubblicistica di cui al d.lgs. n. 112 del 1999 e alla successiva legge n. 228 del 2012, tanto in relazione all’annullamento automatico dei crediti iscritti a ruolo sino al 31.12.1999 per importi inferiori a € 2.000, quanto in relazione all’automatico discarico dei ruoli sino alla stessa data, per importo superiore a € 2.000,00 e non interessati da attività di riscossione, in luogo delle comuni regole in tema di responsabilità contrattuale, e ciò in contrasto con la natura privata e l’autonomia contabile della Cassa Forense (di seguito per brevità Cassa); deduce che l’Ente esattore, già al momento dell’entrata in vigore della l.n.228/2012, aveva colposamente omesso ogni forma di informazione e rendicontazione nei confronti della Cassa titolare dei crediti incartati nei ruoli per cui è causa e la suddetta legge, disponendo l’annullamento/discarico automatico dei ruoli, nel contempo ha esonerato l’esattore da responsabilità per mala gestio, anche nelle ipotesi, secondo quanto affermato dalla Corte di merito, in cui l’Esattore aveva già perso il diritto al discarico per proprio fatto e colpa;
6. Con il secondo motivo, proposto ex art. 360, n.3, c.p.c, la ricorrente denuncia l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 527 e seguenti, della legge 228/2012 in relazione agli artt. 3, 38, 41 e 42 Cost., nonché la violazione dell’art.1 del Protocollo addizionale della CEDU e dell’art.117 Cost., per l’irragionevolezza dell’ablazione discriminatoria senza indennizzo di un diritto proprio della Cassa, in spregio delle ragioni di salvaguardia del sistema previdenziale, risolvendosi l'istituto dell'annullamento automatico dei crediti e dei ruoli nello spossessamento dei crediti propri della Cassa; denunzia, altresì, la violazione dell’art.6 CEDU, nonché degli artt.3 e 111 Cost. in relazione ai principi del giusto processo e della parità delle parti, per avere il legislatore introdotto irragionevoli differenziazioni soggettive, in spregio dell’obbligo di neutralità, sacrificando la posizione portata in giudizio dall’odierna ricorrente;
7. Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE, disapplicazione delle norme interne in contrasto con il Diritto dell'Unione; in via subordinata formula istanza di rimessione alla Corte di Giustizia UE di questione pregiudiziale interpretativa ex art. 267, par. 3, TFEU, risolvendosi la sanatoria introdotta dalla Legge di Stabilità 2013 in un aiuto di Stato a favore degli Agenti della Riscossione (oggi ADER) incompatibile con il diritto dell'Unione;
8. Con il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, co. 527 e ss., L. 228/2012 e degli artt. 19 e 20 del D.Lgs. n. 112/1999, per avere la Corte di appello ritenuto che, in mancanza di attivazione del procedimento di cui all'art. 20 del D.Lgs. n. 112/1999 e di adozione del provvedimento definitivo di diniego di discarico, il rapporto obbligatorio tra la Cassa e l'agente della riscossione non potesse considerarsi definito;
9. Con il quinto motivo, proposto ex art. 360, n.3, cod. proc. civ., denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, co. 527, L. n. 228/2012, dell'artt. 1, co. 1 e 2 del D.M. 15.06.2015, in relazione all'art. 360, n. 3, cpc, per non avere la Corte di Appello differenziato le posizioni creditorie vantate dalla Cassa in ragione del diverso regime previsto dal Legislatore (annullamento automatico ope legis dei crediti sino a 2000 euro ex art. 1, co. 527, L. n. 228/2012, e discarico ope legis dei ruoli incartanti crediti di importo superiore a 2000 euro ex art. 1, co. 528, cit.);
10. Con il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, commi 682, 683 e 684 della L. n. 190/2014, per avere la Corte di Appello ritenuto applicabili anche ai ruoli oggetto del presente giudizio (per quanto qui rileva, relativi agli anni 2000, 2001, 2002, 2003, 2007 e 2008) le modifiche apportate agli artt. 19 e 20 del D.Lgs. n. 112/1999 dalla Legge di Stabilità 2015; ad avviso della Cassa, la corretta interpretazione della norma porta ad affermare che soltanto a partire dal 1° gennaio 2015 la mancata presentazione delle comunicazioni di inesigibilità non costituisce più causa di perdita del diritto al discarico, ferme le decadenze maturate e i diritti quesiti;
11. Con il settimo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE, disapplicazione delle norme interne in contrasto con il Diritto dell'Unione; in via subordinata istanza di rimessione alla Corte di Giustizia UE di questione pregiudiziale interpretativa ex art. 267, par. 3, TFEU, risolvendosi il regime di favore introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 in un aiuto di Stato in favore degli Agenti della Riscossione (oggi ADER) incompatibile con il diritto dell'Unione;
12. Le questioni oggetto del contendere, invero già decise con numerose pronunce di questa Corte in relazione ai ruoli ante 1999, pongono problematiche di massima di particolare importanza e di rilievo mono- filattico, riguardo ai profili che si vanno di seguito ad illustrare, attinenti anche e soprattutto ad ipotizzabile contrasto interposto con alcuni dei principi affermati dalla Corte EDU, che la ricorrente ha già adito con più ricorsi, dolendosi dell’interpretazione della disciplina di cui trattasi accolta da questa Corte, in particolare con le pronunce n.20484/2022 e n.21031/2022. Inoltre i motivi sesto e settimo pongono la questione dell’applicabilità dell'art. 1, commi 682, 683 e 684 della L. n. 190/2014, ai ruoli successivi al 1999 (relativi agli anni 2000, 2001, 2002, 2003, 2007 e 2008), con specifico riferimento alle modifiche apportate agli artt. 19 e 20 del D. Lgs. n. 112/1999 dalla Legge di Stabilità 2015, e in ordine a detta questione non constano precedenti di questa Corte.
