Respinto il ricorso della società che sosteneva la decorrenza dei cinque anni durante i quali le start up innovative non sono soggette al fallimento dalla data del deposito della domanda e dell'autocertificazione del legale rappresentante sul possesso dei requisiti.
Una società ricorre in Cassazione opponendosi al fallimento dichiarato dai Giudici di merito sul rilievo che il dies a quo di decorrenza dei cinque anni per i quali è prevista l'esenzione dalla fallibilità della start up innovativa coincide con la data della sua iscrizione nella relativa sezione speciale del registro...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Venezia ha rigettato il reclamo ex art. 18 l.fall. proposto da E. S.p.a., in persona del presidente del CdA e legale rapp.te G.S., e dagli altri amministratori, I.B., F.F. e A.C., contro la sentenza del 17/07/2019 con cui il Tribunale di Padova, su ricorso del creditore W.S. S.r.l., aveva dichiarato il fallimento della predetta società, costituita in data 06/11/2013 ed iscritta nella sezione speciale delle start-up innovative presso il Registro delle imprese in data 27/06/2016.
1.1. I soccombenti hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza, articolato su tre motivi, cui W.S. S.r.l. ha resistito con controricorso illustrato da memoria; i restanti intimati non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
2. Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 25, comma 2, lett. b) e comma 8, d.l. n. 179 del 2012, per avere la corte d’appello erroneamente individuato il dies a quo di decorrenza dei cinque anni per i quali è prevista l’esenzione dalla fallibilità della start up innovativa nella data di costituzione della società, piuttosto che nella data della sua iscrizione nella relativa sezione speciale del registro delle imprese.
A pag. 9 del ricorso si precisa, in fatto, che la E. s.p.a. è stata costituita il 6 novembre 2013 «in forma allora di s.r.l. avente come oggetto sociale la progettazione, la realizzazione, la gestione anche per conto terzi, di impianti per la produzione di gas, biometano ed energia elettrica da fonti rinnovabili ottenuti da biomassa, in conformità alle normative di settore e nell'ambito di iniziative agevolabili dalla Comunità Europea e dal GSE» e che «ha anche ottenuto dalla società CP C. of P. s.r.l. (…) la possibilità di utilizzare un brevetto sullo smaltimento dell'azoto ENS».
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Il decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 (cd. “decreto crescita-bis”), convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221, contiene nella Sezione IX un’organica disciplina dell’impresa “start-up innovativa” (oltre che degli “incubatori certificati”, ossia le società che offrono servizi a sostegno della nascita e dello sviluppo della prima), definita dall’art. 25, comma 2, come la «società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione», che sia in possesso di determinati requisiti.
Nel tempo, tale disciplina è stata più volte modificata, in particolare dal d.l. n. 76 del 2013, convertito dalla l. n. 99 del 2013, quindi dal d.l. n. 3 del 2015, convertito dalla l. n. 33 del 2015, e poi dal d.l. n. 50 del 2017, convertito dalla l. n. 96 del 2017.
2.3. Sotto il profilo sostanziale, affinché una società possa essere qualificata come start-up innovativa, l’art. 25, comma 2, d.l. n. 179 del 2012 prevede che essa (dopo la soppressione nel 2013 della lett. a), che prescriveva il possesso della maggioranza delle azioni o quote da parte di persone fisiche): b) sia stata costituita e svolga la propria attività d’impresa da non più di 60 mesi (termine così aumentato rispetto agli originari 48 mesi e poi prorogato di 12 mesi dal d.l. n 34 del 2020, cd. “decreto rilancio”); c) abbia in Italia la propria sede legale, ovvero una sede produttiva o una filiale (se la sede si trova in uno Stato dell’Unione europea o aderente all’accordo sullo spazio economico europeo); d) a partire dal secondo anno di attività, abbia un totale del valore della produzione annua (risultante dall'ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio) non superiore a 5 milioni di euro; e) non abbia distribuito utili dall’anno della costituzione, né li distribuisca per tutta la durata del regime agevolativo; f) abbia quale oggetto sociale esclusivo o prevalente «lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico» (nonché, dal 2015, «la promozione dell'offerta turistica nazionale attraverso l'uso di tecnologie e lo sviluppo di software originali, in particolare, agendo attraverso la predisposizione di servizi rivolti alle imprese turistiche»); g) non sia costituita per effetto di un’operazione di scissione o fusione né a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda; h) possegga, in aggiunta ai requisiti che precedono, almeno uno dei seguenti requisiti: 1) sostenimento di spese di ricerca e sviluppo pari ad almeno il 15% del maggior dato fra costo e valore totale della produzione, risultanti dall’ultimo bilancio approvato o, nel primo anno di vita, da dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante; 2) impiego di una complessiva forza lavoro che per almeno un terzo sia in possesso o stia svolgendo un dottorato di ricerca, ovvero sia in possesso di laurea e abbia svolto da almeno tre anni attività di ricerca certificata, ovvero che almeno per due terzi sia in possesso di laurea magistrale; 3) titolarità di almeno una privativa industriale relativa ad una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, ovvero dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato, purché tali privative siano direttamente afferente all’oggetto sociale e all’attività di impresa.
