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18 giugno 2024
La separazione tra due donne non interrompe il legame genitori-figli: la madre non biologica può adottare

Con una sentenza destinata a fare la storia, il Tribunale per i Minorenni di Trento apre le porte all'adozione ai sensi dell'art. 44, lett. d) L. n. 184/1983 da parte della madre non biologica di tre minori.

di La Redazione

La vicenda

Il ricorso in esame è proposto da una donna che chiede l'adozione ai sensi dell'art. 44, lett. d), L. n. 184/1983 dei tre minori nati attraverso la tecnica della procreazione medicalmente assistita dall'allora compagna, alla quale era stata legata sentimentalmente e con la quale si era unita civilmente.
In sintesi: spinta da un forte desiderio di genitorialità, la coppia decideva nel 2008 di intraprendere un percorso di PMA e nel 2010 nacque il primo figlio. Poco dopo, con la stessa tecnica, la compagna partoriva due gemelli e poi, allo scopo di dare una veste giuridica alla loro unione, la coppia decideva di unirsi civilmente presso il Comune, ai sensi della L. n. 76/2016.
Nonostante non fosse la madre biologica dei tre minori, la ricorrente era riconosciuta a tutti gli effetti come tale, non solo da parte dei minori stessi, ma anche da tutti i soggetti che si occupavano di loro a vario titolo, come insegnanti e pediatra.
Tuttavia, negli ultimi mesi la coppia giungeva alla decisione di interrompere la relazione sentimentale e da qui nasce la necessità di regolarizzare a livello giuridico i rapporti tra la madre non biologica e i tre minori e, di conseguenza, anche i rapporti con i genitori della ricorrente, riconosciuti come i propri nonni agli occhi dei piccoli.

Il quadro normativo e giurisprudenziale

Prima di dare risposta alle esigenze della ricorrente, il Tribunale per i Minorenni di Trento ricostruisce il quadro normativo e giurisprudenziale in materia, partendo dal referente normativo principale, cioè dalla Legge n. 184/1983 che riconosce all'art. 7 i casi “ordinari” di adozione e all'art. 44 quelli speciali.
Mentre l'adozione piena esclude le coppie formate da persone dello stesso sesso, oltre ai conviventi di fatto, l'adozione in casi particolari prevede invece che possa darsi seguito all'adozione anche in assenza delle condizioni di cui all'art. 7 e, per ciò che qui interessa, anche quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo (lett. d)).
In relazione a tale casistica, la giurisprudenza di merito ha mutato direzione, prevedendo che tale condizione possa dirsi esistente in tutte le ipotesi in cui sia impossibile adottare mediante adozione piena, cioè in tutti quei casi in cui, nonostante non vi sia uno stato di abbandono del minore, appaia comunque consigliabile procedere alla sua adozione per tutelarne al meglio i diritti.
Ebbene, proprio attraverso tale via si è giunti ad affermare che in presenza di minore concepito e cresciuto nell'ambito di una coppia same sex, sussiste il suo diritto ad essere adottato dalla madre non biologica proprio ai sensi della lett. d) dell'art. 44 L. n. 184/1983 e così il diritto ad assumere il secondo cognome, sussistendone l'interesse concreto a tal fine.
Nella stessa direzione si muove poi anche la giurisprudenza di legittimità: in particolare la Cassazione, con sentenza n. 12962/2016, ha stabilito che la lett. d) dell'art. 44 cit. può trovare applicazione anche laddove sussista l'interesse concreto del minore al riconoscimento del rapporto genitoriale di fatto instaurato con l'altra figura genitoriale, seppur dello stesso sesso.

L’indirizzo del Tribunale per i Minorenni di Trento

Il Tribunale per Minorenni di Trento ritiene che quanto sopra illustrato trovi conferma nella L. n. 76/2016, la quale anzitutto fornisce un substrato relazionale solido, certo e giuridicamente tutelato all'adozione in casi particolari nel momento in cui elegge le coppie same sex legate da vincoli affettivi al rango di “famiglia”, per poi fornire una clausola di salvaguardia racchiusa al comma 20 dell'art. 1 («Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti»). Secondo il TM, detta clausola farebbe salva anche l'interpretazione giurisprudenziale sviluppatasi nel tempo, risultando dunque evidente come con la Legge Cirinnà non si siano voluti creare dei limiti più rigidi all'interpretazione dell'adozione in casi particolari ma, al contrario, si intenda aprire alla possibilità di applicare detta disposizione alle unioni civili, naturalmente entro i limiti del diritto vigente.

A questo punto, laddove le indagini espletate ex lege diano esito positivo, laddove l'adozione risponda al preminente interesse del minore e laddove vi sia il consenso di tutti i soggetti interessati, che motivo c'è per negare la richiesta di adozione se non per ragioni connesse al prevalere di pregiudizi legati ad una concezione di “famiglia” ormai superata?

La decisione: via libera all’adozione da parte della madre non biologica

Come afferma il Tribunale, al pari delle coppie eterosessuali, anche i legami tra coppie dello stesso sesso possono giungere al capolinea, ma ciò non significa che cessino i rapporti tra genitori e figli, al pari del primo caso.
Allora, considerando che nel caso di specie sussistono tutti i requisiti per accogliere la richiesta della ricorrente, compreso il consenso della madre biologica dei minori e il parere favorevole del Pubblico Ministero, il Tribunale acconsente all'adozione in quanto essa risponde al fondamentale interesse della continuità affettiva per i minori interessati.
Del resto, come ha commentato il Presidente Relatore del Tribunale per i Minorenni di Trento, Giuseppe Spadaro:

ildiritto

«La Costituzione ci impone di tutelare i diritti dei soggetti deboli. È questa la stella polare che deve sempre orientare, ossia l'interesse del minore e i diritti dei minori sono prioritari».

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