La donna aveva raccontato al marito che la sua impossibilità di procreare era riconducibile ad un intervento chirurgico cui si era sottoposta in giovane età a causa di una malattia, e non alla rettificazione di sesso. L'uomo si appella all'art. 122 c.c..
L'attore si rivolge al Tribunale di Livorno per chiedere di annullare con effetti ex tunc il matrimonio contratto con la moglie, odierna convenuta, dopo aver scoperto che quest'ultima, prima di conoscerlo, era un uomo.
La scoperta avvenne dopo la separazione quando, mentre procedeva ad un'ispezione ipotecaria e catastale di beni immobili intestati alla donna,...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con atto di citazione ritualmente notificato, T. LE P. conveniva davanti al Tribunale di Livorno G. Di F., al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione: in via principale pronunciare, con effetti ex tunc, l’annullamento del matrimonio contratto in data 02.08.2003 tra il Sig. T. Le P. e la sig.ra G. Di F., iscritto nei registri degli atti di matrimonio del Comune di Livorno, anno 2003, parte 1, serie 2003, e per l’effetto ordinare al competente Ufficiale dello Stato Civile di Livorno di provvedere alle prescritte annotazioni. In ogni caso con vittoria di spese di giudizio oltre accessori”.
A sostegno della domanda, l’attore premetteva di aver contratto matrimonio civile con l’odierna convenuta il 2/8/2003 in Livorno e di non esser dall’unione matrimoniale nati figli, poiché, secondo quanto riferito dalla Di F. al Le P., la stessa negli anni ‘90 avrebbe dovuto subire l’asportazione dell’utero a causa di una malattia che l’avrebbe colpita in giovane età.
Parte attrice premetteva, altresì, che, in seguito ad un periodo di crisi intervenuto successivamente alla richiesta di adozione, da parte dei coniugi, di F. B. (pratica che, peltro, non venne mai formalizzata), le parti addivenivano alla pronuncia della separazione, ove veniva stabilito, a carico del Le P., l’obbligo di contribuire al mantenimento della moglie mediante un assegno di € 650,00 mensili, somma quest’ultima parzialmente modificata in sede di appello in € 450,00 mensili.
Ciò posto, il Le P. deduceva che nel giugno 2022, nel procedere all’ispezione ipotecaria e catastale dei beni immobili intestati all’odierna convenuta, scopriva che la Di F. prima di conoscerlo era un uomo e che, dunque, i riferiti problemi di infertilità erano in realtà riconducibili a detta circostanza, come risultante dalla sentenza di mutamento di sesso n. 96 del 27.10.1992 emessa dal Tribunale di Livorno, ove la convenuta veniva appunto autorizzata alla rettifica dei dati anagrafici con correzione del sesso da “maschile” a “femminile” e con modifica del nome da “G. Di F.” a “G. Di F.”.
Secondo l’assunto attoreo, la fattispecie in esame sarebbe riconducibile all’art. 122 c.c., secondo cui il matrimonio può essere annullato, tra l’altro, in caso di errore essenziale sulle qualità personali dell'altro coniuge, atteso che il Le P., laddove avesse sin dal principio conosciuto la verità in ordine alla qualità della persona della Di F. ed alle reali motivazioni della impossibilità di procreare, non avrebbe contratto il matrimonio con l’odierna convenuta.
2. Radicatosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio G. DI F., la quale chiedeva l’integrale reiezione della domanda attorea, eccependo in via preliminare l’inammissibilità della domanda medesima, stante l’impossibilità di ricondurre la fattispecie in esame all’art. 122 c.c. e, conseguentemente, di esercitare da parte del Le P. la relativa azione.
Ed invero, secondo la prospettazione dell’odierna convenuta, se è vero che la norma invocata dall’attore prevede che il matrimonio possa essere impugnato ove il consenso sia stato dato per effetto di errore sulla identità della persona o errore essenziale sulle qualità personali dell’altro coniuge, cionondimeno, al momento del matrimonio con il Le P. e per tutta la durata dello stesso, non vi sarebbe stato alcun errore che riguardasse una malattia fisica o psichica, né una anomalia o deviazione sessuale tali da costituire un vizio nella formazione del consenso.
