
L'appellante è la madre intenzionale di due gemelli che chiede di non aggiungere il suo cognome a quello della madre biologica, ai sensi dell'art. 299, comma 1, c.c. costituzionalmente interpretato, poiché ciò è frutto dell'accordo con la compagna allo scopo di tutelare l'identità dei minori, i quali portavano solo un cognome già da 4 anni.
Il caso
L'appellante è la madre adottiva di due gemelli, nati attraverso procreazione medicalmente assistita all'estero sulla base di un progetto di vita familiare condiviso con la partner, con la quale aveva contratto unione civile. Non potendo riconoscere i gemelli al momento della nascita a causa della legislazione vigente, la donna provvedeva a chiederne l'adozione ai sensi dell'
Così ricostruita la vicenda, ciò che chiede la madre intenzionale è di non aggiungere il proprio cognome a quello già registrato, avendo preferito, di comune accordo con la madre partoriente, che i minori portassero solo il cognome di quest'ultima.
In tal senso viene allora richiesta la riforma della sentenza del Tribunale per i minorenni di Taranto, sostenendo anzitutto che debba essere assecondata la comune volontà della coppia, e poi che ciò risponde al preminente interesse dei minori alla conservazione della loro identità personale.
Considerazioni di carattere generale
La Corte d'Appello di Taranto espone anzitutto due considerazioni di carattere generale:
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Ciò posto, si osserva come le due donne, al momento della nascita dei gemelli, a prescindere dall'esito della richiesta di riconoscimento, avessero già deciso di attribuire ai medesimi il solo cognome della madre biologica, quindi non è irragionevole la richiesta dell'appellante di non aggiungere il suo cognome a quello già assunto dai gemelli, nel rispetto dell'accordo comune con la compagna e in vista della tutela dell'identità personale dei piccoli, che già da 4 anni portavano solo un cognome.
Accolta la richiesta della madre intenzionale
Ebbene, secondo la Corte d'Appello di Taranto una interpretazione costituzionalmente orientata dell'
Tale interpretazione è frutto dei riflessi della accennata sentenza n. 131/2022:
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Alla luce di ciò, anche nel caso in esame l'accordo delle donne deve essere rispettato, e quindi deve essere attribuito solo il cognome prescelto ai figli.
Tale scelta è coerente anche con l'
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 20.6.24, (omissis) ha proposto parziale appello avverso la sentenza n. XX, emessa dal Tribunale per i Minorenni di Taranto (proc. n. XX r.g.) in data 20.5.2024, che ha disposto l’adozione ai sensi dell’art. 44, lett. D) e segg. della L. n. 184 del 5.4.1983, da parte della medesima, dei minori gemelli (omissis), figli riconosciuti al momento della nascita da (omissis) (madre biologica dei medesimi, e persona unita civilmente alla (omissis)), prevedendo l’anteposizione del cognome (omissis) al cognome dei minori, portato sin dalla nascita per effetto del riconoscimento della (omissis).
La sentenza è stata impugnata nella parte in cui ha disposto, ai sensi dell’art. 299, comma 1, c.c., espressamente richiamato dall’art. 55 della L. n. 184/1983, la predetta anteposizione del cognome (omissis) al cognome (omissis), nonostante la volontà della (omissis), condivisa dalla (omissis), di non aggiungere né anteporre il proprio cognome a quello già registrato, preferendo, di comune accordo, che i minori portassero il solo cognome (omissis).
L’appellante ha chiesto in tal senso la riforma della sentenza, ossia che non venisse disposta l’aggiunta del cognome (omissis), sostenendo che la comune volontà della coppia unita civilmente dovesse essere assecondata, in quanto finalizzata a tutelare il diritto all’identità personale dei minori, attraverso l’attribuzione ed il mantenimento di quel solo cognome, che nel progetto di vita comune, individuava la loro famiglia sin dall’origine, e concludendo, pertanto, che il preminente interesse dei minori alla conservazione della loro identità personale, dovesse consentire una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 299 c.c., nelle ipotesi di adozione del minore, figlio naturale dell’altro componente dell’unione civile, nato da procreazione medica assistita all’estero, secondo un progetto di genitorialità condivisa.