13. Occorre in sintesi richiamare il quadro normativo e l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in relazione ai ruoli consegnati all’esattore ante dicembre 1999 (tra le tante Cass.12229/2019; Cass. 11972/2020; Cass.26531/2020; Cass.21386/2021; Cass.25003/2021; Cass.26336/2021; Cass. 4555/2022; Cass.6766/2022 e Cass.6767/2022; Cass. 21031/2022; Cass. 106/2023; Cass. 1107/2024).
13.1. La complessiva disciplina di riferimento è stata efficacemente ricostruita già nella sentenza 12229 del 2019, sopra citata. Ai sensi dell’art. 18 della L. 576/1980, recante la riforma del sistema previdenziale forense, ribadito dall’art. 17, comma 3, d.lgs. 46/1999, la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense provvede alla riscossione dei contributi insoluti a mezzi di ruoli da essa compilati, resi esecutivi dall’Intendenza di Finanza e da porre in riscossione secondo le norme previste per la riscossione delle imposte dirette; pertanto, la Cassa compila e trasmette all’Agente della riscossione i ruoli (e cioè, come precisato dall’art. 10 d.p.r. 602/1973, gli elenchi dei debitori della Cassa e del loro debito), i quali costituiscono il titolo esecutivo attraverso il quale effettuare la riscossione dei contributi previdenziali nei confronti degli avvocati iscritti alla gestione previdenziale che non li hanno corrisposti.
Ai sensi dell’art. 32, comma 3, del d.p.r. 43/1988, ora abrogato, la consegna dei ruoli faceva divenire il Concessionario addetto alla riscossione debitore dell’intero ammontare delle somme iscritte nei ruoli, che dovevano essere dallo stesso Concessionario versate alla Cassa alle scadenze stabilite, ancorché non riscosse.
Il concessionario aveva quindi l’obbligo di anticipare alla Cassa il gettito delle procedure di riscossione (c.d. meccanismo del «non riscosso come riscosso»), con possibilità, secondo quanto previsto dagli artt. 75 e 77 del d.p.r. 43/1988, di recuperare il carico anticipato (facendoselo rimborsare dalla Cassa o compensandolo con gli altri importi da anticipare) solo ove avesse agito diligentemente nella procedura di riscossione senza però riuscire nell’esazione (c.d. «diritto al discarico» o «sistema del discarico»). Il citato d.p.r. 43/1988, e in particolare il meccanismo del «non riscosso come riscosso», è stato abrogato dal d.lgs. 112 del 1999, che ha quindi fatto venire meno l’obbligo dell’agente di versare anticipatamente alla Cassa, a scadenza fissa, gli importi da riscuotere e ha introdotto un diverso sistema, in base al quale il concessionario, una volta ricevuti i ruoli, provvede alla riscossione dei relativi importi e, dopo averli riscossi, ha l’obbligo di riversarli alla Cassa (art. 2 d.lgs. 37/1999; art. 22 d.lgs. 112/1999);in caso di omessa riscossione, il concessionario può ottenere il «discarico per inesigibilità» (e quindi non ha l’obbligo di versare i relativi importi alla Cassa) solo ove abbia rispettato determinati adempimenti (nello specifico quelli espressamente previsti dall’art. 19, lett. a, b, c, d, e, del d.lgs. 112/1999), mentre perde il diritto al discarico (con conseguente obbligo di pagamento alla Cassa dei relativi importi) ove, al termine della procedura di cui all’art. 20 d.lgs. 112/1999, venga accertata una sua responsabilità in ordine alla mancata riscossione.
