La Corte Federale d'Appello FIGC accoglie in parte il ricorso presentato dall'incolpato contro la decisione dello scorso 10 luglio del Tribunale Federale Nazionale FIGC, riducendo a 10 mesi l'inibizione e a 40mila euro l'ammenda.
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L'art. 4 cit. recita: «I soggetti di cui all'art. 2 sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva». |
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Il principio di competenza economica «consiste nel riportare nel bilancio tutti i costi e i ricavi che hanno avuto un effetto nell'esercizio in questione, con o senza manifestazione finanziaria: tale obbligo nella redazione del bilancio viene sancito dall' |
Ritenuto in fatto
1. All’esito della attività di indagine, il Procuratore federale della F.I.G.C., con atto proc. 27907/336pf22-23/GC/gb del 19.05.2023, deferiva dinanzi al Tribunale federale nazionale-Sezione disciplinare, tra gli altri, il Dott. A. A., all’epoca dei fatti contestati Presidente del CdA della Società Juventus F.C. SpA dal 25.10.2018 sino al 18.01.2023, per rispondere:
A) della violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S., per avere violato i principi di lealtà, correttezza e probità riferibili ad ogni atto e comportamento avente rilevanza in ambito federale, per avere nella stagione sportiva 2019-2020 depositato presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A gli accordi di riduzione di 4 mensilità stipendiali (marzo, aprile, maggio e giugno 2020) di 21 calciatori e dell’allenatore e di avere omesso, nel contempo, di depositare gli accordi economici di integrazione ovvero di recupero di tre delle quattro mensilità rinunciate (aprile, maggio, giugno 2020) già conclusi con i medesimi calciatori e con l’allenatore, nella consapevolezza, sia che la riduzione stipendiale avrebbe dovuto riguardare soltanto una mensilità, sia che gli accordi economici contenenti le integrazioni stipendiali per il recupero delle tre mensilità sarebbero stati depositati dopo il 30.06.2020, ovvero dopo la chiusura dell’esercizio contabile al 30.06.2020, come poi effettivamente accaduto.
B) della violazione dell’art.4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, per avere violato i principi di lealtà, correttezza e probità presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A per avere nella stagione sportiva 2020-2021 depositato presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A accordi di riduzione stipendiale di importi sostanzialmente pari a 4 mensilità (marzo, aprile, maggio e giugno 2020) di 17 calciatori nella consapevolezza che non vi sarebbe stata alcuna riduzione stipendiale effettiva, in quanto i medesimi importi sarebbero stati riconosciuti agli stessi calciatori (circostanza poi non verificatasi soltanto per due degli anzidetti calciatori) nelle stagioni sportive successive, così come già concordato fra le parti (prima della chiusura della stagione sportiva 2020-2021) attraverso scritture private non riportate su moduli federali (le c.d. side letter). Circostanza poi effettivamente verificatasi attraverso il deposito, nella stagione sportiva successiva e comunque successivamente al 30.06.2021, data di chiusura dell’esercizio contabili 2021 (salvo che per uno degli anzidetti calciatori, il quale ha percepito gli importi stipendiali rinunciati nella stagione 2022/23 a titolo di incentivo all’esodo) di accordi economici di integrazione stipendiale.
Il tutto al precipuo fine di postergare negli esercizi successivi (2022 e, per alcuni, anche 2023) i costi correlati agli importi rinunciati dai calciatori prima del 30.06.2021, con ciò peraltro violando il principio contabile di competenza economica e, dunque, in tal modo violando il principio di par condicio con le altre società consorelle della Lega di A, in punto di equilibrio economico finanziario;
C) della violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, sia in via autonoma che in violazione e/o elusione di quanto previsto dall’art. 6.2, paragrafo 7, del Regolamento degli Agenti sportivi della FIGC (cfr. C.U. n. 102/A del 17 aprile 2019) per avere, in concorso con l’agente sportivo sig. Lippi Davide, conferito un mandato, a quest’ultimo, in data 20 febbraio 2020, per il rinnovo di contratto del 26 marzo 2020 del calciatore C. G., in assenza di una reale attività di intermediazione dell’agente che era stata svolta direttamente dal calciatore con il Presidente della Juventus FC SpA, A. A..
2. Nel corso della trattazione dinanzi al Tribunale federale nazionale, i rappresentanti della Procura federale insistevano per l’affermazione della responsabilità del Dott. A. A. per tutti e tre i capi di incolpazione e chiedevano irrogarsi la sanzione finale di mesi 20 (venti) di inibizione (pena base di 16 (sedici) di inibizione, aumentata in applicazione dell’istituto della continuazione di mesi 2 (due) per ogni ulteriore violazione).
La difesa dell’incolpato, invece, ha concluso per il proscioglimento del Dott. A. da tutti i capi di incolpazione e, in subordine, ha chiesto tenersi conto della proposta di applicazione della sanzione inizialmente avanzata.
Il Tribunale federale nazionale, all’esito della udienza del 10.07.2023, con decisione n. 0011/TFN-SD/2023-24, depositata il 20.07.2023, ha ritenuto la responsabilità del Dott. A. A. per i capi di incolpazione di cui alle lett. A e B dell’atto di deferimento, irrogando la sanzione di mesi 16 (sedici) di inibizione e di euro 60.000,00 (sessantamila/00) di ammenda, prosciogliendo lo stesso incolpato per il capo C dell’atto di deferimento.
3. Il Dott. A. A. proponeva reclamo, con atto ex artt. 101-115 C.G.S. per mezzo dell’Avv. Davide S., avverso la decisione n. 0011/TFNSD-2023-2021 emessa dal Tribunale federale nazionale in data 10.07.2023, con motivazioni depositate in data 20.07.2023.
Nel gravame venivano articolate eccezioni preliminari tendenti alla dichiarazione di improcedibilità dell’atto di deferimento (lett. A. del reclamo); nel merito è stata sostenuta l’insussistenza della violazione di cui all’art. 4, comma 1, C.G.S., in relazione alla c.d. “prima manovra stipendi” (lett. B. del reclamo); la insussistenza della violazione di cui all’art. 4, comma 1, C.G.S., in relazione alla c.d. “seconda manovra stipendi” (lettera C del reclamo); in subordine, veniva eccepita l’omessa motivazione sulla quantificazione della sanzione e il principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio (lettera D del reclamo).
L’udienza, dapprima fissata per il 21.08.2023, veniva differita al 28.08.2023, in vista della quale venivano depositate controdeduzioni da parte della Procura federale in data 23.08.2023.
La Procura argomentava su tutti i motivi del reclamo e chiedeva la conferma integrale della decisione resa dal Tribunale federale nazionale-Sezione Disciplinare.
4. Alla udienza del 28.08.2023, tenuta in videoconferenza, le parti prendevano la parola e si riportavano alle rispettive conclusioni.
L’Avv. S. insisteva per la riforma della decisione di primo grado e, in subordine, per una riduzione della sanzione, mentre, la Procura federale, insisteva per la conferma della decisione del Tribunale federale nazionale impugnata.
