Seppur integrante una situazione giuridica di ordine pubblico italiano, la convivenza ultratriennale non è ostativa alla delibazione della sentenza ecclesiastica che accerti la nullità del matrimonio per incapacità a contrarre di uno dei coniugi determinata da vizio psichico.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n.1941/2019 pubblicata il 18-6-2019 la Corte d'appello di Bologna ha rigettato la domanda proposta da (omissis) diretta ad ottenere l'efficacia nella Repubblica Italiana della sentenza del Tribunale Ecclesiastico Regionale Emiliano di (omissis), con la quale era stata dichiarata la nullità del matrimonio contratto in (omissis) il giorno (omissis) tra (omissis) e (omissis), a motivo dell'incapacità del consenso da parte della moglie a norma del can. 1095, n.2 e n.3, per contrarietà all'ordine pubblico italiano della suddetta sentenza ecclesiastica. La Corte territoriale ha rilevato che nel caso in esame, come evincibile dalla documentazione prodotta, risultavano rispettati i principi attinenti alla competenza del giudice che aveva pronunciato la sentenza alla conoscenza dell'atto introduttivo per entrambe le parti, all'osservanza del diritto di difesa e della regolare costituzione delle parti in giudizio secondo la legge dello Stato in cui si era svolto il processo, al passaggio in giudicato della sentenza secondo la stessa legge. La Corte di merito ha ritenuto che la sentenza ecclesiastica fosse in contrasto con i principi dell'ordine pubblico italiano perché, in base alle risultanze della sentenza ecclesiastica e dei fatti allegati dalle parti, provati questi ultimi documentalmente e presuntivamente o non contestati, ricorreva nella specie l'elemento ostativo costituito dalla convivenza ultratriennale dei coniugi.
2. Avverso questa sentenza (omissis) propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, resistito da (omissis).
3. Il ricorso è stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. Civ. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
4. Il ricorrente denuncia: i) con il primo motivo la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 99 (principio della domanda), 112 cod. proc. civ. (corrispondenza tra chiesto e pronunciato) nonché degli artt. 797, comma 1 n. 7, cod. proc. civ. (condizioni per la dichiarazione di efficacia della sentenze ecclesiastiche) e 2697 cod. civ. (onere della prova), anche alla luce dei principi affermati dalla sentenza n. 16379/2014 delle Sezioni Unite di questa Corte, per aver la Corte di merito ritenuto preclusiva della delibazione una "convivenza ultratriennale" dei coniugi in assenza di allegazioni, da parte della moglie, di fatti e comportamenti dei coniugi specifici e rilevanti idonei ad integrare detta situazione giuridica d'ordine pubblico; ii) con il secondo motivo la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2697 cod. civ. (onere della prova) anche alla luce dei principi affermati dalla citata sentenza n. 16379/2014, per aver la Corte d'appello erroneamente applicato i principi in tema di riparto dell'onere probatorio, in particolare sia perché era stata ritenuta sussistente l'effettiva convivenza tra i coniugi in assenza di allegazioni e deduzioni idonee, sia perché erroneamente era stato onerato l'odierno ricorrente della prova contraria circa l'insussistenza di una condizione ostativa, sia perché erroneamente erano stati ritenuti indici rivelatori dell'effettività della convivenza coniugale la residenza comune dei coniugi e la loro volontà di instaurare un rapporto coniugale effettivo, che non poteva dimostrarsi in via presuntiva; iii) con il terzo motivo la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, e 118 disp. att. Cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma 1 n. 4, cod. proc. civ., per avere la Corte d'appello ritenuta "effettiva" la convivenza tra i coniugi, muovendo da un'erronea applicazione dei principi normativi che regolano i poteri del giudice in ordine all'apprezzamento della prova di cui agli artt.115 e 116 cod. proc. civ., senza, peraltro, adeguatamente motivare la propria decisione; iv) con il quarto motivo "circa gli effetti, anche ex art. 336 cod. proc. civ., della cassazione/riforma della sentenza impugnata sulle parti da essa dipendenti", deduce che l'accoglimento di anche uno solo dei motivi di ricorso comporta la riforma delle ulteriori parti della sentenza impugnata.
5. Il ricorso, i cui motivi possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, è fondato nei limiti che si vanno ad illustrare.
