Svolgimento del processo
E.E., A.A., B.B. e C.C., rispettivamente coniuge (che decedeva durante il giudizio e a cui succedevano i figli) e figli di F.F., convenivano davanti al Tribunale di Roma D.D., medico, e l'Ente Provincia Italiana della Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione, gestore dell'Ospedale San Carlo di N presso il quale il D.D. prestava servizio all'epoca dei fatti, per ottenerne la condanna, congiuntamente o per quanto di spettanza, a risarcire loro i danni derivati dal decesso di F.F. avvenuto il 1 settembre 2010.
Si costituivano i convenuti, resistendo, il D.D. ottenendo di chiamare in causa la propria compagnia assicuratrice, Zurich Insurance plc, che pure si costituiva.
Disposta consulenza tecnica d'ufficio, con sentenza n. 17157-2015 il Tribunale dichiarava l'improcedibilità della domanda nei confronti dell'Ente Provincia Italiana della Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione in quanto ammesso a procedura concorsuale, e condannava il D.D. a risarcire il danno nella misura di Euro 130.365,33 per A.A., Euro 130.365,33 per A.A. ed Euro 135.077,33 per C.C., oltre accessori; condannava altresì la compagnia assicuratrice a tenere indenne il D.D. nei limiti del massimale.
A.A., B.B. e C.C. proponevano appello principale e il D.D. proponeva appello incidentale.
La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 27 novembre 2020, rigettato l'appello incidentale e parzialmente accolto quello principale, condannava il D.D. a risarcire ciascuno degli appellanti per l'ulteriore somma di Euro 24.100, oltre interessi, e a pagare a titolo di spese l'ulteriore somma di Euro 850, condannando ancora la compagnia assicuratrice a tenerlo indenne nei limiti del massimale.
A.A., B.B. e C.C. hanno presentato ricorso, composto da cinque motivi, depositando poi una memoria che si limita peraltro a rinviare a quanto precedentemente scritto; la compagnia assicuratrice si è difesa con controricorso; il D.D. si è difeso con controricorso includente "ricorso incidentale tardivo", articolato in tre motivi e illustrato pure con memoria; da tale ricorso incidentale A.A., B.B. e C.C.si sono difesi con controricorso.
Motivi della decisione
1. Prendendo le mosse dal ricorso principale, il primo motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c., violazione e-o falsa applicazione degli articoli 1227 c.c., 41 c.p., 5 e 2697 c.c., nullità ex articolo 132, "4 comma" (sic) per motivazione apparente nonché omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, il tutto in relazione al capo della sentenza che rigetta il primo motivo d'appello attinente al riconosciuto concorso di colpa nella misura del 50% a carico di F.F. e pertanto conferma la relativa riduzione del risarcimento.
1.1 In primo luogo la corte territoriale non avrebbe applicato correttamente gli articoli 1227 c.c. e 41 c.p., fornendo una motivazione contraddittoria e basata "su un evidente travisamento dei fatti e degli elementi contenuti nell'atto di citazione".
1.1.1 I ricorrenti dichiarano nella premessa del ricorso che instaureranno davanti al Tribunale di Roma causa di querela di falso in relazione alla cartella clinica del pronto soccorso dell'Ospedale San Carlo del 14 agosto 2009 "vista la falsità di quanto ivi dichiarato in merito al rifiuto di ricovero, circostanza falsa". In questo motivo, invece, dichiarano che, "pur avendo diritto a chiedere la sospensione del presente giudizio in attesa della definizione del giudizio di querela di falso", lo chiedono "solo in via subordinata" nel caso di mancato accoglimento dei motivi del ricorso "che non presuppongono la dichiarata falsità" di tale cartella clinica.
1.1.2 Sostengono che nella suddetta cartella clinica "il presunto rifiuto di ricovero è stato firmato dal figlio" della de cuius, C.C., e non da lei, "che non era interdetta né in abilitata né tantomeno incosciente", emergendo dalla cartella clinica che quando si era presentata al pronto soccorso era cosciente, "vigile e collaborante". La decisione di merito sarebbe errata non solo per errore sull'interpretazione dei documenti di causa - vizio non ammissibile -, ma soprattutto per erronea applicazione dell'articolo 1227, primo comma, c.c. "alla luce del presunto rifiuto" della F.F.
