Con una sentenza destinata a fare la storia, il Tribunale per i Minorenni di Trento apre le porte all'adozione ai sensi dell'art. 44, lett. d) L. n. 184/1983 da parte della madre non biologica di tre minori.
La vicenda
Il ricorso in esame è proposto da una donna che chiede l'adozione ai sensi dell'
In sintesi: spinta da un forte desiderio di genitorialità, la coppia decideva nel 2008 di intraprendere un percorso di PMA e nel 2010 nacque il primo figlio. Poco dopo, con la stessa tecnica, la compagna partoriva due gemelli e poi, allo scopo di dare una veste giuridica alla loro unione, la coppia decideva di unirsi civilmente presso il Comune, ai sensi della
Nonostante non fosse la madre biologica dei tre minori, la ricorrente era riconosciuta a tutti gli effetti come tale, non solo da parte dei minori stessi, ma anche da tutti i soggetti che si occupavano di loro a vario titolo, come insegnanti e pediatra.
Tuttavia, negli ultimi mesi la coppia giungeva alla decisione di interrompere la relazione sentimentale e da qui nasce la necessità di regolarizzare a livello giuridico i rapporti tra la madre non biologica e i tre minori e, di conseguenza, anche i rapporti con i genitori della ricorrente, riconosciuti come i propri nonni agli occhi dei piccoli.
Il quadro normativo e giurisprudenziale
Prima di dare risposta alle esigenze della ricorrente, il Tribunale per i Minorenni di Trento ricostruisce il quadro normativo e giurisprudenziale in materia, partendo dal referente normativo principale, cioè dalla
Mentre l'adozione piena esclude le coppie formate da persone dello stesso sesso, oltre ai conviventi di fatto, l'adozione in casi particolari prevede invece che possa darsi seguito all'adozione anche in assenza delle condizioni di cui all'art. 7 e, per ciò che qui interessa, anche quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo (lett. d)).
In relazione a tale casistica, la giurisprudenza di merito ha mutato direzione, prevedendo che tale condizione possa dirsi esistente in tutte le ipotesi in cui sia impossibile adottare mediante adozione piena, cioè in tutti quei casi in cui, nonostante non vi sia uno stato di abbandono del minore, appaia comunque consigliabile procedere alla sua adozione per tutelarne al meglio i diritti.
Ebbene, proprio attraverso tale via si è giunti ad affermare che in presenza di minore concepito e cresciuto nell'ambito di una coppia same sex, sussiste il suo diritto ad essere adottato dalla madre non biologica proprio ai sensi della lett. d) dell'
Nella stessa direzione si muove poi anche la giurisprudenza di legittimità: in particolare la Cassazione, con sentenza n. 12962/2016, ha stabilito che la lett. d) dell'art. 44 cit. può trovare applicazione anche laddove sussista l'interesse concreto del minore al riconoscimento del rapporto genitoriale di fatto instaurato con l'altra figura genitoriale, seppur dello stesso sesso.
L’indirizzo del Tribunale per i Minorenni di Trento
Il Tribunale per Minorenni di Trento ritiene che quanto sopra illustrato trovi conferma nella
A questo punto, laddove le indagini espletate ex lege diano esito positivo, laddove l'adozione risponda al preminente interesse del minore e laddove vi sia il consenso di tutti i soggetti interessati, che motivo c'è per negare la richiesta di adozione se non per ragioni connesse al prevalere di pregiudizi legati ad una concezione di “famiglia” ormai superata?
La decisione: via libera all’adozione da parte della madre non biologica
Come afferma il Tribunale, al pari delle coppie eterosessuali, anche i legami tra coppie dello stesso sesso possono giungere al capolinea, ma ciò non significa che cessino i rapporti tra genitori e figli, al pari del primo caso.
Allora, considerando che nel caso di specie sussistono tutti i requisiti per accogliere la richiesta della ricorrente, compreso il consenso della madre biologica dei minori e il parere favorevole del Pubblico Ministero, il Tribunale acconsente all'adozione in quanto essa risponde al fondamentale interesse della continuità affettiva per i minori interessati.
Del resto, come ha commentato il Presidente Relatore del Tribunale per i Minorenni di Trento, Giuseppe Spadaro:
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«La Costituzione ci impone di tutelare i diritti dei soggetti deboli. È questa la stella polare che deve sempre orientare, ossia l'interesse del minore e i diritti dei minori sono prioritari». |
Svolgimento del processo
La signora omissis è stata legata sentimentalmente dal omissis alla signora omissis, madre biologica dei minori in oggetto.