In materia è poi intervenuta la legge 228/2012, in vigore dal 1.1.2013 (legge di stabilità per il 2013), in combinato con il decreto attuativo 15.6.2015 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, che, per tutti i ruoli antecedenti al 31.12.1999, ha stabilito:1) l’annullamento automatico dei crediti di importo sino ad € 2.000,00 iscritti in ruoli resi esecutivi sino al 31.12.1999 (art. 1, comma 527, legge cit.); in particolare, ai sensi dell’art. 1 del detto d.m. 15.6.2015, l’elenco delle quote riferite ai detti crediti è trasmesso dall’agente della riscossione all’ente creditore su supporto magnetico, ovvero in via telematica, e le dette quote sono automaticamente discaricate ed eliminate dalle scritture contabili dell’ente creditore; 2) l’obbligo dell’Agente di riscossione, per i crediti di importo superiore ad € 2.000,00, di dare notizia all’ente impositore dell’esaurimento dell’attività di riscossione (art. 1, comma 528, legge cit.); obbligo poi precisato (artt. 2 e 3 d.m.. 15.6.2015) in quello di dare comunicazione, su supporto magnetico o comunque in via telematica, dell’elenco delle quote non interessate da procedure esecutive avviate o da contenzioso pendente o da accordi in corso o da insinuazioni in procedure concorsuali ancora aperte o da dilazioni in corso, con conseguente automatico discarico anche di dette quote ed eliminazione dalle scritture contabili dell’ente creditore; per i crediti superiori a € 2000,00, interessati invece dalle dette procedure o pendenze, rimasti in carico all’Agente della riscossione, obbligo di quest’ultimo di inserirli in un elenco, da trasmettere su supporto magnetico o comunque in via telematica all’ente creditore, entro due mesi dalla conclusione delle attività, con conseguente automatico discarico anche di dette quote ed eliminazione dalle scritture contabili dell’ente creditore; 3) per tutti i crediti, indipendentemente dal valore, la non applicabilità degli artt. 19 e 20 del d.lgs. 112/1999 (art. 1, comma 529, legge cit.).
13.2. In sintesi e per quel che ora più interessa, con le citate pronunce di questa Corte, in relazione ai ruoli ante 1999, si è affermato: a) alla Cassa, ente privatizzato ex art. 1 del 509 del 1994, ma deputato allo svolgimento di una funzione pubblica quale quella previdenziale, è concesso ex lege di provvedere alla riscossione mediante ruolo e pertanto, si applica ad essa la procedura, prevista dall’art. 1, commi 527- 529, della legge n. 228 del 2012 di annullamento del ruolo per i crediti più risalenti (antecedenti al 1999), introdotta ai fini della razionalizzazione dei bilanci degli enti creditori, pubblici o privati, che provvedono alla riscossione mediante ruolo; la richiamata disciplina riguarda indistintamente tutti i crediti iscritti in ruoli esecutivi sino al 31.12.1999 e la «rottamazione» del sistema di riscossione a mezzo ruolo relativamente ai ruoli più risalenti presenta un duplice profilo di ragionevolezza, tenuto conto che, per i crediti inferiori a € 2.000,00, scongiura la antieconomicità della riscossione in ragione del presumibile rapporto negativo tra costi dell’esazione e benefici dell’eventuale riscossione e che, per quelli superiori a € 2.000,00, non incide sui diritti di credito degli enti ma solo sulla procedura di riscossione, atteso che l’annullamento del ruolo non coincide con l’annullamento del credito sottostante, che ben potrà essere successivamente azionato dall’ente secondo l’ordinaria procedura;
b) poiché il disposto annullamento del ruolo (e cioè dell’elenco formato dall’ente dei propri crediti e dei propri debitori, reso esecutivo dalla ex Intendenza di Finanza; artt. 10 e 11 d.p.r. 602/1973) non coincide con l’annullamento del credito sottostante, sono stati superati i dubbi di incostituzionalità della menzionata legge 228/2012; e ciò sia sotto il profilo della irragionevolezza, in quanto nel compiuto riassetto della disciplina generale del sistema di riscossione delle risorse del settore pubblico, mediante l’abrogazione del principio del «non riscosso per riscosso» e la «rottamazione dei ruoli inattivi», sono ricompresi gli enti previdenziali (come nella specie, la Cassa forense), senza differenziazioni, anche a seguito della loro trasformazione in enti privatizzati, in senso conforme al principio sancito dall’art. 3 Cost.; sia in relazione alla lesione dell’art. 6 CEDU, quale norma interposta per violazione dell’art. 117 Cost., in quanto il riassetto normativo non ha introdotto una imprevedibile e indebita ingerenza nella gestione del contenzioso, anche alla luce dell’interpretazione offerta in materia dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 