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Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1.1 Su ricorso depositato da ... di ... S.r.l. il Tribunale di Perugia con decreto n. 691/2021, datato 19.4.2021, depositato in data 19.4.2021, ha ingiunto a ... S.r.l. , già Piadina for you S.r.l., di pagare l'importo di euro 7.415,52 oltre interessi di mora ex D.Lgs 231/2002 ed ex art. 62 del DL 24/01/12 convertito in L. 27/2012 maturati e maturandi dalla scadenza al saldo effettivo e spese della procedura monitoria.
La società ricorrente ha richiesto ed ottenuto il suddetto decreto ingiuntivo opposto in ragione del mancato pagamento di forniture di farina come documentate nelle fatture n.ri 741/FFI del 31/05/2018, 938/FFI del 30/06/2018, 1100/FFI del 31/07/2018, 1414/FFI del 30/09/2018, 1609/FFI del 31/10/2018, 1783/FFI del 30/11/2018, 1933/FFI del 28/12/2018, 107/FFI del 31/01/2019 allegate al fascicolo della fase monitoria e rimaste insolute. 1.2 A seguito della notificazione del suindicato decreto ingiuntivo avvenuta in data 20.4.2021 ... S.r.l. ha proposto opposizione con atto notificato in data 28.5.2021, iscrivendo tempestivamente la causa a ruolo in data 1.6.2021 e deducendo che la qualità della farina oggetto di forniture periodiche tra le parti era peggiorata nel corso degli anni tanto che in data 16.2.2019 aveva contestato mediante pec inviata alla società opposta che gli impasti realizzati con la farina oggetto di fornitura fossero di scara consistenza e che con il calore le piadine si rompevano. La società opposta da parte sua aveva provveduto al ritiro di 25 sacchi di farina sostituendolo con altro prodotto che aveva, tuttavia, presentato gli stessi inconvenienti costringendo l'opponente a rivolgersi ad altri fornitori. L'opponente, inoltre, aveva inviato ulteriori contestazioni sulla qualità del prodotto fornito datate 18.5.2019 e 15.1.2020 che erano rimaste senza alcun riscontro da parte della società opposta e pertanto chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni “………….. Nel merito: “... e revocarsi il decreto ingiuntivo n. 691/2021 emesso dal ... di ..., atteso il grave inadempimento dell'opposta ed il danno subito dalla società ... srl.
Con rifusione di spese, diritti ed onorari”.
In via subordinata: “... denegata ipotesi in cui venisse provato un eventuale credito della società ... srl, ridursi secondo giustizia ed equità il dovuto, anche alla luce dei difetti e vizi del prodotto fornito”.
In via riconvenzionale: “... e dichiarato che ... srl ha subito un danno commerciale ed all'immagine a causa del grave inadempimento di ... di ... srl, chiede condannarsi la stessa al risarcimento a favore dell'opponente della somma di € 5.000,00 - o quella diversa somma che dovesse risultare di giustizia.
Con rifusione di spese, diritti ed onorari”. .
1.3. La convenuta opposta si è costituita in data 19.11.2021 depositando e scambiando comparsa di costituzione e risposta, contestando le allegazioni e le domande di parte opponente ed eccependo, preliminarmente, la decadenza e la prescrizione ex art. 1495 c.c., non avendo la società opponente denunciato i pretesi vizi della merce entro 8 giorni dalla consegna ed essendo comunque decorso il termine prescrizionale annuale. L'opposta rappresentava come nel corso del rapporto contrattuale non avesse mai ricevuto alcuna contestazione circa la qualità della fornitura di farina se non dopo aver richiesto il pagamento del corrispettivo. Nel merito contestava la sussistenza dei vizi genericamente allegati in sede di opposizione chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni “……….. a) in via preliminare concedere la provvisoria esecuzione dell'opposto decreto non essendo l'opposizione fondata su prova scritta; b) nel merito per la causali tutte esposte rigettare la spiegata opposizione in quanto infondata in fatto ed in diritto e, per l'effetto, confermare il decreto ingiuntivo 691/2021 R.G. n. 1947/2021 emesso su istanza della società ... di ...... dal ... di ... in data 20/04/2021 e notificato in data 20/04/2021; ricevuto la diffida di pagamento 1.4. A seguito dell'udienza per la prima comparizione delle parti ex art. 183 c.p.c. tenutasi in modalità cartolare in data 10.2.2021 veniva concessa la provvisoria esecutorietà del decreto opposto nonché i termini perentori previsti dall'art. 183, 6° comma, c.p.c 1.5 La causa veniva quindi istruita documentalmente e con le prove orali richieste da parte opponente e parzialmente ammesse con provvedimento assunto all'udienza del 16.12.2022 ,in parziale riforma del provvedimento di ammissione reso all'udienza del 8.7.2022. All'esito della istruttoria orale la causa veniva rinviata all'odierna udienza per la precisazione delle conclusioni e la discussione orale della causa ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. con termine per note fino a 30 giorni prima.