Ciò posto, la Di F. eccepiva, altresì, che l’odierno attore sarebbe stato perfettamente informato, da parte della medesima, ben prima di contrarre matrimonio e fin dall’inizio della loro relazione sentimentale, dell’intervenuto procedimento di rettificazione del sesso che la aveva riguardata.
Al termine dell’istruttoria, espletata mediante produzioni documentali, le parti precisavano le conclusioni, come da verbale di udienza del 7/3/2024 e il Giudice tratteneva la causa in decisione, a norma dell’art. 281 quinquies c.p.c., assegnando i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e delle memorie di replica.
3. Occorre preliminarmente osservare che il presente giudizio ha ad oggetto l’annullamento del matrimonio inter partes e la questione controversa attiene alla riconducibilità della fattispecie in esame all’art. 122, commi 2 e 3, c.c., secondo cui “il matrimonio può essere impugnato – tra l’altro – da quello dei coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull’identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell'altro coniuge.
L'errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell'altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente conosciute e purché l'errore riguardi l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale”.
Nel caso di specie, dunque, ai fini della decisione, va in primis verificata, in capo all’attore, la mancata conoscenza, prima della celebrazione del matrimonio, dell’intervenuta rettificazione del sesso subita dalla convenuta.
In secundis, una volta risolta positivamente la predetta questione, occorre valutare se l’errore in ordine al transessualismo e, dunque, all’intervenuto procedimento di rettificazione del sesso sia qualificabile – astrattamente e nel caso di specie – come errore sulla identità della persona ovvero, in alternativa, come errore essenziale sulle qualità personali dell'altro coniuge; in tale seconda ipotesi, va, altresì, riscontrata la c.d. essenzialità dell’errore, ricorrendo, detta essenzialità, qualora si accerti sia che l’attore non avrebbe prestato il proprio consenso se avesse esattamente conosciuto le qualità personali taciute, sia che l'errore sia riferibile ad una malattia fisica o psichica o ad una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale.
Tanto premesso, la domanda va rigettata per le motivazioni che seguono.
3.1 Sotto il primo profilo, nel caso in esame, può ritenersi adeguatamente dimostrata – sia pure nei termini di seguito meglio precisati – la mancata conoscenza, in capo al Le P., del fatto che la moglie, prima della celebrazione del matrimonio, fosse nata di sesso maschile.
Ed invero, dalla registrazione audio relativa ad una conversazione telefonica avvenuta tra le parti in data 19/7/2022 (cfr. doc. 6 parte attrice), emerge che l’odierno attore effettivamente non era stato messo direttamente a conoscenza, da parte della di F., del fatto che ella aveva intrapreso il procedimento per la rettifica del sesso e del nome. Infatti, in tale conversazione, la convenuta nega più volte di essere stata prima di sesso maschile e prospetta persino che i dati risultanti dal registro catastale possano essere frutto di un errore.
Tuttavia, dalla medesima conversazione, si desume pure che la Di F. omise di rendere edotto il Le P. del proprio passato, in quanto egli stesso, di fronte alla possibilità offertagli dalla convenuta di conoscere in maniera più chiara le cause della incapacità della medesima convenuta di avere figli, disse alla Di F. di non voler “approfondire” (cfr. minuti 2:20 e 16:40 della conversazione telefonica in atti). Pertanto, se è vero che, nel caso di specie, l’attore non fu messo a conoscenza dell’avvenuta rettificazione del sesso da parte della convenuta, è altrettanto vero che tale mancata conoscenza non sembra essere riconducibile, in termini giuridici, ad un errore ai sensi dell’art. 122 c.c., in quanto, come detto, imputabile allo stesso Le P., che preferì “non approfondire” le cause dell’incapacità a procreare dell’odierna convenuta, di cui invece sin da subito venne edotto.
3.2 In ogni caso, anche ove si volesse qualificare tale mancata conoscenza in termini di errore, la domanda deve essere comunque respinta. Infatti, tale errore non risulta qualificabile né come errore sulla identità della persona né come errore essenziale sulle qualità personali dell'altro coniuge.