Detta norma stabilisce la diminuzione del risarcimento "se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno"; nel caso in esame, però, non sussisterebbe un fatto colposo del creditore causante danno, in quanto la F.F. "non ha posto in essere alcun fatto colposo perché non ha firmato alcun rifiuto di ricovero".
Nonostante ciò, la corte territoriale esordisce nel rigetto del primo motivo d'appello come segue: "Il rifiuto del ricovero è sicuramente un fatto idoneo a configurare un concorso colposo della vittima", dando così per scontato l'accertamento della sua esistenza.
1.1.3 Inoltre l'articolo 1227, primo comma, "prevede che la diminuzione del risarcimento non sia ancorata semplicemente alla condotta del creditore bensì alla colpa di questi, con un chiaro riferimento al profilo soggettivo". Ciò nonostante il giudice di merito non avrebbe compiuto la - necessaria, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità - indagine del concorso di colpa del danneggiato, pur se "la relazione integrativa" redatta dai consulenti d'ufficio di primo grado "aveva escluso che il rifiuto del ricovero potesse aver concorso a determinare l'evento morte insieme alla colpa del medico D.D.", e la prima relazione non aveva "mai considerato il rifiuto di ricovero" del 14 agosto 2009.
Detti consulenti, invero, nella loro relazione integrativa, "hanno affermato che se non vi fosse stato il rifiuto di ricovero vi sarebbe stata una sola anticipazione di due giorni della somministrazione della giusta terapia anticoagulante ma che il danno ormai era stato prodotto e tale danno era da imputare in via esclusiva alla colpa medica del dr. D.D.".
D'altronde, "nessuno ha detto alla ... F.F. che aveva una ischemia cerebrale", per cui ella non avrebbe alcuna colpa in quanto "non era stata informata da alcuno", onde la colpa ex articolo 1227, primo comma, c.c. non sussisterebbe e, in ultima analisi, "il giudice del merito" non avrebbe "correttamente applicato" sia l'articolo 1227, primo comma, c.c., sia l'articolo 41 c.p.
1.2 In secondo luogo, il giudice d'appello avrebbe violato pure gli articoli 5 e 2697 c.c.
1.2.1 Gli appellanti, odierni ricorrenti, avevano tra l'altro contestato, nel primo motivo d'appello, l'omesso ricovero d'ufficio da parte dei medici, ma la corte territoriale ha negato che i medici vi fossero obbligati "dato che i trattamenti sanitari obbligatori sono solo quelli previsti dalla legge (art. 32 Cost.)".
Si osserva che l'articolo 5 c.c. pone come limite agli atti di disposizione del proprio corpo l'eventualità, tra l'altro, che questi "cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica": su questo il giudice di merito non avrebbe indagato, non applicando la norma. D'altronde il principio dell'autodeterminazione individuale nel settore sanitario "è fonte di un obbligo di informazione tale da recepire un valido consenso o dissenso", mentre "i giudici di merito non hanno indagato se il rifiuto del ricovero sia stato validamente dato" dalla de cuius: e su ciò l'onere probatorio ex articolo 2697 c.c. sarebbe gravato sul D.D. In difetto di questo, il rifiuto sarebbe irrilevante e non riconducibile all'articolo 1227 c.c.
1.2.2 Peraltro, la sentenza "non è nemmeno fondata sulla prova che se la ... F.F. si fosse ricoverata quel giorno 14.8.2009 anziché il successivo 16.8.2009 (presso il Policlinico Gemelli) l'evento morte non sarebbe avvenuto"; e, "secondo la teoria condizionalistica pura del principio causalistico, il Giudice avrebbe dovuto operare un giudizio controfattuale ex post, e considerare se con il ricovero due giorni prima ... l'evento si sarebbe ugualmente verificato": il che non sarebbe stato fatto.
2. Il secondo motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c., violazione degli articoli 61, 191, 195 e 112 c.p.c., nullità ex art. 132, 4 comma (sic) c.p.c. per motivazione apparente e per nullità della relazione integrativa dei consulenti tecnici d'ufficio, in relazione alla prima censura d'appello come nel precedente motivo.