L’appellante ha altresì chiesto, ove non ritenuta percorribile l’ipotesi di una interpretazione costituzionalmente orientata dall’art. 299 c.c., che venisse sollevata questione di illegittimità costituzionale dell’art. 299, comma 1, c.c., come richiamato dall’art. 55 della L. n. 184/1983, nella parte in cui preclude al minore adottato in casi particolari di mantenere un solo cognome, senza anteporre (o posporre) il cognome dell’adottante a quello proprio già portato, per violazione degli artt. 2, 3, 22, 30 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convezione Europea dei Diritti dell’Uomo e agli artt. 1, 5 e 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20.11.1989, ratificata e resa esecutiva con L. 27.5.1991, n. 176.
Con comparsa depositata in data 26.9.24, si è costituita la curatrice speciale dei minori, avv. I. T., la quale ha insistito nella conferma della sentenza impugnata, ribadendo che l’attribuzione dei cognomi di entrambi i genitori (quello della madre biologica e quello della madre adottiva) corrisponde in modo più adeguato alla tutela del preminente interesse dei minori alla loro identità personale, consistente nel diritto e nell’esigenza di essere riconosciuti in società, quali figli di entrambe le genitrici.
Anche il Sostituto Procuratore Generale ha concluso per il rigetto dell’appello.
Concesso un termine per note conclusive, all’udienza del 22.11.24 la causa è stata riservata per la decisione
Motivi della decisione
L’appello merita accoglimento.
Si premettono due considerazioni di carattere generale.
La prima è quella secondo cui non è stato possibile giuridicamente accogliere la richiesta di riconoscimento, al momento della nascita, dei minori anche da parte della (omissis) (come statuito con precedente provvedimento di questa corte), alla luce delle due sentenze di inammissibilità nn. 32 e 33 del 9 marzo 2021 della Corte Costituzionale, chiamate a verificare la costituzionalità delle norme nazionali che impediscono al partner del genitore biologico del minore, concepito all’estero con metodiche di procreazione assistita, di acquisirne la genitorialità legale sin dalla nascita, avendo la corte ritenuto che in tale materia, di grande complessità sistematica, dovesse cedersi il passo alla discrezionalità del legislatore, che, attualmente, non consente l’accesso alla p.m.a. da parte di coppie omosessuali. La necessità inderogabile, tuttavia, di apprestare tutela giuridica ai rapporti familiari sorti nell’ambito di progetti di genitorialità condivisa di coppie dello stesso sesso, ribadita dalle Corti Superiori (sent. CEDU del 21.12.1999; Salguerio da Silva Mouta c. Portogallo, sent. CEDU del 22.1.2008, E.B. c. Francia; decisione della Grande Camera – Corte dir. Uomo del 19.2.2013, X e altri c. Austria;) e dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. S.S.U.U n. 38162/2022; Cass. S.S.U.U. n. 12193/2019), può essere soddisfatta dal ricorso all’istituto dell’adozione in casi particolari, previsto dall’art. 44 della l. n. 184/1983, lett. , D), come avvenuto con la sentenza oggi impugnata, purché gli strumenti alternativi individuati dalla giurisprudenza assicurino ai minori, sotto il profilo del loro diritto al rispetto della vita privata di cui all’art. 8 della CEDU, una tutela comparabile a quella ordinariamente ricollegabile allo status filiationis, non ammettendosi una disparità di trattamento giuridico del minore, fondata sulla diversità delle tecniche di procreazione con le quali sono venuti al mondo, o fondata sull’orientamento sessuale dei genitori.
In tale contesto, si inserisce, in modo armonico, la recente riforma della filiazione, operata dalla l n. 219 del 2012 e dal d.l.vo n. 154 del 2013, che ha profondamente riformato l’intera materia con l’introduzione dello “status unico” di figlio, eliminando ogni discrimen tra figli naturali, figli matrimoniali e figli adottivi, attribuendo agli stessi, medesimi diritti ed equiparandoli da ogni punto di vista.