5. All’esito della discussione, la Corte tratteneva il reclamo in decisione.
Considerato in diritto
1. Parte reclamante, in via preliminare, ha eccepito l’improcedibilità dell’azione disciplinare nei confronti del Dott. A. A. sotto un duplice profilo: a) illegittimità della richiesta di trasmissione degli atti avanzata dalla Procura federale F.I.G.C. alla Procura di Torino in assenza della apertura di un procedimento federale al momento della formulazione della richiesta e comunque b) tardività dell’iscrizione del procedimento federale in violazione dell’art. 119, comma 3, C.G.S..
Entrambe le eccezioni appaiono essere prive di fondamento e vanno respinte.
La decisione di primo grado, sia pure in un unico contesto motivazionale, ha esaminato le questioni poste dalla difesa dell’incolpato rilevando, in punto di fatto, che la richiesta è stata inoltrata in data 27.10.2022 dalla Procura federale alla Procura della Repubblica di Torino, ed è stata evasa dall’anzidetto Ufficio il 24.11.2022, con successiva iscrizione nel registro delle notizie di illecito disciplinare il 30.11.2022, nel rispetto del termine di 30 giorni fissato dall’art. 119, comma 3, del C.G.S.
In ordine alla questione sulla presunta “tardività” della iscrizione del procedimento, il reclamante ha dedotto che alcune testate giornalistiche avrebbero riportato la notizia di indagini in corso da parte della Procura di Torino sin dal marzo 2022, ragion per la quale il fatto da considerarsi rilevante sul piano disciplinare sarebbe stato notorio e quindi noto anche agli Organi inquirenti della Federazione che avrebbero avuto, sin da quel momento, l’onere di iscrivere il procedimento nei termini di cui all’art. 119 C.G.S..
La tesi non può essere accolta, ove si consideri che l’art. 118, comma 2, prevede che il “ Procuratore prende notizia di illeciti di propria iniziativa e riceve le notizie presentate e comunque pervenute” ragion per la quale, esclusa l’ipotesi che la Procura federale abbia ricevuto esposti o denunce afferenti l’oggetto del processo (tale circostanza non risulta neppure dedotta dal reclamante), residua la possibilità della assunzione di notizie di “propria iniziativa” da parte del Procuratore federale.
E ritenere che il Procuratore federale debba esercitare l’azione disciplinare sulla base di notizie di stampa ogni qual volta esse riferiscano di indagini in corso a carico di tesserati, significherebbe, da una parte, dover iscrivere nel registro soggetti per circostanze di cui non si conosce neppure se vi sia un rilievo disciplinare da contestare e, dall’altra, equivarrebbe ad appesantire le attività degli Uffici mediante iscrizioni nel registro non dovute (almeno in quel momento).
In questo senso è stato affermato - seppure in tema di revocazione - che le notizie stampa afferenti all’indagine penale sono insufficienti a costituire prova della piena conoscenza e rappresentarono, piuttosto, il propellente per la diligente azione conoscitiva posta in essere dalla procura federale presso gli Uffici giudiziari procedenti. Una volta assolto tale onere, e percepiti gli esiti utili attraverso la ricezione degli atti, può iniziare a decorrere il termine (Corte di Giustizia federale, SS.UU., n. 203/2009-2010; Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 31/2013-2014; Corte federale d’Appello, SS.UU., n. 46/2015-2016).
Diversamente, come è accaduto nel caso di specie, è la notizia (specifica e qualificata) della conclusione delle indagini preliminari da parte della Procura della Repubblica di Torino, con l’emissione dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p., che ha determinato la attivazione da parte della Procura federale.
E’ appena il caso di ricordare che con l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. la Procura, quando ritiene di non archiviare la notitia criminis, esercita l’azione penale ai sensi dell’art. 50 c.p.p..
Pertanto, a fronte della acquisizione della notizia, anche giornalistica, che nei confronti di un tesserato o affiliato è stata esercitata l’azione penale per fatti potenzialmente ricollegabili ad illeciti sportivi, appare doverosa l’iniziativa della Procura federale avviata, nel caso di specie, con la richiesta di acquisizione del 27.10.2020, ai sensi dell’art. 129, comma 3, C.G.S., di atti e documenti per lo svolgimento delle valutazioni sul piano disciplinare.
In concreto, ricevuti gli atti il 24.11.2022 e vagliati i medesimi, la Procura federale ha tempestivamente iscritto nel registro l’incolpato il 30.11.2022.
Quanto, invece, all’aspetto della previa iscrizione nel registro, va rilevato che la richiesta del 27.10.2022 formulata dalla Procura federale alla Procura della Repubblica di Torino si pone nell’ambito della acquisizione di elementi preliminari all’esercizio dell’azione disciplinare e alla iscrizione nel registro degli incolpati.
Nel caso di specie, la richiesta di copia dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. alla Procura di Torino rientrava proprio tra le prerogative volte alla acquisizione di elementi utili da parte della Procura federale, sulla quale ricadeva l’obbligo nei 30 giorni successivi alla cognizione di un fatto rilevante sul piano disciplinare di iscrivere l’incolpato nel registro, obbligo in concreto tempestivamente esercitato.
Non appare pertinente (trattasi di un caso di un procedimento archiviato e poi riaperto dalla Procura della Repubblica e dalla Procura federale) e, comunque, non condivisibile il precedente citato nel reclamo relativo alla decisione del Tribunale federale del 3.2.2017.
A prescindere dalla diversità delle due fattispecie, non può ritenersi la richiesta di acquisizione di copia del documento di conclusione delle indagini un atto rientrante tra quelli che necessitano la previa iscrizione nel registro degli incolpati, trattandosi di una attività preliminare volta ad acquisire elementi idonei per valutare l’esistenza di una notitia criminis da iscrivere nel registro, ricompresa nei poteri del Procuratore federale nell’ambito delle prerogative e delle iniziative che l’ordinamento sportivo gli assegna.
Inoltre, sul punto, appaiono del tutto applicabili anche i principi formatisi nella giurisprudenza di questa Corte nella materia di esposti anonimi.
Con decisione n. 160/2019-2020, del 21.09.2020, la Corte federale di Appello a Sezioni Unite ha ritenuto: “ legittima l’attività d’investigazione dell’organo inquirente finalizzata a verificare se dall’anonimo e/o dalla segnalazione di cui non sia stato identificato compiutamente l’autore possono, in concreto, ricavarsi gli estremi utili per l’individuazione di “propria iniziativa” di una notizia di illecito sportivo”.
E, da ultimo, la stessa Corte federale – Sezioni Unite, con decisione 0002/2023-2024, del 22.06.2023, ha ritenuto legittima e, anzi, doverosa, una attività “pre-procedimentale” della Procura federale che può consistere “anche in meri accertamenti documentali o riscontri fattuali, tali da consentire una acquisizione di iniziativa di una compiuta notitia criminis, della quale dare contezza al momento della iscrizione nel registro.
Anche nel caso in esame, appare legittima l’iniziativa del Procuratore federale ex art. 118, comma 2, C.G.S. F.I.G.C., tesa ad acquisire da fonti qualificate l’esistenza di fatti rilevanti per l’apertura di un procedimento disciplinare e per la relativa iscrizione nel registro.
Pertanto, anche sotto tale profilo, il motivo di reclamo non appare fondato.