2.1 Il primo giudice non avrebbe condiviso "la conclusione peritale sulla esclusione di colpa" nel rifiutare il ricovero e il giudice d'appello non si sarebbe assolutamente posto "il problema che vi fosse un accertamento peritale che escludeva che il rifiuto del ricovero potesse esser stato determinante dell'evento morte", nella sua motivazione non inserendo "alcun cenno alla circostanza che il CTU avesse escluso che il rifiuto di ricovero avesse determinato esso stesso l'evento danno", limitandosi invece, "in maniera alquanto superficiale", a rigettare il primo motivo d'appello come segue:
"Il rifiuto di ricovero ospedaliero è sicuramente un fatto idoneo a configurare un concorso colposo della vittima dato che, in ambiente ospedaliero, il paziente - che può essere seguito da una equipe di medici - è molto più tutelato per cui è normale pensare che il danno procurato dall'errore terapeutico del D.D. avrebbe potuto essere attenuato".
Si adduce che tale motivazione non sarebbe idonea a superare le conclusioni del CTU e che comunque essa avrebbe violato il canone del minimo costituzionale per spiegare perché si sarebbe assunta da parte del giudice "una posizione nettamente divergente" rispetto a quella dell'ausiliario tecnico. Dunque, nel capo che ripartisce la responsabilità causale tra paziente e medico, la sentenza offrirebbe soltanto "la motivazione apparente".
2.2 A ciò si aggiunge che la CTU integrativa, chiesta dai convenuti, sarebbe nulla perché vi sarebbero stati acquisiti "nuovi documenti", in violazione del "principio dispositivo".
3. A questo punto i ricorrenti chiedono che sia cassato il capo della sentenza oggetto dei primi due motivi di impugnazione con decisione nel merito se si ritengono non necessari ulteriori accertamenti di fatto, indicando l'importo di quanto dovrebbe risarcirsi a ciascuno dei ricorrenti.
4. Il terzo motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, nn.4 e 5 c.p.c., omessa decisione su un punto decisivo della controversia relativo sempre al riconoscimento alla F.F. di un concorso di colpa del 50% come nei due motivi precedenti.
Si afferma che nessuno dei due giudici di merito ha motivato "il criterio di individuazione della riduzione del danno quantificato nel 50%", percentuale "così alta" da risultare "irragionevole e illogica oltre che non ancorata al principio di proporzionalità", nonostante che "la presunzione di colpa era carico del medico al 100%".
5. Il quarto motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità del capo della sentenza che attribuisce 50% di colpa alla F.F. perché "emesso sulla base di un documento falso": si richiama il giudizio di querela di falso in relazione alla cartella clinica dell'Ospedale San Carlo del 14 agosto 2009 che "la scrivente difesa instaurerà su mandato di C.C.", con conseguente necessità di sospensione.
6. Il quinto motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, n. 4 c.p.c., violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. riguardo al rigetto del quarto motivo d'appello che lamentava il non riconoscimento di quattro punti a C.C. per la convivenza con la de cuius.
Tale convivenza sarebbe stata "provata con la produzione della dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio" resa del ricorrente e non considerata però da nessuno dei giudici di merito, erroneamente in quanto sarebbe stato documento "sufficiente" a dimostrarla; peraltro essa non sarebbe stata contestata in primo grado, ove si sarebbe messa in discussione soltanto la qualità di erede.
Se è vero che "le dichiarazioni sostitutive di certificazione hanno valore limitato in quanto esauriscono la loro valenza nei rapporti tra il cittadino e la P.A.", è altresì vero che, ove prodotta in giudizio, il giudice "dovrà valutarla adeguatamente" anche ex articolo 115 c.p.c., nel caso in cui vi sia contestazione dovendo considerarne il grado di specificità; e proprio per tale principio anche il giudice d'appello avrebbe rigettato l'eccezione del D.D. di difetto di qualità di erede di A.A., B.B. e C.C.
In ordine alla convivenza, non vi sarebbe stata alcuna contestazione specifica da parte dei convenuti, per cui si sarebbero dovuti riconoscere a C.C. "i quattro punti connessi all'elemento della convivenza dando per provata la residenza dello stesso presso la casa della madre".
