Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
23 luglio 2024
La Consulta sulla rettificazione di sesso: sul “terzo genere” decida il Legislatore

Inoltre, la Corte dichiara incostituzionale l'art. 31, comma 4, D.Lgs. n. 150/2011 ritenendo palesemente irragionevole l'autorizzazione del tribunale all'intervento chirurgico di modifica dei caratteri sessuali laddove il percorso di transizione sia già stato compiuto attraverso trattamenti di sostegno ormonale e di sostegno psicologico-comportamentale.

di La Redazione

Con la sentenza n. 143 del 23 luglio 2024, la Corte costituzionale si è espressa sulle questioni sollevate dal Tribunale di Bolzano con ordinanza del 12 gennaio 2024 in relazione:

precisazione

  • All'incostituzionalità dell'art. 1 L. n. 164/1982, con riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 117 Cost. (in relazione all'art. 8 CEDU), nella parte in cui non prevede che la rettificazione di sesso possa attribuire un tertium genus, cioè un genere non binario;
  • All'incostituzionalità dell'art. 31, comma 4, D. Lgs. n. 150/2011 nella parte in cui impone irragionevolmente che i trattamenti medico-chirurgici volti all'adeguamento dei caratteri sessuali debbano essere preventivamente autorizzati dal tribunale, anche quando le modificazioni già intervenute siano state ritenute dallo stesso tribunale sufficienti ai fini dell'accoglimento della domanda di rettificazione.

Ebbene, con riferimento alla prima questione, la Consulta ha dichiarato la stessa inammissibile, affermando che 

giurisprudenza

l'eventuale introduzione di un terzo genere di stato civile non può che spettare al solo Legislatore. Tale scelta, infatti, comporterebbe un cambio significativo della legislazione vigente in diversi settori regolati dalla logica binaria, in primis del diritto di famiglia, ma anche del diritto del lavoro, dello sport, dello stato civile e del prenome, oltre alla conformazione dei “luoghi di contatto”, come ospedali, carceri e simili.

All'inammissibilità tuttavia si accompagna la riflessione dei Giudici su tutte quelle situazioni in cui la persona si percepisca come non appartenente né al genere femminile, né a quello maschile, rilevando come tale mancata identificazione generi un forte disagio rispetto al principio personalistico cui l'ordinamento costituzionale riconosce centralità all'art. 2 Cost.. Ciò, peraltro, potrebbe costituire fonte di disparità di trattamento ovvero compromettere il benessere psico-fisico della persona, tematica che si lega a quella della dignità sociale e della tutela della salute (artt. 3 e 32 Cost.).
Alla luce di ciò, la Consulta invita il Legislatore a non ignorare la tematica e ad occuparsi al più presto della condizione non binaria, in comparazione con le altre realtà UE.

Diverso epilogo ha la seconda questione, che la Corte costituzionale dichiara invece fondata, dichiarando l'incostituzionalità della norma censurata.

giurisprudenza

Come rileva la Corte, il percorso di transizione di genere si compie già attraverso trattamenti ormonali e di sostegno psicologico e comportamentale, seppur in assenza di un vero e proprio intervento chirurgico. Allora, la prescrizione dell'autorizzazione del tribunale è palesemente irragionevole nella misura in cui riguardi un trattamento chirurgico che avverrebbe comunque dopo la già disposta rettificazione, poiché essa non è funzionale a determinare i presupposti della rettificazione che si sono già verificati in precedenza.

Documenti correlati