
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 4034/2025, si è pronunciata sull'idoneità della terza PEC a determinare la conoscenza legale dell'esito negativo del deposito telematico.
Il ricorrente aveva impugnato la decisione del Tribunale di Prato, che aveva dichiarato improcedibile l'appello per tardiva iscrizione a ruolo, basandosi sull'assunto che la terza PEC ricevuta in data 08/06/2022 fosse sufficiente a rendere edotto l'appellante dell'esito negativo del deposito telematico.
Secondo la difesa del ricorrente, infatti, solo la quarta PEC avrebbe potuto generare la conoscenza legale dell'esito negativo del deposito e che, pertanto, l'errore fatale riscontrato nella terza PEC non poteva ritenersi sufficiente a far decorrere i termini per una nuova iscrizione a ruolo.
La Cassazione respinge il ricorso e conferma la correttezza della decisione del Tribunale di Prato. La motivazione si fonda sui seguenti punti:
- la terza PEC conteneva già indicazioni chiare di errore, evidenziando problematiche nel deposito che avrebbero dovuto allertare l'appellante sulla necessità di un intervento immediato;
- la reazione della parte non è stata tempestiva: l'iscrizione a ruolo è stata rinnovata solo il 12/09/2022, ovvero tre mesi dopo la ricezione della terza PEC;
- il concetto di immediatezza nella rimessione in termini: secondo l’orientamento della Cassazione, la parte che si trovi in una situazione di errore non imputabile deve attivarsi senza indugio, valutando con attenzione le segnalazioni ricevute.
L’ordinanza in commento sottolinea l’importanza di un costante monitoraggio del deposito telematico e della corretta interpretazione dei messaggi PEC ricevuti. In particolare:
- non si può attendere la quarta PEC per reagire a un errore tecnico, se la terza PEC già evidenzia anomalie;
- è fondamentale attivarsi tempestivamente, adottando tutte le misure necessarie per rimediare all’errore, inclusa una verifica immediata presso la cancelleria;
- la rimessione in termini non può essere richiesta se la parte ha avuto un lungo lasso di tempo per agire e non lo ha fatto.
Si può ritenere che la decisione contribuisce a delineare con maggiore precisione le responsabilità dell’avvocato nell'utilizzo del processo telematico e conferma un orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di tempestività degli adempimenti processuali.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza (ud. 29 gennaio 2025) 17 febbraio 2025, n. 4034
Svolgimento del processo
Si tratta di opposizione a decreto ingiuntivo relativo al pagamento di corrispettivi per lavori edili eseguiti in appalto. L'opponente, contestando il decreto, proponeva domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni derivanti da vizi dell'opera. Il Giudice di pace re- vocava il decreto ingiuntivo, condannando l'opponente al pagamento di una somma inferiore a quella ingiunta, e rigettava la domanda riconvenzionale. In appello, il Tribunale dichiarava improcedibile il gravame per iscrizione a ruolo tardiva.
Ricorre in cassazione l'opponente con un unico motivo, illustrato da memoria. Resiste l'ingiungente con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
1. - L'unico motivo denuncia la violazione del d.l. 179/2012, art. 16 bis co. 7, convertito con modificazioni nella l. 221/2012, modificato dal d.l. 90/2014, art. 51 co. 2 lett. a) e b), convertito in l. 114/2014; nonché violazione del d.m. 44/2011 art. 13 co. 2, per avere il Tribunale di Prato erroneamente ritenuto che il messaggio PEC (terza PEC), ricevuto il 08/06/2022 e contenente una comunicazione di errore tecnico, fosse sufficiente a rendere l'appellante edotta dell'esito negativo del deposito telematico dell'iscrizione a ruolo. Si censura inoltre la mancata rimessione in termini ex art. 153 co. 2 c.p.c. ai fini della rinnovazione dell'iscrizione. Si afferma che il Tribunale ha interpretato erroneamente le comunicazioni telematiche. La normativa applicabile stabilisce che il deposito è valido al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna (seconda PEC), come previsto dall'art. 16 bis co. 7 d.l. 179/2012 e dal d.m. 44/2011. La terza PEC, contenente messaggi di anomalia (nel caso specifico un 'errore imprevisto'), non sarebbe idonea a generare consapevolezza legale circa un errore fatale bloccante, essendo necessaria una successiva comunicazione (quarta PEC) che formalizzi l'esito del deposito come accettato o rifiutato. Il Tribunale di Prato ha dichiarato l'improcedibilità dell'appello poiché la terza PEC avrebbe reso immediatamente percepibile la necessità di ulteriori verifiche. Si contesta questa ricostruzione, sostenendo che l’appellante non è stato in grado di rilevare l'effettiva criticità fino al 12/09/2022, quando, mediante accesso fisico in cancelleria, ha appreso che il deposito non era stato accettato per un errore tecnico riguardante la ricevuta del pagamento del contributo unificato. L'iscrizione a ruolo è stata quindi rinnovata tempestivamente lo stesso giorno, allegando i documenti del primo deposito. Si invocano, inoltre, precedenti giurisprudenziali, che affermano la necessità della quarta PEC per la conoscenza legale dell'esito negativo del deposito. Infine, si sottolinea che l'affidamento dell'appellante sull'esito positivo del deposito telematico, in assenza di ulteriori comunicazioni, era legittimo, e che il tempo intercorso tra l'iscrizione originaria e il rinnovo, anche considerando il periodo estivo, non integra un comportamento negligente. Si chiede pertanto l'annullamento della sentenza impugnata e la remissione in termini ai fini della prosecuzione del giudizio.