La seconda considerazione generale è quella secondo cui, prima con la sentenza n. 286/2016 e poi con la sentenza n. 131/2022, la Corte Costituzionale, attraverso la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 262 c.c., dell’art. 299, comma 3, c.c. e dell’art. 27 L. n. 184/1983, ossia delle norme che attribuiscono al figlio automaticamente il cognome del padre, segno di diseguaglianza tra i genitori, ha affermato la regola, secondo la quale il figlio assume il cognome di entrambi i genitori, e nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. In tal modo, è stata definitivamente affermata la parità delle parti, ossia dei due genitori, nella scelta del cognome, superandosi la concezione patriarcale della famiglia ed il principio di “irrilevanza ed invisibilità” della donna; ma, non solo, perché è stata colta l’occasione per evidenziare la attuale ratio delle norme sull’attribuzione del cognome al figlio, prendendosi atto che non si tratta più di tutelare la stirpe ed il patrimonio del padre, ma che il cognome ha una funzione identitaria della persona, perché collega l’individuo alla formazione sociale che lo accoglie tramite lo status filiationis, e che il cognome è espressione della sua “identità familiare”, e deve rispecchiare, nella sua individuazione, l’uguaglianza e la pari dignità dei genitori, la cui volontà (e quindi anche quella di identificare la famiglia ed i figli con uno solo dei cognomi, portati dai genitori) deve potersi liberamente esprimersi.
Non può non evidenziarsi che, nel caso in esame, i due gemelli al momento della nascita nel 2021 sono stati registrati con il cognome della (omissis), e che, sin da quel momento, entrambe le componenti della coppia unita civilmente, avevano richiesto, a prescindere dal suo esito (negativo per la (omissis)), che il riconoscimento dei figli da parte di entrambe avvenisse con l’attribuzione ai gemelli del solo cognome , volendo le medesime affidare a tale cognome l’identificazione della loro famiglia.
Pertanto, premesso che l’identità familiare del minore al momento della nascita è necessariamente una scelta dei genitori, entrambi esercenti la potestà genitoriale, non è irragionevole, a tutela dell’identità personale dei due gemelli (figli naturali della (omissis) e figli adottivi della (omissis)), la richiesta della appellante, condivisa dalla madre biologica, unita civilmente alla prima, effettuata nel procedimento di adozione, di non aggiungere al cognome già assunto dai gemelli (né anteponendolo, né posponendolo), quello della madre adottiva, ma di lasciare soltanto il cognome già attribuito quasi 4 anni prima dall’ufficiale di Stato Civile, perché ritenuto, da entrambe, maggiormente identificativo dell’identità familiare dei minori.
Considerato che non deve esserci, per quanto in premessa detto, alcuna disparità di trattamento tra minori, e che i minori e hanno diritto ad avere la medesima tutela del proprio diritto all’identità personale e familiare, così come i figli nati nel matrimonio, i figli naturali riconosciuti (anche non contestualmente) da entrambi i genitori e nati fuori dal matrimonio, i figli adottati da due persone di sesso diverso e che siano unite in matrimonio, i figli adottati dal coniuge del genitore naturale (fattispecie prevista dall’art. 44, lett. b) della l. n. 184/1983), è ragionevole, allora, interpretare costituzionalmente l’art. 299 c.c., in modo da consentire alla (omissis), in presenza dell’accordo dell’altro genitore (omissis) di non aggiungere, né posporre il proprio cognome a quello già portato dai gemelli, essendo il cognome (omissis) quello in cui la famiglia, composta dalla coppia omogenitoriale, unita anche civilmente (e quindi tendenzialmente più stabile, in quando dotata di un proprio status di diritti e doveri reciproci), ha deciso di identificarsi.
Proprio la recente ed importante revisione costituzionale degli artt. 262 c.c., 299, c.c. e 27, comma 1, della L. n. 184/1983, avvenuta ad opera delle sentenze della Corte Costituzionale n. 286 del 2016 e n. 131 del 2022, che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che imponevano la automatica attribuzione al figlio del cognome paterno, ha riconosciuto pari rilievo ad entrambe le figure genitoriali nel processo di costruzione dell’identità personale dei figli (che nel cognome trova il suo primo riscontro), affermando il diritto del figlio ad essere identificato sin dalla nascita, attraverso l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori, nell’ordine dagli stessi indicato, oppure attraverso l’attribuzione di un solo cognome, scelto dai genitori.
Per effetto della richiamata sentenza n. 131/2022 della Corte Costituzionale, che, in particolare, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 27, comma 1, della L. n. 183/1984, nella parte in cui prevede che l’adottato assume il cognome degli adottanti, anziché prevedere che l’adottato assume i cognomi degli adottanti, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto, il minore adottato da due coniugi nella forma della adozione legittimante (artt. 6 e segg L. n. 184/1983) gode della tutela oggi richiesta per i minori.