Sotto il profilo formale, lo stesso art. 25 dispone che, «al fine di poter beneficiare della disciplina della presente sezione», la start-up innovativa, oltre a risultare in possesso dei requisiti sopra indicati, deve essere iscritta nell’apposita sezione speciale del Registro delle imprese di cui all’art. 2188 c.c. (comma 8); per ottenere tale iscrizione, il legale rappresentante della società deve depositare presso l’ufficio del Registro delle Imprese un’autocertificazione circa la «sussistenza dei requisiti per l’identificazione della start-up innovativa» (comma 9); quindi, la start-up innovativa viene «automaticamente iscritta alla sezione speciale (…) a seguito della compilazione e presentazione della domanda in formato elettronico», contenente una lunga serie di informazioni (comma 12).
Una volta ottenuta l’iscrizione, il legale rappresentante deve attestare il mantenimento del possesso dei requisiti previsti dal secondo comma, mediante dichiarazione da depositare, di regola, entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio, e comunque entro sei mesi dalla chiusura di ciascun esercizio (comma 15); il mancato deposito della suddetta dichiarazione periodica è equiparato alla perdita dei requisiti, la quale comporta in ogni caso la cancellazione della start-up dalla sezione speciale del Registro delle Imprese entro i successivi sessanta giorni, su provvedimento del Conservatore impugnabile ai sensi dell’art. 2189, comma 3, c.c., ferma restando l’iscrizione nella sezione ordinaria (comma 16).
2.4. Le finalità dell’intervento legislativo sono dichiaratamente quelle di contribuire allo sviluppo di nuova cultura imprenditoriale e alla promozione di una maggiore mobilità sociale, mediante la creazione di un contesto maggiormente favorevole all'innovazione in modo da attrarre talenti, imprese innovative e capitali dall'estero, il tutto attraverso l’attribuzione di un regime giuridico di favore che include agevolazioni di carattere fiscale, contributivo, lavoristico, societario e concorsuale.
In particolare, il primo comma dell’art. 31 del d.l. n. 179/12 prevede che «la start-up innovativa non è soggetta a procedure concorsuali diverse da quelle previste dal capo II della legge 27 gennaio 2012 n. 3» (“Procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio”).
Ciò significa che, in caso di insolvenza della start-up, non è possibile dichiararne il fallimento, mentre l’iniziativa per la liquidazione dei beni ai sensi dell’art. 14-ter, l. n. 3 del 2012 è riservata alla stessa start-up debitrice (solo con l’entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza i creditori saranno legittimati, in determinati casi, a proporre la domanda di liquidazione controllata, ex art. 268, co.2, come modificato dal d.lgs. 147/2020).
2.5. Tale regime di favore è però circoscritto nel tempo.
Innanzitutto, l’art. 25, comma 2, lett. b), d.l. n. 179/12 prevede tra i requisiti sostanziali, come visto, che si tratti di società «costituita da non più di sessanta mesi» (5 anni); il successivo comma 3 prevede che anche le società già “costituite” nei 2, 3 o 4 anni antecedenti la data di entrata in vigore del d.l. possono beneficiare della nuova disciplina, per un periodo – rispettivamente – di 4, 3 o 2 anni a partire dalla predetta data.
Inoltre, l’art. 31, comma 4, d.l. cit. prevede che, alla scadenza dei suddetti termini, «cessa l’applicazione della disciplina» (lo stesso esito si ha quanto, anche prima della scadenza, la start-up innovativa perda uno dei requisiti previsti dall’articolo 25, comma 2).
