
Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21211 del 30 luglio 2024, afferma che visto che la parte si è tempestivamente attivata ed ha provveduto ad un ulteriore deposito con esito positivo, risulta superflua la pronuncia sull'istanza di rimessione in termini
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza (ud. 12 giugno 2024) 30 luglio 2024, n. 21211
Svolgimento del processo
1. La Corte d’appello di Bologna ha accolto in parte l’appello di (omissis) e l’appello incidentale di (omissis), (omissis) e (omissis) e, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto le domande proposte dalla (omissis) s.r.l., volte ad ottenere la condanna degli ex agenti al pagamento della penale prevista per la violazione del patto di non concorrenza.
2. La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha confermato l’accertamento eseguito dal tribunale sulla violazione del patto di non concorrenza da parte degli ex agenti, dopo la cessazione del rapporto (v. sentenza appello, p. 7, terzo e quarto cpv. e p. 8, secondo e terzo cpv.).
3. Ha accertato che la società non aveva corrisposto, contestualmente alla cessazione del rapporto e nonostante la richiesta degli agenti in data 4 marzo 2013, l'indennità corrispettiva del patto di non concorrenza, ciò in palese violazione dell'art. 1751bis c.c. che ne prevede il pagamento “in occasione della cessazione del rapporto di agenzia” e di quanto statuito dagli AEC. del 2009, confermati dal nuovo accordo del 10 marzo 2010, secondo cui il pagamento del corrispettivo deve avvenire “inderogabilmente in un'unica soluzione alla fine del rapporto”. Ha ritenuto, richiamando un precedente analogo della medesima Corte, che l'adempimento della preponente condizionasse l'operatività stessa del patto di non concorrenza e che forse quindi fondata l'eccezione dell’agente, di non essere obbligato al pagamento della penale a causa dell’inadempimento del patto imputabile alla preponente.
4. Avverso tale sentenza la (omissis) s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. (omissis) ha resistito con controricorso. (omissis), (omissis) e (omissis) hanno resistito con separato controricorso ed hanno proposto ricorso incidentale con un unico motivo. La società ha depositato controricorso in replica al ricorso incidentale. Sono state depositate distinte memorie nell’interesse del (omissis) e degli altri ex agenti.
5. Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Motivi della decisione
Ricorso principale della (omissis) s.r.l.
6. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell'art. 1460 c.c. stante l’inapplicabilità della norma alle fattispecie in cui l'eccipiente l'inadimpleti contractus sia debitore di una prestazione “di non fare".
7. Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per totale assenza di motivazione su un punto nodale della controversia, ossia il perché, l'obbligo di pagamento della indennità corrispettiva del patto di non concorrenza non possa essere "sganciato" dal dovere di non concorrenza.
8. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli art. 1460, 1175 e 1375, 1206 c.c., di per sé considerati e in relazione all'art. 1751-bis c.c. e dell'art. 7 dell'Accordo Economico Collettivo 16.02.2009 del settore commercio (e/o dell’Accordo Economico Collettivo 10.03.2010 del settore commercio), per avere la Corte d’appello errato nell’interpretare le citate disposizioni valorizzando l’elemento cronologico anziché i rapporti di proporzionalità e corrispettività tra le prestazioni non adempiute.
9. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 e ss. c.c., per avere la Corte di merito tratto dalla clausola del contratto di agenzia, che prevedeva la corresponsione di una penale per l’ipotesi di violazione del patto di non concorrenza, la conferma che “l’obbligo di non concorrenza sorge col pagamento in unica soluzione dell’indennità alla cessazione del rapporto”.
10. Preliminarmente si dà atto che i controricorrenti e ricorrenti incidentali, nella memoria depositata, hanno avanzato istanza di rimessione in termini in ordine al deposito del controricorso assumendo che, per problemi tecnici, il loro deposito tempestivo eseguito il 20.12.21 per via telematica non risultava completato (con la cd. terza e quarta PEC) e che, preso atto di ciò, si sono tempestivamente attivati ed hanno eseguito un altro deposito andato a buon fine. Alla luce dei precedenti di questa Corte (Cass. n. 29357 del 2022; n. 19307 del 2023) e rilevato che la parte si è tempestivamente attivata ed ha provveduto ad un ulteriore deposito con esito positivo, risulta superflua la pronuncia sull'istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c.
11. I motivi di ricorso da trattare congiuntamente per connessione logica sono fondati e devono trovare accoglimento.
12. Secondo il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, il giudice, ove venga proposta dalla parte l'eccezione "inadimplenti non est adimplendum", deve procedere ad una valutazione comparativa degli opposti inadempimenti avuto riguardo anche alla loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull'equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse, per cui, qualora rilevi che l'inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l'eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all'interesse dell'altra parte a norma dell'art. 1455 c.c., deve ritenere che il rifiuto di quest'ultima di adempiere la propria obbligazione non sia di buona fede e quindi non sia giustificato ai sensi dell'art. 1460, comma 2, c.c. (v. Cass. n. 11430 del 2006; n. 22626 del 2016; n. n. 14986 del 2021; 36295 del 2023).
13. La Corte d’appello ha omesso tale valutazione di proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti poiché ha considerato l’anteriorità cronologica del mancato pagamento dell’indennità da parte della preponente come di per sé idonea a legittimare la liberazione dell’agente dall’obbligo di non concorrenza e quindi dall’obbligo di pagamento della penale in caso di inadempimento, addirittura considerando l’obbligo della società di pagare l’indennità come contestuale alla cessazione del rapporto e tale adempimento condizione per la operatività stessa del patto di non concorrenza.
14. In tal modo la Corte d’appello ha violato anzitutto l’art. 1751bis c.c. dando dello stesso una interpretazione errata.
15. L’interpretazione è errata dal punto di vista letterale atteso che l’art. 1751bis prevede l’obbligo di corrispondere l’indennità “in occasione della cessazione del rapporto”, con una formula ampia che non individua quale scadenza l’esatto momento di cessazione del rapporto.
16. In senso analogo è la disciplina dettata dagli Aec. Essi, quando stabilisco che l’indennità deve essere corrisposta “inderogabilmente in un’unica soluzione alla fine del rapporto” esigono come inderogabile l’unicità della soluzione e non il momento di pagamento come necessariamente coincidente con la cessazione del rapporto.
17. Inoltre, dal punto di vista logico, se si ritenesse, come ha fatto la Corte di merito, che l’obbligo della preponente di pagare l’indennità deve inderogabilmente essere adempiuto al momento di risoluzione del rapporto, si eliminerebbe a priori la possibilità di configurare una violazione del patto di non concorrenza post contrattuale, che dovrebbe esistere già al momento di cessazione del rapporto o realizzarsi istantaneamente in tale momento, il che non è plausibile.
18. Per effetto della errata interpretazione dell’art. 1751bis c.c., i giudici di appello hanno violato anche l’art. 1460 c.c., omettendo del tutto il giudizio di proporzionalità in un caso in cui è acclarata la violazione del patto da parte degli agenti in epoca successiva alla cessazione del rapporto.
19. Le considerazioni svolte conducono all’accoglimento del ricorso principale, risultando assorbito il ricorso incidentale che verte sulla regolazione delle spese processuali nel giudizio di appello. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.