Per la CGUE, differenziare il trattamento a seconda che il lavoratore sia residente o meno configura una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza.
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In qualità di lavoratore frontaliero, un cittadino belga che lavora in Lussemburgo e risiede in Belgio, ha percepito per diversi anni gli assegni familiari per un minore collocato in affidamento con decisione giudiziaria presso il suo nucleo familiare. |
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Con sentenza del 16 maggio nella causa C-27/23, la CGUE ritiene una normativa come quella in esame comporta una differenza di trattamento e che sia contraria al diritto dell'Unione. Nelle sue argomentazioni, la Corte afferma che «la normativa di uno Stato membro che prevede che i lavoratori non residenti non possano, a differenza dei lavoratori residenti, percepire un vantaggio sociale per minori collocati in affidamento presso il loro nucleo familiare, di cui essi hanno la custodia e che hanno il domicilio legale nonché la residenza effettiva e continuativa presso di loro, configura una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza. La circostanza che la decisione di collocamento in affidamento provenga da un'autorità giurisdizionale di uno Stato membro diverso dallo Stato membro ospitante del lavoratore interessato non può incidere su tale conclusione». Parimenti la questione se il lavoratore frontaliero provvede egli stesso al mantenimento del minore collocato in affidamento presso il suo nucleo familiare non può essere presa in considerazione se tale condizione non è del pari applicata al lavoratore residente presso il quale sia collocato in affidamento un minore. |
CGUE, Terza Sezione, sentenza 16 maggio 2024, causa C-27/23
«Rinvio pregiudiziale – Articolo 45 TFUE – Libera circolazione dei lavoratori – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 2 – Assegni familiari – Lavoratore che assume la custodia di un minore collocato in affidamento presso di lui con decisione giudiziaria – Lavoratore residente e lavoratore non residente – Differenza di trattamento – Assenza di giustificazione»
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 45 TFUE, dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1), dell’articolo 67 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1, e rettifica in GU 2004, L 200, pag. 1), nonché dell’articolo 60 del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2009, L 284, pag. 1).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra FV, un lavoratore frontaliero, e la Caisse pour l’avenir des enfants (Cassa per il futuro dei minori, Lussemburgo) (in prosieguo: la «CAE») in merito al rifiuto di quest’ultima di concedere un assegno familiare a un minore collocato con decisione giudiziaria presso il nucleo familiare di FV.
Diritto dell’Unione
Regolamento (UE) 2019/1111
3 Conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), del regolamento del Consiglio (UE) 2019/1111, del 25 giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori (GU 2019, L 178, pag. 1), tale regolamento si applica al «collocamento del minore in affidamento presso una famiglia o un istituto».
4 Ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 1, del regolamento 2019/1111:
«Le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento particolare».
Regolamento n. 492/2011
5 L’articolo 7 del regolamento n. 492/2011 prevede quanto segue:
«1. Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.
2. Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali.
(...)».
Regolamento n. 883/2004
6 Il considerando 8 del regolamento n. 883/2004 è così formulato:
«Il principio generale della parità di trattamento è di particolare importanza per i lavoratori che non risiedono nello Stato membro in cui lavorano, compresi i lavoratori frontalieri».
7 L’articolo 1 del medesimo regolamento dispone quanto segue:
«Ai fini del presente regolamento si intende per:
(...)
f) “lavoratore frontaliero”, qualsiasi persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro e che risiede in un altro Stato membro, nel quale ritorna in linea di massima ogni giorno o almeno una volta la settimana;
(...)
z) “prestazione familiare”, tutte le prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari, ad esclusione degli anticipi sugli assegni alimentari e degli assegni speciali di nascita o di adozione menzionati nell’allegato I».
8 L’articolo 2, paragrafo 1, di detto regolamento stabilisce quanto segue:
«Il presente regolamento si applica ai cittadini di uno Stato membro, agli apolidi e ai rifugiati residenti in uno Stato membro che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri, nonché ai loro familiari e superstiti».
9 Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del medesimo regolamento:
«Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:
(...)
j) le prestazioni familiari».
10 L’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, intitolato «Parità di trattamento», prevede quanto segue:
«Salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento, le persone alle quali si applica il presente regolamento godono delle stesse prestazioni e sono soggette agli stessi obblighi di cui alla legislazione di ciascuno Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato».