7.1 In primo luogo si rileva che, qualora sia stata effettivamente presentata querela di falso in relazione alla cartella clinica de qua, ciò non darebbe luogo ad alcuna sospensione in questa sede: infatti l'istanza di sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa è inammissibile se proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità, in quanto il provvedimento soprassessorio esula dalla funzione istituzionale di questa Suprema Corte, includente soltanto il sindacato di legittimità delle anteriori decisioni di merito (S.U. 29172-2020; conforme Cass. ord. 35496-2021).
7.2 Dato atto di ciò, si rileva che il secondo motivo del ricorso, in relazione anche al terzo, risulta fondato e assorbente gli altri.
Dall'ampia premessa del ricorso, infatti, emerge che, nella relazione integrativa del 18 luglio 2014, i consulenti tecnici d'ufficio, evidentemente riferendosi al 14 agosto 2009 (e quindi due giorni prima che il 16 agosto 2009 la de cuius venisse trasportata al pronto soccorso del Policlinico Gemelli per ischemia cerebrale: si veda ricorso, pagine 5-6), hanno dichiarato che "già nel controllo presso l'Ospedale San Carlo la condizione embolica encefalica fosse già in atto ma individuabile all'esame tac palesatasi poi al Pronto Soccorso del Policlinico Gemelli e individuata iconograficamente il 18.8.2009 in degenza presso il Policlinico Gemelli. Pertanto se la Paziente non avesse rifiutato il ricovero presso l'Ospedale San Carlo la diagnostica radiologica positiva del 18.8.2009 sarebbe stata anticipata di due giorni con la possibilità di anticipare la protezione con anticoagulanti e di contenere, ancorché con poco verosimile efficacia, gli insulti embolici ... nei due emisferi" (ricorso, pagina 10).
7.3 Il tribunale, nella sua sentenza, aveva asserito che tale "elaborato integrativo ... - per un verso - ammette una capacità anticipatoria dell'ospedalizzazione in esame e - per altro verso - indica con "poca verosimile efficacia" la capacità di contenimento. Il giudizio fornito dagli ausiliari del giudice è caratterizzato da un ampio margine di apprezzamento e richiede una determinazione necessariamente equitativa sul peso dei fattori concorrenti in esame, in virtù della quale questo giudice ritiene di attribuire alla condotta colposa del D.D. un'incidenza equivalente al rifiuto di ospedalizzazione": di qui l'attribuzione del 50% all'incidenza causale del D.D., senza peraltro far comprendere sulla base di quale criterio si sia giunti ad attribuire l'altro 50% ad un rifiutato ricovero nonostante che questo (e il primo giudice invero non lo confuta) avrebbe avuto una "poca verosimile efficacia".
7.4 Al riguardo, non a caso era stato dispiegato il primo motivo d'appello da parte di A.A., B.B. e C.C. (si veda ancora nella premessa, pagine 14 ss.), argomentante altresì nel senso che il rifiuto del ricovero ospedaliero non vi sarebbe stato, che comunque "né la ... F.F. né i di lei famigliari che l'accompagnavano furono edotti - in modo conveniente - del reale quadro clinico della paziente e della conseguente necessità di disporre l'immediato ricovero" (che "gli stessi medici del Pronto Soccorso avrebbero dovuto loro stessi disporre"), e che dalla ricostruzione del fatto sarebbe emersa la responsabilità esclusiva del D.D. che avrebbe "palesemente" disatteso "le prescrizioni e i dettami dei "protocolli medici"".
7.5 Di tutti questi rilievi, evidentemente basilari se fondati, presenti nel primo motivo del gravame, e in particolare dell'assenza di informazione sull'effettivo quadro clinico in cui si trovava la de cuius già il 14 agosto 2009 nonché della situazione di insulti embolici sui due emisferi ormai tale che il mancato avvio della protezione terapeutica appunto il 14 agosto sarebbe stato appunto di "poco verosimile efficacia", il giudice d'appello nella sua motivazione di rigetto di tale motivo non si occupa minimamente.
