Nel caso di specie, la domanda è stata proposta dalla madre nell'esclusivo interesse della minore di appena cinque anni, che non intenderebbe assumere il cognome del padre, con cui non ha mai intessuto rapporti e che, addirittura, è stato dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale.
La madre della bambina, quale unica titolare della responsabilità genitoriale, presentava alla Prefettura istanza di cambiamento del cognome della figlia, con sostituzione di quello paterno con quello materno, non nel suo proprio interesse, consistente nel voler attribuire alla piccola anche il proprio cognome per averla successivamente riconosciuta, ma nell'unico interesse della figlia. La sua richiesta era giustificata dal fatto che non aveva mai avuto alcun rapporto significativo con il padre e che, anche grazie alla frequentazione della scuola materna, iniziava a intessere rapporti sociali, per cui «le risultava difficile essere conosciuta con un cognome che non corrispondeva al mondo delle relazioni familiari e affettive che la circondavano».
La Prefettura dichiarava irricevibile l'istanza, sul presupposto che dovesse essere presentata al Tribunale per i minorenni
La controversia giunge dinanzi al Consiglio di Stato, il quale rigetta il ricorso della madre con sentenza n. 6000 dell'8 luglio 2024.
In via preliminare, il Consiglio ribadisce quanto stabilito dall'
|
«salvo quanto disposto per le rettificazioni, chiunque vuole cambiare il nome o aggiungere al proprio un altro nome ovvero vuole cambiare il cognome, anche perché ridicolo o vergognoso o perché rivela l'origine naturale o aggiungere al proprio un altro cognome, deve farne domanda al prefetto della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l'ufficio dello |
Per il Consiglio, da tale disposizione si evince che la valutazione del Prefetto circa l'istanza di cambio del cognome si configura come un potere di natura discrezionale, che si esercita bilanciando «l'interesse dell'istante con l'interesse pubblico alla stabilità degli elementi identificativi della persona, collegato ai profili pubblicistici del cognome stesso come mezzo di identificazione dell'individuo nella comunità sociale».
Pertanto, la disposizione consente a qualunque cittadino (maggiorenne) di chiedere il cambiamento del proprio cognome, motivando espressamente le ragioni della domanda e dimostrando che l'interesse tutelato sia quello di evitare di portare un cognome (anche solo) perché rivelatore dell'origine del rapporto di filiazione.
Tuttavia, nel caso di specie, la domanda è stata proposta dalla madre nell'esclusivo interesse della minore di appena cinque anni, che non intenderebbe assumere il cognome del padre, con cui non ha mai intessuto rapporti e che, addirittura, è stato dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale.
Per questo motivo, l'istanza di cambiamento del cognome presentata in suo nome dalla madre deve essere presentata dinanzi al Tribunale per i minorenni competente.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza (ud. 27 giugno 2024) 8 luglio 2024, n. 6000
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con appello notificato il 21 febbraio 2024 e depositato il 29 febbraio successivo, la signora -OMISSIS-nella qualità di genitore unico esercente la responsabilità genitoriale sulla minore -OMISSIS- ha impugnato, chiedendone la riforma previa istanza cautelare, la sentenza emessa in forma semplificata ai sensi dell'articolo 60 c.p.a. -OMISSIS- con cui Tar Campania-Napoli ha respinto il suo il suo ricorso per l'annullamento:
"a) del provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 14 settembre 2023 con cui il Dirigente dell'Area II della prefettura di Caserta ha dichiarato la propria incompetenza a ricevere l'istanza di cambiamento del cognome presentata dalla ricorrente nell'interesse della minore -OMISSIS- e, conseguentemente, ha dichiarato l'irricevibilità dell'istanza stessa;
b) di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente".
Deduce l'appellante che:
- esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale sulla figlia minore -OMISSIS- nata il 17 giugno 2029, dopo che il padre, signor -OMISSIS-- è stato dichiarato decaduto con decreto del Tribunale per i Minorenni di Napoli 20 dicembre 2022, n. -OMISSIS-, contro il quale non è stato proposto reclamo;
- in data 21 marzo 2023, ha presentato alla Prefettura di Caserta istanza di cambiamento del cognome, con sostituzione di quello paterno con quello materno, non nel suo proprio interesse, consistente nel voler attribuire alla piccola anche il proprio cognome per averla successivamente riconosciuta, ma nell'unico interesse della figlia -OMISSIS-, che non ha mai avuto alcun rapporto significativo con il padre e che, anche grazie alla frequentazione della scuola materna, inizia ad intessere rapporti sociali, per cui le risulta difficile essere conosciuta con un cognome che non corrisponde al mondo delle relazioni familiari ed affettive che la circondano;
- con provvedimento n. prot. -OMISSIS-- del 14 settembre 2023, impugnato in prime cure, la Prefettura interessata ha dichiarato irricevibile l'istanza, sul presupposto che dovesse essere presentata al Tribunale per i Minorenni di Napoli ex articolo 262 c.c., non sussistendo in materia la competenza del Prefetto ai sensi dell'articolo 89 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396;
- il Tar ha rigettato il suo ricorso con sentenza n. -OMISSIS-.