51 del 2019 (Cass. 26531/2020; Cass.4555/2022); in particolare, sotto il profilo dell’irragionevole incidenza delle disposizioni in esame sulla posizione di parità delle parti nei giudizi in corso, le stesse non si configurano come un intervento isolato ed inaspettato rispetto ad un quadro normativo idoneo ad ingenerare nelle parti un ragionevole affidamento in ordine alla sua immutabilità, ma come uno stadio ulteriore di un percorso normativo avviato fin dal 1999 con la riforma del sistema di riscossione a mezzo ruolo, e proseguito con la sostituzione dell’organizzazione di carattere pubblicistico degli agenti della riscossione ai rapporti di concessione precedentemente intrattenuti dagli enti creditori con società private; c) non ricorre una forma larvata di espropriazione patrimoniale neppure per i crediti inferiori a € 2.000,00, come precisato con le ordinanze n. 11972/2020 e n. 26531/2020 della III Sezione, in ciò innovando rispetto alla pronuncia capostipite n. 12229 del 2019, che non aveva specificamente affrontato il tema;
«l’annullamento dei crediti e la eliminazione dalle scritture contabili» dei crediti inferiori a € 2.000,00 non integra un provvedimento ablatorio senza indennizzo nei confronti di enti cui lo Stato non contribuisce neppure in via indiretta, poiché la suddetta formula lessicale deve essere posta in relazione agli scopi di efficienza e trasparenza perseguiti con il generale intervento riorganizzativo del servizio di riscossione a mezzo ruoli, mediante eliminazione dell’ingente arretrato del carico dei ruoli determinatosi nel corso degli anni, sicché va interpretata in senso conforme al principio costituzionale di ragionevolezza (art. 3 Cost.); pertanto le formule lessicali adottate nel testo legislativo («annullamento»; «eliminazione»), debbano essere riferite esclusivamente al «titolo esecutivo» (e cioè al ruolo) e non anche al «diritto di credito», in tale ottica, la prescrizione normativa della eliminazione del credito dalle scritture patrimoniali assume quindi valenza esclusivamente contabile in funzione della esigenza, richiesta dal sistema contabile Europeo, di fornire una realistica esposizione dello stato patrimoniale ed economico dell’ente, escludendo l’appostazione dei crediti relativi ai ruoli annullati in bilancio nello stato patrimoniale come riserve o immobilizzazioni, sì da integrare l’attivo patrimoniale; d) l’obbligo di rendicontazione, non previsto dal d.P.R. n. 43 del 1988, è stato introdotto, per i ruoli resi esecutivi prima del 30.9.1999, dalla disciplina transitoria del d.lgs. n. 112 del 1999, che non prevedeva però la perdita del diritto al discarico per inesigibilità (Cass. 4555/2022; Cass. 21031/2022); e) i termini per l’invio della dichiarazione di inesigibilità sono stati ininterrottamente prorogati fino alla legge di stabilità per l’anno 2013, che li ha ulteriormente prorogati – comma 530 art.1 - (cfr. Cass. 106/2023); f) pertanto l'annullamento dei crediti iscritti nei ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999 costituisce, indipendentemente dall'importo degli stessi, un effetto legale, che non presuppone la dimostrazione dell'avvenuta trasmissione del relativo elenco all'ente creditore, e neppure dell'esaurimento delle attività di competenza, non sussistendo alcuna disposizione che preveda espressamente tale adempimento come condizione necessaria per il discarico dell'agente della riscossione, ma rilevando lo stesso esclusivamente ad altri effetti (cfr. Cass. 24948/2022; Cass.1107/2024); in tal senso depongono chiaramente non solo l'esclusione dell'applicabilità degli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999 e della possibilità di procedere a giudizio di responsabilità amministrativa e contabile, che risulterebbe priva di senso ove il discarico dell'agente continuasse ad essere subordinato alla dimostrazione del diligente espletamento dell'attività esecutiva ed informativa posta a suo carico, ma anche la disciplina attuativa dettata dallo art. 2, comma secondo, del d.m. 15 giugno 2015, che anche per i crediti di importo superiore ad Euro 2.000,00 prevede il «discarico automatico» delle relative quote e l'eliminazione dalle scritture contabili dell'ente creditore (analogamente a quanto previsto dall'art. 1, comma secondo, per i crediti di importo inferiore), senza subordinare tale effetto alla trasmissione dell'elenco (nel caso di specie, per i ruoli ante 1999 l’esattore ha proceduto alla rottamazione nel settembre 2015 come da documentazione prodotta in giudizio – pag.15 sentenza- in base alle modalità stabilite con decreto del MEF del 15-6-2015).
