
- violazione dell'
art. 24 D.L. n. 137/2020 (conv. inL. n. 176/2020 ), sostenendo che l'istanza era stata comunque inviata ad un indirizzo incluso nel provvedimento ministeriale; - violazione dell'
art. 24 Cost. , per eccesso di formalismo e lesione del diritto di difesa; - violazione dell'art. 6 CEDU, poiché l'atto era comunque giunto a conoscenza del Tribunale.
-
solo gli indirizzi PEC espressamente individuati dal provvedimento del 9 novembre 2020 del Direttore generale dei sistemi informativi automatizzati
(e successivamente richiamati dall'
art. 87-bis D.Lgs. n. 150/2022 ) sono validi per il deposito degli atti penali; - l'indirizzo utilizzato dalla difesa non apparteneva a tale elenco (non recava infatti la dicitura “deposito atti penali”), con conseguente inammissibilità del gravame;
- il principio del favor impugnationis non può cancellare i requisiti di forma, pena lo svuotamento della disciplina sui depositi telematici;
- la difesa non poteva invocare difficoltà di reperimento degli indirizzi, essendo il provvedimento ministeriale pubblico e noto da anni.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza (ud. 1° luglio 2025) 31 luglio 2025, n. 28163
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 28 aprile 2025, il Tribunale di Napoli, sezione per il riesame, dichiarava l'inammissibilità, ai sensi dell'art. 87 bis, commi 3, 7 lett. c) e 8, D.Lgs. n. 150/2022, della richiesta, avanzata nell'interesse di A.A., di riesame dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere per i delitti meglio individuati nel medesimo provvedimento genetico (delle condotte punite dagli artt. 391 ter e 629 cod. pen., aggravate ai sensi dell'art. 416 bis 1 cod. pen.), perché inviata per p.e.c. ad un indirizzo diverso da quelli previsti per il deposito degli atti presso il medesimo Tribunale.
2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del proprio difensore Avv. N. T., articolando le proprie censure in tre motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed in particolare degli artt. 24, comma 6 sexies, d.l. 28/10/2020, conv. in legge 18/12/2020 n. 176 in tema di deposito telematico degli atti di gravame.
Il 24 aprile 2025 il difensore del ricorrente aveva proposto istanza di riesame dell'ordinanza applicativa della misura emessa il 15 aprile 2025, trasmettendo l'atto a mezzo p.e.c. all'indirizzo "(Omissis)" individuato nel sito del Tribunale.
Il Tribunale l'aveva ritenuta inammissibile perché non inviata all'indirizzo a cui dovevano essere diretti gli atti di impugnazione, all'uopo indicato nel sito del Tribunale stesso: "(Omissis)".
E tuttavia - afferma il ricorrente- quel sito, nel suo complesso, non era di facile fruibilità. Né in esso si era indicato il provvedimento del Direttore generale di individuazione degli indirizzi deputati al deposito degli atti.
Peraltro, nel depositare la richiesta, si era utilizzato un indirizzo inserito nel medesimo provvedimento generale - che riportava anche l'indicazione del giudice competente - tanto che l'istanza era giunta a conoscenza del Tribunale stesso.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed in particolare dell'art. 24 Cost.
Si era data una interpretazione formalistica della legge, dichiarando inammissibile un atto pur inviato in uno degli indirizzi consentiti, così venendo meno al principio del favor impugnationis e disconoscendo il diritto di difendersi impugnando sancito dalle norme costituzionali.
Tanto che la stessa giurisprudenza di legittimità aveva chiarito che non poteva dedursi l'inammissibilità quando la p.e.c. fosse stata indirizzata ad una casella di posta ricompresa nel provvedimento generale (Cass. 24953/2021).
Inoltre, doveva considerarsi come lo stesso art. 87 bis D.Lgs. n. 150/2022 sancisca l'inammissibilità dell'istanza solo nel caso in cui l'atto sia stato inviato ad un indirizzo non riferibile all'ufficio che aveva emesso il provvedimento impugnato. Così che la nullità rilevata dal Tribunale non era neppure prevista dalla legge e non poteva, pertanto, essere dichiarata.