2. - Il ricorso è infondato.
Ha argomentato il Tribunale: «Nel caso di specie(...) l'atto di citazione in appello è stato notificato in data 30/05/2022, ma l'iscrizione a ruolo presso la cancelleria del Tribunale adito risulta avvenuta il 12/09/2022. (...) Nella nota depositata unitamente all'atto di cita zione, l'appellante ha rappresentato e documentato di aver ricevuto la seconda PEC di deposito e iscrizione a ruolo del giudizio (relativa alla consegna dell'atto) in data 8/06/2022 e ha dedotto che il mancato perfezionamento dell'iscrizione a ruolo è dipeso da un errore fatale' del sistema telematico. Non ha però dimostrato la fondatezza rimessione in termini. Ed infatti, anche a voler superare, sotto il profilo formale, la mancanza di un'espressa ed apposita istanza di rimessione in termini (interpretando la rinnovazione dell'iscrizione a ruolo e la nota con cui sono stati esplicati i fatti occorsi come richiesta di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c., sia pure in via implicita), una tale richiesta non può considerarsi tempestivamente presentata».
Per giungere a tale conclusione, il Tribunale invoca l'orientamento di questa Corte secondo il quale: «l'istituto della rimessione in ter mini presuppone la tempestività dell'iniziativa della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile, tempestività da intendere come immediatezza della rea zione della parte stessa al palesarsi della necessità di svolgere un'attività processuale ormai preclusa. Il concetto di 'immediatezza della reazione' non implica, però, come corollario che l'istanza di rimessione debba intervenire, comunque, entro il termine del quale si alleghi essere stata impossibile l'osservanza per causa non imputabile alla parte, dovendo, viceversa, interpretarsi solo come necessità che la parte istante si attivi in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo» (così, Cass. n. 25289/2020).
Nella parte conclusiva del ragionamento, il Tribunale sostiene che:
«l'appellante ha riferito di essere venuta a conoscenza dell'esistenza di un errore fatale nel deposito telematico descrizione a ruolo solo a seguito di un accesso alla cancelleria il 12/09/2022, ma dal contenuto della terza PEC ricevuta in data 8/06/2022 si ricava che già all'esito dei controlli automatici erano emerse problematiche nel deposito. (...) L'appellante era quindi già stata avvisata, nell'immediatezza del deposito, dell'esito negativo dei controlli automatici e della necessità di ulteriori verifiche e già da quel momento avrebbe dovuto attivarsi - se non per procedere ad una immediata rinnovazione dell'iscrizione a ruolo - quantomeno per monitorare, con particolare attenzione e diligenza, l'esito definitivo del deposito telematico e avanzare un'istanza ex art. 153c.p.c. in tempi ragionevolmente contenuti e rispettosi del principio della durata ragionevole del processo. Invece, la reazione della signora N. è avvenuta con la rinnovazione de/l'iscrizione a ruolo solo in data 12/09/2022, a distanza di tre mesi dalla scadenza del termine ex artt. 347 e 165 c.p.c. e comunque dalla scoperta dell'esito negativo dei controlli automatici, e deve quindi ritenersi ingiustificatamente tardiva, anche alla luce di un parametro valutativo di ragionevolezza in relazione agli oneri processuali posti a carico delle parti. L'appello deve quindi essere dichiarato improcedibile ai sensi dell'art. 348 c.p.c.».
3. - Il ragionamento del Tribunale di Prato è corretto e merita di essere avallato, sia nell'individuazione del principio di diritto rilevante, che nella sua corretta applicazione al caso di specie. Questa Corte ha avuto recentemente occasione di pronunciarsi in questo senso, in un caso simile a quello sotteso alla sentenza in epigrafe, sotto il profilo del ritardo di circa tre mesi nell'istanza di rimessione in termini (dr. Cass. 21282/2024).
Le pronunce citate dalla ricorrente non giovano alla sua causa, poiché presuppongono in ogni caso l'assenza di colpa della parte che chiede la rimessione in termini. Si veda ad esempio Cass. 30514 del 2022, ove si precisa che certamente «la serie di messaggi PEC che scandisce il deposito telematico di atti (descritti dalle 'specifiche di interfaccia tra punto di accesso e gestore centrale'), così come le indicazioni date dalla cancelleria alle parti, sono una specie di istruzioni che l'amministrazione della giustizia dà alle parti e, pertanto, sono fonti di affidamento qualificato, meritevole di essere considerato nell'ambito del procedimento di rimessione in termini». Tutta via, ciò vale laddove: «in forza dei loro difetti, s'inseriscano, con ruolo determinante, nella catena causale che sfocia nella decadenza, fermo restando che nel caso concreto l'apprezzamento circa la non imputabilità alla parte è affidato al giudice del merito». Nella fatti specie, questa Corte ha accolto il ricorso di una parte che si era vista negare la rimessione in termini in un caso in cui parimenti vi era stato un errore nel deposito telematico, segnalato da una PEC che indicava la necessità di verifiche da parte della cancelleria e l'avvocato, non ricevendo ulteriori comunicazioni, si era prontamente recato in cancelleria ottenendo rassicurazioni sulla tempestività del deposito.
deposito. Solo dopo la scadenza del termine era stato informato de111errore fatale nella busta telematica. Dalla comparazione tra i due casi si desume un'ulteriore conferma dell'infondatezza del ricorso nel caso attuale.
4. - Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell'art. 13 co. 1-quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in€ 1.500, oltre a€ 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.