Direttiva 2004/38/CE
11 L’articolo 2 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, nonché rettifiche in GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, p. 34), è così formulato:
«Ai fini della presente direttiva, si intende per:
1) “cittadino dell’Unione”: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;
2) “familiare”:
a) il coniuge;
b) il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante;
c) i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);
d) gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);
(…)».
Diritto lussemburghese
12 Le disposizioni pertinenti del diritto lussemburghese sono gli articoli 269 e 270 del code de la sécurité sociale (codice della previdenza sociale), nella loro versione applicabile a decorrere dal 1º agosto 2016, data di entrata in vigore della loi du 23 juillet 2016, portant modification du code de la sécurité sociale, de la loi modifiée du 4 décembre 1967 concernant l’impôt sur le revenu, et abrogeant la loi modifiée du 21 décembre 2007 concernant le boni pour enfant (legge del 23 luglio 2016, che modifica il codice della previdenza sociale, la legge modificata del 4 dicembre 1967 relativa all’imposta sul reddito e che abroga la legge modificata del 21 dicembre 2007 sul bonus per figlio a carico; Mémorial A 2016, pag. 2348; in prosieguo: il «codice»).
13 L’articolo 269, paragrafo 1, del codice, intitolato «Condizioni per l’attribuzione», così dispone:
«È introdotto un sussidio per il futuro dei minori; in prosieguo: l’“assegno familiare”.
Danno diritto all’assegno familiare:
a) ogni minore che risiede effettivamente e in modo continuativo in Lussemburgo e che ivi abbia il suo domicilio legale;
b) i familiari, quali definiti dall’articolo 270, di chiunque sia assoggettato alla normativa lussemburghese e ricada nella sfera di applicazione dei regolamenti europei o di un altro accordo bilaterale o multilaterale concluso dal Lussemburgo in materia di previdenza sociale e che preveda il pagamento degli assegni familiari secondo la normativa del paese di occupazione. I familiari devono risiedere in un paese interessato dai regolamenti o dagli accordi in parola».
14 L’articolo 270 di tale codice recita:
«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 269, paragrafo 1, punto b), sono considerati familiari di una persona e danno diritto all’assegno familiare i figli nati nel matrimonio, i figli nati fuori dal matrimonio e i figli adottivi di tale persona».
15 L’articolo 273, paragrafo 4, dello stesso codice, per quanto attiene ai minori residenti, precisa quanto segue:
«In caso di collocamento di un minore in affidamento con decisione giudiziaria, l’assegno familiare è versato alla persona fisica o giuridica investita della custodia del minore e presso la quale il minore ha il suo domicilio legale e la sua residenza effettiva e continuativa».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
16 FV, che lavora in Lussemburgo e risiede in Belgio, ha lo status di lavoratore frontaliero ed è quindi dipendente dal regime lussemburghese per quanto attiene agli assegni familiari. Dal 26 dicembre 2005, il minore FW è collocato in affidamento presso il nucleo familiare di FV in forza di una decisione emessa da un giudice belga.
17 Con decisione del 7 febbraio 2017, il comitato direttivo della CAE ha revocato a FV, con effetto retroattivo al 1º agosto 2016, il beneficio degli assegni familiari percepiti per il minore FW con la motivazione che tale minore, non avendo un legame di filiazione con FV, non ha la qualità di «familiare», ai sensi dell’articolo 270 del codice.
18 Il Conseil arbitral de la sécurité sociale (Consiglio arbitrale per la previdenza sociale, Lussemburgo) ha riformato la citata decisione e rinviato il procedimento dinanzi alla CAE.
19 Il 27 gennaio 2022, il Conseil supérieur de la sécurité sociale (Consiglio superiore per la previdenza sociale, Lussemburgo) ha tuttavia confermato, riformandola, la decisione della CAE del 7 febbraio 2017. FV ha proposto ricorso per cassazione dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione, Lussemburgo), giudice del rinvio.
20 Tale giudice spiega che, secondo la normativa nazionale applicabile, un minore residente ha un diritto diretto al pagamento delle prestazioni familiari. Invece, nel caso dei minori non residenti, un simile diritto è previsto solo in forza del diritto derivato per i «familiari» del lavoratore frontaliero, definizione che non include i minori collocati in affidamento presso il nucleo familiare di un tale lavoratore con decisione giudiziaria.