2. Passando all’esame del merito, viene dapprima trattata la questione della c.d. “manovra stipendi” relativa alla stagione agonistica 2019-2020.
Il periodo storico oggetto del deferimento, all’interno del quale si è svolta la vicenda, è stato quello del primo semestre del 2020, periodo di massima diffusione della pandemia da Covid-19 e di estrema gravità sul piano delle conseguenze alla salute delle persone.
È stato il periodo del lockdown totale e della adozione di misure eccezionali e straordinarie, anche nel mondo del diritto e dell’economia.
Il legislatore nazionale ha infatti disposto la sospensione e/o il differimento dei termini nei procedimenti amministrativi e processuali (D.L. n. 18/2020 e D.L. n. 23/2020) ed è intervenuto, nello specifico della materia societaria, accordando una serie di deroghe in materia di bilancio (D.L. 23/20) come, ad esempio, la possibilità di disapplicare le disposizioni in materia di riduzione/azzeramento del capitale sociale consentendo il risanamento nel quinquennio o la facoltà di non contabilizzare gli ammortamenti delle immobilizzazioni rinviandoli agli esercizi successivi.
In questo scenario, la Assemblea della Lega Calcio Serie A, nel prendere atto che la sospensione dei campionati incideva in maniera fortemente negativa sui ricavi delle società sportive, si è posta la questione della perduranza e invarianza dei costi a carico delle stesse società (rappresentati, prevalentemente, dal monte salari dei calciatori) e, in data 6.04.2020, ha emanato il comunicato stampa n. 49 (richiamato nella discussione orale da parte reclamante e facente parte delle produzioni della medesima, v. allegato 6), a mezzo del quale la Lega auspicava la riduzione dei costi “per salvaguardare il futuro dell’intero sistema calcistico italiano”, proponendo una duplice soluzione: abbattimento dei salari per quattro mesi in caso di mancata ripresa di campionato o due mesi di riduzione in caso di proseguimento delle competizioni.
Da tale delibera della Assemblea Lega Calcio Serie A rimaneva esclusa solo la Juventus che aveva già “raggiunto un accordo con i propri giocatori”.
Il riferimento è al comunicato ufficiale della stessa squadra di calcio del 28.03.2020 che appare utile riportare in questa sede per intero: “Juventus Football Club SpA comunica, in ragione dell’emergenza sanitaria globale attualmente in corso che sta impedendo lo svolgimento dell’attività sportiva, di aver raggiunto un’intesa con i calciatori e l’allenatore della prima squadra in merito ai loro compensi per la restante parte della corrente stagione sportiva. L’intesa prevede la riduzione dei compensi per un importo pari alle mensilità di marzo, aprile, maggio e giugno 2020. Nelle prossime settimane saranno perfezionati gli accordi individuali con i tesserati, come richiesto dalle normative vigenti. Gli effetti economici e finanziari derivanti dall’intesa raggiunta sono positivi per circa euro 90 milioni sull’esercizio 2019/2020. Qualora le competizioni sportive della stagione in corso riprendessero, la Società e i tesserati negozieranno in buona fede eventuali integrazioni dei compensi sulla base della ripresa e dell’effettiva conclusione delle stesse.
Juventus desidera ringraziare i calciatori e l’allenatore per il senso di responsabilità dimostrato in un frangente difficile per tutti ”.
Tale comunicato, in linea con quanto delibererà il successivo 6 aprile 2020 la Lega Calcio Serie A, espone l’avvenuta intesa con i calciatori e con l’allenatore della prima squadra per una manovra che avrebbe comportato la riduzione di quattro mensilità dei compensi, a valere sull’esercizio 2019/2020 (che nello stesso comunicato stampa vengono stimati in euro 90 mln di euro).
Viene anche prevista la possibilità di negoziare “eventuali integrazioni” nel caso di ripresa e conclusione delle competizioni sportive.
Questa Corte federale non ha motivo di ritenere che, ove fosse stato dato solo seguito al contenuto delle intese esposte nel comunicato stampa della Juventus del 28.03.2020 o del comunicato della Lega Calcio Serie A del 6.04.2020 (in cui non era prevista alcuna integrazione), non vi sarebbero stati i presupposti per il deferimento e per la condanna di A. in primo grado, poiché una manovra di riduzione (eliminazione, abbattimento) di costi (compensi calciatori e allenatore) a fronte di ricavi di fatto oggettivamente contratti e quasi azzerati dalle conseguenze della pandemia, sarebbe stata del tutto lecita.
Il deferimento della Procura federale, però, contesta di aver depositato gli accordi di riduzione delle quattro mensilità stipendiali (marzo, aprile, maggio e giugno 2020) e di aver omesso nel contempo di depositare gli accordi di integrazione, ovvero quelli che stabilivano il recupero per gli sportivi di tre delle quattro mensilità rinunciate, accordi che sarebbero stati conclusi prima del 30.06.2020 (data di chiusura del bilancio 2019-2020).
Quindi, diventa rilevante, ai fini della valutazione sulla sussistenza dell’illecito disciplinare, la verifica sul momento di definizione degli accordi integrativi con calciatori e allenatore e, cioè, se ciò sia avvenuto prima del 30.06.2020, nel presupposto che, stante la autonomia negoziale tra privati, tali accordi integrativi non sarebbero di per sé illeciti ove ne fosse stata data una tempestiva, corretta e leale rappresentazione nel bilancio in cui tale nuovo “costo” è sorto (in base al principio di competenza economica).
Da questo punto di vista, l’accertamento compiuto dal Tribunale federale nazionale in primo grado appare essere immune da vizi e la relativa decisione deve essere confermata in ordine alla sussistenza dell’addebito.
Ed invero, merita di essere condiviso l’esame di tutta la documentazione richiamata nella decisione gravata, con particolare riferimento all’accordo sottoscritto in data 28.03.2020 dal Dott. A. A. e dal calciatore G. C., che appare utile riportare per intero: “Tenuto conto dell’emergenza di sanità pubblica e delle conseguenti ricadute economico-finanziarie e volendo contribuire a supportare la società in questo momento, la prima squadra si riduce la propria retribuzione annuale della stagione sportiva 2019/2020 di un importo corrispondente ai ratei mensili di marzo, aprile, maggio e giugno 2020.
Nelle prossime settimane, società e calciatori perfezioneranno la formalizzazione dei singoli accordi contrattuali, come previsto dalle normative vigenti e in base all’accordo raggiunto, in cui tre dei quattro ratei saranno redistribuiti sui contratti in essere, a partire dalla stagione sportiva 2020/2021.
Si precisa che nel caso in cui un calciatore verrà trasferito, l’equivalente dei tre ratei sarà riconosciuto quale “incentivo all’esodo”.
Si precisa inoltre che l’equivalente di un rateo verrà corrisposto ad inizio luglio quale “anticipo sulla retribuzione di luglio” e sempre nel caso in cui un calciatore verrà trasferito, detto incentivo verrà dedotto dall’incentivo all’esodo.”
Una prima considerazione: tale documento reca la stessa data del comunicato ufficiale della società (28.03.2020) e, per molti versi, i contenuti si sovrappongono.
Sono però le differenze a determinare la necessità di approfondire i temi oggetto del deferimento.
