Svolgimento del processo
1. Con sentenza in data 18 maggio 2023 la Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza in data 9 novembre 2021 del GUP del Tribunale di Asti che aveva assolto l'imputato perché il fatto non sussiste, l'ha condannato alle pene di legge con i doppi benefici di legge per il reato in concorso di favoreggiamento della prostituzione di tre donne che aveva contattato per locare loro degli alloggi in (omissis).
2. L'imputato ricorre per cassazione sulla base di due motivi.
Con il primo lamenta la violazione di legge perché non era configurabile il reato di favoreggiamento della prostituzione per la sola locazione dell'immobile ed evidenzia, al contempo, l'irrilevanza del canone maggiorato non essendo stato contestato lo sfruttamento. Espone in fatto che solo in un'occasione aveva contattQ.fo' una donna con un sms e che erano state le amiche di questa a contattarlo in seguito quando si prostituivano in città.
Con il secondo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione perché dalle risultanze istruttorie non era emersa l'esorbitanza del canone, che era invece proporzionato all'affitto breve, e perché dalla sentenza non era emerso il nesso eziologico tra la locazione e la prostituzione.
3. Il Procuratore generale ritiene fondato il primo motivo di ricorso per cassazione, in virtù dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui la locazione di un immobile a una prostituta non integra in sé il presupposto oggettivo del favoreggiamento (Sez. 3, n. 4751 del 19/10/2017, dep. 2018, G., Rv. 272259-01 e n. 11611 del 11/02/2022, G., Rv. 282931-01), ma segnala il contrasto di giurisprudenza con la sentenza Sez. 3, n. 23851 del 28/02/2018, D.F., Rv. 273043-01, per cui chiede, per l'ipotesi in cui il Collegio non intenda pronunciare una sentenza di annullamento senza rinvio, di rimettere la questione alle Sezioni Unite per sciogliere il contrasto interpretativo.
Motivi della decisione
4. Il ricorso è nel complesso infondato.
I Giudici di merito hanno accertato che le donne, specificamente individuate nel capo d'imputazione, dimoravano ed esercitavano il meretricio in località diverse da (omissis) e, quando si prostituivano in città, locavano gli immobili di proprietà della moglie dell'imputato che le aveva rintracciate e contattate sui siti web dedicati agli incontri erotici.
Secondo il Tribunale la mera locazione non integra il favoreggiamento, mentre secondo la Corte territoriale, l'imputato non si è limitato a stipulare dei contratti di locazione a canone maggiorato (circostanza che già integrava il reato di favoreggiamento sulla base della sentenza Sez. 3, n. 23851 del 28/02/2018, D.F., Rv. 273043-01), ma ha favorito le donne nell'attività di prostituzione al di fuori dei luoghi di dimora e abituale esercizio della prostituzione, "peraltro garantendo loro la pronta e costante disponibilità dei propri alloggi anche per brevi o brevissimi periodi, e quindi soddisfacendone esigenze anche meramente occasionali o momentanee, così complessivamente agevolando le predette a mutare con immediatezza l'ambito geografico della propria operatività e, dunque, a proporsi a una ulteriore platea di clientela alla quale, forse, le stesse non avrebbero potuto altrimenti offrirsi, o alla quale si sarebbero offerte con maggiore difficoltà e/o con minore prontezza o, ancora, alla quale forse non avrebbero pensato di proporsi". Quindi, non si è limitato a offrire i propri alloggi sul mercato ordinario delle locazioni e poi, per mero accidente, a concedere in godimento tali alloggi a tre prostitute che a lui si erano rivolte nella ricerca di immobili, ma aveva piuttosto preso lui l'iniziativa di contattarle sul web, stimolando e agevolando l'offerta di prestazioni in favore della clientela della città.
5. E' consolidata in giurisprudenza la tesi secondo cui la mera locazione alla prostituta non integri il reato di favoreggiamento.