Si limita, infatti, al mero asserto di una - assolutamente generica - idoneità del ricovero a impedire, implicitamente nella misura di ben 50% individuata dal primo giudice, la sorte della F.F.: "Il rifiuto del ricovero ospedaliero è sicuramente un fatto idoneo a configurare un concorso colposo della vittima dato che, in ambiente ospedaliero, il paziente - che può essere eseguito da una equipe di medici - è molto più tutelato per cui è normale pensare che il danno procurato dall'errore terapeutico del D.D. avrebbe potuto essere attenuato" (peraltro, i consulenti tecnici avevano manifestato, come si è visto, un "pensiero" opposto, ovvero una "poco verosimile efficacia" del ricovero e della cura immediati). Dopodiché la corte territoriale si occupa soltanto della veridicità della certificazione del rifiuto al ricovero e della impossibilità di disporlo d'ufficio, pretermettendo quindi i due basilari elementi veicolati nel motivo d'appello: la non incidenza (una "poco verosimile efficacia", viene detto con un'espressione "diplomatica" nella relazione), riconosciuta dai consulenti tecnici d'ufficio, del ricovero perché ormai era troppo tardi; il difetto di informazione del "reale quadro clinico" della F.F., sia a quest'ultima sia a chi l'aveva, quale parente, accompagnata in pronto soccorso.
7.6 Pertanto, la motivazione si è effettivamente attestata su un livello di mera apparenza, tacendo sugli elementi più significativi e anzi dirimenti, soprattutto il primo in relazione appunto alla concausalità-corresponsabilità che escluderebbe (se fosse fondato, infatti, tutto sarebbe già derivato dall'errore del D.D. del 30 luglio 2009), sui quali la censura d'appello si era imperniata. Si potrebbe dire che inconsapevolmente la corte territoriale, per schivare la problematica ricostruttiva che tali elementi le sottoponevano, si sia orientata su un elemento "laterale", ed anzi destinato a venir meno di ogni sostanziale incidenza nel caso di fondatezza almeno del primo di essi, come non può non qualificarsi, infatti, il ricovero della de cuius (che, appunto, così sarebbe stato sostanzialmente inutile, per la carenza di effettiva terapia - la ben diversa incidenza del Coumadin rispetto alla Cardioaspirina può ormai dirsi notoria, si nota incidenter - da lei subita per ben quattordici giorni).
7.7 Il secondo motivo del ricorso principale è dunque fondato, e a esso può congiungersi, ut supra già si anticipava, anche il terzo, perché l'entità della pretesa colpa del rifiuto di ricovero ai fini dell'articolo 1227, primo comma, c.c. in tale contesto - e quindi nella relativa percentuale di incidenza - avrebbe dovuto, se sussistente, essere realmente motivata con argomentazioni chiare e specifiche, qui del tutto assenti, in quanto il giudice d'appello, per così dire, "precipita" direttamente sulla quantificazione - anch'essa, come si è visto, non arredata di spiegazioni - del primo giudice.
L'accoglimento di questi due motivi assorbe dunque tutti gli altri del ricorso, conducendo alla cassazione con rinvio.
8. Passando al ricorso incidentale, il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 43 L.Fall. e 305 c.p.c., nonché degli articoli 324, 329 c.p.c. e 2909 c.c., in riferimento all'articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c.
8.1 Nell'appello incidentale il D.D. aveva censurato il rigetto, da parte del primo giudice, della - tempestivamente formulata all'udienza del 25 febbraio 2014 - eccezione di estinzione del giudizio per sua tardiva riassunzione, basata sul fatto che il dies a quo per la riassunzione sarebbe stato identificabile non nel giorno di dichiarazione dell'interruzione, bensì in quello in cui il provvedimento di ammissione alla procedura concorsuale era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale; e poiché tale pubblicazione era avvenuta il 17 aprile 2013, tardiva sarebbe stata l'istanza di riassunzione depositata il 28 agosto 2013.
8.2 La corte territoriale ha disatteso la relativa censura, affermando che l'articolo 43, terzo comma, L.Fall. va inteso nel senso che l'interruzione, intervenuto il fallimento, è sottratta all'ordinario regime di cui all'articolo 300 c.p.c. nel senso che è automatica e quindi deve essere dichiarata dal giudice appena ne abbia avuto conoscenza, ma ciò non significa "che la parte non fallita sia tenuta alla riassunzione del processo nei confronti del curatore indipendentemente dal fatto che l'interruzione sia stata, o meno, dichiarata".
