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16 dicembre 2024 Penale e processo
La “bocciatura” del CSM alla proposta di modifica del Ministero della Giustizia all'art. 3 del D.M. 217/2023
In data 18.11.2024 il Capo di Gabinetto del Ministero della Giustizia ha trasmesso al Consiglio Superiore della Magistratura, per le opportune valutazioni, il “Regolamento recante modifiche al decreto 29 dicembre 2023, n. 217”.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella riunione del giorno 11 dicembre 2024, ha evidenziato non poche criticità al citato regolamento delle quali, quelle di maggiore interesse e rilevanza, vengono di seguito indicate.
di Avvocato Maurizio Reale

Contesto normativo e obiettivi

Le modifiche all'art. 3 del D.M. n. 217/2023 si inseriscono nel processo di digitalizzazione della giustizia penale, un obiettivo prioritario nell'ambito del PNRR.
Tuttavia, secondo il Consiglio Superiore della Magistratura, le modifiche proposte sollevano dubbi sia sulla loro applicabilità pratica sia sul loro impatto sul diritto alla difesa e sul principio di ragionevole durata del processo, sanciti rispettivamente dall'art. 24 e dall'art. 111 della Costituzione.
Il nuovo testo introdurrebbe, a partire dal 1° gennaio 2025, l'obbligo per i soli magistrati di utilizzare esclusivamente modalità telematiche per il deposito di atti, documenti, richieste e memorie, ampliandone l'ambito di applicazione a numerosi riti processuali.
  • libro V, titolo IX (Udienza preliminare),
  • libro VI, titolo I (Giudizio abbreviato),
  • libro VI, titolo II (Applicazione della pena su richiesta delle parti),
  • libro VI, titolo IV (Giudizio immediato),
  • libro VI, titolo V (Procedimento per decreto),
  • libro VI, titolo V bis (Sospensione del procedimento con messa alla prova).
Inoltre, dal 1° aprile 2025, verrebbe introdotto l'obbligo per i “soggetti abilitati interni ed esterni” di deposito telematico di “atti, documenti, richieste e memorie” nei procedimenti di cui al libro VI, titolo III (Giudizio direttissimo) e l'obbligo di iscrizione delle notizie di reato, di cui all'art.335 c.p.p., con modalità telematiche.
Il C.S.M. se da una parte non esita a definire ambizioso il cambiamento come riveniente dall'applicazione del regolamento, dall'altro ritiene che lo stesso si scontri con le carenze strutturali e operative del sistema informatico APP., di cui si dirà in seguito.
Criticità operative
L'obbligo telematico imposto solo ai soggetti abilitati interni (PM e GIP), rileva il CSM, mantenendo il formato analogico per le altre parti, genererebbe una grave asimmetria che comprometterebbe il principio di parità tra le parti processuali. Tale situazione è particolarmente problematica nelle fasi dinamiche e orali, come l'udienza preliminare, dove la combinazione di atti digitali e cartacei ostacola la fluidità del procedimento.
Carente adeguamento tecnologico
Il sistema giudiziario non dispone attualmente di infrastrutture tecnologiche adeguate per supportare la transizione. Manca, ad esempio, la dotazione di postazioni telematiche nelle aule giudiziarie e strumenti di accesso per i soggetti abilitati esterni come i difensori.
Queste lacune, evidenzia il CSM, rischierebbero di paralizzare il regolare svolgimento dei procedimenti già a partire dall'entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Problemi strutturali di APP

Rileva poi il C.S.M. come l'applicativo APP, deputato alla gestione del PPT, presenti, ad oggi, numerosi problemi, quali:

  • instabilità del sistema: crash frequenti e mancanza di sincronizzazione tra uffici (es. PM e GIP);
  • incompletezza dei flussi: molti riti speciali (abbreviato, direttissimo, giudizio immediato) non sono supportati da flussi operativi completi;
  • visualizzazione inefficace: la consultazione simultanea di atti e la migrazione di documenti dal TIAP sono definite, senza mezzi termini, problematiche;
  • modelli inesistenti o incompleti: mancano modelli standardizzati per la redazione di atti, rendendo impossibile il rispetto delle scadenze processuali.