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In via preliminare si osserva che per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, il Giudice, nel motivare concisamente la sentenza secondo i dettami di cui all'art. 118 disp. Att., non è affatto tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, ben potendosi egli limitare alla sola trattazione delle questioni - di fatto e di diritto - "rilevanti ai fini della decisione" concretamente adottata, di modo che le restanti questioni non trattate non andranno necessariamente ritenute come "omesse" ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante. Difatti, si richiama sul punto il principio e enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, in base a cui "la conformità della sentenza al modello di cui all'art. 132 n. 4 c.p.c., e l'osservanza degli art.115 e 116, c.p.c., non richiedono che il giudice di merito dia conto dell'esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo seguito" (Cassazione civile , sez. III, 27 luglio 2006, n. 17145).
Inoltre, sempre in via preliminare, vengono in questa sede integralmente richiamate le ordinanze istruttorie rese in corso di causa e, quindi, vengono rigettate tutte le istanze istruttorie riproposte dalle parti in sede di precisazione delle conclusioni.
In generale, si deve premettere che, per giurisprudenza consolidata, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non è limitato alla verifica delle condizioni di ammissibilità e validità del decreto, ma si estende anche all'accertamento dei fatti costitutivi, modificativi ed estintivi del diritto in contestazione, con riferimento alla situazione esistente al momento della sentenza (cfr. Cassazione civile, sez. I, 22 maggio 2008, n. 1308) per cui la conferma o meno del decreto ingiuntivo è collegata nel giudizio di opposizione non tanto ad un giudizio di legalità e di controllo riferito esclusivamente al momento della sua emanazione, quanto piuttosto ad un giudizio di piena cognizione in ordine all'esistenza e alla validità del credito posto a base della domanda di ingiunzione (cfr. Cassazione civile, sez. I, 17 giugno 1999, n. 5984). In quest'ottica, non rileva se il credito vantato dall'odierna opposta con il ricorso per decreto ingiuntivo era “fondato su prova scritta”, se era “certo, liquido ed esigibile” al momento dell'emissione del decreto ingiuntivo ma se tale credito è effettivamente sussistente o meno.
Sul punto si richiama una recente pronuncia della Corte di Cassazione che ha affermato: “... indirizzi ermeneutici consolidati nella giurisprudenza di nomofilachia (da ultimo, Cass. 16/05/2019, n. 13240), l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall'opposto, che assume la posizione sostanziale di attore, mentre l'opponente, il quale assume la posizione sostanziale di convenuto, ha l'onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l'esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto (Cass. 03/02/2006, n. 2421). La prova del fatto costitutivo del credito, pertanto, spetta al creditore opposto ( 19/10/2015, n. 21101) il quale, peraltro, può avvalersi di tutti gli ordinari mezzi previsti dalla legge (Cass. 11/03/2011, n. 5915; Cass. 03/03/2009, n. 5071)” (v. in motivazione Cassazione civile, ... III, ordinanza n. 20597/2022).