In tal modo il giudice d'appello avrebbe violato gli articoli 43, terzo comma, L.Fall. e 305 c.p.c., perché il termine per la riassunzione dovrebbe decorrere proprio dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo.
8.3 Osserva inoltre il ricorrente "per scrupolo di difesa" che il tribunale aveva effettivamente ammesso che la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale comporta la conoscenza legale dell'evento interruttivo: il che sarebbe un "capo della sentenza" non impugnato, per cui non sarebbe più in discussione "l'idoneità di tale pubblicazione a comportare la conoscenza legale". Quindi, accertato che il termine per la riassunzione decorre dalla conoscenza legale anziché dalla dichiarazione del giudice, si dovrebbe disporre cassazione con rinvio perché "il giudice d'appello" determini il momento in cui A.A., B.B. e C.C."hanno avuto conoscenza legale dell'ammissione alla procedura concorsuale" de qua e valuti quindi se la riassunzione sia stata tempestiva.
9. Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e-o falsa applicazione degli articoli 1228 ss., 2043 e 2697 c.c.
9.1 Nel terzo motivo dell'appello incidentale da lui proposto, l'attuale ricorrente D.D. aveva impugnato la sentenza del tribunale laddove era stata affermata la natura contrattuale della sua responsabilità; la corte territoriale aveva rigettato la censura rilevando che all'epoca era indiscussa la natura contrattuale della responsabilità dei sanitari, divenuta extracontrattuale solo in forza della L. Gelli-Bianco, e aggiungendo che, trattandosi appunto ratione temporis di responsabilità contrattuale, sarebbe stato onere del D.D. dimostrare che il risultato negativo della sua terapia era derivato da una causa a lui non imputabile.
9.2 In tal modo il giudice d'appello avrebbe violato le norme indicate nella rubrica. Per dimostrarlo il ricorrente cita Cass. 14258-2020, pronuncia relativa alla posizione dei congiunti di un paziente con problemi psichici in relazione alla specie dei "terzi protetti dal contratto", e conclude il motivo chiedendo che la sentenza sia cassata con rinvio affinché "il giudice d'appello, dichiarata la natura extracontrattuale della ipotetica responsabilità del ... D.D., possa valutare se gli attori abbiano effettivamente fornito ... la prova dei fatti costitutivi della loro pretesa, nonché della riconducibilità degli stessi del (sic) comportamento del convenuto".
10. Il terzo motivo lamenta, ex articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c., omessa pronuncia su un fatto decisivo e discusso.
10.1 Si osserva che il giudice d'appello ha rigettato il motivo di gravame con cui l'attuale ricorrente aveva censurato la prima sentenza ove, riferendosi all'esito della CTU, aveva stabilito che, vista l'ordinarietà dell'intervento, il medico avrebbe avuto responsabilità anche per il caso di colpa lieve e affermato che "non solo parte convenuta non ha superato alla presunzione posta a suo carico dall'art. 1218 c.c., ma, anzi, l'istruzione compiuta nel corso del giudizio ha consentito di accertare elementi positivi di colpa a carico del medico".
Tale motivo d'appello si fondava con ampi riferimenti su una nuova consulenza di parte, depositata dal D.D. alla comparsa di costituzione in appello, che aveva evidenziato gli errori commessi dal primo giudice "e dai CTU" per non avere tenuto conto di alcuni elementi clinici che rendevano controindicato il trattamento anticoagulante orale quando la F.F. - il 30 luglio 2009 - venne da lui visitata.
10.2 Si riporta un ampio stralcio del motivo d'appello (ricorso, pagine 30-32), proseguendo poi con ulteriori censure alla consulenza tecnica d'ufficio (pagine 32-33) e riprendendo (pagine 33-35) passi della relazione del consulente di parte, per dedurne infine che, essendosi la corte territoriale limitata a rinviare alle note integrative dei consulenti tecnici d'ufficio con cui questi si erano "fatti carico di confutare ... i rilievi di parte", sarebbe incorsa nell'omesso esame di fatto discusso e decisivo.
11.1 In primo luogo, va disattesa l'eccezione, sollevata nel controricorso di A.A., B.B. e C.C., di inammissibilità-improcedibilità del ricorso incidentale perché tardivo.