5.1. Ritiene il Collegio di dover dare continuità all'orientamento espresso da questa Corte con la recente ordinanza n.17910/2022, in punto di vizi genetici del "matrimonio-atto" presidiati da nullità anche nell'ordinamento italiano e di inoperatività, in tali ipotesi, della situazione giuridica di "ordine pubblico italiano" quale condizione ostativa alla delibazione di sentenza del tribunale ecclesiastico. Poiché si tratta di un profilo di diritto non oggetto di specifica censura da parte del ricorrente, il quale si duole anche della violazione dell'art.796, comma 1 n.7, cod. proc. civ. ma con riguardo ad aspetti diversi da quello suindicato, occorre ribadire che, in base al principio iura novit curia, la Corte può individuare d'ufficio i profili di diritto rilevanti per decidere le questioni sottoposte con i motivi di impugnazione, purché la decisione impugnata non sia coperta sul punto da giudicato interno (Cass. 4272/2021; Cass. 14421/1999). Nel caso che si sta scrutinando la statuizione investita dall'impugnazione e oggetto della verifica devoluta al giudice di legittimità è anche quella che concerne l'applicazione dell'art. 797, comma 1 n.7, cod. proc. civ. e la decisione è scomponibile a partire dalla configurazione del diritto azionato, che è quello diretto ad ottenere la delibazione della sentenza ecclesiastica, in ordine al quale i giudici di merito hanno svolto l'indagine fattuale corrispondente, ritenendo di dover anche accertare che la chiesta delibazione non fosse in contrasto con l'ordine pubblico italiano. La giurisprudenza più recente di questa Corte ha, infatti, chiarito, esprimendo un orientamento qui condiviso, che, ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in appello o in cassazione, la locuzione giurisprudenziale "minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno" individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall'effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l'esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico. Ne consegue che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello o di ricorso per cassazione, nondimeno l'impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull'intera statuizione (Cass.n.2217/2016 e Cass. n.24783/2018).
5.2. Tanto premesso, con la citata ordinanza n.17910/2022 è stata illustrata l'esegesi, coerentemente più restrittiva, del principio di diritto enunciato con la fondamentale sentenza delle Sezioni unite n. 16379/2014, nel senso che quel principio va riferito ai vizi genetici di nullità del matrimonio "accertati e dichiarati secondo il diritto canonico", ed è stato, di conseguenza, affermato che «la prolungata convivenza come coniugi, dopo il matrimonio, non può rilevare come limite generale per la delibazione di sentenze ecclesiastiche che abbiano accertato ipotesi di nullità del matrimonio previste come tali anche dall'ordinamento italiano, senza termini di decadenza o fattispecie di sanatoria, o con limiti tutt'affatto distinti dalla protratta convivenza in sé. Codeste situazioni, per quanto corrispondenti a quelle eventualmente ritenute dall'ordinamento canonico, non possono tradurre la protratta convivenza in un limite (di ordine pubblico) che l'ordinamento nazionale non prevede neppure quanto alle fattispecie interamente disciplinate al proprio interno. Il vizio genetico accertato dal tribunale ecclesiastico attiene, nel caso concreto, all'errore essenziale del marito siccome indotto da dolo della moglie: un errore sulle qualità personali della moglie stessa, da essa dolosamente taciute. In particolare, l'errore aveva riguardato, secondo quanto dice la sentenza ecclesiastica, l'esistenza di una malattia (o se si vuole di una anomalia) tale da indurre la sterilità, e quindi da impedire, secondo quanto conforme alla sensibilità del coniuge, lo svolgimento della vita coniugale in un aspetto (la procreazione) per lui essenziale. Una simile condizione sarebbe presidiata da nullità anche per l'ordinamento interno (art. 122, secondo e terzo comma, cod. civ.), sul semplice presupposto dell'essenzialità dell'errore in base alle sensibilità dell'altro coniuge. E in questi casi è vano discettare di matrimonio-rapporto protratto per tre anni (o più) come elemento impeditivo della rilevanza della nullità o come elemento di sanatoria, ove si consideri che neppure il codice civile contempla un tale aspetto in analoga caratteristica funzionale, e che l'art. 122 cod. civ. pone semmai come impeditivo il decorso del distinto termine di un anno di coabitazione dalla cessazione della causa di invalidità, ovvero di un anno dalla scoperta dell'errore». Alla stregua di dette considerazioni, con la citata ordinanza è stato, quindi, affermato il principio di diritto secondo cui «la convivenza "come coniugi", pur essendo elemento essenziale del "matrimonio-rapporto" ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, e pur integrando una situazione giuridica di "ordine pubblico italiano", non è ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal tribunale ecclesiastico per vizi genetici del "matrimonio-atto" presidiati da nullità anche nell'ordinamento italiano». In altre