Da Piazza Cavour emergono orientamenti passati in materia di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, la lesione va calcolata in ragione della qualità e quantità della relazione affettiva con la persona perduta che, nel caso di specie era solo potenziale, in quanto coinvolgeva un figlio nato morto. Tuttavia, viene affermato che «tra la madre e il figlio ancora in grembo ci sia comunque un rapporto affettivo che si rafforza nel corso della gravidanza, ragion per cui i criteri tabellari possono costruire un punto di partenza per la liquidazione, pur sempre equitativa, del danno non patrimoniale subito dalla madre».
Di conseguenza, in assenza dei parametri e dei criteri utilizzati per definire l'importo complessivo, i Giudici di legittimità cassa la sentenza impugnata e rinviano la causa alla Corte d'Appello.
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Cassino ha accolto per quanto di ragione la domanda risarcitoria proposta da A.A. in proprio e quale genitore della figlia minore B.B., e da C.C., ha riconosciuto la responsabilità dei medici dell'Ospedale di Pontecorvo, gestito dall'Azienda Unità Sanitaria Locale di Frosinone, ha condannato l'azienda convenuta al pagamento in favore dell'attrice della somma di Euro 80.000,00, già decurtata della somma riconosciutale a titolo di provvisionale dal Tribunale penale di Cassino, nonché al pagamento in favore delle predette figlie B.B. e C.C. della somma di Euro 15.000,00, ciascuna, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale subito a causa della morte intrauterina di D.D., figlio di A.A. e loro fratello, nato morto il 13 luglio 2000 presso detto ospedale a causa della mancata esecuzione del taglio cesareo.
2. Ha proposto appello avverso la sentenza di prime cure, la sola originaria attrice dinanzi alla Corte d'appello di Roma, chiedendo la condanna dell'Azienda ospedaliera al pagamento del maggior importo dovutele per la perdita del rapporto parentale con il nascituro da liquidarsi, almeno nel minimo dei parametri previsti dalle Tabelle Milanesi (forbice da Euro 163.990 a 327.990) e nella misura di Euro 40.000,00 per il danno al nascituro o nel diverso importo ritenuto di giustizia.
Nel giudizio d'appello, si costituiva l'Azienda appellata chiedendo, oltre al rigetto del gravame, la declaratoria di cessazione della materia del contendere in relazione alle statuizioni favorevoli in favore delle figlie, a seguito della dichiarazione di rinuncia agli effetti favorevoli della sentenza da parte di C.C. e di A.A., quale genitore della figlia minore.La Corte d'appello di Roma, in via preliminare, in ordine all'istanza formulata dall'Azienda ha osservato che, non essendo state impugnate tali statuizioni, "le conseguenze della rinuncia potranno essere fatte valere in sede esecutiva nel caso di azionamento del titolo"; nel merito, ha accolto il gravame e in riforma parziale della sentenza di prime cure, ha condannato l'Azienda appellata al pagamento in favore della appellante della somma di Euro 140.000,00, detratto da detto importo quanto eventualmente già corrisposto, oltre interessi al saggio legale dalla pubblicazione della sentenza, con condanna dell'Azienda appellata alle spese dell'intero giudizio, con distrazione.
3. Avverso la sentenza d'appello, A.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi d'impugnazione. Ha resistito con controricorso l'Azienda Unità Sanitaria Locale di Frosinone.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell'art. 380 - bis 1 c.p.c.
La parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la "Violazione di legge ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. in relazione alla liquidazione del danno da perdita della genitorialità per violazione degli artt. 1223, 1226, 2056, 2059 cod. civ. - mancata indicazione dei criteri e parametri utilizzati - Violazione dell'art. 132, co. 2, n. 4 cod. proc. civ. per motivazione apparente e contrasto tra le affermazioni contenute nella motivazione e la decisione emessa"; in particolare, sottolinea che la liquidazione effettuata dalla Corte d'appello sia inadeguata, non consenta il ristoro integrale del danno non patrimoniale, non indichi i parametri e i criteri utilizzati, e sostanzialmente confermi la sentenza del primo grado, applicando la decurtazione rispetto agli eventuali importi già percepiti.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la "Violazione di legge ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. per violazione degli artt. 1223, 2056 c.c.", per non aver la Corte d'appello "statuito che gli interessi compensativi dovevano essere calcolati sull'intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo che va dalla data dell'illecito al pagamento degli acconti e poi, a seguire, sulla somma che residua dopo la detrazione dell'acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va dal suo pagamento fino alla liquidazione definitiva".
3. Il primo motivo è fondato e merita accoglimento.
La Corte d'appello è pervenuta alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale subito dalla danneggiata in modo apodittico, senza dare conto del percorso logico giuridico seguito con particolare riferimento ai parametri e ai criteri utilizzati per giungere ad indicare il complessivo importo liquidato a tale titolo.
Ebbene, è pur vero che la Corte territoriale ha ritenuto di condividere "il metodo risarcitorio adottato dal Tribunale con applicazione non automatica delle Tabelle milanesi per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale", richiamando correttamente, sul punto, i principi espressi da questa Corte in materia di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, secondo cui, in particolare, la lesione va calcolata in ragione della qualità e quantità della relazione affettiva con la persona perduta che, nella peculiarità del caso in esame, trattandosi di un figlio nato morto, tale relazione è solo potenziale (Cass. Sez. 3, 19/06/2015 n. 12717) e affermando, pertanto, che tra la madre e il figlio ancora in grembo ci sia comunque un rapporto affettivo che si rafforza nel corso della gravidanza, ragion per cui i criteri tabellari possono costituire ad ogni modo un punto di partenza per la liquidazione, pur sempre equitativa, del danno non patrimoniale subito dalla madre. Al momento della liquidazione, però, la medesima Corte territoriale, pur accennando alle peculiari circostanze della vicenda come "altamente drammatiche" (essendo avvenuta la morte intrauterina del feto quando la odierna ricorrente era giunta alla 36ma settimana di gravidanza e per le modalità attraverso cui la gestante apprese la notizia) e considerando la composizione ridotta del nucleo familiare della danneggiata (un marito e una figlia), ha concluso affermando che "appare congruo liquidare complessivamente la somma di Euro 140.000,00 che tiene conto di ogni pregiudizio subito sino ad oggi dalla danneggiata anche della ritardata liquidazione" (pag. 4 della sentenza impugnata), mancando del tutto di dare conto dei parametri e dei criteri utilizzati per giungere ad indicare l'indicato complessivo importo; aggiungendo apoditticamente, inoltre, nel dispositivo della pronuncia impugnata che dovesse essere "detratto da detto importo quanto eventualmente già corrisposto, oltre interessi al saggio legale dalla pubblicazione della sentenza" (pag. 5 della sentenza impugnata).
4. Dall'accoglimento del primo motivo di ricorso discende l'assorbimento del secondo motivo.
5. In definitiva, il ricorso è accolto in relazione al primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
6. Va disposto che, ai sensi dell'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi della ricorrente e dei suoi figli.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.