Nel 2008 la coppia, spinta da un forte desiderio di genitorialità, decise di intraprendere un percorso di procreazione medicalmente assistita, indirizzandosi ad una omissis, e in data 13.02.2010 la signora omissis dava alla luce il figlio omissis. Il omissis, con analoga modalità, da una seconda gravidanza portata a termine sempre dalla signora omissis, sono nati i figli omissis e omissis. La scelta di diventare madri è stata voluta e perseguita da entrambe – sia per la nascita del primogenito che per la nascita dei due gemelli – e ha coinvolto anche le rispettive famiglie.
In data omissis la coppia, per dare una veste giuridica alla loro unione, si unì civilmente presso il Comune di omissis (omissis) ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76 che ha introdotto tale legame familiare nel nostro ordinamento.
La famiglia omissis, da sempre ben integrata all’interno della comunità, fino ad agosto 2023 risiedeva a omissis in via omissis n. omissis. La signora omissis è riconosciuta da tutti come madre dei minori omissis, omissis e omissis e si è, omissis, sempre rapportata personalmente, al pari della madre biologica, con gli Istituti Scolastici frequentati dai figli, con il medico pediatra e in generale con tutti i soggetti che si occupano a vario titolo dei minori (a titolo esemplificativo: insegnanti, istruttori sportivi ecc.). Ella, tuttavia, a causa del mancato riconoscimento giuridico della propria posizione, subisce molte limitazioni dal punto di vista giuridico e amministrativo.
Anche la famiglia della signora omissis omissis, ed in particolare i suoi genitori omissis omissis e omissis omissis, sono stati da sempre coinvolti nella cura dei bambini ed essi li riconoscono come i propri nonni.
Negli ultimi mesi la coppia ha deciso di interrompere la relazione sentimentale e, a maggior ragione, appare necessaria, in primo luogo e soprattutto nell’interesse dei minori, regolarizzare a livello giuridico la situazione affettiva che lega l’istante ai tre minori. Dopo la separazione due dei tre figli, omissis e omissis, hanno spostato la residenza formale presso la casa della signora omissis (in omissis omissis, via omissis, omissis), pur abitando a settimane alterne presso la signora omissis; il terzo minore, omissis, è invece rimasto nella stessa casa di prima, insieme all’odierno istante, con cui condivide le molte attività sportive che pratica, ma mantiene rapporti costanti con l’altra madre e coi fratelli.
La signora omissis – che ha sempre provveduto ai bisogni economici, educativi e di cura dei tre minori, che la riconoscono pienamente come madre, e che ha sempre voluto, pur legalmente non tenuta, garantire ai minori, che considera suoi figli, tutto quanto è nelle sue disponibilità – richiede, come indicato in oggetto, la formalizzazione del riconoscimento dell’odierna ricorrente come genitore, ai sensi dell’art. 44 lett d) l. n. 184 del 1983.
Motivi della decisione
Nell’Ordinamento italiano, in linea con gli altri sistemi giuridici europei, il legame genitoriale può originare da un procedimento adottivo: il genitore diventa tale in assenza di legame biologico con il minore e a seguito di procedura giurisdizionale che sostituisce al vincolo biologico una attribuzione giuridica della responsabilità genitoriale. L’origine del progetto genitoriale non incide sullo stato giuridico dei figli che è sempre e comunque lo stesso (art. 315 c.c. come modificato dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219). Il referente normativo principale, in materia di adozione, è la legge 4 maggio 1983, n. 184 (“diritto del minore ad una famiglia”). La normativa in esame enuclea, in modo tipico e tassativo, i casi ex lege che consentono l’instaurazione giuridica (piuttosto che biologica) del legame genitoriale. In linea di principio, l’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare (art. 6, legge 184 del 1983). Condizione necessaria perché l’adozione possa essere pronunciata, è che l’età degli adottanti superi di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando. In ogni caso, l’adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità (art. 7, co. 1): sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.
