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10 settembre 2024
Confermato il licenziamento del dipendente che partecipa a una partita di calcio mentre è in malattia

Nulla da fare per l lavoratore. Anche gli Ermellini hanno ritenuto infatti la sua condotta di tipo artificioso in quanto volta, attraverso la simulazione di uno stato fisico incompatibile con lo svolgimento dell'attività di lavoro, all'assenza dal lavoro e al vantaggio indebito della partecipazione in orario di lavoro a una partita di calcio già programmata implicante comunque uno sforzo fisico.

di La Redazione

La Corte d'Appello di Napoli respingeva il reclamo proposto dal lavoratore contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la legittimità del suo licenziamento poiché egli, mentre era in malattia, aveva partecipato a una partita di calcio, condotta ritenuta significativa dal punto di vista disciplinare ai fini del licenziamento.
Il reclamante propone allora ricorso in Cassazione asserendo che la Corte avrebbe erroneamente ritenuto la sua condotta come rientrante nella fattispecie di cui all'art. 45, comma 2, R.D. n. 148/1931, anziché in quella di cui all'art. 42 che punisce con la sanzione conservativa la simulazione della malattia.

Con l'ordinanza n. 23852 del 5 settembre 2024, la Cassazione dichiara il ricorso non accoglibile, evidenziando anzitutto che l'attività di integrazione del precetto normativo contenuto in una norma “elastica” compete al giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza del giudizio di sussunzione del fatto concreto e in virtù di una specifica denuncia di non coerenza del giudizio rispetto agli standard esistenti nella realtà sociale.
Detto ciò, gli Ermellini affermano che lo svolgimento di altra attività lavorativa durante lo stato di malattia del dipendente può configurare una violazione degli obblighi contrattuali di fedeltà e diligenza ed anche dei doveri generali di correttezza e buona fede e ciò anche quando l'attività esterna basti a far presumerel'inesistenza dello stato di malattia o quando possa pregiudicarne il decorso di guarigione.
Tuttavia, occorre rilevare che anche se la malattia compromette la possibilità di svolgere la specifica attività oggetto del contratto di lavoro, non è detto che le residue capacità psico-fisiche del lavoratore possano consentirgli comunque di svolgere altre attività, fermo restando quanto sopra specificato, e cioè che

ildiritto

«il compimento di altre attività da parte del dipendente assente per malattia non è circostanza disciplinarmente irrilevante, ma può anche giustificare la sanzione del licenziamento, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifichi obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, sia nell'ipotesi in cui la diversa attività accertata sia di per sé sufficiente a far presumere l'inesistenza dell'infermità addotta a giustificazione dell'assenza, dimostrando quindi una sua fraudolenta simulazione, sia quando l'attività stessa, valutata in relazione alla natura ed alle caratteristiche della infermità denunciata ed alle mansioni svolte nell'ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore».

Ora, nel caso di specie la Corte di Appello ha ritenuto la condotta del lavoratore di tipo artificioso, come tale lesiva degli obblighi di lealtà e correttezza perché volta, attraverso la simulazione di uno stato fisico incompatibile con lo svolgimento dell'attività di lavoro, all'assenza dal lavoro e al vantaggio indebito della partecipazione in orario di lavoro a una partita di calcio già programmata implicante comunque uno sforzo fisico.
Alla luce di ciò, gli Ermellini confermano la pronuncia impugnata e rigettano il ricorso.

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