Si deve, inoltre, ricordare che in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore - nella specie l'opposta, attore in senso sostanziale che agisca per l'adempimento della stessa deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre è il debitore ad essere gravato dell'onere della prova dei fatti estintivi, impeditivi o modificativi del credito, di tal che le difese con le quali l'opponente miri ad evidenziare l'inesistenza, l'invalidità o comunque la non azionabilità del credito vantato "ex adverso" non si collocano sul versante della domanda - che resta quella prospettata dal creditore nel ricorso per ingiunzione - ma configurano altrettante eccezioni (per tutte, Cassazione civile, sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533).
Colui che agisce in giudizio per ottenere il pagamento di una somma di denaro, deve, pertanto, dare la prova del fatto costitutivo dell'asserito credito, contestato dal convenuto mentre il convenuto (nella specie l'opponente, convenuto in senso sostanziale rispetto alla avversa domanda monitoria: cfr. per tutte da ultimo Sez. 3, Sentenza n. 8423 del 11/04/2006) ha invece, com'è noto l'onere della contestazione specifica dei fatti costitutivi della domanda attorea (cfr. da ultimo Cass. N. 15107/2004; 6666/2004; Cass. N. 9285/2003).
Egli non può quindi limitarsi ad una generica contestazione dei medesimi ed in particolare dei conteggi allegati dall'opposto (attore in senso sostanziale) alla quantificazione del diritto (cfr. SU. Cass. sentenza n. 761 del 23 gennaio 2002; Sez. L, Sentenza n. 9285 del 2003). La “non contestazione” - cui è processualmente equiparabile la contestazione generica ha quindi valenza processuale di “comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, in quanto l'atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall'ambito degli accertamenti richiesti” (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7074 del 28/03/2006; Sez. 3, Sentenza n. 10031 del 25/05/2004).
Ciò premesso, la domanda proposta dall'odierna opposta ... di ... S.r.l. con l'originario ricorso per decreto ingiuntivo è volta ad ottenere il pagamento del saldo del corrispettivo per forniture di farina effettuate a favore dell'opponente per le quali sono state emesse le fatture ed i relativi ddt allegati al fascicolo della fase monitoria (doc. da 1 a 8 del fascicolo della fase monitoria).
La società opponente non ha contestato di aver ordinato le forniture di farina oggetto di causa né di non averle ricevute ma ha dedotto che la qualità della farina fornita era peggiorata nel corso del tempo rivelandosi inidonea agli usi cui era destinata. In ordine a dette contestazioni la società opposta ha eccepito, preliminarmente, la decadenza prevista dall'art. 1495, 1° comma c.c. non avendo ricevuto dall'opponente alcuna specifica denuncia nel termine ivi previsto.
In effetti l'azione d'inadempimento del contratto di compravendita non è regolata dalla disciplina generale degli artt. 1453 e ss c.c. ma dalle norme speciali di cui agli artt. 1492 e ss c.c. che prevedono specifiche limitazioni rispetto alla normativa generale, ed in particolare l'onere di denuncia dei vizi nel termine di otto giorni dalla scoperta, che condiziona sia l'esercizio dell'azione di risoluzione e dell'azione di riduzione del prezzo previste dall'art. 1492 c.c. sia quella di risarcimento del danno di cui all'art. 1494 c.c.. A detto riguardo le ... della Corte di Cassazione hanno ribadito che “….. la disciplina del riparto dell'onere della prova tra venditore e compratore, nelle azioni edilizie, non può ritenersi compresa nell'ambito applicativo dei principi fissati dalla sentenza Cass. n. 13533/01 in materia di prova dell'inesatto adempimento delle obbligazioni nelle ordinarie azioni contrattuali di adempimento, di risoluzione e di risarcimento del danno. I principi fissati nella sentenza n. 13533/01 discendono dalla presunzione di persistenza del diritto, desumibile dall'art. 2697, in virtù della quale - una volta che il creditore abbia dimostrato l'esistenza di un diritto, provandone il titolo (contrattuale o legale) e la scadenza del termine di esigibilità
- grava sul debitore l'onere di dimostrare l'esistenza del fatto estintivo costituito dall'adempimento; principi che le ... hanno ritenuto operanti sia nel caso in cui il creditore agisca per l'adempimento, sia nel caso in cui, sul comune presupposto dell'inadempimento della controparte, egli agisca per il risarcimento del danno o per la risoluzione per inadempimento o per inesatto adempimento. E' dunque evidente come tali principi non possano essere riferiti alle azioni edilizie; la presunzione di permanenza del diritto è specularmente declinabile come presunzione di permanenza dell'obbligazione, ma, come si è chiarito nel p. 19, la disciplina della compravendita non pone a carico del venditore nessun obbligo di prestazione relativo alla immunità della cosa da vizi la questione del riparto dell'onere della prova tra venditore e compratore, nelle azioni edilizie, si presenta di agevole soluzione, alla stregua del principio, fissato nell'art. 2967 c.c., che chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento; il diritto alla risoluzione o alla modificazione (quanto al prezzo) del contratto di compravendita, che vuoi far valere il compratore che esperisca le azioni di cui all'art. 1492 c.c. per essere garantito dal venditore per i vizi della cosa venduta - vale a dire, per l'imperfetta attuazione del risultato traslativo, anche in assenza di colpa del venditore - si fonda sul fatto della esistenza dei vizi; la prova di tale esistenza grava, pertanto, sul compratore.