Infatti, nel documento A.-C., dopo la frase “ nelle prossime settimane saranno perfezionati gli accordi individuali con i tesserati, come richiesto dalle normative vigenti”, si legge: “e in base all’accordo raggiunto, in cui tre dei quattro ratei saranno redistribuiti sui contratti in essere, a partire dalla stagione sportiva 2020/2021”.
Il reclamo tende molto a sminuire la portata del documento sottoscritto il 28.03.2020, relegandolo quasi a una sorta di proposito con contenuti ancora da definirsi e, in qualche modo, condizionato.
La decisione di primo grado, invece, lo definisce come un “ incondizionato riconoscimento di tre delle quattro mensilità con pagamento garantito dal presidente, circostanza che avrebbe comportato l’obbligo, già in sede di redazione del bilancio al 30.06.2020, di annotare tale voce di debito”.
Questa Corte, pur riconoscendo a tale documento una valenza di fondamentale importanza ai fini della affermazione di sussistenza dell’addebito, ritiene che esso non costituisca da solo piena prova della violazione contestata.
Ciò in quanto, pur essendo evidente che A. e C. abbiano condiviso la previsione di ristoro per i calciatori ( tre delle quattro mensilità saranno redistribuite …… a partire dalla stagione 2020/2021), avevano rimandato alle “ prossime settimane” la formalizzazione dei singoli accordi contrattuali, senza neppure condizionarli alla ripresa del campionato.
In buona sostanza, l’accordo A.-C. del 28.03.2020, aggiuntivamente, rispetto al comunicato stampa della Juventus dello stesso 28.03.2020, già prevedeva la restituzione di tre mensilità su quattro, ma attraverso il successivo e imminente perfezionamento di singoli accordi contrattuali.
Come detto, l’autonomia negoziale avrebbe anche potuto consentire la stipula di accordi integrativi per spalmare (ripartire) nel tempo l’uscita nella stagione 2020/2021, ma ove tali accordi integrativi fossero stati definiti prima del 30.06.2020, essi avrebbero dovuto essere rappresentati come costi gravanti sul bilancio 2020, nel rispetto del principio contabile di competenza economica.
Il comportamento antisportivo da accertare risiede proprio nella individuazione del momento (o dei momenti) in cui sono stati conclusi gli accordi integrativi con i calciatori e con l’allenatore, perché da quel momento insorge (o se si preferisce, risorge) un costo (di almeno 60 mln di euro) rilevante ai fini della redazione del bilancio e che doveva essere esposto a prescindere da quando fosse stato effettuato il pagamento.
Da questo punto di vista, i ventidue accordi integrativi intervenuti con i calciatori e con l’allenatore recano la data del deposito presso la Lega Calcio Serie A, e cioè quella del 6.07.2020, e di essi viene data evidenza in bilancio 2020 solo nella sezione “fatti di rilievo avvenuti dopo il 30 giugno 2020”.
Se così fosse stato realmente, la nuova voce di costo derivante dalla integrazione della manovra stipendi, sarebbe venuta a determinarsi in epoca successiva alla chiusura del bilancio 2020 e come tale sarebbe stata, in effetti, sufficiente la sua enunciazione tra i fatti di rilievo avvenuti tra la data di chiusura del bilancio (30.06.2020) e quella di approvazione del medesimo (15.10.2020). Tuttavia, si sarebbe trattato di fatti di rilievo tali da richiedere, in ogni caso, interventi sui valori di bilancio 2020.
Le indagini però compiute dalla Procura federale hanno accertato che tali accordi integrativi erano stati definiti con i calciatori e l’allenatore prima del 30.06.2020 e che, pertanto, la relativa voce di costo doveva essere indicata nel bilancio chiuso al 30.06.2020 e non successivamente.
Questa Corte, infatti, ritiene provate le predette circostanze, che costituiscono l’essenza della contestazione alla base del deferimento.
L’accordo A.-C. del 28.03.2020 rappresenta l’atto prodromico alla conclusione delle intese individuali integrative e costituisce una direttiva aziendale che ha innescato le successive condotte.
La decisione di primo grado richiama, sul punto, una serie di atti e documenti che non lasciano spazio ad alcuna interpretazione dubitativa.
Infatti, a partire dai primi giorni del mese di aprile 2020, in esecuzione della direttiva aziendale (con sottoscrizione del presidente) del 28.03.2020, di promuovere “nelle prossime settimane …. la formulazione di singoli accordi contrattuali”, i dirigenti e consulenti della Juventus si sono adoperati nella predisposizione delle lettere di riduzione degli stipendi e, contestualmente, degli accordi integrativi dei salari dei calciatori, ai quali sono state riconosciute tre delle quattro mensilità inizialmente rinunziate.
Sta di fatto che l’Avvocato Cesare G., della Juventus, inviava, nella seconda metà del mese di aprile 2020, ai calciatori e all’allenatore, i contratti di integrazione stipendiale che venivano restituiti dagli sportivi sottoscritti (molti senza data su richiesta della squadra di calcio) e gli stessi venivano richiamati in una serie di email del 24.04.2020 e del 28.04.2020 trasmesse dall’allora Segretario generale Maurizio Lombardo ai dirigenti e/o collaboratori del Club e dai cui prospetti riepilogativi si poteva prendere atto della situazione delle adesioni, a quella data, dei calciatori (n. 12/13) alla manovra stipendi (intesa come riduzione e integrazione dei salari).
Nel successivo mese di maggio è stata completata la adesione di calciatori e dell’allenatore alla manovra stipendi mediante la sottoscrizione delle riduzioni e contestualmente degli accordi integrativi.
Venivano, però, depositati solo gli accordi relativi alla riduzione degli stipendi, il 12.05.2020, ad eccezione di quelli dei calciatori Cristiano Ronaldo e R. (riportanti la data del 20 e 23.05.2020) e dell’allenatore S..
Sul piano probatorio, oltre alle prove documentali costituite dalla sottoscrizione nel periodo aprile/maggio 2020 degli accordi integrativi da parte dei calciatori e dell’allenatore, assume particolare rilievo sul piano del convincimento del Collegio, la circostanza che alcuni calciatori, tra cui, in particolare, Cuadrado Bello oltre a restituire l’accordo integrativo sottoscritto, lo abbia anche datato al 29.04.2020, non residuando così dubbi sull’epoca in cui il costo degli stipendi è stato di nuovo generato a carico della società.
In ordine al contenuto dell’accordo integrativo proposto dalla Juventus ai calciatori, va rilevato che esso era riportato su moduli federali 2019/2020 con la dicitura “altre scritture” e risulta essere inequivoco nella parte in cui riconosce tre mensilità in più per la stagione 2020/2021, a decorrere dall’ottobre 2020.
Si raggiunge, per tal modo, un quadro di certezza nell’attribuire alle scritture integrative per ventidue, tra calciatori e allenatore, una accettazione avvenuta tra l’aprile e il maggio 2020, con conseguente necessità di esporre il relativo costo sul bilancio chiuso al 30.06.2020.
Le deposizioni raccolte durante le indagini rafforzano, se così si può dire, quanto documentalmente già evidente.