parole, riepilogando brevemente i termini dell'annosa questione, a composizione del contrasto insorto tra le Sezioni semplici di questa Corte, le Sezioni Unite, con la citata sentenza del 2014, hanno ribadito l'importanza della "convivenza coniugale" nell'ambito del matrimonio non solo secondo il sistema normativo e costituzionale interno (artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost.), ma anche in linea con l'assetto legislativo, sia internazionale che europeo (v. art. 8 Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e delle libertà' fondamentali, art. 7 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea). Le Sezioni Unite hanno affermato che la convivenza è elemento essenziale del matrimonio-rapporto che «si manifesta come consuetudine di vita coniugale comune, stabile e continua nel tempo, ed esteriormente riconoscibile attraverso corrispondenti, specifici fatti e comportamenti dei coniugi, e quale fonte di una pluralità di diritti inviolabili, di doveri inderogabili, di responsabilità anche genitoriali in presenza di figli, di aspettative legittime e di legittimi affidamenti degli stessi coniugi e dei figli, sia come singoli sia nelle reciproche relazioni familiari» (così Cass. S.U. n. 16379/2014 citata). Ebbene, così intesa, la convivenza matrimoniale protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio "concordatario" regolarmente trascritto - anche in applicazione dell'art. 7 Cost. e del principio supremo di laicità dello Stato -integra una situazione di ordine pubblico che impedisce, sul territorio italiano, la dichiarazione di efficacia di nullità del matrimonio pronunciata dai tribunali ecclesiastici, per qualsiasi vizio genetico del matrimonio accertato e dichiarato dal giudice ecclesiastico nell'ordine canonico.
Secondo quanto precisato con la recente ordinanza n.17910/2022, il suddetto preciso limite non consente, pertanto, che negozi matrimoniali che abbiano avuto effetti di lunga durata possano essere annullati ricorrendo a riserve mentali e vizi che non siano riconosciuti nel nostro ordinamento, ma solo in quello canonico. Invece il medesimo limite non opera se il vizio genetico del matrimonio-atto è previsto dall'ordinamento italiano, sicchè le sentenze ecclesiastiche che si fondano su vizi del consenso con i caratteri oggettivi almeno analoghi a quelli previsti dal nostro ordinamento non determinano contrasto con l'ordine pubblico interno ostativo al loro riconoscimento, essendo, perciò, necessario operare, in tali sensi, una distinzione fondamentale sul tipo di vizio che inficia l'atto produttivo del vincolo.
Nel caso che si sta scrutinando, come del resto è accaduto nella fattispecie esaminata nella poc'anzi citata ordinanza di questa stessa Sezione e come, peraltro, ha dato atto la stessa Corte di merito (pag. 5 della sentenza impugnata), il vizio genetico posto a base della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio (can. 1095 nn. 2-3 incapacità a contrarre matrimonio di (omissis) trova corrispondenza nell'ipotesi di invalidità contemplata dall'art.120 cod. civ. (previsione secondo cui il matrimonio puo' essere impugnato da quello dei coniugi che, quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio). A tal uopo si deve, altresì, precisare che, come da costante orientamento di questa Corte, in tema di delibazione della sentenza del tribunale ecclesiastico dichiarativa della invalidità del matrimonio concordatario, non esiste, nell'ordinamento nazionale, un principio di ordine pubblico secondo il quale il vizio che inficia il matrimonio possa essere fatto valere solo dal coniuge il cui consenso sia viziato, essendo preminente, in tal caso, l'esigenza di rimuovere il vincolo coniugale prodotto da atto inficiato da vizio psichico (Cass.9044/2014; Cass. 4387/2000; Cass.3002/1997; Cass.6331/1988).
6. In conclusione, il ricorso merita accoglimento, nei termini precisati, enunciandosi il seguente principio di diritto, a cui dovrà attenersi il giudice del rinvio:
«In tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio concordatario, la convivenza "come coniugi" costituisce un elemento essenziale del "matrimonio-rapporto" e, ove si protragga per almeno tre anni dalla celebrazione, integra una situazione giuridica di "ordine pubblico italiano" che, tuttavia, non impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità per vizi genetici del "matrimonio-atto", a loro volta presidiati da nullità nell'ordinamento italiano. In particolare, la convivenza ultratriennale non è ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica, che accerti la nullità del matrimonio per incapacità a contrarre matrimonio determinata da vizio psichico, poiché una tale nullità è prevista anche nell'ordinamento italiano e non è sanabile dalla protrazione della convivenza prima della scoperta del vizio».
La sentenza impugnata va cassata con rinvio per nuovo esame della controversia alla medesima Corte d'appello, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa l'impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte d'appello di Bologna, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri dati personali significativi.