2.6. Così ricostruito il quadro normativo, occorre dare atto che, come segnalato dalla Procura generale, vi è divergenza in dottrina circa l’individuazione del dies a quo del suddetto termine quinquennale, riferito da taluni alla data di iscrizione della start-up nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese, da altri alla data di costituzione della società, come sostenuto anche dall’orientamento di merito cui aderisce la decisione impugnata.
La questione è rilevante nel caso di specie, poiché la società E., dichiarata fallita il 17/07/2019, risulta costituita in data 06/11/2013 ma iscritta nella sezione speciale del Registro delle imprese delle start up innovative solo in data 27/06/2016.
Il Collegio ritiene condivisibile la tesi sostenuta nella sentenza impugnata, sulla scorta dell’interpretazione letterale, logica e teleologica della normativa in questione.
2.7. Come visto, è la stessa legge ad escludere in radice che possa qualificarsi “start up innovativa” una società costituita da più di 5 anni (art. 25, comma 2, lett. b, d.l. n. 179 del 2012).
Al riguardo la relazione illustrativa al d.l. cit. precisa che, nell’ottica di favorire esclusivamente le "nuove" imprese innovative, la disciplina dedicata alle start up si applica a condizione che «l’attività d’impresa sia svolta da non più di 48 mesi» (poi aumentati a 60), tale essendo stato ritenuto l'orizzonte temporale «congruo per la fase di avviamento e crescita di una nuova impresa innovativa», anche alla luce dei dati statistici circa l’elevata “mortalità” delle nuove imprese nei primi cinque anni di vita (come viene ricordato a pag. 7 della sentenza di secondo grado).
Dunque, l’art. 25 cit. àncora espressamente il termine quinquennale in esame alla data di costituzione (cioè di nascita) della società, tenuto conto che possono rivestire la qualifica di start up innovative solo le società di capitali, anche in forma cooperativa, per le quali l’iscrizione nel Registro delle Imprese ha natura costitutiva (v. art. 2331, comma 1, c.c.).
Che si tratti di specifico riferimento alla “costituzione” in senso tecnico emerge anche dal raffronto con l’art. 25, comma 8, ove si fa invece riferimento alla “iscrizione” della start up innovativa nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese «al fine di poter beneficiare della disciplina della presente sezione».
2.8 – Ulteriore riscontro all’assunto si rinviene nell’art. 31, comma 4, d.l. cit., laddove dispone la cessazione della disciplina di favore per le start up innovative, «in ogni caso», alla «scadenza dei cinque anni dalla data di costituzione» della società.
Inequivocabile è anche il riferimento alla “costituzione” contenuto nella relazione illustrativa al d.l., nella parte in cui si precisa che l’esenzione dal fallimento «opera naturalmente in presenza della qualifica di start up innovativa e in particolare soltanto nel corso dei primi quattro [ora cinque] anni dalla costituzione della società».
Al riguardo è appena il caso di evidenziare come una norma esonerativa dal regime generale di assoggettabilità a fallimento debba essere interpretata in modo rigoroso.
2.9. – Una significativa conferma della logicità dell’interpretazione divisata discende dal richiamo fatto dallo stesso art. 31, comma 4, d.l. 179/12, al precedente art. 25, comma 3, che come visto, nel declinare il regime applicabile alle società già costituite alla data di entrata in vigore del d.l. medesimo, per un verso estende a 6 anni il limite della durata decorrente dalla “costituzione” della società, per altro verso riduce (proporzionalmente alla sua anteriorità) lo spettro temporale di fruibilità dei benefici, a partire dall’entrata in vigore del d.l., senza considerare il momento in cui il legale rappresentante depositi presso l’Ufficio del registro delle imprese la dichiarazione attestante il possesso dei requisiti di legge (momento cui invece attribuisce rilevanza la tesi sostenuta dai ricorrenti).
3. Deve quindi concludersi che le disposizioni in disamina si muovono su un duplice piano: per un verso, l’iscrizione nella sezione speciale delle start up innovative del Registro delle Imprese condiziona la fruizione dei benefici allestiti dagli artt. 25 e ss. del d.l. n. 179/2012; per altro verso – e “in ogni caso” – i benefici che ne derivano possono essere riconosciuti solo nei primi cinque anni di vita della società, e cioè entro cinque anni dalla sua costituzione.