Non vi è stato errore sulla identità della persona in quanto il Le P., a tutti gli effetti, si è unito in matrimonio con la persona che intendeva e riteneva di sposare, ossia con G. Di F., che all’epoca già risultava donna, tanto anagraficamente quanto sotto l’aspetto dei caratteri sessuali.
A riguardo, poi, occorre ricordare i principi espressi dalla Corte Costituzionale in materia di rettificazione dell’attribuzione del sesso, la quale, nel rigettare le questioni di legittimità costituzionale sollevate in ordine alla L. n. 164/1982 per potenziale contrasto con gli artt. 3 e 32 Cost., ha in primis riconosciuto “il diritto all’identità di genere quale elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona ai sensi dell’art. 2, 3 e 32 Costituzione e art. 8 Convenzione Europea Diritti Uomo” (Corte costituzionale sentenza 24/05/1985); in secondo luogo, la Consulta ha affermato che il procedimento di rettificazione dell’attribuzione di sesso, per la persona affetta da disforia di genere, non rappresenta e non dà luogo ad un reale cambio di identità, bensì rappresenta lo strumento, messo a disposizione dall’ordinamento, per adeguare l’aspetto esteriore della persona alla propria identità, sostenendo persino che “per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile deve ritenersi non obbligatorio l'intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari” (in tal senso, Corte Costituzionale sentenza 221/2015, ma v. anche sentenza della Corte di Cassazione n. 15138/2015).
Facendo applicazione dei superiori principi al caso in esame, quindi, deve recisamente escludersi che vi sia stato un errore sulla identità della persona, atteso che l’identità (di genere) della Di F. si è sempre identificata con quella femminile e non con quella maschile, tanto che, la stessa Di F., in modo particolarmente significativo, nella conversazione telefonica sopra richiamata, per più di una volta, nel rispondere alle domande incalzanti del Le P. relative al fatto se fosse o se fosse stata in passato un uomo, ha ribadito “io non sono un uomo”, “io non ero un uomo”.
Ad ulteriore riprova della correttezza delle precedenti conclusioni, va altresì segnalato come nella stessa L. n. 164/1982 (oggi integrata dall’art. 31 del D.Lgs n. 150/2011), vengono dettate disposizioni in materia di “rettificazione di attribuzione di sesso” e di “adeguamento dei caratteri sessuali mediante intervento chirurgico”; anche dal tenore letterale della normativa sopra citata, la quale appunto utilizza le locuzioni “rettificazione” e “adeguamento”, anziché “mutamento” (di sesso), si desume che, al fine del conseguimento di un pieno benessere psichico e fisico della persona, con il procedimento disciplinato in tale normativa, non si ha alcuna modificazione dell’identità sessuale della persona, ma, piuttosto, vengono ad essere adeguati i caratteri somatici e le risultanze anagrafiche alla reale identità dell’individuo ed alla percezione di sé che l’individuo ha sin dalla nascita.
Ciò posto, va altrettanto escluso che il Le P. sia caduto in errore “essenziale” su qualità personali dell'altro coniuge.
Ed invero, in tema di annullamento del matrimonio per errore essenziale sulle qualità personali dell’altro coniuge e relativo onere probatorio, la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato il seguente principio di diritto: “il coniuge che impugna il matrimonio per errore, ai sensi del predetto art. 122, è tenuto a provare l'esistenza di una malattia fisica o psichica (o di una anomalia o deviazione sessuale) dell'altro coniuge e la mancata conoscenza della stessa prima della celebrazione del matrimonio, oltre alla influenza di detta mancata conoscenza sul proprio consenso, mentre è rimesso al giudice l'apprezzamento della rilevanza della infermità ai fini dell'ordinario svolgimento della vita familiare, in relazione alle normali aspettative del coniuge in errore, da valutare avendo riguardo alle condizioni, alla personalità, alla posizione sociale del richiedente nonché ad ogni altra circostanza obiettiva emergente dagli atti, senza che possa, invece, attribuirsi rilievo ai semplici timori e reazioni dello stesso o ad altri aspetti personali” (in tal senso, Sez. 1, Sentenza n. del 07/03/2006 (Rv. 590750 - 01), ma v. anche Sez. 6 - 1, Ordinanza n. del 13/02/2017 (Rv. 643654 - 01)).