Può aggiungersi che la conclusione che precede risulta idonea a soddisfare anche le esigenze di carattere pratico - espresse dal principio di vicinanza della prova e dal tradizionale canone negativa non sunt probanda - che queste ... hanno indicato, nella sentenza n. 13533/01, a sostegno della opzione ermeneutica che pone sull'obbligato l'onere di provare di avere (esattamente) adempiuto non solo quando il creditore chieda l'adempimento, ma anche quando il creditore chieda la risoluzione del contratto o il risarcimento del danno” ( Cass. 11748/2019). Più di recente la Corte di Cassazione ha ulteriormente precisato che “In materia di vendita, il compratore è gravato dell'onere di provare il vizio della cosa venduta. L'esistenza del vizio, infatti, è il fatto costitutivo del diritto alla risoluzione o alla modificazione (quanto al prezzo) del contratto di compravendita, e, allo stesso tempo, è il fatto la cui prova è più vicina al compratore. È proprio il compratore, infatti, dopo che la cosa venduta gli è stata consegnata dal venditore, ad averne la disponibilità, necessaria per lo svolgimento degli esami funzionali all'accertamento del vizio lamentato. In definitiva, in tali evenienze è il compratore che eccepisca l'esistenza di vizi della cosa compravenduta ad essere gravato dell'onere di dimostrare gli stessi vizi, non potendo ritenersi che il venditore sia onerato della prova di aver consegnato un bene immune da vizi” ( Cass. 28224/2023).
Atteso che l'onere della prova relativo alla osservanza del termine, posto a carico dell'acquirente quale condizione dell'azione comporta anche una prova specifica sulla non riconoscibilità del vizio e sulla data della scoperta per verificare la tempestività della denunzia ( Cass. 12130/2008; 1031/2000).
