Irrilevante che la donna avesse precedentemente conferito al figlio minore la procura generale al fine di amministrare il suo patrimonio. Per la Cassazione, la conflittualità tra i figli dell'amministrata era causa di forte stress per lei a tal punto da determinare il venir meno della rete di protezione familiare.
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Svolgimento del processo
Con ricorso del 2021 Giovanni Magnani proponeva reclamo avverso il decreto del giudice tutelare del Tribunale di Ragusa del 10.9.21, di rigetto dell’istanza di nomina di un amministratore di sostegno in favore di M.N., di 92 anni, madre del M..
Con provvedimento del 17.7.23, la Corte d’appello accoglieva il reclamo, disponendo l’apertura dell’amministrazione di sostegno di M.N., nominando quale amministratore, a tempo indeterminato, l’avv. V.M., osservando che: dalla relazione della c.t.u. espletata in secondo grado — le cui conclusioni erano condivisibili — era emerso che la N. aveva difficoltà nella deambulazione, presentando un deficit nella memoria semantica, parte della memoria dichiarativa episodica, che rendeva la stessa incapace di riferire in maniera dettagliata i suoi beni, immobili e mobili, nonché un’incapacità nel dare il giusto valore commerciale ai suoi beni immobili, sia attualmente posseduti, sia quelli venduti dal figlio Giovanni; la c.t.u. aveva accertato che l’amministrata era affetta da disturbo neuro-cognitivo lieve che limitava la sua capacità di autonomia gestionale del suo ingente patrimonio mobiliare, rendendola parzialmente incapace di provvedere alla cura dei propri interessi, rispetto ai quali mancava una reale consapevolezza, con la conseguente necessità di amministratore di sostegno esterno alla rete familiare, al fine di essere coadiuvata nelle predette cure, e di evitare lo stress, fisico e psichico, alla quale ella era stata sottoposta.
Al riguardo, la Corte territoriale ha altresì rilevato che: in precedenza, la N. aveva delegato la gestione del suo patrimonio mobiliare al marito, e dopo la morte di questo, ai due figli (prima uno e poi l’altro) tra i quali sussisteva una forte e radicata conflittualità che aveva determinato la mancanza di una rete di protezione in favore della madre, spontanea e nell’ottica di una reciproca fiducia, essendo dunque mancata ai figli una reale consapevolezza dei problemi della madre, e del suo esclusivo interesse; la misura era da limitare ai trattamenti sanitari, agli atti di straordinaria amministrazione e di gestione mobiliare.
M.N. e il figlio F.M. ricorrono in cassazione, con tre motivi, illustrati da memoria. G.M. resiste con controricorso, illustrato da memoria.
Motivi della decisione
Il primo motivo denunzia violazione dell’art. 404 c.c., per aver la Corte d’appello disposto l’amministrazione di sostegno di M.N., ritenendone sussistente il presupposto dell’incapacità della stessa di provvedere ai propri interessi, alla luce del conflitto endo-familiare emerso.
I ricorrenti lamentano, al riguardo, che la c.t.u. e l’esame dell’amministrata avevano riscontrato la piena capacità cognitiva di quest’ultima, non essendo sufficiente, ai fini della contestata nomina, individuare un mero deficit semantico quale fatto impeditivo della ricostruzione e ricognizione del suo patrimonio, senza peraltro tenere conto del fatto che la ricorrente non si era mai realmente occupata di tale compito, decidendo in piena autonomia di delegarlo al figlio F. con apposita procura generale conferita nel gennaio 2020 (prodotta nel fascicolo di primo grado, doc. 16), revocando quella al figlio G., come anche dichiarato dalla stessa N. al c.t.u., al quale aveva illustrato la sopravvenuta sfiducia in quest’ultimo e nella sua famiglia, mentre nessuna contestazione era mai stata mossa al figlio F., il quale aveva gestito la salute e il patrimonio della madre in maniera ineccepibile.
Pertanto, i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello aveva erroneamente ritenuto che il conflitto tra fratelli avesse determinato la mancanza di una rete familiare a tutela della madre.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 404 c.c., 2, 3, Cost., 1, 2, 7, 8, 21, 25, 26, Cedu, per aver la Corte d’appello disposto l’amministrazione di sostegno in contrasto con la volontà di M.N., in quanto pienamente capace d’intendere e di volere, e pertanto titolare del diritto all’autodeterminazione.
Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 720 bis, 739, c.p.c., 408 c.c., per aver la Corte territoriale disatteso l’indicazione della ricorrente sul nome dell’amministratore di sostegno, sebbene dalla stessa c.t.u. si evinceva l’insussistenza della conflittualità tra i fratelli, come causa dello stress della madre e della sua mancata tutela, e nonostante la volontà espressa da quest’ultima di voler essere coadiuvata dal figlio Francesco al quale aveva conferito la procura generale.
I primi due motivi, esaminabili congiuntamente poiché connessi, sono inammissibili.