12.2. Occorre ora riepilogare il quadro normativo in relazione ai ruoli consegnati all’esattore post dicembre 1999.
Quanto a detti ruoli, occorre fare riferimento alla disciplina dettata dalla l.n.190/2014 e alla ricostruzione normativa effettuata con la sentenza n. 51/2019 dalla Consulta, che ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte dei Conti sull’art. 1, commi 687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, della citata legge n. 190 del 2014, in riferimento agli artt. 3, 24, 53, 81, 97, 103, 111 e 119, primo, secondo e quarto comma, Cost., per difetto di rilevanza a causa dell’erroneo presupposto interpretativo sui soggetti destinatari (società privata scorporata) della normativa denunciata. La Corte Costituzionale ha precisato che “Nell’evoluzione complessiva dell’ordinamento della riscossione, infatti, all’interno del regime di proroghe dei termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità, che è seguito al superamento del principio del non riscosso per riscosso (in virtù del quale i concessionari nazionali della riscossione anticipavano le somme iscritte a ruolo, salvo il rimborso delle quote inesigibili), si distinguono proroghe “generiche”, in quanto riguardanti tutti i concessionari della riscossione, e proroghe “specifiche” che hanno invece riguardato solo i soggetti “pubblici” della riscossione (cioè i soggetti a partecipazione pubblica ai sensi del comma 7 dell’art. 3 del d.l. n. 203 del 2005)”. Il secondo e parallelo regime di proroghe “specifiche”, in quanto relative ai termini di presentazione delle sole comunicazioni di inesigibilità, che sarebbero altrimenti venute a scadenza, riguarda i ruoli consegnati dai vecchi concessionari nazionali alle società partecipate dalla Riscossione spa (poi Gruppo Equitalia e, quindi, Agenzia delle entrate- Riscossione), che agli stessi sono subentrate ex lege in mancanza di una diversa determinazione degli enti creditori o di una società “scorporata” (art. 3, comma 25, del d.l. n. 203 del 2005), ossia riguarda per l’appunto anche l’ADER, Ente esattore del presente giudizio. La Consulta prosegue affermando che “Si tratta di uno specifico regime di proroghe, dettato da un evidente favor per i soggetti “pubblici” della riscossione, che ha preso avvio con il comma 12 dell’art. 3 del più volte citato d. l. n. 203 del 2005, trovando puntuale giustificazione nell’esigenza di tutelare il patrimonio pubblico, in conseguenza, peraltro, dell’acquisizione delle società impegnate nella riscossione di entrate locali anche di dubbia e difficile esigibilità. Si è voluto, infatti, evitare che le ben note disfunzioni nell’attività di riscossione risalenti alle gestioni private, rivelatesi spesso inadeguate se non fallimentari, si riverberassero meccanicamente a carico del pubblico erario…. la proroga di cui al citato comma 12 dell’art. 3 del d.l. n. 203 del 2005 è una misura straordinaria, assunta nel contesto di una riforma che ha posto al centro la nascita di un nuovo soggetto e che ha tenuto conto del passaggio di tutti i ruoli alle società partecipate da Riscossione spa, poi Gruppo Equitalia (salvo quelli delle società “scorporate”, ai sensi del comma 24, lettera b), dell’art. 3 del d.l. n. 203 del 2005, che appunto restano in capo a esse) …. I termini previsti dal citato comma 12 sono stati nel tempo oggetto di continue proroghe, ma senza alcuna soluzione di continuità, e dalla versione originaria, nella quale le comunicazioni di inesigibilità dovevano essere presentate entro il 31 ottobre 2024 si è giunti all’ultima versione, nella quale le medesime comunicazioni dovevano essere presentate entro il 31 dicembre 2014, in forza della modifica introdotta dall’art. 1, comma 530, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)»... A ridosso della scadenza del 31 dicembre 2014 il legislatore è quindi intervenuto con la normativa di cui all’art. 1, commi da 682 a 689, della legge n. 190 del 2014, introducendo, per il controllo nel tempo delle quote dichiarate inesigibili, un nuovo meccanismo, definito “scalare inverso”, che, se da un lato è innovativo rispetto al sistema delle precedenti proroghe, dall’altro, è intrinsecamente finalizzato alla soluzione della specifica situazione determinata proprio dalla concatenazione delle proroghe e dall’accumularsi di una ingente quantità di arretrati e di un’imponente stratificazione delle partite creditorie da trattare“.
Il Giudice delle Leggi, dunque, ha rimarcato che la disciplina di cui alla l.n.190/2014 si configura come un intervento innovativo e straordinario del legislatore giustificato dalla scadenza contemporanea di tutte le comunicazioni di debito/credito tra agenti della riscossione e enti creditori, realizzato in un’unica riforma, inscindibile nei suoi aspetti, che in sintesi prevede: i) la parziale revisione della disciplina delle comunicazioni di inesigibilità e del relativo controllo (artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999), con applicazione retroattiva della nuova disciplina alle quote affidate agli agenti della riscossione dal 2000 (comma 688); ii) lo scaglionamento in ordine cronologico, inverso a quello dell’affidamento in carico, dei termini di presentazione e controllo delle comunicazioni di inesigibilità (comma 684); iii) l’allineamento a queste nuove regole di tutti i rapporti in essere, a tal fine prevedendone l’applicazione anche alle comunicazioni già presentate per le quali è stata prevista l’integrazione (comma Numero di raccolta generale 24043/2024 687); iv) la diluizione, per un periodo pressoché corrispondente al cronoprogramma, dell’anticipazione – con onere a carico del bilancio dello Stato – del rimborso a favore degli agenti della riscossione, delle spese maturate negli anni 2000 - 2013 per le procedure cautelari ed esecutive esperite per tentare il recupero dei medesimi crediti (comma 685); v) la sottrazione al controllo delle comunicazioni di importo pari o inferiore a 300 euro (comma 688); vi) la previsione ex lege (fino alla medesima scadenza del cronoprogramma di cui al comma 684) della legittimazione dell’agente della riscossione a effettuare la riscossione delle somme iscritte a ruolo «anche per le quote relative ai soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia» (comma 686). La sentenza della Consulta si conclude con un monito al legislatore del seguente tenore:” Resta fermo che una riscossione ordinata e tempestivamente controllabile delle entrate è elemento indefettibile di una corretta elaborazione e gestione del bilancio, inteso come «bene pubblico» funzionale «alla valorizzazione della democrazia rappresentativa» (sentenza n. 184 del 2016; nello stesso senso, sentenze n. 247 e n. 80 del 2017), mentre meccanismi comportanti una «lunghissima dilazione temporale» (sentenza n. 18 del 2019) sono difficilmente compatibili con la sua fisiologica dinamica. In tale prospettiva deve essere sottolineata l’esigenza che per i crediti di minore dimensione il legislatore predisponga sistemi di riscossione più efficaci, proporzionati e tempestivi di quelli fin qui adottati”.