La norma testé citata (art. 7) ha riguardo ai casi “ordinari” di adozione ed esclude, di norma, l’adozione da parte di coppie formate dallo stesso sesso, atteso che il procedimento adottivo è riservato ai coniugi e non è esteso agli uniti (come noto, l’unione civile è la formazione familiare composta da due persone dello stesso sesso: v. art. 1, legge 20 maggio 2016, n. 76). L’adozione non è consentita nemmeno alle persone che siano solo conviventi di fatto (al riguardo, v. art. 1, co. 36, legge 76/2016 cit.).
A fronte di casi ordinari, la normativa disciplina anche «casi particolari» di adozione, nell’ambito dell’art. 44 legge 184 del 1983. L’adozione nei casi ordinari è detta “piena” o “legittimante” poiché esplica effetti totalmente parificanti rispetto alla genitorialità biologica. Gli effetti dell’adozione “non piena” sono invece regolati dagli artt. 45 e ss. legge 184 del 1983.
L’adozione in casi particolari prevede che i minori possano essere adottati “anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7”: a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento, quando il minore sia orfano di padre e di madre; b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge; c) quando il minore si trovi nelle condizioni indiate dall’art. 3, co. 1 legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre; d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
Adozione piena e adozione in casi particolari rappresentano due diversi istituti giuridici, anche se, in concreto, gli Autori dibattono circa la persistente diversità effettiva, alla luce delle modifiche apportate al “sistema” dal d.lgs. n. 154 del 2013. L’adozione cd. legittimante, come visto, abilita l’adozione (nazionale o internazionale) di bambini in stato di abbandono, prevedendo una corsia preferenziale in favore delle persone con cui il minore abbia instaurato legami affettivi significativi e un rapporto stabile e duraturo (si tratta, in genere, della cd. Famiglia affidataria: v. art. 5-bis legge 173 del 2015). Per effetto dell’adozione ordinaria, la relazione tra minore e adottante è del tutto equiparata a quella sussistente tra genitore biologico e la propria prole.
L’adozione in casi particolari è ammessa, invece, in diversi casi specifici che concernono, per lo più, ipotesi in cui vi è già una relazione genitoriale di fatto tra un bimbo ed un adulto. La stessa è consentita anche ai singoli ed alle coppie non sposate. Si tratta dell’ipotesi di bambini già curati da parenti o conoscenti (lettera a) e dell’ipotesi di bambini che hanno instaurato una relazione filiale col nuovo coniuge del proprio genitore (lettera b) in questi casi non si tratta di trovare un genitore per un bambino abbandonato, ma di tutelare e coprire giuridicamente situazioni in cui un bambino ha già chi si occupa di lui, dove vi è già un “genitore di fatto” che è tuttavia privo di riconoscimento legale formale (sul “valore” dei legami genitoriali di fatto v. legge 173 del 2015 e Corte Cost. n. 225 del 2016). L’adozione in casi particolari è anche prevista per bambini orfani portatori di handicap (lettera c), per i quali, essendo l’adozione ammessa anche per i singoli e le coppie non sposate, viene così ampliata la platea degli aspiranti adottanti.
L’adozione in casi particolari è prevista anche quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo (art. 44, lett. d, legge 184 del 1983): si tratta della norma di riferimento per l’odierna decisione. In passato, infatti, la disposizione è stata interpretata dalla giurisprudenza in modo restrittivo, come applicabile comunque all’ipotesi del bambino “in stato di abbandono”. Si sosteneva, dunque, che la norma ampliasse il ventaglio di adottanti a fronte di minori in stati di abbandono, difficilmente adottabili e di fatto rimasti senza proposte adottive: come per il caso di bambini affetti da patologie psichiatriche o fisiche invalidanti. La giurisprudenza più recente ha mutato indirizzo e interpretato la norma in modo diverso: secondo il nuovo trend pretorile, la disposizione prevedendo che “vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo, fa riferimento (non solo a situazioni di impossibilità materiale di adottare bambini in stato di abbandono, ma anche) ad ogni altra ipotesi di impossibilità giuridica di adottare con adozione legittimante. Si tratta, cioè, di casi in cui non vi è stato di abbandono e dove, tuttavia, l’adozione appare comunque consigliabile per una migliore tutela dei diritti del minore. Su questa linea si sono ritenuti adottabili bambini non abbandonati che risultano affidati da anni ad una coppia o ad un singolo.
