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10 settembre 2024 Civile e processo
Procura speciale e conformità della sentenza impugnata: la Cassazione chiarisce i tempi e la validità delle integrazioni in corso di giudizio
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21101 del 29 luglio 2024, si pronuncia sui tempi del rilascio della procura speciale e sulla validità della produzione in giudizio della copia della sentenza impugnata priva di attestazione di conformità ma integrata in corso di procedimento e precedentemente alla discussione.
di Avv. Fabrizio Sigillò
Il caso

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Articolo realizzato con la collaborazione dell'avv. Valeria Pollinzi

Resta a margine della pronuncia in commento il merito della vicenda da cui nasce procedimento, attinente ad una separazione coniugale e, in particolare, alla determinazione ed alla quantificazione dell'assegno divorzile. Sul punto si era dapprima pronunciato il Tribunale di Ancona, poi il Giudice d'Appello e di seguito anche la Corte di Cassazione che aveva restituito la causa al giudice territoriale ravvisando alcuni profili meritevoli di approfondimento.

Anche la seconda sentenza viene portata all'attenzione del Collegio di legittimità, richiesto a decidere su un numero consistente di motivi e, tra essi, ai due profili esposti dal controricorrente, oggetto del commento che segue.

Questi eccepisce, in primo luogo, la nullità della procura alle liti perché recante una data di riferimento successiva alla redazione del ricorso ed, in seconda battuta, l'improcedibilità del ricorso per omesso deposito della copia digitale della sentenza impugnata debitamente munita dell'attestazione di conformità.

Entrambe le eccezioni vengono disattese attraverso richiamo a precorso e pacifico orientamento giurisprudenziale in materia supportato anche dalle pronunce delle Sezioni Unite.

Il diritto

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Si è appena detto dei profili esposti dal controricorrente che la Corte disattende in maniera perentoria, forte del supporto pervenuto dai precedenti delle Sezioni Unite.

Rilevante, in particolare, la questione afferente alla sorte della procura, oggetto di recente decisione utile ad escludere definitivamente l'esigenza di contestualità obbligatoria tra la data del rilascio mandato a difendere e la redazione del ricorso. 

Determinante semmai – disse allora la Cassazione – che la procura rechi una data successiva all'emissione del provvedimento che si intende impugnare. (SS.UU. sent. n. 2075 del 19/1/2024).

Non meno complessa la trattazione dell'altra eccezione, anch'essa beneficiata da autorevole precedente portatore di un principio che il Collegio condivide incondizionatamente.

La questione atteneva, anche in questo caso, alla ravvisata irregolarità della copia della sentenza impugnata e che – sosteneva il controricorrente – era priva dell'attestazione di conformità del documento acquisito dal fascicolo telematico e quindi suscettibile di determinare l'improcedibilità del ricorso.

Sovviene, anche in questo caso, il supporto reso sul punto dalle Sezioni Unite, qui pedissequamente richiamato nella parte aveva evidenziato come «…il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata redatta in formato elettronico e firmata digitalmente (e necessariamente inserita nel fascicolo informatico) senza attestazione di conformità del difensore ex art. 16 bis, comma 9 bis, d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. in l. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l'applicazione della sanzione dell'improcedibilità, ove l'unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche in caso di tardiva costituzione) depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'originale della decisione stessa». (Cass. SS.UU. sentenza n. 8132/2019).

Il principio è sufficiente e necessario a guidare il rigetto anche di questa eccezione.

La lente dell'autore

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A commento dell'ordinanza in esame può dirsi come il lavoro della Corte possa essere stato in qualche modo agevolato dalla presenza degli autorevoli precedenti che avevano affrontato analoghe fattispecie.

Univoco il riferimento alla sorte del mandato che rechi una data diversa da quella indicata in ricorso e, in questo caso, precedente ad esso.