I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello abbia disposto la misura in esame, esorbitando dal perimetro applicativo delineato dagli artt. 404, ss., c.c., perché — come anche emerso dalla c.t.u. — la N. non era incapace d’intendere e di volere, né soffriva di un disturbo cognitivo tale da compromettere l’effettiva capacità di poter gestire il suo patrimonio adeguatamente, come peraltro avvalorato dal fatto di aver designato il figlio F. quale suo procuratore generale, revocando la precedente procura al figlio maggiore G. (con il quale i rapporti si erano gravemente lacerati, come espressamente dichiarato dalla stessa ricorrente al c.t.u.).
La procedura di nomina dell’amministratore di sostegno presuppone – tra le varie ipotesi – anche una condizione attuale d'incapacità, il che esclude la legittimazione a richiedere l'amministrazione di sostegno della persona che si trovi nella piena capacità psico-fisica; ma l’istituto non esige che la persona versi in uno stato d'incapacità d'intendere o di volere, essendo sufficiente che sia priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi "infermità" o "menomazione fisica", anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi; in tale ipotesi, il giudice è tenuto a nominare un amministratore di sostegno, poiché la discrezionalità attribuitagli dall'art. 404 c.c. ha ad oggetto solo la scelta della misura più idonea e non anche la possibilità di non adottare alcuna misura, che comporterebbe la privazione, per il soggetto incapace, di ogni forma di protezione sua e dei suoi interessi (Si veda Cass., n. 12998/19; Cass., n. 13929/14).
In tema di amministrazione di sostegno da disabilità psichica, le caratteristiche dell'istituto impongono, in linea con le indicazioni provenienti dall'art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge sia compiuto in maniera specifica e focalizzata rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario ed anche rispetto all'incidenza di tali condizioni sulla capacità del medesimo di provvedere ai propri interessi, perimetrando i poteri gestori dell'amministratore in termini direttamente proporzionati ad entrambi i menzionati elementi, di guisa che la misura risulti specifica e funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti implicando un'ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona. In tale quadro, le dichiarazioni del beneficiario e la sua eventuale opposizione, soprattutto laddove la disabilità si palesi solo di tipo fisico, devono essere opportunamente considerate, così come il ricorso a possibili strumenti alternativi dallo stesso proposti, ove prospettati con sufficiente specificità e concretezza (Cass., n. 10483/22).
E’ stato altresì affermato che l'amministrazione di sostegno, ancorché non esiga che si versi in uno stato di vera e propria incapacità di intendere o di volere, nondimeno presuppone che la persona, per effetto di un'infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, mentre è escluso il ricorso all'istituto nei confronti di chi si trovi nella piena capacità di autodeterminarsi, pur in condizioni di menomazione fisica, in funzione di asserite esigenze di gestione patrimoniale. Ne consegue che, salvo che non sia provocata da una grava patologia psichica, tale da rendere l'interessato inconsapevole del bisogno di assistenza, la sua opposizione alla nomina costituisce espressione di autodeterminazione, che deve essere opportunamente considerata (Cass., n. 32542/22).
Nella specie, va osservato che non è censurabile il decreto impugnato nell’aver ravvisato i presupposti della nomina dell’amministrazione di sostegno. Invero, premesso che tale misura non esige, come detto, che il destinatario versi in uno stato d'incapacità d'intendere o di volere, essendo sufficiente che sia privo, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi "infermità" o "menomazione fisica", anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi, dalla c.t.u. non è emersa una compromissione delle facoltà cognitive della ricorrente, bensì un deficit della memoria semantica e di parte della memoria dichiarativa, che però rendono la stessa bisognosa di una qualche tutela, seppure con diretto riferimento all’ambito indicato nel provvedimento impugnato.
Pertanto, le doglianze in esame tendono al riesame dei fatti, risolvendosi in un’acritica censura delle conclusioni del c.t.u. e del suo apprezzamento da parte dei giudici di merito.
Il terzo motivo è parimenti inammissibile.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto che la conflittualità tra i due fratelli fosse stata la causa di un forte stress della madre, determinando il venir meno della rete di protezione familiare spontanea e disinteressata, che avrebbero invece dovuto realizzare per preservare lo stato di salute dell’anziana genitrice e garantirne adeguatamente il cospicuo patrimonio, mobiliare ed immobiliare.
A tale conclusione la Corte di merito è pervenuta, quantunque premettendo l’irrilevanza delle ragioni del suddetto conflitto tra i due fratelli, esprimendo di fatto una netta sfiducia nei loro confronti circa l’idoneità dei medesimi a svolgere le funzioni di amministratore di sostegno, adombrando implicitamente, ma chiaramente, che gli stessi potessero essere mossi, principalmente, da interessi personali, con il rischio di anteporli a quelli della madre, con un accertamento di fatto insindacabile in questa sede.