Si arriva così al tema oggetto della presente indagine: proprio attraverso il menzionato art. 44 lettera d), infatti, si è arrivati ad affermare che, nell’ipotesi di minore concepito e cresciuto nell’ambito di una coppia dello stesso sesso, «sussiste il diritto ad essere adottato dalla madre non biologica, secondo le disposizioni sulla adozione in casi particolari ex art. 44 lettera d) della legge 4 maggio 1983, n. 184 ed a prendere il doppio cognome, sussistendo, in ragione del rapporto genitoriale di fatto instauratosi fra il genitore sociale ed il minore, l’interesse concreto del minore al suo riconoscimento». In questi termini si è pronunciato originariamente il Tribunale per i Minorenni di Roma, con sentenza 30 luglio 2014 (est. Cavallo), inaugurando una presa di posizione ermeneutica confermata negli arresti successivi (Trib. Minorenni Roma, 22 ottobre 2015, est. Cavallo; Trib. Minorenni Roma, 23 dicembre 2015, est. Cavallo), anche nel secondo grado. In particolare, secondo il giudice d’appello romano, «nell’ipotesi di minore concepito e cresciuto nell’ambito di una coppia dello stesso sesso, sussiste il diritto ad essere adottato dalla madre non biologica, secondo le disposizioni sulla adozione in casi particolari ex art. 44, lett. d) della legge 4 maggio 1983, n. 184, sussistendo, in ragione del rapporto genitoriale di fatto instauratosi fra il genitore sociale ed il minore, l’interesse concreto del minore al suo riconoscimento; la sussistenza di tale rapporto genitoriale di fatto e del conseguente superiore interesse al riconoscimento della bigenitorialità devono essere operate in concreto sulla base delle risultanze delle indagini psico-sociali» (Corte App. Roma, 23 dicembre 2015, Pres. Montaldi, est. Pagliari); della stessa idea la Corte d’Appello di Torino che, riformando il primo grado, afferma «l’ipotesi di adozione in casi particolari ex art. 44 lett. D della legge 4 maggio 1983, n. 184 può trovare applicazione anche in caso di impossibilità giuridica di affidamento preadottivo per non essere il minore dichiarato in stato di abbandono sussistendo un genitore biologico che ne ha cura; la norma può pertanto trovare applicazione anche nel caso in cui sussista l’interesse concreto del minore al riconoscimento del rapporto genitoriale di fatto instauratosi con l’altra figura genitoriale sociale, seppure dello stesso sesso» (Corte App. Torino, Pres. Mecca, est. Lanza).
La questione dell’adozione coparentale è stata infine affrontata dalla Suprema Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi con riguardo all’impugnazione della pronuncia della Corte d’Appello romana del 23 dicembre 2015. Definendo il procedimento in senso conforme alla decisione impugnata, la Suprema Corte di Cassazione ha, in primis, affermato che in ipotesi di domanda di adozione in casi particolari da parte della compagna della madre biologica non sussiste alcun conflitto di interessi fra quest’ultima e la figlia e non vi è pertanto alcuna necessità di nominare un curatore speciale. Ha quindi osservato che l’ipotesi di adozione in casi particolari ex art. 44 lettera d) della legge 4 maggio 1983, n. 184 può trovare applicazione anche in caso di impossibilità giuridica di affidamento preadottivo per non essere il minore dichiarato in stato di abbandono sussistendo un genitore biologico che ne ha cura; la norma può pertanto trovare applicazione anche nel caso in cui sussista l’interesse concreto del minore al riconoscimento del rapporto genitoriale di fatto instauratosi con l’altra figura genitoriale sociale, seppure dello stesso sesso (Cass. Civ., sez. I, sentenza 26 maggio 2016, n. 12962, Pres. Della Palma, est. Acierno). In tempi recenti, l’indirizzo del tutto maggioritario in giurisprudenza è stato, infine, avallato dalla Corte di Appello di Milano, con la pronuncia 9 febbraio 2017.
Reputa questo Tribunale che l’indirizzo sin qui illustrato sia stato anche confermato dalla legge n. 76 del 2016. In primo luogo, la nuova normativa ha eletto le coppie formate da persone dello stesso sesso, ove sussistenti vincoli affettivi, al rango di “famiglia” (è inequivoco il riferimento, nella normativa, alla “vita familiare”, a tacer d’altro), così offrendo all’adozione in casi particolari un substrato relazionale solido, sicuro, giuridicamente tutelato. Soprattutto, come ben ha messo in evidenza la Corte di Appello di Milano nella decisione citata, la legge di nuovo conio ha confermato l’orientamento di Cassazione, con l’articolo 1, co. 20: “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”.