21 Facendo riferimento alla sentenza del 2 aprile 2020, Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (C-802/18, EU:C:2020:269), detto giudice si chiede se una differenza di trattamento del genere sia conforme al diritto dell’Unione. Da tale sentenza risulterebbe, infatti, che per «figlio di un lavoratore frontaliero» che può beneficiare indirettamente dei vantaggi sociali deve intendersi anche il minore avente un legame di parentela con il coniuge o il partner registrato del lavoratore interessato qualora quest’ultimo provveda al mantenimento del minore di cui trattasi.
22 In tali circostanze, la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se il principio della parità di trattamento garantito dall’articolo 45 TFUE e dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento [n. 492/2011], nonché l’articolo 67 del regolamento [n. 883/2004] e l’articolo 60 del regolamento [n. 987/2009] ostino alle disposizioni di uno Stato membro ai sensi delle quali i lavoratori frontalieri non possono percepire un assegno familiare legato all’esercizio, da parte loro, di un’attività di lavoro subordinato in tale Stato membro per i minori collocati in affidamento presso di loro con decisione giudiziaria, mentre tutti i minori che siano stati collocati in affidamento con decisione giudiziaria e siano residenti in detto Stato membro hanno il diritto di percepire tale assegno, che è versato alla persona fisica o giuridica investita della custodia del minore e presso la quale il minore ha il domicilio legale e la residenza effettiva e continuativa. Se ai fini della risposta a detta questione rilevi il fatto che il lavoratore frontaliero provveda al mantenimento di tale minore».
Sulla questione pregiudiziale
23 Con la sua unica questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale un lavoratore non residente non può percepire un assegno familiare legato all’esercizio, da parte sua, di un’attività subordinata in detto Stato membro per un minore collocato in affidamento presso di lui con decisione giudiziaria e di cui egli ha la custodia, mentre un minore che sia stato oggetto di affidamento giudiziario e risieda nello Stato membro considerato ha diritto a percepire tale assegno, che è versato alla persona fisica o giuridica investita della custodia del minore di cui trattasi, e se la circostanza che il lavoratore non residente provveda al mantenimento del minore collocato in affidamento presso di lui incida sulla risposta a tale questione.
24 In via preliminare, occorre osservare che la presente causa verte unicamente sulla questione se uno Stato membro possa applicare condizioni di attribuzione differenziate nei confronti di un lavoratore residente e di un lavoratore non residente relativamente alla concessione di un sussidio quale l’assegno familiare in esame nel procedimento principale.
25 In tali circostanze, la questione pregiudiziale non può essere intesa alla luce dell’articolo 67 del regolamento n. 883/2004 e dell’articolo 60 del regolamento n. 987/2009, in quanto tali disposizioni non riguardano la situazione del lavoratore stesso, bensì quella dei familiari di quest’ultimo residenti in un altro Stato membro.
26 Ciò precisato, occorre rilevare anzitutto che, per quanto riguarda l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, tale disposizione enuncia che la libera circolazione dei lavoratori implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. L’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 a sua volta costituisce, nel campo specifico della concessione di vantaggi sociali, l’espressione particolare della regola della parità di trattamento in tal modo sancita, precisando che il lavoratore cittadino di uno Stato membro gode, nel territorio degli altri Stati membri di cui non ha la cittadinanza, degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali (v., in questo senso, sentenze del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld, C-181/19, EU:C:2020:794, punti 44 e 78, nonché del 21 dicembre 2023, Chief Appeals Officer e a., C-488/21, EU:C:2023:1013, punto 49).
27 Inoltre, la Corte ha già avuto occasione di dichiarare, da un lato, che, poiché l’assegno familiare di cui trattasi nel procedimento principale è connesso all’esercizio di un’attività subordinata da parte di un lavoratore frontaliero, esso costituisce un vantaggio sociale, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011. Dall’altro, tale assegno configura anche una prestazione di previdenza sociale, rientrante nelle prestazioni familiari di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004 [v., in questo senso, sentenza del 2 aprile 2020, Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero), C-802/18, EU:C:2020:269, punti 31 e 40].
28 Orbene, la Corte ha ripetutamente dichiarato che il principio della parità di trattamento sancito nell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE e nell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 vieta non soltanto le discriminazioni dirette basate sulla cittadinanza, ma anche ogni forma di discriminazione indiretta che, fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga di fatto al medesimo risultato [sentenza del 2 aprile 2020, Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero), C-802/18, EU:C:2020:269, punto 54 e giurisprudenza ivi citata].