2. Contro tale pronuncia ha proposto appello la signora -OMISSIS-nella qualità indicata, affidando il proprio gravame ad unico motivo di censura, con il quale lamenta:
"1. Error in iudicando.": secondo la signora -OMISSIS-, la sentenza sarebbe erronea perché il Tar, pur muovendo nel suo percorso argomentativo dal corretto rilievo che la richiesta di mutamento del cognome fosse stata presentata nell'esclusivo interesse della minore -OMISSIS-, ha poi ritenuto infondato il gravame, confondendo l'ambito di applicazione dell'articolo 262 c.c. con quello previsto dall'articolo 89 d.P.R. 396/2000.
3. L'Amministrazione appellata si è costituita con atto di stile depositato il 12 marzo 2024 e alla camera di consiglio del 26 marzo 2024 è stato disposto l'abbinamento al merito della domanda cautelare.
4. All'udienza del 27 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L'appello non può trovare accoglimento.
Il Tribunale territoriale ha condivisibilmente ritenuto legittimo il provvedimento con cui l'Amministrazione ha dichiarato la propria incompetenza ed irricevibile la domanda di cambiamento del cognome, non ritenendo applicabile l'articolo 89 del d.P.R. 396/2000, invocato dall'appellante con l'istanza del 21 febbraio 2023, acquisita al protocollo prefettizio 0039042 del 21 marzo 2023.
In effetti, le ipotesi previste rispettivamente dall'articolo 262 c.c. e dall'articolo 89 coesistono nel nostro ordinamento, richiedendo la sussistenza di presupposti differenti e rispondendo ad esigenze diverse.
Secondo il Tar, deve essere considerato che "la richiesta di modifica del cognome è stata presentata dalla ricorrente, -OMISSIS- nell'interesse della figlia minore -OMISSIS- circostanza che riveste un rilievo decisivo", poiché "in siffatte ipotesi, vige la previsione di cui all'art. 262, comma 4, c.c. secondo cui: " Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento." ", come precisato dal Ministero dell'interno con la nota n. prot. 7516 del 12 luglio 2023, concernente un caso ana a quello per cui è causa.
Obietta al riguardo l'appellante che una corretta valutazione del diverso ambito di applicazione delle disposizioni indicate (articolo 262 c.c. e articolo 89 del d.P.R. 396/2000) conduce a ritenere illegittimo l'atto impugnato.
Secondo la signora -OMISSIS-, tutto l'impianto normativo recato dall'articolo 262 c.c. porta a ritenere che le modifiche al cognome lì disciplinate siano esclusivamente quelle effettuate filiationis causa, vale a dire quelle che si rendono necessarie in funzione del successivo riconoscimento del figlio da parte di uno dei genitori naturali.
Prova ne sia che la norma del codice civile in esame non prevede istanze di cambiamento motivate dall'esigenza di evitare effetti pregiudizievoli derivando dal carattere ridicolo o vergognoso del cognome o dall'origine del rapporto di filiazione: l'unica ragione giustificativa del mutamento risiede nel riconoscimento del figlio da parte di uno dei genitori naturali, nel contestuale bilanciamento degli interessi del figlio, da un lato, che vuole avere il cognome dei genitori, e, dall'altro, degli stessi genitori, che intendono attribuire al figlio il proprio cognome.
La norma di cui all'articolo 89, comma 1, d.P.R. 396/2000 prevede, a sua volta, quanto segue: "1. salvo quanto disposto per le rettificazioni, chiunque vuole cambiare il nome o aggiungere al proprio un altro nome ovvero vuole cambiare il cognome, anche perché ridicolo o vergognoso o perché rivela l'origine naturale o aggiungere al proprio un altro cognome, deve farne domanda al prefetto della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l'ufficio dello stato civile dove si trova l'atto di nascita al quale la richiesta si riferisce. Nella domanda l'istante deve esporre le ragioni a fondamento della richiesta."