Ebbene, come hanno sottolineato i commentatori, questa norma nasce da un compromesso legislativo, reso necessario a seguito dello stralcio dell’articolo che prevedeva una modifica dell’art. 44 lettera b). Per effetto di detto stralcio, il Legislatore ha sentito il bisogno di aggiungere una locuzione che non può essere interpretata in nessun altro modo se non come clausola di salvaguardia, altrimenti non se ne comprenderebbe il senso, avendo già detto che l’equiparazione del termine coniuge all’unito civilmente vale per le leggi in vigore tranne che per la 184/83, ovvero l’espressione: «resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». Che resti fermo quanto previsto può apparire pleonastico ma è fatto salvo anche quanto consentito, evidentemente dalla interpretazione giurisprudenziale così come si è sviluppata nel tempo e come indicata da ultimo dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza 12962/16. È insomma evidente che dalla legge n. 76 del 2016 non emerge affatto una volontà del Legislatore di delimitare più rigidamente i confini interpretativi dell’adozione in casi particolari ma, semmai, emerge la volontà contraria, tanto è vero che, successivamente alla emanazione della legge, vi sono state altre pronunzie che, in casi analoghi a quello in esame, hanno accolto la domanda di adozione ex art. 44 lettera d).
Questa lettura è stata seguita anche in Dottrina ed è ritenuta corretta da questo Tribunale. La «clausola di salvaguardia» che chiude il co. 20 rende immune dall’eccezione alla clausola generale di equivalenza prevista per la legge sulle adozioni «quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». In questo modo, tale disposizione apre alla possibilità di un’applicazione alle unioni civili delle disposizioni in materia di adozioni, ma solo, per l’appunto, nei limiti del diritto vigente. Come ha efficacemente rilevato la Corte d’Appello di Milano, la clausola nasce dalla consapevolezza degli effetti che lo stralcio di cui si è detto avrebbe comportato al consolidato orientamento giurisprudenziale che riconosce alle coppie di persone dello stesso sesso la possibilità di ricorrere alla c.d. «adozione coparentale» (stepchild o secondparent adoption). Pertanto, allo stralcio dell’articolo 5 è seguita l’aggiunta della clausola in parola, proprio allo scopo di scongiurare che fosse «impedito agli omosessuali di continuare a fruire di un istituto già esistente». La sua funzione, dunque, è quella di chiarire all’interprete che la mancata previsione legislativa dell’accesso all’adozione coparentale non deve essere letta come un segnale di arresto o di contrarietà rispetto all’orientamento consolidatosi negli ultimi anni in giurisprudenza in favore dell’adozione coparentale ai sensi della lettera d).
In conclusione, è opportuno rammentare che l’interpretazione qui in esame risulta avallata non solo dalla Corte di Cassazione nella pronuncia n. 12962 del 2016, ma anche da Corte cost., 7 ottobre 1999, n. 383, secondo cui la ratio dell’effettiva realizzazione degli interessi del minore consente l’adozione per “constatata impossibilità di affidamento preadottivo” anche quando i minori “non sono stati o non possono essere formalmente dichiarati adottabili”.
Alla luce di quanto sin qui osservato, ove le indagini ex lege diano esito positivo, l’adozione risponda all’interesse del minore e vi sia il consenso di tutti i soggetti interessati «non si comprende come possano essere posti ostacoli alla richiesta di adozione se non per il prevalere di pregiudizi legati ad una concezione dei vincoli familiari non più rispondente alla ricchezza e complessità delle relazioni umane nell’epoca attuale. Del resto, proprio la interpretazione evolutiva della Corte EDU della nozione di vita familiare di cui all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, è giunta ad affermare che nell’ambito della vita familiare deve annoverarsi il rapporto fra persone dello stesso sesso, rapporto che non può quindi essere escluso dal diritto di famiglia con la conseguenza che non già le aspirazioni o i desideri degli adulti debbano avere necessariamente pari riconoscimento da parte dell’ordinamento, bensì i diritti dei bambini» (Corte App. Milano, cit.).
