Sbaglia la CTR ad interpretare il comma 6 dell'art. 2 del CAD escludendo l'applicabilità del Codice agli atti impositivi. Per la Cassazione, l'esclusione dell'utilizzo di strumenti informatici prevista per l'esercizio delle attività e funzioni ispettive fino all'entrata in vigore del D. Lgs. n. 217/2017 riguarda la sola attività di controllo fiscale e non può estendersi agli avvisi di accertamento ed in genere agli atti impositivi.
La controversia trae origine dal ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza d'appello che aveva confermato la nullità dell'avviso di accertamento emesso nei confronti di una srl in liquidazione per difetto di sottoscrizione in quanto apposta in forma digitale sull'atto impositivo, mediante l'indicazione a
Secondo la CTR, tale modalità violava l'art.2, c. 6 del CAD, che prevede l'inapplicabilità delle disposizioni del Codice all'esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, ed anche per essere stato notificato, con tale firma digitale, a mezzo del servizio postale anziché tramite posta elettronica certificata.
In sede di legittimità, la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver la CTR escluso l'applicabilità degli atti impositivi della disciplina dettata dal Codice dell'amministrazione digitale, erroneamente interpretando il comma 6 dell'art. 2 del CAD.
Deduce inoltre la violazione degli
Con sentenza n- 16846 del 19 giugno 2024, la Cassazione accoglie le censure in esame e afferma i seguenti principi di diritto:
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Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza (ud. 16 maggio 2024) 19 giugno 2024, n. 16846
Svolgimento del processo
1. La CTR della Basilicata con la sentenza impugnata rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate confermando la statuizione di primo grado che aveva dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della M. s.r.l. in liquidazione relativamente all’anno d’imposta 2013 per difetto di sottoscrizione in quanto apposta in forma digitale sull’atto impositivo, mediante l’indicazione a stampa del nominativo del funzionario delegato, in violazione dell’art. 2, comma 6, del Codice dell’amministrazione digitale (cd. CAD), che prevede l’inapplicabilità delle disposizioni del Codice all'esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, ed anche per essere stato notificato, con tale firma digitale, a mezzo del servizio postale anziché tramite posta elettronica certificata. A tale ultimo riguardo sosteneva che soltanto la combinazione della sottoscrizione con firma digitale con l’invio dell’atto a mezzo pec avrebbe consentito al contribuente «un immediato controllo dell’autenticità del provvedimento notificato, oltre che l’accesso a tutte le informazioni ed atti correlati». Riteneva, infine, che la dichiarazione di nullità dell’atto impositivo fosse assorbente degli altri motivi di impugnazione.
2. Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui replica la società contribuente con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 18, 21, 24 e 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR omesso di pronunciare su due motivi di appello. Il primo, con cui aveva lamentato la violazione dell’art. 32, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 da parte dei giudici di primo grado, che non avevano dichiarato inammissibile la memoria che la società contribuente aveva deposito tardivamente, soltanto il giorno dell’udienza di trattazione. Il secondo, con cui aveva dedotto la violazione del combinato disposto dagli artt. 24 e 32 del d.lgs. n. 546 del 1992 da parte dei giudici di primo grado che non avevano dichiarato inammissibile la memoria depositata dalla società contribuente in quanto contenente eccezioni nuove rispetto a quelle dedotte con i motivi di ricorso.
2. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 32, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR omesso di rilevare e dichiarare l’inammissibilità della memoria che la società contribuente aveva deposito in primo grado tardivamente, soltanto il giorno dell’udienza di trattazione, e l’inutilizzabilità delle stesse da parte dei giudici di primo grado per fondare la statuizione poi confermata in sede di appello.
3. Con il terzo motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 18, comma 2, 19, 21, comma 1, e 24, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, perché la CTR, «confermando la sentenza di primo grado, e ritenendo che il Cad “… non si applica all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, con la conseguenza che l’utilizzo di tali procedure da parte dell’Agenzia delle entrate è da considerarsi del tutto illegittimo e che il cad prevede, inoltre, che il documento firmato digitalmente sia inviato tramite Pec in un formato specifico e non a mezzo del servizio postale …”, ha condiviso la doglianza proposta dalla società contribuente per la prima volta nelle memorie illustrative», benché nell’originario ricorso la società contribuente avesse dedotto soltanto l’illegittimità dell’atto impositivo per l’indicazione sostitutiva a mezzo stampa del nominativo del firmatario.
