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9 luglio 2024
È ritorsivo il licenziamento intimato a seguito del rifiuto del part time

In quanto riconducibile ad un caso di nullità del recesso previsto dell'art. 1345 c.c., esso è soggetto alla reintegra del dipendente, oltre che al risarcimento del danno.

di La Redazione

La Corte territoriale di Catanzaro accoglieva l'appello proposto da un lavoratore sostenendo che il licenziamento intimatogli difettasse del giustificato motivo oggettivo sebbene addotto dal datore.
Nello specifico, non si era registrato il «costante andamento negativo del reparto di macelleria» e non era stata dimostrata l'impossibilità del repêchage. Da ciò derivava l'esclusiva finalità ritorsiva del licenziamento.

La controversia giunge in Cassazione, dove il datore di lavoro censura la sentenza impugnata per aver la Corte d'Appello ritenuto provata l'esclusiva finalità ritorsiva del licenziamento ed accordato al lavoratore la tutela reintegratoria a seguito del rifiuto del part time. Secondo la ricorrente, il D.Lgs. n. 81 (art. 2, comma 1) prevede la reintegra solo quando il licenziamento sia discriminatorio o negli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, tra i quali non rientra il licenziamento intimato a seguito del rifiuto del part time.

Per la Cassazione il motivo è infondato.
Nelle sue argomentazioni, la Suprema Corte ricorda che il Giudice di secondo grado non ha dichiarato la nullità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo per essere stato intimato in ragione dell'esigenza di trasformare il rapporto di lavoro full time in part time, ma per crisi aziendale. E dunque non solo era ingiustificato ma anche ritorsivo perché traeva la propria esclusiva e determinante ragione nel rifiuto del lavoratore di trasformare il rapporto.

La Corte d'Appello non ha dunque sanzionato con la nullità un licenziamento intimato a seguito del rifiuto del part time, come sostenuto dal ricorrente, ma un licenziamento per g.m.o. motivato da inesistenti e strumentali ragioni riferite ad una crisi aziendale, cui era sotteso l'intento di reagire al legittimo rifiuto del part time.

Nelle sue argomentazioni, la Cassazione ricorda anche la recente pronuncia della Consulta, la quale, con sentenza n. 22/2024, ha interito il licenziamento per motivo ritorsivo tra i casi di nullità del licenziamento che conducono alla tutela reintegratoria piena.

Ciò detto, con ordinanza n. 18547 dell'8 luglio 2024, la Cassazione rigetta il ricorso e afferma i seguenti principi di diritto:

ildiritto

  • «Il licenziamento motivato dall'esigenza di trasformazione del part time in full time o viceversa va ritenuto ingiustificato alla luce dell'art. 8, 1 comma d. lgs. 81/2015; mentre il licenziamento intimato a seguito del rifiuto del part time deve essere considerato ritorsivo in quanto mosso dall'esclusivo e determinante fine di eludere il divieto di cui all'art. 8 d.lgs. 81/2015 attraverso una ingiusta ed arbitraria reazione a un comportamento legittimo del lavoratore, che attribuisce al licenziamento il connotato della vendetta».
  • «Al licenziamento ritorsivo, in quanto riconducibile ad un caso di nullità del recesso previsto dell'art. 1345 c.c, si applica la tutela reintegratoria stabilita dall'art. 2 del d.lgs. n. 23 del 2015 dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 22/2024 della Corte Costituzionale».
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