
Nessuna prova infatti era stata fornita dal datore di lavoro circa il fatto che tale attività ricreativa potesse pregiudicare la condizione di ansia dalla quale era affetto il lavoratore.
La società comminava al dipendente la sanzione della destituzione per abuso dei permessi 104, in quanto era stato accertato che egli si era dedicato, durante le giornate richieste, perlopiù ad attività di natura personale, e poi perché mentre era assente per malattia riconducibile ad uno stato di ansia, egli era stato sorpreso a svolgere altra attività di lavoro, cioè quella di...
Svolgimento del processo
1. In data 26.2.2020 la (omissis) spa comminava la sanzione della destituzione al dipendente GS perché: a) nelle giornate del 9.3.2019 e del 16.3.2019, per le quali il dipendente aveva richiesto di fruire dei permessi ex lege n. 104/1992, egli si era dedicato in maniera prevalente ad attività personali prestando assistenza al padre solamente per un limitato periodo orario nelle giornate del 9 marzo 2019 e del 16 marzo 2019; b) nella giornata del 6 aprile 2019, per la quale il S aveva comunicato di trovarsi in stato di malattia, egli aveva svolto attività del tutto incompatibili con tale stato, non aveva rispettato le fasce di reperibilità per le visite fiscali e si era, altresì, dedicato ad altra attività lavorativa (come cantante/musicista di piano bar).
2. Impugnato il recesso il Tribunale di Roma, sia in fase sommaria che in sede di opposizione ex lege n. 92 del 2012, dichiarava illegittimo il provvedimento instaurato condannando la società alla reintegra nel posto di lavoro e al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto, pari ad euro 2.127,37 dalla data del licenziamento sino alla effettiva reintegra.
3. La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 3767/2022, ha rigettato il reclamo proposto dalla datrice di lavoro, confermando la pronuncia di primo grado con parziale diversa motivazione.
4. I giudici di seconde cure, per quello che qui interessa, rilevavano che: a) relativamente alla prima contestazione, non mancando del tutto il nesso causale tra assenza del lavoro ed assistenza del disabile, non era ravvisabile la fattispecie dell'abuso del diritto ex art. 3 legge n. 104/92 e che ; b) con riguardo alla seconda contestazione, in primo luogo andava osservato che il R.D. n. 148/1931 per l'inosservanza delle fasce di reperibilità non prevedeva una espressa sanzione; era, poi, sanzionata con la destituzione solo l'assenza arbitraria superiore a cinque giorni, mentre quella per giorni inferiori era punita con sanzione conservativa; in secondo luogo, avendo riguardo alla patologia da cui era affetto il lavoratore (ansia), l'impegno in attività ricreative non configurava in sé un comportamento incompatibile con la dichiarata condizione depressiva, anzi poteva giovare alla guarigione; In terzo luogo, in ordine allo svolgimento di altra attività lavorativa senza autorizzazione, in una giornata di assenza giustificata, il citato Regio Decreto non prevedeva specificamente alcuna sanzione ed il fatto poteva essere considerato solo come inadempimento lieve e rientrante nella ipotesi prevista dall'art. 42 del RD n. 148/1931; c) il mancato rispetto delle fasce di reperibilità e la violazione dell'obbligo di richiedere alla C l'autorizzazione a svolgere un'altra attività lavorativa per una sola giornata avevano rilevanza disciplinare ma non tale da giustificare, essendo punibili con sanzioni conservative, la destituzione, con l'effetto che andava applicata la tutela reintegratoria attenuata.
5. Avverso la sentenza di secondo grado la C spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui ha resistito con controricorso GS