4. Con il quarto motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 82 del 2005 per avere la CTR erroneamente ritenuto che la disposizione censurata si applicasse anche alla sottoscrizione degli avvisi di accertamento. Sostiene che l’atto impositivo impugnato era stato sottoscritto digitalmente del Direttore Provinciale dell’Ufficio con attestazione di conformità all’originale informatico resa dal funzionario in calce al provvedimento.
5. Con il quinto motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 60, comma 7, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 23, comma 1, del CAD (d.lgs. n. 82 del 2005), per avere la CTR ritenuto obbligatoria, in presenza di sottoscrizione digitale dell’avviso di accertamento, la notifica dello stesso a mezzo posta elettronica certificata.
6. In applicazione del principio della ragione più liquida, devono esaminarsi preliminarmente il quarto ed il quinto motivo di ricorso.
7. Il quarto motivo è fondato in quanto la CTR ha escluso l’applicabilità agli atti impositivi della disciplina dettata dal codice dell’amministrazione digitale, erroneamente interpretando il comma 6 dell’art. 2 del CAD (d.lgs. n. 85 del 2005).
8. Tale disposizione, nella versione applicabile alla fattispecie, relativa ad avviso di accertamento notificato il 21/11/2016 (così a pag. 7 del controricorso), e, pertanto, con le modifiche apportate dall'art. 2, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 179 del 2016, entrato in vigore a decorrere dal 14 settembre 2016, prevedeva nella prima parte (successivamente modificata, come si dirà in prosieguo), che «Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all'esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale […]».
9. Questa Corte si è più volte pronunciata sulla questione dedotta con il motivo (Cass., ordinanze n. 1150 del 21/01/2021; n. 1155 del 26/01/2021 e n. 1157 del 26/01/2021; più recentemente, Cass. n. 6142 del 07/03/2024 e Cass. n. 10829 del 22/04/2024) e sulla questione Cass., Sez. 6^-5^, 9 novembre 2021, n. 32692, è stata così massimata: «L'avviso di accertamento firmato digitalmente nel regime di cui all'art. 2, comma 6, d.lgs. n. 82 del 2005 ("ratione temporis" vigente dal 14 settembre 2016 fino al 26 gennaio 2018), non è nullo per difetto di sottoscrizione, posto che l'esclusione dell'utilizzo di strumenti informatici prevista per l'esercizio delle attività e funzioni ispettive fino all'entrata in vigore del d.lgs. n. 217 del 2017 riguarda la sola attività di controllo fiscale e non può estendersi agli avvisi di accertamento ed in genere agli atti impositivi».