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione dell'art. 6 Convenzione EDU posto che comunque l'istanza era pervenuta a conoscenza del giudice competente a deciderla.
3. Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto Nicola Lettieri, ha inviato requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso non merita accoglimento.
1. Risponde al vero quanto affermato nel ricorso circa l'esistenza di precedenti pronunce di questa Corte in ordine alla validità del deposito degli atti anche se inviati ad un indirizzo di posta elettronica diverso da quello previsto per l'ufficio giudiziario interessato.
1.1. Si è, infatti, affermato che:
- in tema di disciplina pandemica da Covid-19, nei procedimenti cautelari, non costituisce causa di inammissibilità dell'impugnazione la sua trasmissione ad un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) dell'ufficio giudiziario diverso da quello indicato come abilitato dal provvedimento organizzativo del presidente del tribunale, ma compreso nell'elenco allegato al provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, contenente l'individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 24, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in quanto tale sanzione processuale è prevista dall'art. 24, comma 6 - sexies, lett. e), d.l. cit. esclusivamente in caso di utilizzo di indirizzi PEC di destinazione non ricompresi neppure nell'allegato del citato provvedimento direttoriale (Sez. 5, n. 24953 del 10/05/2021, Garcia Genesis, Rv. 281414 - 01);
- in tema di impugnazioni, è inammissibile il ricorso per cassazione depositato telematicamente presso un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato nel decreto del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui all'art. 87 - bis, comma 1, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (in motivazione, la Corte ha precisato che la ratio, sottesa alla citata disposizione, di semplificazione delle comunicazioni tra parti e uffici giudiziari e di accelerazione degli adempimenti di cancelleria non ammette interpretazioni che attenuino il rigore delle cause di inammissibilità previste dalla legge, nemmeno valorizzando l'idoneità della notifica al "raggiungimento dello scopo"): così Sez. 2, n. 11795 del 21/02/2024, Martorano, Rv. 286141 - 01;
- in tema di impugnazioni proposte nel periodo transitorio di cui all'art. 87 - bis, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non è causa di inammissibilità la trasmissione dell'atto di gravame ad un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello specificamente designato per la ricezione, purché riferibile al medesimo ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento impugnato ed indicato nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore Generale dei servizi informativi e automatizzati del ministero della giustizia (Sez. 6, n. 4633 del 09/11/2023, dep. 2024, Cutrignelli, Rv. 286056 - 01);
- in tema di giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, la memoria difensiva inviata ad un indirizzo PEC relativo a sezione diversa da quella avente in carico il processo (nella specie, comunque ricompreso nell'elenco degli indirizzi PEC di cui all'allegato al provvedimento del ministero della giustizia del 9 novembre 2020, ove non si distinguevano le sezioni di destinazione) impone alla cancelleria la trasmissione dell'atto alla sezione competente per la trattazione del gravame, essendo comunque depositato presso l'ufficio giudiziario competente (Sez. 6, n. 19433 del 14/02/2023, P., Rv. 284622 - 01);
- in tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, nei procedimenti cautelari è inammissibile la richiesta di riesame trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica certificata non compreso nell'elenco allegato al provvedimento del 9 novembre 2020 del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, ai sensi del comma 4 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazione dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, seppur indicato come utilizzabile dal provvedimento organizzativo adottato dal presidente del tribunale, non potendo questo derogare alla previsione di legge (Sez. 6, n. 46119 del 09/11/2021, M., Rv. 282346 - 01);
- nel giudizio cartolare celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento dell'epidemia da Covid-19, è inammissibile l'opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato inviata ad un indirizzo PEC non ricompreso nell'elenco di cui al provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia in data 9 novembre 2020 (Sez. 4, n. 44368 del 28/09/2023, Vitale, Rv. 285266 - 01);
- in tema di impugnazioni, è inammissibile il gravame depositato telematicamente presso un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato nel decreto del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui all'art. 87 - bis, comma 1, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. (Fattispecie relativa ad opposizione a decreto penale di condanna, in cui la Corte ha ritenuto che non potesse integrare una causa di forza maggiore, tale da rendere scusabile l'errore, la circostanza che sul sito web dell'ufficio giudiziario fosse indicato un diverso indirizzo PEC, stante il chiaro e inderogabile rinvio normativo ai soli indirizzi indicati nella fonte ministeriale) (Sez. 4, n. 48804 del 14/11/2023, Ciattaglia, Rv. 285399 - 01).