Per effetto poi della medesima sentenza n. 131/2022 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 299, comma 3, nella parte in cui prevede che l’adottato assume il cognome del marito, anziché prevedere che l’adottato assume i cognomi degli adottanti, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto, il minore adottato da due coniugi nella forma della adozione in casi particolari, di cui all’art. 44 L. n. 184/1983, gode della tutela oggi richiesta per i minori (omissis).
Proprio per il richiamato divieto di discriminazione dei minori, che devono godere, in quanto figli, del medesimo trattamento, non vi è ragione di distinguere tra le varie forme di adozione; ne consegue che la pronuncia della citata sentenza n. 131/2022 ha portata espansiva e consente di interpretare costituzionalmente l’art. 299 c.c. e di applicarlo anche all’adozione ex art. 44, richiesta dal genitore intenzionale nei confronti del figlio naturale del genitore biologico, equiparandosi questa coppia peraltro unita civilmente – ed al fine di non creare discriminazione nei confronti del minore - a quella dei coniugi, cui fa riferimento l’art. 299 comma 3 c.c. nelle ipotesi di adozione in casi particolari, nonché a quella dei coniugi, cui fa riferimento l’art. 27 della L. n. 184/1983 nelle ipotesi di adozione legittimante, ricorrendo in entrambe le fattispecie la medesima esigenza di tutelare l’identità personale e familiare dei figli, ritenendosi, così che anche in tale ipotesi l’accordo dei genitori possa consentire l’attribuzione di quell’unico cognome, dagli stessi individuato che rappresentativo della famiglia formata.
E’ vero che all’adozione del minore in casi particolari prevista dall’art. 44 L. n. 184/1983 si applica, in quanto espressamente richiamato dall’art. 55, l’art. 299 c.c., disposizione il cui fondamento va ricercato nella finalità e nella ratio complessiva dell’adozione in casi particolari, istituto che il legislatore, nella sua discrezionalità, ha voluto differenziare dalla adozione legittimante, salvaguardando appunto l’esigenza di non recidere il legame del minore col proprio passato e con la propria famiglia di origine. Ma tale esigenza non sussiste affatto nella fattispecie come quella in esame (stepchild adoption), nella quale non vi sono precedenti rapporti familiari da tutelare. I due gemelli sono stati partoriti dalla (omissis), all’esito di un percorso di procreazione assistita, condiviso dalla , e cresciuti ed accuditi dalla coppia sin dal primo giorno di vita, nell’ambito di un progetto di bigenitorialità condivisa.
E’, quindi, ragionevole interpretare ed applicare l’art. 299 c.c. in senso evolutivo e soprattutto rispondente ai principi del best interest del minore, costituiti dal divieto assoluto di discriminazione dei minori (sul piano del loro diritto all’identità personale) e dal rispetto dello status unico di figlio, riconosciuto dal legislatore nazionale, e consentire alla appellante (genitore adottivo e legale rappresentante dei minori), in accordo con l’altro genitore naturale e legale rappresentante degli stessi), di non aggiungere il secondo cognome della al cognome della (omissis), già portato dai minori dal momento della loro nascita.
Tale soluzione si giustifica in forza di una interpretazione costituzionalmente evoluta dell’art. 299 c.c., ravvisandosi piuttosto la medesima esigenza di tutela che ricorre nelle ipotesi di figli nati nel matrimonio (art. 262 c.c.), o di figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori (art. 262 c.c.), o di figli adottati da persone unite in matrimonio (art. 27 L. n. 184/1983 e art. 299,comma 3, c.c.), ossia l’esigenza di salvaguardare l’identità personale del figlio minore, necessariamente attribuita dalla formazione sociale che lo accoglie tramite lo status filiationis, dando rilevanza giuridica all’accordo dei due genitori; tale esigenza è meritevole della medesima tutela, anche se si nasce con tecniche non ammesse dallo Stato, e se si cresce in una formazione sociale, quale quella della coppia omoaffettiva, avendo diritto i minori alla medesima tutela riconosciuta agli altri figli.