10. Le argomentazioni svolte in tali pronunce, che il Collegio condivide, si fondono essenzialmente su tali passaggi:
- la normativa in tema di digitalizzazione della pubblica amministrazione, anche in conseguenza degli obblighi di adeguamento al Regolamento comunitario noto con l’acronimo eIDAS, entrato in vigore direttamente in tutti gli Stati Membri UE, senza necessità di atti di recepimento, il 17 settembre 2014, e divenuto applicabile a decorrere dal 1 luglio 2016, impone come regola generale l’adozione dei documenti informatici, residuando ad eccezione il mantenimento dei documenti analogici; infatti, ai sensi dell’art. 40 CAD, le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le regole tecniche fissate dal D.P.C.M. 13 novembre 2014;
- la regola generale è divenuta, quindi, il ricorso ai documenti informatici e le limitazioni ne costituiscono l’eccezione;
- una serie di valutazioni ermeneutiche sia di tipo letterale che sistematico fanno propendere per una interpretazione dell'art. 2, comma 6, del CAD, ratione temporis vigente, nel senso che nell'esercizio delle attività e funzioni ispettive non rientrano gli atti impostivi;
- innanzitutto, sul piano terminologico gli atti impositivi non rientrano tra gli atti emessi "nell'esercizio" delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive propedeutiche all'esercizio del potere di accertamento e di irrogazione di sanzioni, bensì tra gli atti eventualmente emessi "all'esito" delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, attività che potrebbero anche concludersi con un esito favorevole per il contribuente, e quindi senza l'emissione di un atto impositivo;
- la distinzione tra l'attività accertativa e quella preliminare di verifica e controllo risulta poi immanente nella normativa fiscale vigente. In tema di imposte dirette, la definizione in termini distintivi è presente già nella rubrica del titolo quarto del d.P.R. n. 600 del 1973, denominato "Accertamento e controllo"; le attività di controllo sono autonomamente regolate agli artt. 32 e 33 dello stesso decreto, si realizzano attraverso accessi, ispezioni e verifiche, inviti a comparire e richieste di documentazione che richiedono una diretta interlocuzione con il contribuente, prevedono la cooperazione della Guardia di Finanza nonché di qualsiasi altro soggetto pubblico incaricato istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza. Prerogativa esclusiva dell'Amministrazione finanziaria è invece l'adozione degli atti impositivi, di cui agli artt. 36-bis, 36-ter, 38, 39 ecc., che hanno ad oggetto la liquidazione delle imposte o delle maggiori imposte e delle eventuali sanzioni. Anche il d.P.R. n. 633 del 1972, in tema di IVA, regola separatamente all'art. 52 gli accessi, ispezioni e verifiche ed agli artt. 54 e ss. le rettifiche e gli accertamenti. Lo Statuto del contribuente, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, all'art. 12, comma 7, conferma la distinzione delle due attività imponendo, a pena di illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", l'osservanza di un termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al soggetto nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni. Correttamente la ratio dell'esclusione degli atti propedeutici all'esercizio del potere di accertamento è stata rinvenuta nel fatto che nell'ambito di tali attività di verifica si impone la partecipazione del contribuente che potrebbe non essere munito di firma digitale, sicché l'applicazione del CAD determinerebbe un aggravio dei suoi diritti di difesa ed un ostacolo al rapporto di collaborazione che dovrebbe sempre ispirare tali incombenti.
- la diversa interpretazione fatta propria dai giudici di appello si porrebbe in disarmonia con la volontà del legislatore come manifestata negli interventi normativi successivi. La modifica apportata all'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, ad opera dell'art. 7-quater, comma 6, del d.l. n. 193 del 2016, con l'inserimento del comma 6 che ha introdotto la possibilità della notifica a mezzo PEC degli avvisi di accertamento, tende ad una implementazione dell'utilizzo dei documenti informatici. Il comma 6-bis, aggiunto all'art. 2 del CAD dall'art. 2, lett. e), del d.lgs. n. 217 del 2017 ne sancisce espressamente l'applicabilità "agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria" (e conseguentemente alla lett. “d” ha soppresso le parole «ispettive e di controllo fiscale» di cui alla prima parte del comma 6) e rimette ad un successivo decreto l'adozione delle modalità e dei termini per l'applicazione anche alle "attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale". Seppure non si voglia attribuire a tale ultima disposizione la natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, è indubbio che da essa non può che trarne conferma l'impostazione esegetica che distingue l'attività di accertamento da quella di controllo fiscale.
11. Alla ritenuta applicabilità al caso di specie dell’art. 2, comma 6, CAD, nella versione vigente ratione temporis, consegue l'accoglimento del quinto motivo di ricorso, relativo alla legittimità della notifica di una copia analogica conforme ad un documento informatico.
12. Ai sensi dell'art. 23 del CAD "Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui sono tratte se la loro conformità all'originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato".