Di conseguenza, va formulato il seguente principio di diritto:
“Il termine quinquennale di non assoggettabilità della start up innovativa a procedure concorsuali diverse da quelle previste dal capo II della legge 27 gennaio 2012, n. 3 e succ. mod., ai sensi dell’art. 31 del d.l. n. 179 del 2012, convertito dalla l. n. 221 del 2012, decorre dalla data di costituzione della società, e non dalla data di deposito della domanda e della autocertificazione del legale rappresentante circa il possesso dei prescritti requisiti formali e sostanziali, cui consegue l’iscrizione nella sezione speciale delle start up innovative presso il Registro delle imprese, a norma dell’art. 25 del d.l. n. 179 del 2012.”
4. Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 10, l.fall. per «omesso utilizzo dei poteri officiosi della corte d’appello» in tema di accertamento dello stato di insolvenza, tenuto conto della documentazione prodotta in sede di reclamo «a sostegno della solvibilità della società» e della mancata ammissione delle istanze istruttorie formulate dai reclamanti (CTU contabile e prova testimoniale).
4.1. La censura presenta profili di inammissibilità e infondatezza.
4.2. La corte territoriale ha congruamente motivato sulla non concludenza della documentazione prodotta, a fronte dei numerosi elementi di prova della «incapacità della società di continuare ad operare proficuamente sul mercato, fronteggiando con mezzi ordinari le obbligazioni», in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte per cui lo stato di insolvenza, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, «si realizza in presenza di una situazione d'impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività» (Cass. Sez. U, 115/2001; conf. Cass. 5251/2008, 13014/2014, 29913/2018, 22444/2021, 7087/2022, 5856/2022).
4.3. Ebbene, il convincimento espresso dai giudici di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, in quanto sorretto da motivazione esauriente e corretta (Cass. 17105/2019, 7252/2014).
4.4. Le ulteriori critiche sui poteri istruttori dei giudici del reclamo vanno respinte, poiché la doglianza circa la mancata ammissione di mezzi istruttori e il mancato esercizio dei poteri officiosi è sussumibile nell'ambito del vizio di motivazione, di cui deve avere forma e sostanza, potendo essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l'omesso esame di un fatto decisivo della controversia, nel senso che la prova non ammessa o non esaminata sia idonea in concreto a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, rendendo la ratio decidendi priva di fondamento (Cass. 251/2018, 5377/2011, 4369/2009, 11457/2007); lo stesso giudizio sulla necessità della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è di regola incensurabile nel giudizio di legittimità (Cass. 7472/2017).
4.5. Nel caso di specie, la corte territoriale ha espressamente ritenuto inammissibile sia la prova per testi, in quanto non formulata su capitoli specifici, sia la richiesta di c.t.u., in quanto ritenuta superflua ed esplorativa.
5. Con il terzo mezzo, rubricato «omesso esame dei requisiti per accedere alla sezione speciale delle PMI innovative; illegittima cancellazione d’ufficio della qualifica di start-up: omesso esame di detta; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.», i ricorrenti sostengono che la corte d’appello avrebbe omesso di esaminare la questione relativa alla sussistenza, in capo a E. S.p.a., dei requisiti per accedere alla sezione speciale delle PMI innovative, nonché di valutare l’asserita illegittimità della cancellazione d’ufficio dalla sezione speciale delle start up innovative, in data 17/04/2019.
5.1. Il motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza.
5.2. Innanzitutto, la corte d’appello si è pronunciata, sia pure lapidariamente, sulle «disquisizioni» circa l’asserita sussistenza dei requisiti per la qualifica della società E. come PMI innovativa, definendole «asserzioni del tutto indimostrate».
5.3. Inoltre, la contestazione sulla cancellazione d’ufficio (vicenda che esula dal presente giudizio e sulla quale il ricorso difetta anche di autosufficienza) è dichiaratamente connessa alle argomentazioni svolte nel primo motivo, dal cui rigetto resta assorbita.
5.4. Infine, la censura motivazionale non rispetta i canoni del novellato art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., in base ai quali il ricorrente è tenuto a indicare – nel rispetto degli artt. 366, co. 1, n. 6), e 369, co. 2, n. 4), c.p.c. – il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, nonché la sua "decisività" (ex multis, Cass. Sez.U, 8053/2014; Cass. 19987/2017, 27415/2018).
6. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese, liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto (Cass. Sez. U, 20867/2020, 4315/2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.