Gli interventi della Corte Costituzionale sull’art. 299 c.c. e sull’art. 27 della L. n. 184/1983 hanno evidenziato che l’accordo dei coniugi è idoneo ad evitare l’attribuzione automatica al figlio adottivo del cognome del padre; deve, pertanto, consentirsi l’attribuzione di un solo cognome, anche nelle ipotesi di adozione in casi particolari, da parte del genitore intenzionale, partner del genitore biologico, quando vi sia accordo in tal senso da parte dei genitori. Negarlo equivarrebbe a trattare giuridicamente in modo diverso i figli adottivi della (omissis), rispetto agli altri figli adottivi.
Risulta conclusivamente sostenibile, poiché giustificata dalla volontà di tutelare l’identità familiare del nucleo, la libera scelta della coppia, manifestata, peraltro in modo coerente, sin dalla nascita dei gemelli.
E’ opportuno segnalare che nella concreta fattispecie in esame, lo stato di filiazione, rispetto ai due gemelli, non è stato riconosciuto, per le ragioni già evidenziate (dovute all’attuale assetto della legislazione nazionale), nello stesso momento, essendo avvenuto prima il riconoscimento della filiazione naturale in capo alla (omissis) ed oltre tre anni dopo quella della filiazione adottiva, in capo alla (omissis), ma tanto non deve comportare un trattamento dei minori deteriore rispetto a quello degli altri figli e deve darsi, pertanto, rilevanza giuridica all’accordo dei due genitori già esistente nel 2021, di attribuire ai gemelli un unico cognome, quello della (omissis), identificativo del nucleo familiare, a nulla rilevando che il rapporto di filiazione con la (omissis) sia stato riconosciuto giuridicamente in un momento successivo.
Infine, si evidenzia che anche prima dell’intervento della Corte Costituzionale sull’art. 299 c.c. e sull’art. 27 L. n. 184/1983, la giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Minorenni Genova, sent. 13.6.2009; Corte di Appello Napoli, sent. 4.7.2018, n. 145) aveva consentito, nelle ipotesi di coppia omoaffettiva, a colui (o colei) che adottava il figlio naturale del proprio partner, di posporre, anziché di anteporre, il proprio cognome a quello già portato dell’adottato, sulla base dell’accordo espresso con il genitore naturale, sempre alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 299 c.c. che tenga conto della funzione identitaria del cognome.
Le medesime ragioni consentono, nella fattispecie in esame, di non aggiungere il cognome dell’adottante, se tale scelta è frutto dell’accordo dei genitori che hanno formato la famiglia e che ha fondamento nella volontà di contraddistinguere sè stesse ed i figli con il cognome che identifica il nucleo.
Infine, per completezza, si richiama l’art. 1, comma 20, della l. n. 76/2016 sulle unioni civili, secondo il quale “Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti ed il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, o negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”.
In forza di tale disposizione, secondo condivisibile orientamento dottrinale, la possibilità di ricorrere alla adozione in casi particolare di cui all’art. 44 L. n. 184/1983, da parte del genitore intenzionale, ormai riconosciuta dalla giurisprudenza nazionale ed avallata da quella sovranazionale, dovrebbe pertanto consentire l’applicazione diretta dell’art. 299, comma 3, c.c., equiparandosi la condizione di “coniugi” a “quella di persone unite civilmente”, e tanto che ad adottare siano entrambi i componenti della unione civile, tanto che ad adottare sia uno solo di essi.
Anche a non voler sostenere tale prospettazione, in quanto l’inciso richiamato “Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti” appare di non univoca interpretazione nel complessivo comma 20 del citato art. 1 della legge n. 76/2016, comunque una lettura costituzionale dell’art. 299 c.c., nei termini già esposti, impone l’accoglimento dell’appello.
Sussistono giuste ragioni, attesa la novità delle questioni affrontate, per compensare le spese processuali.
P.Q.M.
ACCOGLIE l’appello proposto da avverso la sentenza n. XX/2024 del Tribunale per i Minorenni di Taranto, in contraddittorio con l’avv. T. I., curatore speciale dei minori, e, per l’effetto:
DISPONE, in parziale riforma della sentenza impugnata, che i minori (omissis), nati a Taranto il (omissis), di cui si è pronunciata l’adozione da parte di (omissis), non assumeranno il cognome (omissis)
Spese di lite compensate.
MANDA La Cancelleria per la comunicazione alle parti e per gli adempimenti previsti dall’art. 314 c.c.
ORDINA la trasmissione di copia della sentenza al giudice tutelare ed all’Ufficiale di Stato Civile, per quanto di rispettiva competenza.