13. Nella specie risulta incontestato, perché ammesso dalla stessa controricorrente (pag. 33) che l'atto impositivo notificato in copia cartacea presentava l'attestazione di conformità all'originale, che, a differenza di quanto sostiene la controricorrente, è sufficiente a dimostrare l'avvenuta sottoscrizione dell'atto formato digitalmente ed a conferirgli un valore probatorio equiparato all'originale informatico (in tema di sentenze sottoscritte digitalmente vedi Cass. n. 15074 del 2017), essendo l’attestazione di conformità riferita al contenuto integrale del documento originale informatico e quindi anche alla sottoscrizione apposta in formato digitale.
14. A ciò aggiungasi che nel caso di specie la conformità del documento analogico a quello digitale non risulta essere stata nemmeno disconosciuta dalla società contribuente, ai sensi del comma 2, prima parte, del citato art. 23 CAD, che prevede che «Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale se la loto conformità non è espressamente disconosciuta».
15. Non sussistendo alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC, nulla impedisce che una copia analogica di un documento informatico conforme all'originale venga notificata secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta. Come si è detto sopra, la possibilità di una notifica a mezzo PEC per gli atti impositivi è stata introdotta solo a decorrere dal 1° luglio 2017, a seguito dell'aggiunta del comma 6 all'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera dell'art. 7-quater, comma 6, del d.l. n. 193 del 2016; l'Agenzia ricorrente, non potendo utilizzare la notifica a mezzo PEC prima di tale data, ha correttamente proceduto alla notifica ordinaria di una copia analogica dell'atto informatico, munita della prescritta attestazione di conformità.
16. Al riguardo deve osservarsi che non coglie nel segno il richiamo fatto dalla controricorrente all’art. 3-bis, comma 4-bis, del CAD per opinare la possibilità della notifica a mezzo posta dell’atto impositivo in mancanza del domicilio digitale. Infatti, la citata disposizione fa espresso riferimento alle “comunicazioni” e non alle “notificazioni”, invece espressamente regolati dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973.
17. Si aggiunga, infine, che risulta agli atti che l'atto sia comunque giunto della sfera di conoscibilità del destinatario che, infatti, l’ha tempestivamente impugnato. Trova pertanto applicazione il principio consolidato secondo cui, ai sensi dell'art. 156, terzo comma 3, c.p.c., ove l'atto, malgrado l'irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario, la nullità non può essere dichiarata per il raggiungimento dello scopo (cfr., tra le tante, Cass. Sez. U, n. 7665 del 2016; Cass. n. 27561 e n. 24568 del 2018).
18. Alla stregua di quanto fin qui detto possono affermarsi i seguenti principi di diritto.
«L'avviso di accertamento firmato digitalmente nel regime di cui all'art. 2, comma 6, d.lgs. n. 82 del 2005 (ratione temporis applicabile dal 14 settembre 2016 fino al 26 gennaio 2018), non è nullo per difetto di sottoscrizione, posto che l'esclusione dell'utilizzo di strumenti informatici prevista per l'esercizio delle attività e funzioni ispettive fino all'entrata in vigore del d.lgs. n. 217 del 2017 riguarda la sola attività di controllo fiscale e non può estendersi agli avvisi di accertamento ed in genere agli atti impositivi».
«La copia analogica dell’avviso di accertamento, sottoscritta digitalmente dal funzionario incaricato e dichiarata conforme all’originale informatico nel rispetto della previsione dell’art. 23 del d.lgs. n. 82 del 2005, tiene luogo del menzionato originale ed è validamente notificata al contribuente, oltre che a mezzo posta elettronica certificata, anche a mezzo del servizio postale».
19. L’accoglimento del quarto e quinto motivo di ricorso ha quale diretta conseguenza l’assorbimento dei primi tre motivi, incentrati (il secondo ed il terzo) sulla questione della tempestività delle censure di inapplicabilità al caso di specie dell’art. 2, comma 6, del CAD e del necessario invio a mezzo PEC dell’atto impositivo firmato digitalmente, in quanto introdotte per la prima volta in una memoria illustrativa, peraltro depositata oltre i termini di cui all’art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, e (il primo) sull’omessa pronuncia della CTR sul motivo di appello espressamente formulato al riguardo.
23. In estrema sintesi, vanno accolti il quarto e quinto motivo di ricorso, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il quarto e quinto motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.