Si è sul punto precisato che, ai fini della decorrenza del termine breve di otto giorni per la denuncia dei vizi della cosa, va considerato che solo per il vizio “apparente” - ovverosia quello rilevabile attraverso un rapido e sommario esame del bene utilizzando una diligenza inferiore a quella ordinaria - il dies a quo decorre dal giorno del ricevimento della merce mentre per gli altri vizi il termine decorre dal momento della scoperta, che si ha allorquando il compratore abbia acquistato la certezza (e non semplice sospetto) che il vizio sussista (cfr. Cass. civ., 30.01.1985, 1082). La Suprema Corte ha anche affermato che, nella compravendita di merce fra imprenditori, esperti del settore merceologico specifico, il dies a quo per la decorrenza del termine di decadenza della denuncia dei vizi è quello in cui l'acquirente ha potuto eseguire gli esami necessari, equiparandosi in tal caso la possibilità di accertamento della condizione del bene alla riconoscibilità dei vizi apparenti (v. anche Cass. civ., 03.08.1994, n. 7202 nonché Cass. civ, Sez. Un. 12.10.1982, n. 52439). Nel caso di specie la società opponente non ha dato alcuna prova né della sussistenza di vizi specifici riscontrati nella merce consegnata dall'opposta né della tempestività della denuncia effettuata nel termine di 8 giorni decorrenti dalla scoperta senza allegare una diversa e successiva data, rispetto alle singole consegne del prodotto, di scoperta del vizio da cui far decorrere il termine decadenziale per la denuncia dei vizi Si deve, inoltre, osservare sulla base delle fatture e dei ddt depositati in giudizio che si è trattato di otto forniture di farina eseguite, su altrettanti ordinativi della società opponente, dal 2.5.2018 ( doc. 1 fascicolo della fase monitoria) al 29.1.2019 ( doc. 8 fascicolo della fase monitoria), mentre la prima contestazione formulata dall'opponente risulta essere stata effettuata a mezzo pec in data 16.2.2019 ( doc. 2 fascicolo dell'opposizione) con la quale in modo estremamente generico è stata denunciata la inadeguatezza della farina consegnata nei tre mesi precedenti desumendosi, peraltro, che le consegne di farina effettuate fino al mese di settembre 2018 non avessero presentato alcun problema ( doc.ti da 1 a 4 fascicolo della fase monitoria). Anche i testi indicati da parte opponente non hanno fornito elementi precisi ed attendibili circa l'avvenuto adempimento dell'onere di tempestiva denuncia da parte della società opponente né hanno confermato l'avvenuto ritiro di 25 sacchi di farina da parte della società opposta in quanto non idonei all'utilizzo come dedotto dall'opponente.
Si rileva, in ultimo, come l'opponente non abbia provveduto a richiedere l'accertamento dei difetti come previsto dall'art. 1513 c.c. né abbia prodotto alcun elaborato peritale né alcuna prova fotografica a supporto delle proprie contestazioni non essendovi nessuna prova che i difetti delle piadine, cui hanno fatto riferimento i testi di parte opponente, derivassero dalla farina fornita dall'opposta e non da altri elementi contenuti nell'impasto o da problematiche concernenti la lavorazione o la conservazione del prodotto.
Come precisato dalla giurisprudenza, il mancato ricorso alla suddetta procedura - accertamento dei difetti della cosa venduta - determina la conseguenza che, in caso di contestazione, la prova deve essere particolarmente rigorosa, cioè tale da generare nel giudice un convincimento pieno e preciso, senza alcun riguardo alla difficoltà in cui la parte possa trovarsi per non essersi avvalsa della facoltà di provocare un accertamento giudiziale preventivo (Cass. 6767/1994, Cassazione civile, sez. II, 24/05/1979, n. 2993 e Cassazione civile, sez. III, 18/12/1987, n. 9425, secondo cui “in tema di vendita di cose mobili, nell'ipotesi di cui al cpv. dell'art. 1513 c.c. (che dispone che la parte, che non ha chiesto la verifica della cosa, deve, in caso di contestazione, provarne rigorosamente l'identità e lo stato) la prova sull'identità e lo stato della cosa, con riferimento alla valutazione che il giudice deve farne, deve essere data rigorosamente, nel senso che la prova stessa deve essere tale da ingenerare nel giudice un convincimento pieno e preciso, senza alcun riguardo alla difficoltà in cui la parte, che è tenuta all'onere probatorio, possa trovarsi per non essersi avvalsa della facoltà di provocare un accertamento giudiziale preventivo”).
L'opposizione deve, quindi, essere rigettata stante l'intervenuta decadenza da parte della società opponente ex art. 1495, 1° comma c.c. e stante comunque l'infondatezza dei motivi in essa contenuti.
La regolamentazione delle spese di lite segue il principio della soccombenza con liquidazione delle stesse in dispositivo in conformità al D.M. 55/2014.
P.Q.M.
Il Tribunale di ... seconda sezione civile, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
rigetta l'opposizione proposta da ... S.r.l. e per l'effetto conferma definitivamente il decreto ingiuntivo opposto;
condanna l'opponente ... S.r.l. a rimborsare al ... di ... S.r.l le spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.000,00 per onorari oltre spese general, c.p.a. e i.v.a., come per legge.