Nonostante la data di entrata in vigore della riforma Cartabia (D.Lgs. n. 150/2022) fosse inizialmente il 1° novembre 2022, la proroga avvenuta con l'introduzione dell'art. 99-bis ha reso inapplicabile la nuova disciplina sulle pene sostitutive delle pene detentive brevi ai processi non pendenti in Cassazione al 30 dicembre 2022.
La Corte d'Appello di Bari dichiarava inammissibile l'istanza finalizzata ad ottenere l'applicazione della sanzione sostitutiva di cui all'
Contro tale diniego, il...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 9 febbraio 2023 la Corte di appello di Bari dichiarava inammissibile l'istanza finalizzata a ottenere l'applicazione della sanzione sostituiva prevista dall'art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in relazione alla pena irrogata a (omissis) (omissis) con la sentenza emessa dalla stessa Corte il 18 maggio 2021, divenuta irrevocabile il 2 novembre 2022.
2. Avverso questa ordinanza (omissis) (omissis) a mezzo dell'avv. (omissis) ha proposto ricorso per· cassazione, articolando un'unica censura difensiva.
Con tale doglianza si è denunciata la violazione di legge del provvedimento impugnato, conseguente all'erronea applicazione dell'art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, che doveva ritenersi applicabile alle decisioni pendenti in cassazione alla data originaria di entrata in vigore della normativa in questione, individuata nell'l novembre 2022, rispetto alla quale non assumeva rilievo la successiva proroga, introdotta dall'art. 99-bis dello stesso decreto, che aveva stabilito la data del 30 dicembre 2022.
Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso proposto da(omissis) è infondato.
2. Allo scopo di inquadrare la questione ermeneutica oggetto di vaglio occorre richiamare preliminarmente la previsione dell'art. 95, seconda parte, d.lgs. n. 150 del 2022, che stabiliva: «Il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all'esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all'entrata in vigore del presente decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'articolo 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza».
Tale disposizione, a sua volta, deve essere correlata alla norma dell'art. 20- bis cod. pen., introdotta dall'art. 1 d.lgs. n. 150 del 2022, che ha ridefinito il sistema delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, nel cui primo comma si prevede: «Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge, le pene sostitutive della reclusione e dell'arresto sono disciplinate dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e sono le seguenti: 1) la semilibertà sostitutiva; 2) la detenzione domiciliare sostitutiva; 3) il lavoro di pubblica utilità sostitutivo; 4) la pena pecuniaria sostitutiva».
In questa cornice, deve evidenziarsi che la data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 era originariamente individuata nell'l novembre 2022 e, rispetto a tale termine, (omissis) (omissis) era legittimata a presentare l'istanza di applicazione delle sanzioni sostitutive di cui al Capo III della legge n. 689 del 1981, nel rispetto della disciplina transitoria prevista dall'art. 95, seconda parte, d.lgs. n. 150 del 2022.
Tuttavia, l'art. 99-bis d.lgs. n. 150 del 2022, introdotto dal decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, prorogava la data di entrata in vigore della disciplina in esame, individuandola nel 30 dicembre 2022, con la conseguenza che a tale data il procedimento penale nei confronti di (omissis) divenuto irrevocabile il 2 novembre 2022, non era più pendente davanti alla Corte di cassazione e, ratione temporis, non era possibile l'applicazione della norma transitoria prevista dall'art. 95, seconda parte, d.lgs. n. 150 del 2022 nella direzione invocata dalla ricorrente.
Né è applicabile al caso di specie il principio di retroattività della legge penale più favorevole, non essendo tale principio esportabile all'ordinamento processuale, come, da tempo, affermato dalla giurisprudenza di legittimità consolidata. Sul punto, non si può che richiamare il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, tuttora insuperato, secondo cui: «In tema di successione di leggi processuali nel tempo, il principio secondo il quale, se la legge penale in vigore al momento della perpetrazione del reato e le leggi penali posteriori adottate prima della pronunzia di una sentenza definitiva sono diverse, il giudice deve applicare quella le cui disposizioni sono più favorevoli all'imputato, non costituisce un principio dell'ordinamento processuale, nemmeno nell'ambito delle misure cautelari, poiché non esistono principi di diritto intertemporale propri della legalità penale che possano essere pedissequamente trasferiti nell'ordinamento processuale» (Sez. U, n. 27919 del 31/03/2011, Ambrogio, Rv. 250196 - 01).
Ricostruito in questi termini il contesto sistematico nel quale si inserisce la pronuncia impugnata, deve evidenziarsi che il condannato a una pena detentiva non superiore a quattro anni - all'esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione alla data dell'1 novembre 2022, originariamente prevista per l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, ma non a quella del 30 dicembre 2022, stabilita dall'art. 99-bis dello stesso decreto legislativo - non può presentare al giudice dell'esecuzione istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui all'art. 20-bis cod. pen., ai sensi dall'art. 95, seconda parte, d.lgs. n. 150 del 2022, entro trenta giorni dall'irrevocabilità della sentenza.
Ne discende conclusivamente che il presupposto temporale invocato dalla difesa del ricorrente, nel caso di specie, è insussistente e non consente l'applicazione della disciplina prevista dall'art. 95, seconda parte, d.lgs. n. 150 del 2022, rendendo corretta la soluzione adottata dalla Corte di appello di Bari, sfavorevole a (omissis) (omissis)
4. Per queste ragioni, il ricorso proposto da (omissis) deve essere rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.