Il TAR Lazio precisa che non è stato imposto alcun obbligo vaccinale dalla normativa vigente nei confronti del personale scolastico e che è corretto non fare gravare sui datori di lavoro il costo sostenuto dai dipendenti per effettuare il tampone ai fini dell'ottenimento del green pass.
Con l'ordinanza n. 5705 del 20 ottobre 2021, il TAR Lazio ha respinto la domanda tesa all'annullamento, previa adozione di misure cautelari, avanzata da alcuni dipendenti del Ministero dell'Istruzione della circolare avente ad oggetto gli obblighi connessi al possesso e all'esibizione del green pass per l'accesso ai luoghi di lavoro.
Nello specifico, il TAR ha affermato quanto segue:
- Non sussiste alcuna violazione dell'
art. 41 Cost. , visto che la richiesta di munirsi e di esibire la certificazione verde al momento dell'accesso agli istituti scolastici non viola alcun principio di natura costituzionale volto a tutelare l'iniziativa economica dei privati; - Allo stesso modo, non si ravvisa alcun contrasto con l'
art. 32 Cost. , considerando che per ottenere il green pass non è necessario sottoporsi al vaccino ma è sufficiente provare di essere risultati negativi ad un tampone per la ricerca del virus da Covid-19 oppure di essere guariti dall'infezione da non oltre 6 mesi; - Nessun contrasto si riscontra nemmeno con la normativa europea, posto che la misura rientra tra quelle predisposte e concordate a livello comunitario e per questo non eludibili;
- Quanto alle dedotte violazioni della privacy, il TAR ricorda che il Garante Privacy ha già espresso parere favorevole sul d.P.C.M. del 10 settembre 2021 sul tema;
- In relazione al pregiudizio lamentato circa l'automatismo dell'irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro una volta trascorsi 5 giorni di seguito senza esibire il green pass senza instaurare apposito procedimento disciplinare previsto dal T.U. sul pubblico impiego, il TAR osserva che tale pregiudizio è solo potenziale;
- Per quanto concerne la questione sul costo del tampone che secondo i ricorrenti dovrebbe essere sostenuto dal datore di lavoro, invece, il TAR rileva che tale fattispecie è accomunabile a quella dei D.P.I. previsi dal
D. Lgs. n. 81/2008 , considerato che l'obbligo di esibizione del green pass non riguarda solo i luoghi di lavoro ma anche tutti gli altri luoghi previsti dalla normativa e che l'obiettivo non è costituto dalla tutela della salute individuale dei lavoratori ma dalla tutela della salute pubblica in generale; - Infine, i Giudici chiariscono che la normativa vigente non ha disposto alcun obbligo vaccinale nei confronti della categoria del personale scolastico, evidenziando che la certificazione verde può essere ottenuta con altre modalità che non presuppongono l'inoculazione del vaccino.
TAR Lazio, sez. III-bis, ordinanza (ud. 19 ottobre 2021) 20 ottobre 2021, n. 5705
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Considerato che la proposta domanda cautelare non possa trovare accoglimento in quanto non contiene alcun riferimento al pregiudizio grave ed irreparabile che i ricorrenti subirebbero per effetto dell’esecutività degli atti gravati.
Ritenuto che ad un esame sommario tipico di questa fase processuale il ricorso non pare comunque neppure assistito dal prescritto fumus boni iuris, nella considerazione che:
- le disposizioni contenute nella circolare impugnata trovano il loro referente in quelle legislative a monte, sulla cui legittimità costituzionale non pare allo stato potersi dubitare;
- non si ravvisa alcuna violazione dell’art. 41 Cost., atteso che la richiesta di munirsi ed esibire la certificazione verde per l’accesso agli istituti scolastici non si pone in contrasto con i principi costituzionali intesi a salvaguardare l’iniziativa economica dei privati;
- neppure la paventata violazione dell’art. 32 Cost. pare ravvisabile nel caso di specie, nella considerazione che per ottenere il documento in questione non è necessario sottoporsi al vaccino, attesa la possibilità, in alternativa, di dimostrare di essere risultati negativi ad un tampone ovvero di essere guariti dall’infezione da Covid-19 da non più di sei mesi;
- nessun contrasto pare poter essere riscontrato tra la normativa nazionale e quella europea con cui è stato istituito il green pass, posto che tale misura rientra nell’ambito di predisposizioni, concordate e definite a livello comunitario e dunque non eludibili, anche per ciò che attiene la loro decorrenza temporale, che mirano a preservare la salute pubblica in ambito sovranazionale (cfr. Cons. Stato, ordin. 5130/2021);
- che in relazione alle dedotte violazioni della privacy, avendo a riguardo il trattamento dei dati personali, il Garante ha già espresso parere favorevole sul DPCM del 10 settembre 2021, rilevando che “il testo recepisce le indicazioni fornite dal Garante nell’ambito delle interlocuzioni informali e delle riunioni con i rappresentati del Ministero dell’istruzione e del Ministero della salute, al fine di assicurare il corretto adempimento degli obblighi in materia di green pass per il personale scolastico e il rispetto della disciplina di protezione dei dati personali, nonché di evitare conseguenze discriminatorie, anche indirette, nel contesto lavorativo” (cfr. ordin. n. -omissis-);
- per quanto attiene all’automatismo nell’irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro dopo cinque giorni consecutivi di assenza per mancato possesso della certificazione verde, senza l’instaurazione del procedimento disciplinare previsto dal T.U. per il pubblico impiego, deve essere rilevato che, in disparte lo jus superveniens che ha esteso l’obbligo della certificazione verde a tutti i dipendenti pubblici e privati, prevedendo la sola sospensione stipendiale in luogo della sanzione disciplinare per i soggetti sprovvisti di tale documento, il pregiudizio lamentato nel caso di specie è solo potenziale e, peraltro, la sua concretizzazione postulerebbe l’effettiva adozione di un provvedimento disciplinare sulla cui legittimità, dopo la privatizzazione del pubblico impiego, il sindacato spetta al giudice del lavoro e non al giudice amministrativo;
- neppure condivisibile è la tesi secondo cui il costo per ottenere il green pass mediante l’effettuazione di tamponi dovrebbe essere sostenuto dal datore di lavoro, venendo in rilievo una fattispecie accomunabile a quella dei dispositivi individuali di protezione (D.P.I.) previsti dal d.lgs. n. 81/2008, atteso che l’obbligo di esibire la certificazione verde non riguarda solo i luoghi di lavoro ma anche tutti quei luoghi indicati dalla normativa vigente, venendo in rilievo una disposizione che ha per destinatari la generalità dei consociati, e non soltanto i lavoratori, e che si prefigge l’obiettivo di tutelare la salute pubblica in via generale, prevenendo la diffusione della pandemia, e non quello di tutelare la salute individuale dei lavoratori;
- per quanto concerne le contestazioni sul fatto che la categoria del personale scolastico non rientri tra quelle particolari professioni per cui la legge ha già previsto, per determinate patologie, un obbligo vaccinale, le stesse risultano essere infondate, tenuto conto che, da un lato, per il Sars-Cov2 nel nostro ordinamento non è stato introdotto alcun obbligo vaccinale per nessuna categoria di consociati e che, dall’altro lato, il rilascio della certificazione verde per l’accesso al lavoro può essere ottenuta in uno degli altri modi sopra evidenziati e non necessariamente mediante l’inoculazione del vaccino.
Ritenuto di dover pertanto respingere l’istanza cautelare con compensazione delle spese relative all’odierna fase processuale in considerazione della novità e della peculiarità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), respinge l’istanza cautelare.
Spese compensate.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.