Al pari dell'opzione per il contributivo, la previsione della non restituibilità dei contributi risulta rispettosa dei limiti dell'autonomia degli enti previdenziali privatizzati e, come tale, idonea ad abrogare tacitamente la contraria previsione del diritto alla restituzione dei contributi non utilizzabili a fini pensionistici.
In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d'Appello di Napoli rigettava la domanda di pensionamento volta al computo,
Svolgimento del processo
Con sentenza del 9/3/16 la Corte d'Appello di Napoli, in riforma di sentenza del 1/2/20 del Tribunale della stessa sede, ha rigettato la domanda del pensionato in epigrafe volta al computo -ex articolo 10 comma 1 lettera B della legge n. 576 del 1980- della quota di reddito assoggettata all'imposizione aggiuntiva del 3% del contributo soggettivo pensionabile, ai fini della liquidazione della pensione contributiva spettante a decorrere dal 1.2.05, ed alla conseguente condanna della Cassa al pagamento delle differenze pensionistiche.
In particolare, la corte territoriale ha sottolineato che si tratta di pensione contributiva sulla base di 21 anni di contribuzione e non di pensione di vecchiaia, regolata dall'articolo 4 del regolamento nel testo di cui alla delibera 237/04, ed ha ritenuto, quindi, non rimborsabile il contributo del 3% quale contributo di solidarietà.
Avverso tale sentenza ricorre l'avvocato in epigrafe per quattro motivi, cui resiste la cassa con controricorso. Le parti hanno presentato memorie.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce violazione degli articoli 2-3 e 38 Costituzione e 10, 11 e 21 legge n. 576/80, per avere la corte territoriale ritenuto non rimborsabile il contributo di solidarietà.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell'articolo 117 Costituzione e dei medesimi articoli di legge già citati, degli articoli 1, 2 e 3 legge 17 legge n. 400/88, nonché 4 e 5 legge n. 248/1865 all. E), per avere la sentenza impugnata ritenuto che il regolamento potesse abrogare l'articolo 21 della legge n. 576/80.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell'articolo 3 comma 12 legge n. 335/95, per avere la corte territoriale trascurato che nessuna disposizione di legge consentiva di trattenere i versamenti che non concorrevano alla formazione del montante previdenziale, per i quali era previsto invece l'obbligo di restituzione, e che il decreto interministeriale poneva un sacrificio sproporzionato rispetto ai vantaggi apportati al bilancio della Cassa.
Con il quarto motivo si deduce violazione dell'articolo 2 della Costituzione nonché 10-11 e 21 precitati, per avere la corte territoriale trascurato la necessità nella pensione contributiva della esatta corrispondenza tra prestazioni pensionistiche e contributi versati.
I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione.
La questione all'esame è già stata oggetto di disamina da parte della giurisprudenza di questa Corte, che ha enunciato al riguardo il principio secondo cui, in materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati, nell'esercizio della propria autonomia, che li abilita a derogare od abrogare disposizioni di legge in funzione dell'obiettivo di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni, possono adottare misure prevedenti, fermo restando il sistema retributivo di calcolo della pensione, la facoltà di optare per il sistema contributivo a condizioni di maggior favore per gli iscritti, stabilendo, al contempo, la non restituibilità dei contributi legittimamente versati, con abrogazione della precedente disposizione di cui alla L. n. 570 del 1980, art. 21, nel rispetto dei limiti dell'autonomia degli enti (quali la previsione tassativa dei tipi di provvedimento che gli enti sono abilitati ad adottare ed il principio del prorata), senza che ne consegua la lesione di diritti quesiti o di legittime aspettative o dell'affidamento nella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica (Cass., Sez. Lav., sentenze n. 12209/2011 e 24202/2009).
Al riguardo, è stato infatti osservato che è coerente con la facoltà di optare per il sistema contributivo (in quanto comportante un palese ampliamento dell'area di utilizzabilità a fini pensionistici dei contributi versati legittimamente alla Cassa) la contestuale previsione (art. 4, comma 1, del regolamento della Cassa) della non restituibilità dei contributi medesimi; pertanto, al pari della opzione per il contributivo, la previsione della non restituibilità dei contributi risulta rispettosa dei limiti dell'autonomia degli enti previdenziali privatizzati e, come tale, idonea ad abrogare tacitamente la contraria previsione (di cui alla L. n. 570 del 1980, art. 21) del diritto alla restituzione dei contributi non utilizzabili a fini pensionistici.
In particolare, poi, per il terzo motivo di ricorso, alle considerazioni ora svolte va aggiunto che il motivo, mentre presenta profili di inammissibilità per la novità della questione in ordine alla valutazione della proporzionalità del sacrificio imposto al pensionato, è infondato anche perché la restituzione può operare a certe condizioni solo nel caso in cui non maturi il diritto alla pensione, e non riguarda invece i versamenti che non concorrono alla formazione del montante previdenziale di una prestazione comunque erogata.
Il quarto motivo va del pari disatteso, avendo questa Corte già affermato (Sez. L, Sentenza n. 10866 del 08/06/2020, Rv. 657924 - 01) che, in tema di previdenza forense, nella base di calcolo della pensione contributiva erogata dalla Cassa, ai sensi dell'art. 4 del Regolamento del 23 luglio del 2004, non vanno inclusi i contributi versati ex art. 10, comma 1, lett. b), della l. n. 576 del 1980, che hanno natura solidaristica, dovendo prevalere l'esigenza di tutela dei livelli di finanziamento del sistema previdenziale della categoria di appartenenza e non operando in detta materia il principio della orrispettività tra contributi e pensione. Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 2000 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.