In pratica, evidenzia il CSM, sono stati riscontrati numerosi e significativi bug e difetti dell'applicativo che lo rendono ancora inidoneo a gestire fluidamente un settore strategico quale è la giurisdizione penale senza dimenticare che nessuno dei flussi e dei riti per i quali a partire dal 1° gennaio 2025 sarebbe prevista l'obbligatorietà è stato, ad oggi, oggetto di sperimentazione negli uffici.
A tal proposito non può non concordarsi con il CSM allorquando lo stesso ritiene che il malfunzionamento di APP e l'assenza di test non possono che far sorgere seri motivi di preoccupazione e perplessità soprattutto considerando che, in molti casi, i riti potenzialmente interessati potrebbero essere quelli aventi ad oggetto gli imputati sottoposti a misure cautelari (situazione ricorrente, oltre che nel rito direttissimo, anche nel rito abbreviato e nel giudizio immediato).
Sarà necessario quindi necessario, attraverso i futuri sviluppi, in grado di garantire:

  • stabilità del sistema e interoperabilità;
  • introduzione di modelli completi e personalizzabili;
  • miglioramento della visualizzazione e della gestione degli atti.
Impatto sui diritti fondamentali
Le criticità descritte, poi, rischierebbero di compromettere:
- il diritto di difesa: posto che le carenze del sistema impediscono alle parti di avere accesso tempestivo e completo agli atti processuali;
- la ragionevole durata del processo: essendo evidente che Le inefficienze operative aggraverebbero lo stato dell'arretrato giudiziario, senza tralasciare che, quanto adesso evidenziato, si porrebbe in palese contrasto con gli obiettivi del PNRR.
Revisione dei tempi di attuazione
Proprio per i motivi sopra evidenziati, il CSM ritiene necessario posticipare l'entrata in vigore delle relative disposizioni, suggerendo lo svolgimento di una sperimentazione adeguata e un progressivo adattamento del sistema giudiziario alle nuove modalità operative.
Suggerisce quindi di mantenere l'opzione di utilizzo parallelo di modalità analogiche e telematiche almeno fino alla risoluzione delle criticità tecniche e operative, consentendo, tale approccio, la continuità dei procedimenti senza compromettere i diritti delle parti e, nel contempo, viene richiesto al Ministero di investire in risorse tecnologiche e formazione al fine di assicurare che tutte le aule giudiziarie siano dotate di postazioni telematiche operative e che il personale sia adeguatamente formato.
Analogo doppio binario dovrebbe essere mantenuto anche con riferimento alle produzioni documentali nel corso dell'udienza preliminare e dibattimentale in quanto, il sistema come concepito rallenterebbe e complicherebbe lo svolgimento dei processi in un momento in cui, afferma il C.S.M., è massimo lo sforzo per l'abbattimento dell'arretrato in ottica PNRR.
Conclusioni
Le modifiche proposte al D.M. n. 217/2023 rappresentano un passo significativo verso la digitalizzazione della giustizia penale, ma le criticità emerse nel parere analizzato sollevano seri dubbi sulla loro fattibilità pratica e conformità ai principi costituzionali. La frettolosa adozione di obblighi telematici, senza un adeguato supporto infrastrutturale e organizzativo, rischia di compromettere il funzionamento del sistema giudiziario e i diritti fondamentali delle parti.
È essenziale che il Ministero della Giustizia, in collaborazione con il CSM, gli avvocati e gli altri operatori del settore interessati, affronti le criticità emerse, garantendo un'implementazione graduale, efficiente e rispettosa dei principi del giusto processo.
Solo attraverso un approccio condiviso e ben pianificato, il processo penale telematico potrà rappresentare un reale strumento di modernizzazione della giustizia italiana, il quale obiettivo, ad oggi, sembra oggettivamente molto lontano da raggiungere; a tal proposito, su riportano le integrali conclusioni del CSM:
«ci sentiamo di affermare con tranquilla coscienza che APP è attualmente inidoneo a gestire la giurisdizione penale nei termini che derivano dal testo di modifica dell'art. 3 D.M. 217/2023 sottoposto al parere del Consiglio Superiore della Magistratura».
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