Sostengono questi ultimi che "il ricorso incidentale non può essere proposto beneficiando della remissione in termini dell'art. 334 c.p.c., quando l'interesse a proporre impugnazione non è sorto dalla proposizione del ricorso principale, bensì si era concretizzato con l'emanazione della sentenza di appello, come si ritiene sia accaduto nel caso di specie": pertanto il ricorso del D.D. sarebbe tardivo ex articolo 325 c.p.c.
11.2 Al contrario, la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte riconosce fruibile l'articolo 334 c.p.c. nel caso dell'impugnazione incidentale in senso stretto, cioè presentata dalla parte contro la quale è stato proposta l'impugnazione principale (tra gli arresti massimati: Cass. 17614-2020; S.U. 23903-2020; Cass. 41254-2021). Tale è, ictu oculi, la condizione del D.D.
12. Anche riguardo al primo motivo del ricorso incidentale è dirimente la giurisprudenza di questa Suprema Corte, che distingue l'interruzione per procedura concorsuale dal dies a quo della relativa riassunzione, da identificarsi nella dichiarazione giudiziale dell'interruzione stessa: questa interpretazione, affermata effettivamente da Cass. 5288-2017, Cass. 4519-2018, Cass. 8640-2018 e Cass. 9016-2018, è stata poi confermata in modo definitivo dall'intervento delle Sezioni Unite, che, a proposito di apertura del fallimento, con la sentenza 12154-2021 hanno affermato che l'interruzione del processo è automatica ex articolo 43, terzo comma, L.Fall., però il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione per evitare l'estinzione ex articolo 305 c.p.c. decorre dal momento in cui viene effettuata la dichiarazione giudiziale dell'interruzione.
È evidente l'applicabilità del suddetto principio a qualunque procedura concorsuale. In particolare, la pubblicazione dell'evento interruttivo sulla Gazzetta Ufficiale non inibisce alcunché, considerata la natura della fattispecie in esame e quindi la necessità, che sortisce dal basilare e ormai intersecato disposto degli articoli 24 e 111 della D.D. costituzionale, di interpretare l'istituto processuale in essa racchiuso optando nel senso della direzione di maggior ampiezza accordata allo spazio di esercizio del diritto di difesa lato sensu, e pertanto ontologicamente avvince pure l'equiparazione della suddetta fattispecie a quella derivante dal fallimento.
Il motivo, dunque, è infondato.
13. Il secondo motivo, a tacer d'altro, è privo di interesse, in quanto è evidente che, anche qualora la natura della responsabilità fosse extracontrattuale, quel che è stato accertato nella impugnata sentenza desumendolo dalla specifica consulenza tecnica d'ufficio e dalla sua successiva integrazione sarebbe palesemente frutto della stessa tipica attività lato sensu istruttoria, che sarebbe così stata svolta anche ai fini di una siffatta responsabilità.
Il motivo pertanto è inammissibile.
14. Il terzo motivo, infine, non rappresenta l'omesso esame di un fatto discusso e decisivo, bensì richiama ampiamente le censure che il consulente tecnico di parte del D.D., nella relazione allegata all'atto d'appello, rivolge avverso alla consulenza tecnica d'ufficio e alla sua integrazione: si tratta, quindi, del perseguimento di un terzo grado di merito che rende anche questo motivo inammissibile.
Il ricorso incidentale, quindi, merita rigetto.
15. In conclusione, devono accogliersi il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, rigettando invece integralmente il ricorso incidentale; ne conseguono la cassazione per quanto di ragione della sentenza impugnata e il rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma, in diversa sezione e diversa composizione.
16. Va disposto che, i sensi dell'art. 52, D.Lgs. n. 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento, sino omesse le generalità egli altri dati identificativi dei ricorrenti e dei genitori degli stessi.
17. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo id contributo unificato, pari a quello previsto per il detto ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20-02-2020, n. 4315).
P.Q.M.
rigetta il ricorso incidentale, accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, cassa in relazione alle censure accolte la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma.
Dispone che, i sensi dell'art. 52, D.Lgs. n. 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento, sino omesse le generalità e gli altri dati identificativi dei ricorrenti e dei genitori degli stessi.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo id contributo unificato, pari a quello previsto per il detto ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20-02-2020, n. 4315).