Svolgimento del processo
1. con ricorso al Tribunale di Bolzano in funzione di giudice del lavoro (omissis) conveniva in giudizio (omissis) esponendo in fatto: di essere stato assunto il 4.1.2019 con contratto a tempo determinato e parziale al 75% (30 ore settimanali) dal 7.1 al 30.6.2019, con inquadramento al I livello CCNL Commercio e mansioni di responsabile vendita autovetture usate; di aver sottoscritto in pari data contratto di lavoro a tempo determinato e parziale al 25% (10 ore settimanali) con (omissis) per lo stesso periodo, con il medesimo inquadramento e analoghe mansioni; di aver sottoscritto il 28.6.2019 con la sola società (omissis) un nuovo contratto di lavoro a tempo determinato a tempo pieno, con scadenza il 31.12.2019, qualificato come proroga del contratto precedente e operativo senza soluzione di continuità; di aver ricevuto il 30.8.2019 contestazione disciplinare in ordine a quattro addebiti; di essere stato licenziato per dedotta giusta causa il 17.9.2019; di aver ricevuto il 9.10.2019 una seconda lettera di licenziamento per giusta causa a seguito di ulteriore addebito disciplinare;
2. per quanto qui ancora rileva, impugnava entrambi i licenziamenti; deduceva la nullità del termine apposto al contratto del 28.6.2019 per violazione degli artt. 19 e 21 d. lgs. n. 81/2015, con conseguente trasformazione del contratto in rapporto a tempo indeterminato, perché non era stato semplicemente prolungata senza soluzione di continuità la durata del rapporto precedente, ma erano state rinegoziate le condizioni e i termini del rapporto, trasformato da tempo parziale a tempo pieno, con variazione delle mansioni e con modifica della composizione della retribuzione; chiedeva accertarsi l’insussistenza dei fatti materiali contestati disciplinarmente, con tutela reintegratoria o, in via subordinata, risarcitoria;
3. il Tribunale di Bolzano, con sentenza n. 5/2021, accertava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro del 28.6.2019; dichiarava la sussistenza da tale data di un contratto di lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno tra le parti; condannava la società resistente (omissis) al pagamento dell’indennità ex art. 28, comma 2, d.lgs. n. 81/2015 nella misura di 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR (€ 3.538,39); accertava e dichiarava l’assenza di giusta causa del licenziamento irrogato in data 17.9.2019; condannava conseguentemente la società al pagamento dell’indennità ex art. 3, comma 1, d.lgs. n. 23/2015 nella misura di 6 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR; accertava e dichiarava l’inefficacia del secondo licenziamento del 3.10.2019 (non essendo conseguito alla declaratoria di illegittimità del primo licenziamento ordine di reintegrazione sul posto di lavoro); condannava la società a pagare al ricorrente la retribuzione del mese di settembre 2019 e le spettanze di fine rapporto, nonché a restituire l’importo di € 250,00 indebitamente trattenuto nella busta paga di agosto 2019;
4. la Corte d’Appello di Trento – sez. dist. di Bolzano, rigettava gli appelli principale e incidentale delle parti, confermando la sentenza impugnata con ampia motivazione;
5. per la cassazione della sentenza d’appello propone ricorso (omissis) con due motivi; resiste (omissis) con controricorso, illustrato da memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
Motivi della decisione
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 21 d.lgs. n. 81 del 2015 e dell’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la sentenza di appello ritenuto illegittima la proroga del contratto a tempo determinato intervenuta tra le parti in data 28.6.2019; propone il quesito di diritto attinente la legittimità di una proroga di un contratto a termine con la quale le parti, oltre a posticipare la scadenza del contratto di lavoro, modifichino altri elementi del contratto quali le mansioni e l’orario di lavoro;
2. con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 c.c., 1 legge n. 604/1966, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la sentenza di appello ritenuto illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato in data 17.9.2019 in violazione dell’orientamento giurisprudenziale in materia di gravità degli addebiti;
3. il primo motivo è infondato;
4. l’art. 21 d. lgs. n. 81/2015, nel testo ratione temporis vigente (ovvero dopo le modifiche al testo originario ad opera del d. l. n. 87/2018 (convertito, con mod., dalla legge n. 96/2018, e prima di quelle ad opera del d. l. n. 48/2023, convertito, con mod., dalla legge n. 85/2023) stabiliva che: “01. Il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1. Il contratto può essere prorogato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1. In caso di violazione di quanto disposto dal primo e dal secondo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato”;
5. la questione controversa riguarda la sussumibilità della fattispecie concreta nella libera proroga del contratto a termine nel primo anno di esecuzione ovvero nella nozione di rinnovo che richiede(va) specifiche causali;
6. la sentenza gravata ha affrontato la questione (da pag. 15 a pag. 25), trattando il primo analogo motivo di appello, ed è pervenuta alla conclusione che, in assenza di una definizione normativa del significato dei termini proroga e rinnovazione, essi esprimono necessariamente concetti differenti, nel senso che, con la proroga, viene prolungata l'efficacia di un contratto in essere, proseguendone l'esecuzione oltre la scadenza originariamente prevista e mantenendone sostanzialmente intatta l'identità, integrando una modifica limitata alla durata del rapporto preesistente; invece, con la rinnovazione, la volontà delle parti non incide soltanto sulla posticipazione della scadenza, ma sulla stessa identità causale del rapporto, attraverso una rinegoziazione più o meno ampia del contratto, con carattere novativo o modificativo;
7. tale opzione ermeneutica è stata, tra l’altro recepita in circolare del Ministero del Lavoro del 2018 in atti (“La proroga presuppone che restino invariate le condizioni che avevano giustificato inizialmente l'assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza. Pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo”);
8. essa deve essere in questa sede condivisa, perché conforme al significato letterale della norma, che esprime una differenza semantica tra proroga e rinnovo, che non sono sinonimi e quindi descrivono fenomeni non completamente sovrapponibili; la non completa sovrapposizione tra i due concetti è, peraltro, confermata dalla modifica legislativa successiva ai fatti di causa, che ha invece liberalizzato (oltre alla proroga) anche il rinnovo acausale del contratto a termine nel primo anno, assimilando una disciplina che in precedenza era stata mantenuta distinta;
9. il secondo motivo è inammissibile;
10. parte ricorrente sostiene che la Corte d'Appello avrebbe dovuto effettuare una valutazione estesa a tutti gli addebiti e a tutte le circostanze del caso concreto;
11. ma è proprio la valutazione che i giudici di merito hanno svolto nel caso concreto, e di cui la sentenza gravata dà conto nella motivazione (da pag. 27 a pag. 38);
12. in generale, in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la valutazione della gravità e proporzionalità della condotta rientra nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice di merito, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, con la quale viene riempita di contenuto la clausola generale dell'art. 2119 c.c.; l'accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi integranti il parametro normativo costituisce un giudizio di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici (cfr. Cass. n.13534/2019, e giurisprudenza ivi richiamata; cfr. anche Cass. n. 985/2017, n. 88/2023; v. anche, Cass. n. 14063/2019, n. 16784/2020, n. 17321/2020, n. 7029 2023, n. 26043/2023, n. 107/2024, n. 5596/2024);
13. in ragione della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo;
14. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazione;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.