Esse vengono richiamate nella decisione di primo grado in termini generali, ma ove ci si volesse soffermare ad esaminarne alcune, ci si renderebbe ulteriormente conto che la manovra stipendi nel complesso è stata definita dalla Juventus prima del 30.06.2020.
L’ex Segretario generale della Juventus, Maurizio Lombardo, espressamente riferisce che: “ durante le riunioni di allineamento con P., C., R. e G. avevo capito che l’accordo andava definito attraverso la redazione di due distinti documenti: il primo relativo alla riduzione stipendiale della stagione 2019/2020 e il secondo relativo all’integrazione nella stagione successiva o successive. A me è stato richiesto di lavorare in questa direzione. Sicuramente questi fatti a sfondo economico/contabile sono di stretta competenza degli uffici finance e legal.” (deposizione 2/03/2020).
Il calciatore Dybala, addirittura, arretra al momento del comunicato stampa l’avvenuta intesa sull’accordo integrativo: “ C’è scritto che rinunciavamo a quattro mesi ma non c’è scritto che avevamo già l’accordo sulle tre mensilità e che erano certe”.
Così come ricorda che “le due scritture (riduzione e integrazione) sono state firmate insieme, in una rinunciavamo e nell’altra riprendevamo tre mensilità”.
Ugualmente, il calciatore D. L. ha riferito di essere rientrato il 10 maggio e qualche giorno dopo di avere sottoscritto l’accordo che prevedeva la rinuncia a un mese e il pagamento di tre mensilità la stagione successiva.
Dello stesso tenore molteplici altre dichiarazioni rese dai calciatori, tra cui R., B., D..
La proposta della Juventus, di differire il pagamento di tre mensilità, è stata quindi accettata dai calciatori e dall’allenatore prima del 30.06.2020 e, come tale, esso rappresentava un costo dell’esercizio ancora in corso.
Un ulteriore elemento, che induce a ritenere definiti gli accordi integrativi prima della data del 30.06.2020, è costituito dalla previsione nella scrittura A.-C. del 28.03.2020, di riconoscere le tre mensilità anche al calciatore che verrà trasferito, quale “incentivo all’esodo”, con ciò confermando un limite temporale per la stipula degli accordi integrativi, rappresentato dal termine della stagione calcistica 2019/2020.
Non persuade la tesi difensiva secondo la quale tutti gli atti richiamati sarebbero preparatori rispetto a quelli sottoscritti (solo formalmente) e depositati il 6.07.2020.
La natura preparatoria sul piano degli effetti sostanziali è esclusa dalla prova che gli accordi integrativi sono stati stipulati prima del 30.06.2020 e, successivamente a tale data, a tutti è stata richiesta una nuova sottoscrizione, così che l’intento di scavalcare la data di chiusura del bilancio è del tutto palese.
Sul piano formale, la avvenuta accettazione, e sottoscrizione, da parte dei calciatori rispetto alla proposta della Juventus costituisce civilisticamente la definizione dell’accordo, ragion per la quale tra aprile e maggio 2020 l’accordo era oramai vincolante per le parti, mentre quelli depositati successivamente al 6.7.2020 rappresentano una riproduzione degli stessi su moduli federali e con una data consona all’utilizzo che ne ha fatto il Club che, come si vedrà, rientra nell’ambito della consumazione di un illecito sul piano disciplinare.
La contestualità della sottoscrizione delle scritture di riduzione e degli accordi di integrazione, così come descritta dai calciatori, sembra essere tale da poter far dubitare della natura novativa degli accordi integrativi, potendosi addirittura configurare un mero differimento del termine di pagamento su una obbligazione originaria.
Così come non persuade la tesi dell’accordo condizionato alla ripresa e alla conclusione del campionato di massima serie.
È vero, infatti, che tra gli atti precedenti al 28.03.2020 c’è qualche riferimento da parte del Dott. A. A. (appunto sottoscritto in data 25.03.2020) da cui si evince una sorta di preferenza per la soluzione che prevedeva l’abbattimento delle retribuzioni nel periodo 1.04.2020-30.06.2020 in caso di mancata ripresa del campionato, ma tale intento risulta però essere abbondantemente superato dai fatti e dagli atti successivi.
In nessun accordo integrativo proposto dal Club ai calciatori si fa riferimento o si subordina l’accordo a possibili condizioni di efficacia e, in ogni caso, la ripresa del campionato dal 20.06.2020 costituirebbe l’avveramento della condizione, sebbene non apposta.
Sul piano degli effetti del bilancio 2020 discendenti dal raggiungimento degli accordi integrativi con i calciatori e con l’allenatore prima del 30.06.2020, la sentenza gravata di primo grado ha statuito la violazione del principio di competenza economica.
La pronuncia appare del tutto condivisibile sulla base dei principi contabili che regolano la materia di redazione del bilancio.
Il principio di competenza economica consiste nel riportare nel bilancio tutti i costi e i ricavi che hanno avuto un effetto nell’esercizio in questione, con o senza manifestazione finanziaria: tale obbligo nella redazione del bilancio viene sancito dall’art. 2423 bis cod. civ. che, al n. 3, recita: “si deve tenere conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso e del pagamento”, e disciplinato dai principi contabili nazionali emanati dall’OIC (Organismo Italiano di Contabilità), oltre che da quelli internazionali (IAS/IFRS), utilizzati dalla Juventus per la predisposizione dei bilanci.
Riassuntivamente, il principio di competenza economica richiede che ricavi e costi siano registrati nel periodo in cui sono generati, ragion per la quale le tre mensilità 2019/2020, oggetto degli accordi integrativi definiti tra la società e i calciatori, tra l’aprile e il maggio 2020, andavano riportati in bilancio come costi nel momento della loro generazione (per l’appunto tra l’aprile e il maggio 2020).
In definitiva, nel bilancio al 30.06.2020, il CdA della Società Juventus, nella predisposizione del medesimo, avrebbe dovuto aumentare i costi per le retribuzioni del personale tesserato, iscrivendo nel passivo il debito di ammontare corrispondente, in quanto i pagamenti sarebbero avvenuti nell’esercizio successivo.
La motivazione di una condotta contraria agli illustrati principi potrebbe risiedere nella volontà del CdA della Juventus di presentare agli azionisti e al mondo esterno (compresi gli Organi di controllo, quale Consob,) un bilancio alleggerito di costi per un ammontare di circa 60 mln di euro.
Va a questo punto valutato se e come le condotte sopra descritte possano andare ad integrare la violazione sul piano disciplinare dell’art. 4, comma 1, C.G.S., così come contestato nell’atto di deferimento.
I doveri di lealtà, correttezza e probità, sanciti dall’art.4, comma 1, C.G.S., si connotano nei confronti dei soggetti dell’ordinamento sportivo, in maniera più intensa rispetto agli altri soggetti dell’ordinamento generale.
Infatti, la disposizione di cui all’art. 4, C.G.S., non si risolve in una norma di tipo residuale, alla cui applicazione dovrebbe ricorrersi in mancanza di previsioni specifiche, ma costituisce, al contrario, una clausola generale al cui contenuto precettivo i soggetti dell’ordinamento sportivo devono conformare la propria condotta (così, CFA SS.UU., decisione 0110/CFA-2022-2023).