1.2. Così che deve dedursi come, per l'orientamento prevalente di questa Corte, pur non dovendosi ritenere inammissibile un atto di parte inviato ad una mail diversa da quella dell'ufficio destinatario, l'indirizzo mail erroneamente utilizzato deve essere ricompreso nell'allegato al provvedimento generale del Ministero della giustizia del 9 novembre 2020.
Del resto, è lo stesso ricorrente che assume doversi applicare al caso concreto la ricordata giurisprudenza, laddove precisa che l'indirizzo a cui aveva inviato la richiesta di riesame dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti del prevenuto era inserito nell'elenco ministeriale.
E, invece, ciò non corrisponde al vero.
Il provvedimento in questione, infatti, del 9 novembre 2020, a firma del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, è accompagnato dall'allegato indicante gli "indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 24, comma 4, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137".
Gli indirizzi elencati hanno tutti la caratteristica di iniziare con la medesima, significativa, espressione: "deposito atti penali". A cui si aggiungono le specifiche dell'ufficio giudiziario interessato.
Così che, pacificamente, l'indirizzo a cui il ricorrente aveva inviato la richiesta di riesame ("riesame.tribunale.napoli@giustiziacert.it") è a tale novero del tutto estraneo.
Né può sostenersi, come si è inteso fare nel ricorso, che gli indirizzi degli uffici giudiziari di una sede diversa rispetto a quella del foro di appartenenza del difensore, siano più difficilmente conoscibili, sia perché l'allegato al provvedimento ministeriale è facilmente consultabile (ad opera di chiunque), sia perché in tutti gli uffici giudiziari (anche quelli del foro di riferimento del difensore) gli atti di parte devono essere inviati agli indirizzi che iniziano con l'espressione "deposito atti penali".
2. Peraltro se si accedesse ad una diversa interpretazione, secondo cui è consentito il deposito dell'atto di parte presso ogni indirizzo di posta elettronica comunque riferibile all'ufficio giudiziario di destinazione, ed in ipotesi anche presso quelli degli uffici giudiziari incompetenti, o, infine, anche presso gli indirizzi mail dei giudici tabellarmente designati ad occuparsi del processo in cui l'atto di parte si inserisce, indirizzi tutti non ricompresi nell'allegato al provvedimento ministeriale (ed assegnati agli uffici ed ai singoli per finalità diverse da quelle del deposito degli atti), non si finirebbe per porre rimedio ad un "formalismo eccessivo" ma, più semplicemente, si cancellerebbe ogni requisito di forma (almeno in riferimento al deposito degli atti), un esito che non può corrispondere alla ratio legis e non può essere dedotto dal favor impugnationis.
Tanto più quando, lo si ripete, un provvedimento generale del Ministero, facilmente accessibile (anche da fonti aperte), emanato ormai da oltre quattro anni (e, come tale, già ampiamente conosciuto ed utilizzato, soprattutto dagli operatori del settore come il difensore che aveva effettuato il deposito, errato, nel caso di specie), ha riportato nel dettaglio gli indirizzi dedicati, premurandosi anche di rendere evidente, con l'"espressione" contenuta nella prima parte degli stessi, la loro "funzione", il "deposito atti penali".
Anche considerando poi, come si è fatto in alcune delle pronunce citate, l'espresso rinvio operato dall'art. 87 bis D.Lgs. n. 150 del 2022 al ricordato provvedimento generale del Ministro della Giustizia.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.