E' stato da tempo superato l'orientamento opposto espresso in risalenti pronunce: Sez. 3, n. 112 del 26/01/1968, Di Dio, Rv. 107220 - 01; n. 2676 del 23/01/1985, Collegaro, Rv. 168417 - 01; tuttavia, Sez. 3, n. 8600 del 19/05/1999, Campanella, Rv. 214228 - 01, aveva distinto il caso della locazione per l'esercizio della casa di prostituzione che era considerato reato dalla locazione alla singola prostituta nel qual caso il locatore poteva rispondere al limite di favoreggiamento, escluso però proprio per questa ragione da Sez. 3, n. 999 del 06/05/1971, Campo, Rv. 119000-01, n. 4996 del 05/03/1984, Siclari, Rv. 164513-01; n. 6400 del 03/05/1991, Tebaldi, Rv. 188540 - 01. La giurisprudenza richiede dunque un quid pluris rispetto alla semplice locazione. E così, nella sentenza Sez. 3, n. 2582 del 05/10/1994, Napolitano, Rv. 202519-01 ha ravvisato il favoreggiamento nella locazione dell'immobile che si trovava in una strada dove già c'erano altri immobili usati per il meretricio; nella sentenza Sez. 3, n. 810 del 04/12/2008, dep. 2009, Tornei, Rv. 242284 - 01, nella condotta consistente "nel prendere" in locazione, nell'interesse di una prostituta extracomunitaria, un alloggio dove questa possa esercitare il meretricio; nella sentenza Sez. 3, n. 33160 del 19/02/2013, Bertini, Rv. 255893 - 01 è stato affermato con chiarezza che non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione la cessione in locazione, a prezzo di mercato, di un appartamento ad una prostituta anche se il locatore sia consapevole che la conduttrice vi eserciterà la prostituzione a meno che, oltre al godimento dell'immobile, vengano fornite prestazioni accessorie che esulino dalla stipulazione del contratto ed in concreto agevolino il meretricio (come nel caso di esecuzione di inserzioni pubblicitarie, fornitura di profilattici, ricezione di clienti o altro). Tale impostazione è stata seguita nelle successive sentenze Sez. 3, n. 28754 del 20/03/2013, Paltracca, Rv. 255593 - 01; Sez. 3, n. 4571 del 19/10/2017, dep. 2018, G., Rv. 272259 - 01; Sez. 3, n. 20715 del 12/06/2020, M., Rv. 279507-01; Sez. 3, n. 2056 del 08/11/2023, dep. 2024, D., Rv. 285740-02.
Più di recente, si sono registrate delle sentenze secondo cui il canone maggiorato sarebbe irrilevante (quando non indicativo dello sfruttamento) perché anzi distoglierebbe la prostituta dalla locazione proprio di quell'appartamento. Si vedano, Sez. 3, n. 11611 del 11/02/2022, G., Rv. 282931-01 e la successiva Sez. 3, n. 2056 del 08/11/2023, dep. 2024, D., Rv. 285740-01.
Il Procuratore generale nella sua requisitoria ha citato la dissonante sentenza n. 23852 del 28/02/2018, D.F., Rv. 273043-01, secondo cui la presenza di un canone maggiorato integrerebbe il favoreggiamento. Tuttavia, premesso che il capo d'imputazione era relativo sia al favoreggiamento che allo sfruttamento della prostituzione, la Corte ha rilevato in quel caso particolare che non era manifestamente illogica la decisione di ritenere il canone maggiorato una spia dell'agevolazione non della prostituta (ciò che in sé lecito), bensì della stessa prostituzione, perché proprio la consapevolezza dell'esercizio del meretricio in quei locali aveva comportato una richiesta più esosa. E quindi, a ben vedere, si tratta di una sentenza pur sempre in linea con l'orientamento ormai quarantennale che richiede un quid pluris rispetto alla mera locazione per configurare il favoreggiamento, sebbene ormai superata dalle successive pronunce del 2022 e del 2023 che ritengono il canone maggiorato un elemento di dissuasione o comunque neutro.
Nel caso in esame, la Corte territoriale si è conformata ai criteri interpretativi del Giudice di legittimità e ha focalizzato la sua attenzione sull'interesse d'impresa dell'imputato, il quale non si era limitato alla locazione, ma aveva individuato un preciso target di clientela per lucrare il maggior prezzo dagli affitti brevi, al contempo, dimostrando pronta disponibilità nei confronti delle donne che si volevano prostituire in città, le quali trovavano in lui, che, come detto le aveva specificamente selezionate sul web in ragione dell'attività svolta, un sicuro punto di riferimento. Di qui il favoreggiamento, come agevolazione non della persona, bensì del meretricio.
Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso va, pertanto, rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.