“L’art. 4, comma 1, C.G.S., redatto secondo la tecnica della normazione sintetica, sfugge a una descrizione puntuale delle singole tipologie di comportamento, che presenterebbe l’inconveniente dell’eccesso casistico, per ricorrere a elementi normativi che rinviano a una fonte esterna come parametro per la regola di giudizio da applicare al caso concreto (la lealtà, la probità e la correttezza) secondo il prudente apprezzamento del Giudice.
Si tratta (per utilizzare una classificazione propria del diritto penale, senz’altro riferibile anche all’illecito sportivo) di elementi normativi extra giuridici che rinviano a norme sociali o di costume e, da autorevole dottrina, paragonati a una sorta di “organi respiratori” che consentono di adeguare costantemente la disciplina trattata alla evoluzione della realtà sociale di riferimento, in questo caso, alla realtà propria dell’ordinamento sportivo.” (Così, CFA, SS. UU., n. 90/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 52/2022-2023).
La Corte d’appello federale ha già avuto modo di chiarire che il dovere di tenere una condotta ispirata ai principi della lealtà, della correttezza e della probità, sebbene riconducibile al canone di lealtà sportiva in senso stretto (c.d. “fair play”) ha assunto nel tempo una dimensione più ampia, che si estende anche oltre l’ambito della competizione sportiva, in sé per sé considerata, e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all’attività sportiva (Così, CFA, Sez. I, n. 38/2019-2020).
In altri termini, la “lealtà sportiva” costituisce una clausola generale che si sostanzia, da un lato, in una regola di comportamento oggettivamente valutabile e, dall’altro, in un parametro di legittimità del comportamento in concreto tenuto da ciascun associato e affiliato all’ordinamento sportivo.
Proprio il carattere necessariamente ampio ed elastico della clausola generale in esame, comporta, sul piano della fattispecie astratta, una attenuazione dei principi di legalità e tipicità dell’illecito sportivo (c.d. “principio dell’indeterminatezza dell’illecito sportivo “) che richiede l’individuazione, volta per volta, in base alle circostanze del caso concreto, del precetto specificamente violato (CFA, Sez. I, n. 77/2019-2020), giuridicamente rilevante, al fine di ricostruire la regola comportamentale che si sarebbe dovuta tenere.
Applicando tali coordinate ermeneutiche alla fattispecie concreta sottoposta a scrutinio, non può dubitarsi che la condotta contestata al Presidente della F.C. Juventus SpA, Dott. A. A. costituisca una violazione dell’art.4, comma 1, C.G.S..
E tanto, sotto il duplice profilo che, da una parte, la rappresentazione non leale e non corretta (peraltro per importi molto consistenti) della situazione dei costi gravanti sulla società, alla data di chiusura del bilancio 2020, abbia potuto incidere sulle valutazioni di qualsiasi operatore economico (altre squadre di calcio per ragioni di mercato, istituzioni del mercato finanziario, sponsor e soggetti titolari di diritti TV), ma anche dei prestatori di servizi calcistici ed extra calcistici che, entrando in contatto o in rapporto con la Juventus, avevano il diritto di conoscere la situazione reale dei costi e di bilancio in generale alla chiusura del bilancio 2020.
D’altra parte, attraverso questo modus operandi, si è venuta a determinare una forma di sperequazione, anche in termini di affidabilità economico-finanziaria, con le altre società di calcio professionistico che hanno esposto i dati reali e corretti dei costi alla data di chiusura del bilancio 2020.
Di qui la violazione dell’art. 4, comma 1, C.G.S., che conduce alla conferma della decisione di primo grado in ordine alla sussistenza degli addebiti.
Rimane da affrontare la questione relativa alla responsabilità soggettiva del Dott. A. A. che, all’epoca dei fatti, ricopriva la carica di Presidente della F.C. Juventus S.P.A.
L’apporto del Presidente della Juventus nella prima manovra stipendi è stato diretto e, per molti versi, decisivo nella costruzione del meccanismo che ha portato alla definizione degli accordi di rinuncia agli stipendi e di quelli integrativi in cui venivano assicurati i pagamenti di tre mensilità su quattro.
Emblematico, il messaggio WhatsApp di G. C. del 27.03.2020 nella chat “Juventus Team”, a mezzo del quale riassumeva e anticipava ai calciatori le intese che si stavano raggiungendo con P. e A. (“come sapete stiamo parlando con Fabio e il Presidente”).
Il messaggio prosegue con la rappresentazione della proposta finale della società, che prevedeva tre mesi in caso di ripresa e conclusione del campionato e due mesi e mezzo in caso di stop.
E poi, “in caso di ok domani avrai un foglio firmato dal presidente in cui si fa garante di quanto detto sopra ”, “entro stasera bisogna prendere una decisione”.
In effetti, il giorno successivo (28.03.2020), A. e C. sottoscrivono il documento di cui si è più volte detto, che presenta delle importanti aggiunte (proprio quelle sugli accordi integrativi relativi al riconoscimento delle tre mensilità) rispetto al comunicato ufficiale della Juventus.
Del resto, la preoccupazione della governance e della dirigenza del Club, di tenere distinti e non visibili integralmente tutti gli accordi raggiunti con i calciatori, la si rinviene nelle affermazioni di C., che, sempre nella chat “Juventus Team”, con messaggio WhatsApp del 27.03.2020, raccomanda ai colleghi: “per questioni legislative di Borsa, la comunicazione che uscirebbe è solo della rinuncia ai quattro mesi, è chiesto di NON PARLARE NELLE INTERVISTE sui dettagli di questo accordo”.
La scrittura a firma A.-C. del 28.03.2020 costituisce una vera e propria intesa, cui verrà dato seguito da parte del Club, come scrive lo stesso 28.03.2020 C. per WhatsApp agli altri calciatori: “i prossimi passi sono questi: Vi arriverà nei prossimi giorni un foglio che vale tutto e niente come quello che abbiamo firmato io ed il presidente dove ci impegniamo a lasciare i restanti mesi di questa stagione.
Successivamente saranno contattati i vostri avvocati o agenti e NELLO STESSO MOMENTO saranno firmati i contratti validi per questa stagione e per la prossima.
La Juventus farà un comunicato stampa dove dirà che rinunciamo a 4 mensilità per aiutare il club, ribadisco di comunicare solo questo a mezzo stampa. Per qualsiasi altro dubbio per favore chiamatemi che a voce è sicuramente tutto più facile.
Grazie di tutto.”
Raggiunte tali intese direttamente con il presidente, la scrittura da questi firmata il 28.03.2020 costituisce una vera e propria direttiva aziendale, un atto, cioè, al quale “nelle prossime settimane” andava data esecuzione da parte di dirigenti e consulenti della società.
E, in effetti, così è andata.
La direttiva presidenziale è stata eseguita attraverso la complessiva prima “manovra stipendi”, che ha registrato la formazione di atti di rinuncia e di accordi integrativi definiti prima del 30.06.2020.
Non risultano interventi successivi del Dott. A. A., volti ad evitare che quanto da lui stesso programmato non fosse portato a conclusione.
Infine, la rilevanza degli importi non riportati come costo nel bilancio al 30.06.2020, è tale da escludere la possibilità che nel corso della formazione del bilancio (di competenza del CdA e quindi del Presidente del CdA), non siano state conosciute o conoscibili dagli amministratori le conseguenze di una rappresentazione in bilancio non corrispondente alla realtà di minori costi per 60 mln di euro.
