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19 febbraio 2024
Rettificazione di sesso: alla Consulta la questione sull’introduzione dell’identità transgender

Due le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Bolzano: la prima sulla possibilità di rettificare il sesso riportato nell'atto di nascita con un genere non binario, la seconda sulla necessità di attendere il nulla osta del tribunale per procedere agli interventi chirurgici necessari all'adeguamento dei caratteri sessuali.

La Redazione

L'attore dichiara dinanzi al Tribunale di Bolzano di essere una persona transgender biologicamente femminile, ma di non riconoscersi in tale genere, così come in quello maschile, bensì in un genere non binario con inclinazione verso la componente maschile.
L'attore racconta di aver iniziato a provare disagio a causa dei cambiamento del suo corpo a partire dalla pubertà e che tale disagio andò via, via trasformandosi in una vera e propria sofferenza psico-fisica al punto da ostacolare la sua socialità. Solo alle scuole superiori veniva a conoscenza dell'esistenza di persone con identità transgender, acquisendo consapevolezza della sua condizione ed inclinazione verso un genere neutro. In tale contesto, egli dichiara di non aver incontrato ostacoli con i genitori, né con gli amici e di essere tuttora in buoni rapporti con la madre e con il padre.
Trasferitosi per studiare all'università, l'attore dichiara che iniziò a farsi chiamare con altro nome, con il quale veniva poi ufficialmente riconosciuto dalla struttura, al punto da convincersi a ricorrere alla ASL dove, a seguito di una prima diagnosi di disforia di genere, intraprendeva la terapia ormonale mascolizzante.

Venendo ad oggi, ciò che l'attore chiede al Tribunale di Bolzano è di rettificare il sesso riportato nell'atto di nascita da “femminile” ad “altro”, o alternative ritenute idonee, e di rettificare il suo prenome. Inoltre, chiede di accertare il suo diritto a realizzare in via immediata tutti gli interventi medico-chirurgici in senso gino-androide (sia demolitivi, sia ricostruttivi) necessari.
A sostegno delle sue richieste, l'attore richiama la sentenza n. 221/2015, con la quale la Corte costituzionale ha riconosciuto l'identità di genere quale espressione del diritto all'identità personale che rientra a pieno titolo tra i diritti fondamentali della persona.
Evidenzia poi che allo stato, ben cinque Paesi UE hanno introdotto la possibilità di ottenere una registrazione anagrafica diversa da “maschio” o “femmina”, come Germania, Belgio e Pesi Bassi, ponendo l'accento anche sulla legislazione europea e, in particolare, sul regolamento (UE) 2016/1191 che promuove la libera circolazione dei cittadini semplificando i requisiti per presentare alcuni documenti pubblici nell'UE, documenti che prevedono appositi modelli di certificato europeo che consentono l'indicazione del sesso come “indeterminato”.
Detto ciò, l'attore chiede che, nel caso in cui il Tribunale non accolga la sua domanda di rettificazione come tertium genus, che venga allora sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 L. n. 164/1982 con riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 117, comma 1, Cost. in relazione all'art. 8 CEDU.

Ebbene, con l'ordinanza del 12 gennaio 2024, il Tribunale di Bolzano osserva come la domanda dell'attore non possa trovare accoglimento proprio per via della norma censurata, poiché essa non contempla la possibilità che venga attribuito con sentenza un sesso diverso da quello maschile o femminile. Tuttavia, secondo il Tribunale il riconoscimento di una nozione di identità di genere in termini fluidi appare conforme ai più recenti approdi della scienza medica e psico-sociale, come evidenziato anche dai numerosi apporti documentali allegati dall'attore, oltre al fatto che l'esistenza di un terzo genere è indirettamente comprovata dal fatto che alcuni Paesi UE riconoscano espressamente nella propria legislazione la possibilità di ottenere una registrazione anagrafica non binaria.
Per queste ragioni, la norma censurata sembra violare il diritto all'identità di genere nella misura in cui non consente agli individui che non si riconoscono nel genere maschile o femminile di ottenere una rettificazione anagrafica conforme all'identità di genere soggettivamente vissuta e percepita, evidenziando che ciò non andrebbe a ledere l'interesse pubblico volto alla certezza dei rapporti giuridici.
Al contempo, prosegue il Tribunale, la norma censurata violerebbe altresì il principio di uguaglianza, posto che consente solo agli individui la cui identità di genere è binaria, ma non corrispondente al sesso indicato nell'atto di nascita, la possibilità di ottenere una rettificazione conforme alla propria identità di genere.

Un'altra questione di legittimità costituzionale viene poi sollevata in relazione all'art. 31, comma 4, D. Lgs. n. 150/2011, laddove impone irragionevolmente che i trattamenti medico-chirurgici volti all'adeguamento dei caratteri sessuali debbano essere preventivamente autorizzati dal tribunale. Anche in tal caso, il Tribunale rammenta che l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici può giustificare la necessità di una rigorosa valutazione del giudice per accogliere la domanda di rettificazione anagrafica, ma non può costituire presupposto per l'accesso ai trattamenti terapeutici come gli interventi chirurgici di adeguamento dei caratteri sessuali. Tuttavia, tale accesso nel caso concreto è precluso proprio a causa della norma censurata che impone a chiare lettere la necessaria autorizzazione preventiva del tribunale.

In ossequio a quanto sopra, il Tribunale sospende il procedimento in attesa della decisione della Consulta.

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