Con motivazione che il Collegio condivide e dalla quale non rinviene ragioni per discostarsi, la Sezione ha osservato, con riguardo ad un'istanza presentata da un soggetto maggiorenne, che "da tale disposizione si evince la correttezza dei principi esposti dall'Amministrazione nella parte introduttiva dell'atto di appello: la valutazione del Prefetto circa l'istanza di cambio del cognome si configura come un potere di natura discrezionale, che si esercita bilanciando l'interesse dell'istante (da circostanziare esprimendo le "ragioni a fondamento della richiesta"), con l'interesse pubblico alla stabilità degli elementi identificativi della persona, collegato ai profili pubblicistici del cognome stesso come mezzo di identificazione dell'individuo nella comunità sociale", rispetto alla quale "la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che la posizione giuridica del soggetto richiedente il cambio di cognome abbia natura di interesse legittimo, e che la P.A. disponga del potere discrezionale in merito all'accoglimento o meno dell'istanza (cfr. tra le tante, Cons. Stato, Sez. III, 26-09-2019, n. 6462), tenuto conto che - a fronte dell'interesse soggettivo della persona, spesso di carattere "morale" - esiste anche un rilevante interesse pubblico alla sua 'stabile identificazione nel corso del tempò (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 15 ottobre 2013, n. 5021; Sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2320; Sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2752)." (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 19 settembre 2023, n. 8422 e i richiami giurisprudenziali ivi operati, anche con riguardo ai precedenti della Corte Costituzionale).
La disposizione consente, pertanto, a qualunque cittadino (maggiorenne) di chiedere il cambiamento del proprio cognome, motivando espressamente le ragioni della domanda e dimostrando che l'interesse tutelato sia quello di evitare di portare un cognome (anche solo) perché rivelatore dell'origine del rapporto di filiazione.
Nel caso all'esame della Sezione, la domanda è stata proposta nell'esclusivo interesse della minore di appena cinque anni, che non intenderebbe assumere il cognome del padre, con cui non ha mai intessuto rapporti e che, addirittura, è stato dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale Tribunale per i minorenni.
Ne deriva che l'istanza di cambiamento del cognome presentata in suo nome dalla madre deve essere presentata dinanzi al Tribunale per i minorenni competente.
In altre parole, l'interesse sotteso alla richiesta di cambiamento del cognome della minore -OMISSIS- non era riconducibile alla fattispecie normativa di cui all'articolo 89 del d.P.R. 396/2000, alla luce del quale è possibile presentare l'istanza anche il cognome "perché rivela l'origine naturale", considerato che, a differenza del all'esame della Sezione, può rilevarsi che" le motivazioni addotte dalla richiedente sono indicative di una palese divergenza tra la sua identità personale ed il cognome che le è stato attribuito, che costituisce espressione di un vincolo familiare con il padre, che nella realtà non vi è stato; dalla lettura della documentazione prodotta in giudizio emerge in modo palese il solo legame della ricorrente con la madre, unica figura di riferimento che le ha consentito di formarsi un'identità personale, della quale ha chiesto il riconoscimento formale attraverso l'acquisizione del relativo cognome." (Consiglio di Stato, Sezione III, cit.).
Nella domanda presentata alla Prefettura, come ampiamente argomentato nel presente giudizio, l'appellante ha motivato in ordine alle ragioni che l'hanno indotta, per conto della figlia minore, a chiedere il cambiamento e che riguardano non il riconoscimento della madre dopo il padre ma l'origine naturale della minore, che non ha mai avuto rapporti con il signor St., al punto che ne è stata dichiarata la decadenza dalla responsabilità genitoriale, senza che l'interessato abbia proposto reclamo.
Proprio l'interesse della minore a vedere accolta la domanda di cambiamento del cognome impone di ritenere che l'istanza debba presentarsi al Tribunale per i minorenni, ai sensi dell'articolo 262 c.c., nel contesto di un procedimento che garantisce la tutela dei precipui e prevalenti interessi della minore.
6. In base alle considerazioni che precedono, l'appello deve essere respinto, precisandosi che la presente decisione è stata assunta tenendo altresì conto dell'ormai consolidato "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 5 gennaio 2015, n. 5, nonché Cassazione, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014, n. 26242), tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione Civile, Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cassazione Civile, Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021, n. 6209, 13 settembre 2022, n. 7949, e 18 luglio 2016, n. 3176)..
7. Anche in considerazione della ridotta attività difensiva dell'Amministrazione appellate sussistono adeguate ragioni per disporre la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso (n. r.g. 1692/2024), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti e le persone fisiche comunque citate nel provvedimento.