Va infine dato atto che, come affermato anche dalla Consulta, i termini di cui al comma 684 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014 sono stati ulteriormente prorogati dall’art. 3, comma 20, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n. 136, e che tale normativa sopravvenuta ha meramente disposto l’ulteriore proroga del meccanismo sopra descritto, senza apportare modifiche sostanziali. Da ultimo è intervenuta la normativa di definizione agevolata -cd. “rottamazione quater”- dei carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, introdotta dall’ art. 1, commi da 231 a 252, della Legge n. 197/2022 e dal d. l. 51/2023 conv. in l.n.87/2023, con cui il termine è stato differito al 30 giugno 2023 per i ruoli da gennaio 2000; l'operatività di tale meccanismo resta subordinata ad un'apposita delibera dell'ente non erariale, che la Cassa ha adottato, decidendo, tuttavia, di non aderire allo stralcio automatico delle somme iscritte a ruolo sotto i mille euro comprensive di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, per i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2015.
12.3. Nel caso di specie, la Corte di merito ha condiviso e applicato il suesposto orientamento di questa Corte, quanto ai ruoli ante 1999, mentre con riguardo ai ruoli consegnati all'esattore successivamente all'1.1.2000 (non constano precedenti di questa Corte afferenti a detti ruoli, come già evidenziato), relativi agli anni 2000, 2001, 2002, 2003, 2007 e 2008, la Corte d’appello ha ritenuto applicabili le modifiche apportate agli artt. 19 e 20 del D. Lgs. n. 112/1999 dalla Legge di Stabilità 2015. In particolare secondo la Corte territoriale ai predetti ruoli risultano applicabili: - l'art. 19, D.Lgs. n. 112/99, come modificato dall'art. 1, 682, L. n. 190/2014, ai sensi del quale, stante l'avvenuta abrogazione del comma 2, lett. b), il mancato invio delle comunicazioni sullo stato delle procedure non costituisce più per l'esattore causa di perdita del diritto al discarico; - l'art. 1, 684 co., L. n. 190/2014, che ha prorogato, appunto per i ruoli successivi all'1.1.2000, la scadenza dei termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità, secondo un meccanismo cd. "scalare inverso"; - l'art. 1, 688 co., della medesima L. n. 190/2014, a mente del quale alle comunicazioni di inesigibilità relative alle quote di cui ai ruoli successivi al 31.12.1999 si applicano gli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, come modificati; - l'art. 1, 683 co., L. n. 190/2014, a mente del quale, in caso di diniego di discarico, la somma dovuta dall'Esattore all'Ente creditore è pari ad un terzo degli importi iscritti a ruolo di cui è stato negato il discarico. Dal combinato disposto delle norme suindicate, dunque, secondo la Corte di merito si evince che, con riferimento ai ruoli post riforma azionati nel presente giudizio (ruoli dal 2000 al 2008), il mancato invio delle comunicazioni di cui all'art. 19, 2 co., lett. b), nella versione riformulata con la legge di stabilità 2015, non costituisce più causa di perdita del diritto al discarico e i rapporti non possono ancora ritenersi definiti, perché non sono ancora scaduti i termini per le comunicazioni di inesigibilità.
Ad avviso della Cassa, detta statuizione è contraria ai basilari principi che regolano l'efficacia delle leggi nel tempo, nel senso che l'art. 19, quantomeno nella parte in cui individua le cause di perdita del diritto al discarico, è norma sostanziale e pertanto non può che trovare applicazione per il futuro, non potendo incidere, in assenza di specifica deroga, sulle decadenze già maturate. La corretta interpretazione della norma porterebbe pertanto ad affermare che soltanto a partire dal 1° gennaio 2015 la mancata presentazione delle comunicazioni di inesigibilità non costituisce più causa di perdita del diritto al discarico, ferme le decadenze maturate e i diritti quesiti. Ad avviso della Cassa, in ragione degli acclarati e reiterati inadempimenti posti in essere dall'Esattore (il quale avrebbe omesso la presentazione non solo delle comunicazioni di inesigibilità, anche e soprattutto di quelle di cui all'art. 19, 2 co. lett. b) e 36 D.Lgs. n. 112/99), i rapporti tra quest'ultimo e la Cassa sono da intendere definitivamente esauriti.
Pertanto, la Cassa deduce di aver fatto correttamente ricorso agli ordinari rimedi giurisdizionali, previsti dall'ordinamento in favore del creditore insoddisfatto, non costituendo il procedimento amministrativo di cui agli artt. 19 e 20 D.lgs. n. 112/99 condizione di procedibilità dell'azione. Dunque, la Cassa assume di avere a buon diritto deciso di ricorrere alla tutela giurisdizionale ordinaria, poiché la domanda azionata monitoriamente dall’odierna ricorrente è fondata sull'inadempimento, da parte dell'Esattore, degli obblighi ad esso derivanti dal rapporto di servizio instauratosi al momento della presa in carico dei ruoli. La procedura amministrativa di favore invocata dall'Esattore non potrebbe, infatti, avvantaggiare il soggetto che ha agito in aperta violazione degli obblighi assunti con la consegna dei ruoli, minando alla radice il rapporto di fiducia con l'Ente creditore e rendendo impossibile la verifica di quest'ultimo in merito all'attività di riscossione posta in essere.