29 Per quanto riguarda tale principio sul quale si fonda la libertà di circolazione dei lavoratori, la Corte ha già dichiarato che è segnatamente nell’ottica di garantire nel modo migliore la parità di trattamento di tutte le persone occupate nel territorio di uno Stato membro che, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, letto alla luce del considerando 8 dello stesso regolamento, la persona che esercita in particolare un’attività subordinata in uno Stato membro è soggetta, di norma, alla legislazione di tale Stato membro e, conformemente all’articolo citato, deve godere in detto Stato delle stesse prestazioni dei cittadini del medesimo Stato [v., in questo senso, sentenza del 16 giugno 2022, Commissione/Austria (Indicizzazione delle prestazioni familiari), C-328/20, EU:C:2022:468, punto 108 e giurisprudenza ivi citata].
30 Ebbene, come ricordato al punto 26 della presente sentenza, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 esprime lo stesso principio della parità di trattamento, stabilendo che i lavoratori di un altro Stato membro godano degli stessi vantaggi sociali dei lavoratori residenti.
31 Poiché i lavoratori frontalieri contribuiscono al finanziamento delle politiche sociali dello Stato membro ospitante con i contributi fiscali e sociali che versano in tale Stato per l’attività subordinata che vi esercitano, essi devono poter beneficiare delle prestazioni familiari e dei vantaggi sociali e fiscali alle stesse condizioni dei lavoratori nazionali [v., in questo senso, sentenze del 14 giugno 2012, Commissione/Paesi Bassi, C-542/09, EU:C:2012:346, punto 66; del 16 giugno 2022, Commissione/Austria (Indicizzazione delle prestazioni familiari), C-328/20, EU:C:2022:468, punto 109, nonché del 21 dicembre 2023, Chief Appeals Officer e a., C-488/21, EU:C:2023:1013, punto 71].
32 Nel caso di specie, in forza della normativa nazionale applicabile i lavoratori non residenti non beneficiano alle stesse condizioni dei lavoratori residenti dell’assegno familiare di cui trattasi nel procedimento principale per quanto riguarda i minori collocati in affidamento presso il nucleo familiare di tali lavoratori in quanto, a differenza di un lavoratore residente, un lavoratore frontaliero non percepisce tale assegno per un minore collocato in affidamento presso il proprio nucleo familiare e di cui assume la custodia.
33 Infatti, dalla decisione di rinvio risulta che, ai sensi dell’articolo 269, paragrafo 1, lettera a), del codice, danno diritto all’assegno familiare tutti i minori che risiedono effettivamente e in modo continuativo in Lussemburgo e ivi abbiano il proprio domicilio legale. Per quanto riguarda i minori collocati in affidamento con decisione giudiziaria, l’articolo 273, paragrafo 4, di tale codice precisa che in caso di un siffatto collocamento, detto assegno è versato alla persona fisica o giuridica investita della custodia del minore e presso la quale il minore ha il suo domicilio legale e la sua residenza effettiva e continuativa.
34 Per contro, conformemente all’articolo 269, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 270 del codice, per quanto concerne un lavoratore frontaliero, danno diritto all’assegno familiare unicamente i minori considerati familiari di tale lavoratore in forza di quest’ultima disposizione, vale a dire i figli nati nel matrimonio, i figli nati fuori dal matrimonio e i figli adottivi di detta persona.
35 In simili circostanze, ad un minore collocato in affidamento presso il nucleo familiare di un lavoratore che ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione, minore avente il suo domicilio legale nonché la sua residenza effettiva e continuativa presso tale lavoratore, non può essere concesso un assegno familiare costitutivo, per il lavoratore frontaliero, di un «vantaggio sociale», mentre i minori collocati in affidamento aventi il loro domicilio legale nonché la loro residenza effettiva e continuativa presso i lavoratori cittadini dello Stato membro ospitante possono, invece, pretendere tale assegno. Una siffatta differenza di trattamento, che può operare maggiormente a discapito dei cittadini di altri Stati membri in quanto i non residenti sono per lo più cittadini stranieri, configura una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza.