Risulta, pertanto, accertata la responsabilità personale del Dott. A. A. nella causazione dell’illecito disciplinare contestato.
3. Passando all’esame della seconda manovra stipendi, relativa alla stagione calcistica 2020/2021, possono utilizzarsi gli stessi argomenti spesi per la prima manovra stipendi in ordine alla rilevanza disciplinare (violazione art.4, comma 1, C.G.S.) della operazione tesa ad esporre minori costi in bilancio, rispetto a quelli generati nel corso dell’esercizio in violazione del principio di competenza economica.
Anche in questa sede, va però valutato se anche per il bilancio chiuso al 30.06.2021, la società abbia fatto ricorso a meccanismi tali da non rendere attendibili le voci sui costi dell’esercizio.
La seconda manovra stipendi presenta, rispetto alla prima alcuni aspetti oggettivamente diversi.
La consistenza economica è stata inferiore (sebbene ragguardevole), il coinvolgimento dei calciatori è stato circoscritto e non vi sono stati comunicati stampa o intese sottoscritte dal Presidente della società, infine, non è stato previsto l’incentivo all’esodo.
Sussistono, però, sul piano probatorio, una serie di elementi convergenti che dimostrano come anche per il 2021 la società abbia fatto ricorso ad accordi di riduzione degli stipendi con i singoli calciatori, depositati tra la fine di aprile e la metà del mese di giugno 2021, concordando con alcuni di loro, prima della chiusura del bilancio al 30.06.2021, delle integrazioni stipendiali che prevedevano lo “slittamento” all’anno successivo degli emolumenti rinunciati e depositando presso la Lega Calcio, il 20.09.2021, gli accordi integrativi solo formalmente sottoscritti.
Dal punto di vista documentale, sono state acquisite una serie di bozze di “ side letter” predisposte da consulenti della società nei mesi di marzo-aprile 2021, sequestrate presso lo studio dell’Avv. Restano in data 23.02.2022 e relative a sedici calciatori, redatte a garanzia del credito vantato dagli stessi calciatori nei confronti della società.
Sulla contestualità della sottoscrizione delle riduzioni stipendiali e degli accordi integrativi, vi sono nel fascicolo elementi documentali inequivoci.
Basti pensare alla mail del 17.04.2021, scambiata tra i dirigenti della Juventus e l’Avv. Mazzola, difensore del calciatore Kulusevski in cui, quest’ultimo, segnala all’agente Stefano Sem: “occhio che qui non mettono data di firma, mentre in quella per l’integrazione scrivono --- luglio 2021. Falli firmare insieme!”.
Come riportato nella decisione impugnata dal Tribunale federale, non lasciano alcun dubbio le dichiarazioni rilasciate dai calciatori:
- “abbiamo fatto anche una cosa similare ricordo di “spostare” in avanti i mesi, senza però togliere nulla, neanche un mese… Io non ricordo bene se era obbligatorio o se ognuno decideva da sé. In quel momento io e la JUVE stavamo parlando del rinnovo e non andavamo molto d’accordo. Io non volevo aderire a questa operazione sullo stipendio, volevo semplicemente ricevere tutti i mesi il mio stipendio; poi parlando con il mio gruppo di lavoro, mi hanno detto: meglio se lo facciamo, abbiamo un buon rapporto con la società, anche per avere poi migliori prospettive per il rinnovo. Io non volevo ma l’ho fatto. (Dybala)”.
- È avvenuto un altro accordo, di spostare. Il primo accordo è stato un accordo di squadra, il secondo accordo è stato un accordo individuale, ognuno ha fatto il suo. Questo secondo accordo era di spostare quattro mesi, potevi accettare o no; quelli che accettavano avrebbero preso tutto l’anno dopo. Ognuno ha fatto per conto suo. Quelli che hanno fatto, hanno fatto sempre nel senso di aiutare il club. Era solo spostamento (Lobo Silva Alex Sandro)”.
- Penso che vi sia stato qualcosa, ricordo che vi è stato qualcosa relativo allo ‘spostare’. La seconda volta, credo che LUCCI mi ha chiamato dicendomi che aveva parlato con la società; era ancora difficile la situazione perché ancora il club non stava avendo ricavi e la società aveva chiesto di spostare alcuni mesi. Non ricordo quanti mesi; io nel momento in cui mi hanno detto che era solo uno spostamento e che avrei recuperato i soldi l’anno dopo, per me andava benissimo ed ho accettato subito (Juan Guillermo Cuadrado Bello)”.
Possono, dunque, ritenersi provate le finalità illecite sul piano disciplinare anche della seconda manovra stipendi, posta in essere in violazione del principio contabile di competenza economica, e di quello della par condicio con le altre squadre della Lega Calcio Serie A, in punto di equilibrio economico-finanziario, con la postergazione agli esercizi successivi di parte degli emolumenti previsti per la stagione 2020/2021, attraverso accordi raggiunti prima della chiusura del bilancio al 30.06.2021, nel quale non sono stati riportati i relativi costi.
Rispetto al contributo fornito dal Dott. A. alla seconda manovra stipendi, la difesa dello stesso ha eccepito che il relativo apporto sarebbe stato marginale e non incidente sulle violazioni contestate.
In particolare, secondo l’assunto della difesa, il Dott. A. si sarebbe limitato a condividere, nel corso delle riunioni celebratesi nei mesi di febbraio e di marzo del 2021, l’opportunità di effettuare un ulteriore intervento sugli stipendi dei calciatori per la stagione sportiva 2020/2021, “conferendo ampia delega ai dirigenti delle singole aree in merito alle concrete modalità con le quali realizzare la suddetta manovra” (così a pag. 13 del reclamo).
Una siffatta critica alla decisione del Tribunale federale non coglie nel segno.
Il Giudice di primo grado ha – come pure si osserva nelle controdeduzioni al reclamo formulate dal Procuratore federale – correttamente inquadrato la responsabilità del Dott. A. nell’ambito della disposizione codicistica di cui all’art. 2392 c.c. che impone all’amministratore di società per azioni (e tanto vale anche per quello di società con azioni quotate nel mercato borsistico) di adempiere ai doveri imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze e di impedire i fatti pregiudizievoli di cui vengano eventualmente a conoscenza, facendo annotare – in caso di disaccordo rispetto a operazioni che gli altri amministratori intendano intraprendere – il proprio dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione (dando pure immediata notizia per iscritto al Presidente del collegio sindacale).
In combinato con il predetto dovere di diligenza (e vigilanza) va letta la violazione di un obbligo a contenuto specifico, ovvero quello dell’amministratore di agire in modo informato (art. 2381 c.c.): l’amministratore non può difatti eccepire di aver delegato a una funzione aziendale una determinata attività, disinteressandosi poi di assumere informazioni (e vigilare) in ordine alla parte esecutiva dell’attività delegata.