14. Così riepilogato il complesso compendio normativo e giurisprudenziale sui temi oggetto del contendere, si chiede il Collegio se alcune delle questioni già decise da questa Corte siano suscettibili di essere esaminate sotto una diversa prospettiva di analisi, che potrebbe condurre ad una rimeditazione dell’orientamento sinora consolidatosi.
14.1. L’attenzione, sotto i profili di seguito illustrati, va focalizzata sulla compatibilità del quadro normativo con l’art.6 CEDU, vale a dire con il noto principio della preminenza del diritto e con la nozione di giusto processo, secondo cui non può esservi interferenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia, finalizzata a influenzare l’esito di un giudizio, e va garantita la parità delle armi.
Quanto ai ruoli ante 1999 si è visto che nelle more del giudizio, iniziato nel 2010 con l’azione monitoria della Cassa, è intervenuta una disciplina modificativa dell'originario quadro normativo- per l'appunto rappresentata dall'art.1, commi 527, 528 e 529 della l. n.228/2012 che ha in parte modificato e rimodulato il regime in punto di obblighi dell'agente della riscossione con riguardo ai ruoli per gli anni 1998 e 1999, in relazione al riordino complessivo del sistema della riscossione mediante ruolo -d.lgs.n.46/1999 e d.lgs.n.112/1999.
E’ seguita l’entrata in vigore della l.n.190/2014, che ha introdotto il regime, ancor più “penalizzante” per la Cassa, di cui si è detto, con riferimento ai ruoli post 2000, per i quali, secondo quanto statuito dalla Corte d’appello, l’incarico di riscossione affidato dalla Cassa all’ADER non si è ancora esaurito.
Dunque la l.n.228/2012 e la l.n.190/2014 sono intervenute, con effetto retroattivo, nel corso del giudizio di primo grado, alterandone l’esito. Come si è detto, infatti, non solo sono stati prorogati i termini per la dichiarazione di inesigibilità – e le proroghe sono tuttora in corso per i ruoli post 2000 - ma soprattutto il discarico dell’agente di riscossione non è stato più subordinato alla dimostrazione del diligente espletamento dell'attività esecutiva ed informativa posta a suo carico. In altri termini, è stato previsto l'annullamento dei crediti iscritti nei ruoli (rectius l’annullamento dei ruoli) resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999 come un effetto legale, indipendente dall'importo dei crediti, che non presuppone la dimostrazione dell'avvenuta trasmissione del relativo elenco all'ente creditore e neppure dell'esaurimento delle attività di competenza, senza, dunque, che, ai suddetti fini, rivesta alcun rilievo l’obbligo di rendicontazione e di informazione in capo all’agente di riscossione. In termini ancora più trancianti, come si è detto, si pone la disciplina dettata dalla l.n.190/2014.
14.2. Con riguardo al sindacato sulle leggi retroattive, la Consulta ha ripetutamente affermato la corrispondenza tra principi costituzionali e convenzionali: in particolare, il dettato degli artt. 24, 102 e 111 Cost. converge nella tutela garantita dall’art. 6 CEDU. Secondo la giurisprudenza convenzionale, il principio della preminenza del diritto e la nozione di giusto processo ex art. 6 CEDU ostano all’interferenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia, finalizzata a influenzare l’esito di un giudizio, salvo che per motivi imperativi di interesse generale, cui non possono essere ricondotte considerazioni di natura meramente finanziaria (Corte Cost.145/2022). Il Giudice delle Leggi ha altresì precisato che secondo la giurisprudenza convenzionale, il legislatore di ciascuno Stato contraente può adottare norme retroattive potenzialmente incidenti sui giudizi in corso senza incorrere in una violazione dell’art. 6 CEDU, ove ricorrano motivi imperativi di interesse generale e si offra a ciascuna parte una ragionevole possibilità di preservare le proprie ragioni, senza trovarsi in una situazione di netto svantaggio rispetto alla controparte. Al contrario, l’introduzione di una disposizione retroattiva può integrare un uso distorto della funzione legislativa in presenza di elementi sintomatici, quali la circostanza che lo ius novum incida su giudizi in corso di cui è parte lo Stato o un ente pubblico, l’imprevedibilità dell’intervento del legislatore e il decorso di molti anni dal manifestarsi del motivo di interesse generale al momento dell’intervento legislativo (Corte Cost. n.210/2021).