36 La circostanza che la decisione di collocamento in affidamento provenga da un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro diverso dallo Stato membro ospitante del lavoratore interessato non può incidere su tale conclusione.
37 Infatti, le competenti autorità lussemburghesi sono tenute a riconoscere una decisione di collocamento in affidamento di un altro Stato membro e a conferirgli lo stesso valore giuridico di una decisione nazionale equivalente. Ciò si evince da una lettura combinata dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), e dell’articolo 30, paragrafo 1, del regolamento 2019/1111. Tali disposizioni corrispondono alle disposizioni sostanzialmente identiche contenute nell’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), e nell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1), che era applicabile alla data di entrata in vigore della legge del 23 luglio 2016 che ha modificato il codice e che è stato abrogato dal regolamento 2019/1111.
38 Per essere giustificata, la discriminazione di cui al punto 35 della presente sentenza dev’essere idonea a garantire il conseguimento di un obiettivo legittimo e non andare al di là di quanto necessario per il conseguimento dell’obiettivo medesimo [v., in questo senso, sentenze del 14 giugno 2012, Commissione/Paesi Bassi, C-542/09, EU:C:2012:346, punti 55 e 73, nonché del 2 aprile 2020, Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero), C-802/18, EU:C:2020:269, punti 56 e 58]. Il giudice del rinvio non ha tuttavia riferito alcun legittimo obiettivo atto a giustificare una simile discriminazione indiretta.
39 Pertanto, si deve dichiarare che l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 ostano a disposizioni di uno Stato membro in forza delle quali i lavoratori non residenti non possono, a differenza dei lavoratori residenti, percepire un vantaggio sociale, quale l’assegno familiare di cui trattasi nel procedimento principale, per minori collocati in affidamento presso il loro nucleo familiare, dei quali essi hanno la custodia e che hanno il loro domicilio legale nonché la loro residenza effettiva e continuativa presso gli stessi.
40 Infine, quanto alla questione se la circostanza che il lavoratore non residente provveda al mantenimento del figlio collocato in affidamento presso il proprio nucleo familiare e di cui egli ha la custodia incida sulla risposta alla questione sollevata, è sufficiente osservare che, a pena di violare la parità di trattamento dei lavoratori frontalieri, tale circostanza può essere presa in considerazione nell’ambito della concessione di un assegno familiare ad un simile lavoratore solo se la normativa nazionale applicabile prevede una condizione del genere per la concessione di detto assegno ad un lavoratore residente investito della custodia di un minore collocato in affidamento presso di lui.
41 Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale un lavoratore non residente non può percepire un assegno familiare connesso all’esercizio, da parte sua, di un’attività subordinata in tale Stato membro per un minore collocato in affidamento presso di lui con decisione giudiziaria e di cui egli assume la custodia, mentre un minore che è stato oggetto di affidamento giudiziario e residente in detto Stato membro ha il diritto di percepire tale assegno, che è versato alla persona fisica o giuridica investita della custodia del minore in questione. La circostanza che il lavoratore non residente provveda al mantenimento del minore collocato in affidamento presso di lui può essere presa in considerazione nell’ambito della concessione di un assegno familiare a un simile lavoratore per un minore collocato in affidamento presso il suo nucleo familiare solo se la normativa nazionale applicabile prevede una condizione del genere per la concessione di detto assegno ad un lavoratore residente investito della custodia di un minore collocato in affidamento presso il suo nucleo familiare.
Sulle spese
42 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
L’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione,
devono essere interpretati nel senso che:
essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale un lavoratore non residente non può percepire un assegno familiare connesso all’esercizio, da parte sua, di un’attività subordinata in tale Stato membro per un minore collocato in affidamento presso di lui con decisione giudiziaria e di cui egli assume la custodia, mentre un minore che è stato oggetto di affidamento giudiziario e residente in detto Stato membro ha il diritto di percepire tale assegno, che è versato alla persona fisica o giuridica investita della custodia del minore in questione. La circostanza che il lavoratore non residente provveda al mantenimento del minore collocato in affidamento presso di lui può essere presa in considerazione nell’ambito della concessione di un assegno familiare a un simile lavoratore per un minore collocato in affidamento presso il suo nucleo familiare solo se la normativa nazionale applicabile prevede una condizione del genere per la concessione di detto assegno ad un lavoratore residente investito della custodia di un minore collocato in affidamento presso il suo nucleo familiare.