Invero, sul punto, la Corte territoriale ha evidenziato anche l’incapacità della ricorrente N. di dare il giusto valore commerciale ai suoi beni immobili, sia attualmente posseduti, sia quelli venduti dal figlio G..
Né può rilevare, a sostegno della critica di violazione dei criteri di nomina dell’amministratore di sostegno, il fatto che la ricorrente avesse conferito, nel 2020, al figlio minore, la procura generale al fine di amministrare il suo patrimonio.
Al riguardo, va premesso che, in tema di amministrazione di sostegno, la nomina dell'amministratore non è preclusa dalla circostanza che sia stato in precedenza nominato un rappresentante volontario, dovendo in tali casi il giudice valutare attentamente se sia preferibile, nell'interesse del beneficiario, assecondare comunque la sua precedente volontà, mantenendo ferma la scelta della persona cui egli ha affidato la cura dei propri interessi, oppure scegliere una persona diversa, avendo l'onere, in tale ultima ipotesi, di offrire una motivazione rafforzata inerente alle ragioni della diversa scelta (Cass., n. 3600/24).
Inoltre, in tema di amministrazione di sostegno, il diritto del beneficiario di essere informato e di esprimere la propria opinione - seppure da sottoporre a vaglio - costituisce uno spazio di libertà e di autodeterminazione incomprimibile, anche nei casi in cui ne venga fortemente limitata la capacità; ne consegue che il soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno deve potersi rivolgere al giudice tutelare anche in modo informale - ad esempio con posta elettronica non certificata - senza che sia necessario che tali comunicazioni costituiscano delle vere e proprie istanze, ma essendo sufficiente che le stesse esprimano il punto di vista dell'interessato, che il giudice tutelare è tenuto a valutare e a tenere in considerazione, nella ricerca di una soluzione che, anche nei casi di compromissione della capacità di agire del beneficiario, deve essere rivolta al benessere di quest'ultimo e non semplicemente alla migliore amministrazione dei suoi beni (Cass., n. 7414/24). È stato altresì rilevato che, ai fini della scelta dell'amministratore di sostegno, l'audizione del beneficiario, qualora non si trovi in uno stato di incapacità assoluta, è sempre necessaria, dovendosi tenere nella massima considerazione la sua volontà da disattendere solo in presenza di inequivoche e gravi circostanze, adeguatamente valutate nel provvedimento di nomina (Cass., n. 32219/23).
Nella specie, il motivo in esame non coglie la ratio decidendi, concretizzata nell’esigenza di realizzare un’idonea rete protettiva a favore dell’amministrata, che le varie condotte dei figli hanno impedito attraverso il conflitto insorto tra gli stessi, che aveva provocato un forte stress alla madre.
Invero, la Corte d’appello ha tenuto conto delle argomentazioni della ricorrente e della sua volontà di non essere sottoposta alla misura in questione, in ragione della procura conferita al figlio, pervenendo alla decisione contestata attraverso una valutazione complessiva delle varie situazioni di fatto e delle conclusioni del c.t.u., esprimendo una dettagliata ed adeguata motivazione che soddisfa l’onere della motivazione rafforzata, diretta a garantire il benessere della ricorrente, e non semplicemente la migliore amministrazione dei suoi beni.
Ne consegue che non è plausibile lamentare che la mancata nomina del figlio Francesco quale amministratore di sostegno di M.N. abbia costituito una violazione del diritto all’autodeterminazione della beneficiaria della misura circa la designazione di una persona di fiducia nella cura dei propri interessi, personali e patrimoniali.
La nomina di persona estranea alla famiglia non contrasta, dunque, con la ratio dell’art. 408 c.c., dato che il decreto impugnato ha motivato nel senso di apprestare la migliore tutela all’amministrata, sulla scorta di un accertamento di fatto insindacabile in questa sede. Nel procedimento relativo alla nomina dell'amministratore di sostegno, l'elenco delle persone indicate dall'art. 408 cod. civ. come quelle sulle quali dovrebbe ricadere, ove possibile, la scelta del giudice non contiene alcun criterio preferenziale in ordine di elencazione, perché ciò contrasterebbe con l'ampio margine di discrezionalità, riconosciuto dalla legge al giudice di merito, finalizzata esclusivamente alla cura degli interessi del beneficiario (Cass., n. 19596/2011).
In conclusione, va formulato il seguente principio di diritto:
“In tema di nomina dell’amministratore di sostegno, qualora sia accertato che sussista un conflitto endo-familiare che, in quanto fonte di stress e di disagi, non garantisca un’adeguata rete protettiva per il beneficiario, diretta a preservarne gli interessi personali e patrimoniali, trova fondamento la nomina, quale amministratore, di un estraneo al nucleo familiare il cui compito primario consisterà nella ricostituzione della necessaria rete protettiva, in funzione della migliore cura degli interessi del beneficiario”.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 3.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Dispone che ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.