Peraltro, la giurisprudenza della Corte di legittimità ha chiarito come l’eventuale responsabilità dei dirigenti (a cui, secondo la difesa del Dott. A., sarebbero state delegate le concrete modalità di attuazione della seconda manovra stipendi) si andrebbe comunque ad aggiungere a quella dell’amministratore e non varrebbe certamente a elidere quest’ultima (così Cass., sez. II, 4 febbraio 2021, n. 2620, ove si legge che «ai sensi dell’art. 2396 c.c., ai direttori generali nominati dall’assemblea per disposizione dello statuto, si applicano le norme che regolano la responsabilità degli amministratori, ciò che ulteriormente conferma che la coesistente responsabilità di eventuali dirigenti delegati estranei al consiglio di amministrazione si aggiunge a quella dei singoli componenti del consiglio di amministrazione e non vale ad escluderla»).
A fortiori, quanto appena esposto deve trovare applicazione alla fattispecie che ci occupa, dacché risulta documentalmente provato (e accertato dal Tribunale federale) che il Dott. A. fosse a conoscenza della seconda manovra stipendi, anche nella sua fase “esecutiva”.
Difatti, la mail del 23 marzo 2021 (indicata, per mero lapsus calami, come 22.9.2021 nella decisione del Tribunale federale) – inviata, tra gli altri, al Dott. A. e contenente anche il riepilogo di quanto condiviso nella riunione del Comitato One Company (in sigla OC) del 22 marzo 2021 – mostra come tutti gli argomenti siano stati affrontati alla presenza del Dott. A..
Con riferimento alla (seconda) manovra stipendi si evince che il Sig. Fabio P. ha informato tutto il gruppo O.C. (tra cui anche il Dott. A.) che, alla data del 22 marzo 2021, “9 giocatori hanno accettato il differimento di quattro mensilità ”, ipotizzando sin da allora un beneficio di circa 22 mln sul conto economico 2020/2021; si aggiunga, dipoi, che nel file allegato si riportano proprio le parole attribuite dal documento al Dott. A. il quale afferma che “le manovre correttive che abbiamo concordato negli ultimi due mesi ci permetteranno di mantenere sotto controllo il patrimonio netto e la cassa al 30 giugno 2021”.
Da tale documento (che non risulta essere stato oggetto di contestazione da parte della difesa del reclamante) emerge come significativo il termine utilizzato da P. di “differimento” di quattro mensilità, che si pone oltre il concetto di semplice riduzione degli stipendi e prefigura l’avvenuto raggiungimento di un accordo integrativo con nove calciatori, sin da quella data.
La compresenza e la contestualità degli interventi, tra gli altri di P. e di A., oltre che la convergenza su argomenti di natura contabile (manovre correttive che permetteranno di mantenere il patrimonio netto e la cassa sotto controllo al 30.06.2021, in una con la notizia della avvenuta accettazione del differimento di quattro mensilità e di un beneficio di 22 mln di euro sul conto economico 2020/2021), evidenziano una piena partecipazione del reclamante allo svolgimento della manovra stipendi 2020/2021.
Infine, l’attualità dei termini con i quali viene rappresentato, da P., l’accordo integrativo con nove calciatori – raggiunto già a marzo 2021 – fa seriamente dubitare della fondatezza di quanto riportato nel reclamo a proposito della presunta “inconsapevolezza” del Presidente del consiglio di amministrazione; quest’ultimo aveva al contrario piena contezza dei passaggi, anche esecutivi, della definizione degli accordi sugli stipendi con i singoli calciatori, essendo stato, per giunta, informato in ordine allo stato di avanzamento delle trattative.
Trattative tutte condotte (e concluse) ben prima della chiusura dell’esercizio sociale 2021.
Per le ragioni esposte, immune da vizi deve ritenersi l’accertamento svolto dal Tribunale federale quanto alla violazione, da parte del Dott. A. A., del principio di competenza economica con riferimento all’art. 4, comma 1, C.G.S., anche con riguardo alla seconda manovra stipendi.
4. Ritenuta la responsabilità del dott. A. A. per entrambi i capi di incolpazione di cui alla sentenza impugnata, può essere apprezzata, in termini positivi, la richiesta subordinata della difesa del reclamante di riduzione della pena irrogata in primo grado.
Ricorrono, infatti, in concreto, alcune circostanze idonee a giustificare la concessione delle attenuanti di cui all’art.13, comma 3, C.G.S..
In primo luogo, il ricordato contesto storico durante il quale si sono verificati i fatti addebitati: nel 2020, in piena pandemia da Covid-19 e in un periodo di lock down totale e, nel 2021, con la ripresa della pandemia non ai livelli del precedente anno, ma, pur sempre con caratteristiche preoccupanti.
Si è quindi venuta a determinare una riduzione drastica dei ricavi, in costanza del mantenimento di costi elevati, che hanno indotto la Lega Calcio serie A e tutte le società sportive ad assumere provvedimenti relativamente alle retribuzioni dei calciatori.
Con questo, non vuol certo dirsi che la prima manovra stipendi e la seconda manovra stipendi possano essere giustificate, stanti le conclamate violazioni accertate e confermate con questa decisione, ma solo che esse non sono state adottate in un contesto ordinario per fare fronte ad esigenze di bilancio prevedibili (il che avrebbe potuto addirittura comportare una aggravante), ma in una situazione di crisi sistemica derivante in gran parte dalla emergenza sanitaria in atto.
Inoltre, va rilevato che, per quanto gravi e rilevanti siano state sul piano economico le due manovre, esse non hanno inciso sul piano del rispetto degli impegni finanziari della società, poiché le spese (anche i costi nuovamente generati prima della chiusura del bilancio per effetto degli accordi integrativi) risultano essere state sostenute dalla società in esecuzione degli accordi stipulati con i calciatori e con l’allenatore.
Infine, va valutato, sul piano sostanziale, che le violazioni del principio di competenza contabile, che hanno dato vita alle violazioni dell’art. 4, comma 1, C.G.S., hanno avuto una durata limitata nel tempo, con conseguente attenuazione di possibili pregiudizi per il mondo esterno.
Ed invero, l’aver inserito in bilancio, sia pure tra i fatti successivi al 30 giugno la stipula degli accordi integrativi, pur non essendo una pratica corretta e leale dal punto di vista della formazione e redazione del bilancio, ha comunque messo il terzo nelle condizioni di avere un quadro complessivo della situazione patrimoniale della società al momento della approvazione del bilancio (sebbene, lo si ripete, con costi che andavano per competenza riportati all’esercizio e non al post esercizio).
Pertanto, possono accordarsi al Dott. A. le attenuanti ex art. 13, comma 3, C.G.S. e la sanzione della inibizione può essere rideterminata in mesi 10, mentre quella pecuniaria in euro 40.000,00 di ammenda, sanzione che, in concreto, appare anche maggiormente equilibrata rispetto a quanto concordato dalle difese con la Procura federale nei patteggiamenti della società e degli altri dirigenti.
Non può invece accedersi alla richiesta di commutazione della inibizione in sanzione pecuniaria in ragione, comunque, della rilevanza economica del mancato e corretto inserimento dei costi di bilancio nel corso dell’esercizio.
P.Q.M.
Accoglie in parte il reclamo in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, irroga al sig. A. A. la sanzione dell’inibizione di mesi 10 (dieci) e dell’ammenda di € 40.000,00 (quarantamila/00).