È ormai pacifico infatti che l'unico aspetto che può rilevare ai fini della validità della procura speciale è il riferimento alla data di emissione della decisione da impugnare che non può che essere precedente a quella in cui la prima risulta rilasciata dal cliente.

Più interessante la seconda parte della pronuncia che si risolve nell'enunciazione di due significativi rilievi qui di seguito riassunti:

  1. le disposizioni che guidano il procedimento di legittimità ancorché riferite alla sua “gestione analogica” trovano applicazione anche a quella che si svolge nell'”ambiente digitale”;
  2. tassative devono ritenersi le ipotesi d'improcedibilità del ricorso.

Il primo profilo era stato affrontato dalla Corte di legittimità sotto il regime del deposito analogico. Anche in quel caso mancante od irregolare era risultata l'allegazione al fascicolo del ricorrente della copia della sentenza oggetto dell'impugnazione.

La questione si ripropone nel giudizio in esame e nel nuovo contesto telematico che permette l'acquisizione dell'intero fascicolo processuale o di sue parti dal fascicolo telematicamente costituito.

In questo caso il ricorrente aveva proceduto alla stampa del documento (giuridicamente qualificato dal CAD quale copia analogica) completandola con l'attestazione di conformità al riferimento informatico presente nel fascicolo telematico e l'apposizione della firma in calce ad esso

Successivamente aveva però realizzato una scansione del medesimo atto, poi prodotto in giudizio ma senza l'attestazione di conformità al documento digitale depositato in Cassazione.

Terzo e non irrilevante passaggio si era infine verificato in corso di causa, allorquando cioè il ricorrente si era determinato ad un nuovo deposito telematico contenente nuova copia della sentenza in formato digitale, stavolta munita di attestazione di conformità, eseguita prima dell'udienza indicata per la discussione in camera di consiglio.

È proprio questa la circostanza che guida il Collegio al rigetto dell'eccezione proposta e che poggia su altro precedente (ve n'è citazione anche in Cass. civ. sez. I, ord. 15 luglio 2024 n. 19328) con il quale era stato escluso che l'omessa attestazione di conformità o comunque la non conformità alle disposizioni regolamentari della produzione potesse ritenersi pregiudizievole per l'atto.

Lo avevano sancito le Sezioni Unite con la sentenza n. 8132/2019, precisando che «…il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata redatta in formato elettronico e firmata digitalmente (e necessariamente inserita nel fascicolo informatico) senza attestazione di conformità del difensore ex art. 16 bis, comma 9 bis, d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. in l. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l'applicazione della sanzione dell'improcedibilità, ove l'unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche in caso di tardiva costituzione) depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'originale della decisione stessa».

Ove poi alcune o tutte le controparti dovessero rimanere intimate o comunque depositino controricorso disconoscendo la conformità all'originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata il ricorrente, questi «per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica della decisione impugnata sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019; conf. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3727 del 12/02/2021).

Nuovo, in questo contesto, il rilievo del Collegio adito in questa sede, pronto ad evidenziare come il contesto processuale “analogico” esaminato dalla Sezioni Unite non sia assolutamente differente dal c.d. “ambiente digitale”, insuscettibile di soggiacere a disposizioni diverse da quelle comuni e determinate dal codice.

Precisa, in particolare, la Corte (altrove lo si era detto anche con riferimento alla fase di notificazione del ricorso) come il deposito in formato cartaceo della copia analogica della decisione nativa digitale priva dell'attestazione di conformità o con attestazione di conformità priva della sottoscrizione autografa, sia soggetto al medesimo trattamento proprio delle fattispecie c.d. “a formazione progressiva", destinata a completarsi con lo scadere dell'ultimo termine di legge e che, nel caso di giudizio in Cassazione, va individuato nell'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio.

È in tal modo che si perviene ad ampliare il precedente principio, che assume così portata più generale e compatibile con i princìpi di salvaguardia dell'atto e, soprattutto, di perentorietà e tassatività delle ipotesi di improcedibilità.

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