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28 giugno 2024
La mancata diagnosi della malformazione del feto lede il diritto della gestante all'autodeterminazione

La futura madre ha il diritto al risarcimento se non le è stata comunicata una possibile deformazione del nascituro. Lo stabilisce la Cassazione con l'ordinanza n. 12000/2024 sulla base di orientamenti consolidati .

di La Redazione

Un caso di omessa diagnosi di malformazione del feto apre la questione sulla possibilità di risarcimento. In questo occasione la Corte di Cassazione, con sentenza n. 12000/2024 chiarisce, inoltre, la differenza tra danno da mancato esercizio dell'autodeterminazione e quelli causati dall'assenza di consenso informato.

La sentenza in esame, vede come attori due genitori che agiscono per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di una diagnosi imprecisa che non ha permesso di rendere nota la malformazione del feto. Era emerso, infatti, dai rapporti del ctu che vi era stata una refertazione incompleta del sanitario, che non aveva specificato che, a seguito della posizione del feto, non era stato possibile vedere le caratteristiche tipiche delle malattie genetiche, una situazione che avrebbe dovuto indurre a effettuare ulteriori e più specifici esami.

I Giudici di merito non accoglievano la richiesta di risarcimento degli attori affermando che i futuri genitori non avevano allegato le prove che avrebbero dimostrato la loro intenzione di interrompere la gravidanza nel caso in cui fossero emersa una malformazione fetale. Anzi, secondo quanto addotto dall'organo decidente il fatto che non avessero richiesto esami più approfonditi, come l'amniocentesi lasciavano presumere che il suo stato di salute non fosse rilevante ai fini di un'eventuale decisione abortiva.

I coniugi ricorrono quindi in Cassazione, denunciando l'errore della Corte territoriale che non aveva considerato che il difetto di refertazione non li aveva messi nelle condizioni di una corretta formazione del consenso, ledendo così il diritto di autodeterminazione del paziente. Citando alcune precedenti pronunce dello stesso organo di legittimità, gli Ermellini evidenziano un'errata sovrapposizione nel giudizio di merito, tra l'autodeterminazione e il consenso informato, che ha lasciato scoperto il profilo risarcitorio de quo. Secondo gli ultimi orientamenti della Corte: «i danni risarcibili in conseguenza della lesione del diritto all'autodeterminazione della gestante non si limitano a quelli correlati alla nascita indesiderata, estendendosi anche agli altri che siano connessi alla perdita delle possibilità di predisporsi ad affrontare consapevolmente tale nascita, quali, ad esempio, il ricorso, per tempo a una psicoterapia o quanto meno la tempestiva organizzazione della vita in modo compatibile con le future esigenze di cura del figlio». Di conseguenza la sentenza viene cassata e rinviata alla Corte d'Appello che deciderà sulla base di quanto espresso dalla Cassazione.   

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