Nel caso di specie, anche volendosi ammettere che l’attore non si sarebbe sposato se fosse stato a conoscenza della rettificazione del sesso della convenuta, deve escludersi che la precedente condizione della Di F. abbia inciso sulla vita coniugale delle parti.
Ed invero, il matrimonio tra il Le P. e la Di F., protrattosi per ben 18 anni, prima che i coniugi addivenissero alla separazione, si è sempre svolto serenamente, avendo le parti costruito un sincero legame di affetto e di intimità, come anche emerge dalla relazione della dott.ssa M. B., redatta ai fini della richiesta di adozione, ove si legge che “la relazione di coppia appare caratterizza da sentimenti di rispetto e di stima” e che lo stile coniugale, orientato all’autonomia individuale all’interno della coppia, è legato alla possibilità di ciascuno di esprimere la propria personalità pur nella condivisione e realizzazione di progetti” (cfr. doc. n. 3 di parte convenuta).
Inoltre – e soprattutto – le parti hanno condotto una piena vita matrimoniale anche avuto riguardo alla manifestazione della propria personalità nella sfera sessuale, atteso che non risulta che la precedente condizione della convenuta abbia inciso sulla normale vita della coppia, tanto che l’attore anche negli atti del processo ha sostenuto di non essersi mai reso conto della precedente condizione della moglie.
Inoltre, l’intervenuta rettificazione non ha in alcun modo leso le aspettative del Le P. sul futuro della famiglia che stava costruendo con la convenuta, in quanto risulta pacifico che la Di F., prima di unirsi in matrimonio, aveva informato quest’ultimo circa la propria impossibilità di avere figli, tanto che le parti avevano poi deciso di percorrere la strada dell’adozione.
Tali conclusioni non possono essere inficiate dai principi di diritto espressi dalla giurisprudenza di merito invocata, in maniera inconferente, dallo stesso attore.
Il Tribunale di Milano nella sentenza del 13 febbraio 2013, infatti, nel pronunciarsi sull’annullamento del matrimonio per omosessualità celata da parte del coniuge, ha affermato il seguente principio di diritto: “l’errore sulla omosessualità non riguarda una malattia o anomalia o deviazione sessuale del marito (ex art. 122 III comma nr. 1 c.c.) nessun lessico giuridico, medico, sociale ed etico collocando la omosessualità in tale paradigma nosografico, ma quella sua ‘identità sessuale’ (ex art. 122 II comma c.c.) che ne definisce l’orientamento e la direzione del comportamento sessuale e che non è, ne può essere, una mera ‘qualità’ della persona ma ne indica uno degli aspetti che costituiscono, compongono, definiscono la sua identità complessiva, la specifica individualità, la sua soggettività”; nella medesima sentenza, il giudice di merito ha altresì statuito che “l’errore in cui il comportamento silente del convenuto ha indotto la parte attrice è rilevante non tanto perché riguarda la sua omosessualità, quanto perché concerne la sua incapacità\impossibilità di garantire lo svolgimento della vita matrimoniale come luogo di espressione della sessualità sia come valore sia come bene funzionale alla procreazione”.
Tale pronuncia, in primo luogo, infatti, non riguarda l’ipotesi del coniuge che ha subito la rettifica del sesso, che – come già detto – è semplicemente lo strumento offerto dall’ordinamento per permettere alla persona la piena realizzazione della propria identità e nulla ha a che vedere con le questioni di orientamento sessuale affrontate nella succitata sentenza.
Inoltre, ed in ogni caso, anche in tale pronuncia ciò che ha determinato l’accoglimento della domanda non è la celata omosessualità di uno dei coniugi, bensì il fatto che l’orientamento sessuale di uno dei due avesse impedito una normale vita intima e sessuale tra le parti, circostanza che, nel caso di specie, come sopra spiegato, va esclusa.
La domanda va, pertanto, rigettata.
4. Le spese processuali seguono la soccombenza e devono essere liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Livorno, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da T. LE P. contro G. DI F., ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:
1) rigetta la domanda attorea;
2) condanna l’attore al pagamento, in favore dello Stato, delle spese processuali, che liquida in complessivi € 5.430,00, oltre rimborso forfettario delle spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.