14.3. Per quel che ora interessa, considerata la singolarità della fattispecie in esame, potrebbe essere rilevata la ricorrenza degli elementi sintomatici di cui si è appena detto, poiché ADER, ente pubblico, è parte del giudizio e il primo intervento legislativo che ha inciso significativamente sul meccanismo del discarico, pur prevedibile, è avvenuto nel 2012, mentre quello precedente, parimenti finalizzato a perseguire esigenze di razionalizzazione del sistema di riscossione mediante ruolo, risale al 1999. Potrebbe rilevarsi anche l’incidenza, nella ponderazione dei motivi imperativi di carattere generale, sia della preponderanza di considerazioni di natura finanziaria, sia della necessità di bilanciamento dell’interesse generale con quello legato alla finalità solidaristica della Cassa, in tesi pregiudicata nel suo equilibrio finanziario in considerazione dell’elevato numero di debitori, dell’accumularsi negli anni delle poste in riscossione tramite ruoli e dell’ingentissimo importo dei crediti già dichiarati inesigibili o a rischio di inesigibilità.
Inoltre, ai fini che qui interessano, non di poco conto è stato il continuo e prolungato susseguirsi negli anni delle proroghe dei termini per la dichiarazione di inesigibilità, dovendosi rimarcare il monito della Consulta secondo cui i “meccanismi comportanti una lunghissima dilazione temporale” sono difficilmente compatibili con la fisiologica dinamica di una riscossione ordinata e tempestivamente controllabile delle entrate (così Corte Cost. n.51/2019 già citata, e Corte Cost. n.18/2019). Dalle suddette numerosissime proroghe è derivata la correlata duratura incertezza sull’esito della riscossione e sulla definizione dei rapporti debitori, nonché, di riflesso, l’allungamento considerevole della durata del processo, iniziato, come già evidenziato, con l’azione monitoria della Cassa nel 2010.
In questo contesto, a cui si aggiunge l’irrilevanza, in punto di perdita automatica ex lege per la Cassa dello strumento di recupero dei crediti tramite ruoli, del deficit informativo sullo stato delle procedure di riscossione e della mancanza di controllo tempestivo e puntuale sull’attività dell’ADER, andrebbe, conseguentemente, valutata l’esistenza di un rimedio alternativo (individuato nelle citate pronunce di questa Corte nell’azione ordinaria della Cassa nei confronti degli iscritti inadempienti), che deve concretarsi nella “ragionevole possibilità di preservare le proprie ragioni, senza trovarsi in una situazione di netto svantaggio rispetto alla controparte” (Corte Cost. n.210/2021 citata).
15. Ad avviso del Collegio, la causa deve essere rimessa alla Prima Presidente, affinché valuti l’opportunità di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374, comma 2, cod. proc. civ., la seguente questione di massima di particolare importanza, sia perché involgente il delicato tema della parità delle armi processuali e retroattività nel diritto CEDU, sia perché attinente a un contenzioso di rilevante consistentissima, che è venuto in rilievo anche in analoghe controversie decise da altre Sezioni della Corte:
«Se, in tema di riscossione coattiva tramite ruoli dei crediti della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, il quadro normativo complessivo, in particolare quello disciplinato dalle leggi n.228/2012 e n.190/2014, sia compatibile o meno con l’art.6 par. 1 CEDU, quale norma interposta in relazione al parametro di cui all’art. 117, primo comma, Cost., avuto riguardo ai seguenti profili: a) la ricorrenza, nella specie, di elementi sintomatici di un uso distorto della funzione legislativa, come individuati nella pronuncia n.210/2021 della Corte Costituzionale (ADER, ente pubblico, è parte del giudizio; il primo intervento legislativo che ha inciso significativamente sul meccanismo del discarico, pur prevedibile, è avvenuto nel 2012, mentre quello precedente, parimenti finalizzato a perseguire esigenze di razionalizzazione del sistema di riscossione mediante ruolo, risale al 1999); b) l’incidenza, nella ponderazione dei motivi imperativi di carattere generale, sia della preponderanza di considerazioni di natura finanziaria (Cfr. Corte Cost. n.145/2022), sia della necessità di bilanciamento dell’interesse generale con quello legato alla finalità solidaristica della Cassa, in tesi pregiudicata nel suo equilibrio finanziario in considerazione dell’elevato numero di debitori, dell’accumularsi negli anni delle poste in riscossione tramite ruoli e dell’ingentissimo importo complessivo dei crediti già dichiarati inesigibili o a rischio di inesigibilità; c) il continuo e prolungato susseguirsi negli anni delle proroghe dei termini per la dichiarazione di inesigibilità, in quanto i “meccanismi comportanti una lunghissima dilazione temporale” sono difficilmente compatibili con la fisiologica dinamica di una riscossione ordinata e tempestivamente controllabile delle entrate (Corte Cost. n.51/2019 e Corte Cost. n.18/2019); d) la duratura incertezza, derivante dalle suddette proroghe, sull’esito della riscossione e sulla definizione dei rapporti debitori, nonché, di riflesso, l’allungamento considerevole della durata del processo; e) l’incidenza delle suesposte considerazioni sull’efficace esperibilità di rimedi alternativi (azione diretta della Cassa verso gli iscritti debitori), che deve concretarsi nella “ragionevole possibilità di preservare le proprie ragioni, senza trovarsi in una situazione di netto svantaggio rispetto alla controparte” (Corte Cost. n.210/2021)».
P.Q.M.
Rimette gli atti alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.