Tuttavia, così come le unioni tra persone eterosessuali anche quelle tra persone dello stesso sesso possono sciogliersi ma, come è noto, la cessazione di tale rapporto di coppia non comporta certamente l’interruzione del legame genitori – figli. Anzi, la ratio sottesa alla normativa interna in materia, avvalora ulteriormente l’assunto per il quale il concetto di famiglia, ut supra descritto, prescinde dal successo della relazione di coppia, ed è proprio in costanza della separazione coniugale che il Legislatore ha ritenuto necessario tutelare maggiormente il diritto alla bigenitorialità.
Orbene, nel caso di specie emerge inequivocabilmente che l’odierna istante, la signora omissis omissis, presenti tutti i requisiti che possano giustificare una risposta positiva alla sua richiesta. Ella ha intessuto negli anni e tuttora mantiene un legame profondo e significativo con i minori omissis, omissis e omissis omissis, che la reputano a tutti gli effetti loro madre e che ella segue e affianca al pari della loro madre biologica. Anche in seguito alla separazione fra le due donne non vi sono stati particolari cambiamenti in tal senso: i due figli minori, pur avendo spostato la residenza presso la nuova abitazione della signora omissis, abitano a settimane alterne presso la casa dell’odierna istante. Del pari il figlio maggiore, rimasto addirittura ad abitare con la signora omissis che lo segue nelle attività sportive che svolge a livello agonistico, trascorre tempo anche con l’altra madre e coi fratelli.
Nel complesso i figli non presentano particolari problematiche, come evidenziato in atti dalla relazione sociale del servizio politiche sociali provinciale dd. omissis e dalla relazione clinica del pediatra dd. omissis, salvo un lieve difetto di pronuncia del minore omissis e alcune fragilità, non necessariamente legate alla separazione del minore omissis, per il quale è stato attivato un percorso psicologico. Anche nell’affrontare le diverse problematiche dei figli le due donne hanno mostrato totale condivisione delle scelte e delle responsabilità, riuscendo a seguire al meglio i minori.
I figli si sono dimostrati pienamente consapevoli della separazione in atto, nonché dell’odierna richiesta di adozione, e volenterosi di essere adottati dalla signora omissis (v. verbale di udienza del omissis), cui si rivolgono come «mamma omissis » evidenziando una relazione genitoriale che, nei fatti, già è in essere.
La signora omissis è titolare di un negozio ove lavora la signora omissis, come sua dipendente, e ha sempre contribuito, oltre che sul piano affettivo ed educativo proprio della funzione genitoriale, anche economicamente alla crescita dei figli.
Rileva inoltre, come evidenziato da apposita relazione del Comando provinciale CC di omissis (omissis), l’assenza di precedenti penali in capo all’istante, oltre che l’assenza di controindicazioni note per allevare, educare ed istruire un minore.
Anche il Pubblico Ministero, sede, ha infine espresso, in dd. omissis, parere favorevole all’accoglimento della domanda al fine di salvaguardare la continuità affettiva ed educativa tra la ricorrente e i minori coinvolti.
Atteso quanto sopra, questo Giudice ritiene quindi di accogliere la richiesta di adozione ex art. 44 lettera d) dei minori omissis omissis, omissis omissis e omissis omissis avanzata dalla signora omissis omissis, considerato altresì che la richiesta è stata effettuata in accordo e con il pieno consenso della madre biologica dei minori, signora omissis omissis, legata sentimentalmente all’istante dal omissis al omissis e unita civilmente ad ella dal omissis. L’adozione, inoltre, formalizza la relazione che di fatto già esiste fra madre intenzionale e figli sin dalla loro nascita e risponde, pertanto, al fondamentale interesse alla continuità affettiva per i minori coinvolti in tale procedimento.
PER QUESTI MOTIVI
su conforme parere del Pubblico ministero;
visto l’art. 44, co. 1, lett. d) Legge 4 maggio 1983, n. 184
ACCOGLIE
l’istanza di adozione ex art. 44, lettera d) dei minori omissis omissis, nato a omissis (omissis) il omissis, a seguito di procreazione medicalmente assistita, omissis omissis, nata a omissis il omissis, a seguito di procreazione medicalmente assistita, omissis omissis, nato a omissis il omissis, a seguito di procreazione medicalmente assistita;
ORDINA
la comunicazione della presente sentenza per esteso alla Procura, alle Parti e, una volta divenuta irrevocabile, al comune di omissis.