6. Le parti depositavano memorie.
7. Il Collegio si riservava il deposito dell'ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Motivi della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione dell'art. 33 legge n. 104 del 1992 e degli artt. 112, 115 e 116 cpc, per avere la corte distrettuale escluso che il comportamento posto in essere dal S configurasse un illecito ed abusivo utilizzo dei giorni di permesso ex art. 33 legge n. 104/92. Essa deduce che era errata in diritto la statuizione secondo cui era sufficiente, per non ritenere configurabile, nella fattispecie, l'ipotesi dell'abuso di diritto, che fosse prestata assistenza al disabile solo per qualche ora, non essendo in questo caso essa funzionale alla cura né effettiva.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell'art. 45 e dell'art. 5 dell'Allegato A al RD n. 148/1931, dell'art. 2119 cc e degli artt. 112, 115 e 116 cpc, ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale ritenuto che le condotte realizzate dal lavoratore il 6.4.2019 non giustificavano la irrogata destituzione. Si obietta che i giudici di seconde cure, con una cattiva applicazione della nozione giuridica del "notorio" non avevano considerato incompatibile con la dichiarata condizione depressiva l'attività lavorativa svolta e che essi avevano erroneamente proceduto ad un esame atomistico dei singoli episodi senza valutarli nel loro complesso; infine, si deduce che il comportamento del S poteva essere sussunto nella fattispecie di cui all'art. 45 punti 2 e 4 del Regolamento Ali. A) al RD n. 148/1931, che prevedeva la sanzione della destituzione per chi simulava altri fatti o comunque adoperava artifici per procurarsi vantaggi indebiti ovvero per chi scientemente defraudava o contribuiva a che altri defraudassero l'azienda dei suoi avere, diritti ed interessi.
4. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 18 co. 4 legge n. 300 del 1970, ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 3 cc, per essere stata applicata la tutela reintegratoria attenuata pur in presenza di fattispecie disciplinari (art. 45 punti 2 e 4 dell'Allegato A) nelle quali le condotte del s- finalizzate al conseguimento di vantaggi indebiti o a defraudare l'Azienda nei suoi diritti ed interessi, potevano essere ascrivibili nonché per non essere stato considerato che, comunque, per la sussistenza dei fatti contestati, anche in ipotesi di non gravità degli stessi, doveva essere applicata la tutela di cui all'art. 18 co. 5 della legge n. 300 del 1970.
5. Il primo motivo non è meritevole di accoglimento.
6. La gravata sentenza, relativamente alla tematica dell'uso legittimo dei permessi ex art. 3 legge n. 104/92 è fondata su due rationes decidendi, entrambe idonee a sostenere il dictum: la prima, basata sul fatto che per configurarsi l'abuso del diritto al permesso occorre la mancanza assoluta del nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile; la seconda, ritenuta espressamente dalla Corte territoriale con valore assorbente in senso favorevole al lavoratore, costituita dalla circostanza che l'art. 32 dell'Accordo nazionale 28 novembre 2015 di rinnovo del CCNL Autoferrotranvieri-Internavigatori (Mobilità -TPL) non prevede la possibilità di permessi orari ma solo giornalieri, con la conseguenza che deve ritenersi logicamente legittima la fruizione di una giornata di permesso anche per fornire un'assistenza al familiare disabile limitata ad un'ora.
7. Tale ultima ratio decidendi non è stata idoneamente censurata con il motivo in esame (cfr. pag. 27 punto 6 del ricorso) in quanto è stato solo ribadito che il permesso noi) era stato speso in una attività di effettiva assistenza al familiare, senza criticare però l'interpretazione e lo scopo della disposizione contrattuale collettiva come individuata dalla Corte di merito.
8. Va richiamato, quindi, il consolidato orientamento di legittimità secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (per tutte, Cass. n. 5102/2024).
9. Il secondo motivo è infondato.
10. In ordine alla statuizione della Corte territoriale in virtù della quale, secondo la comune esperienza ai sensi dell'art. 115 co. 2 cpc, in relazione ad un periodo di malattia (per "ansia") l'impegno in attività ricreative non configuri in sé un comportamento pregiudizievole con la dichiarata condizione depressiva, deve osservarsi in primo luogo che, a prescindere dal riferimento all'istituto giuridico del "notorio", si versa in una ipotesi processuale di cd. "doppia conforme" (tra le pronunce di primo e secondo grado) dove, in relazione ad un accertamento di fatto, entrambi i giudici di merito hanno valutato, in pratica, la circostanza della mancanza, in concreto, di una condotta del lavoratore pregiudizievole alla guarigione della sua patologia allo stesso modo; in secondo luogo, va rilevato che, in ogni caso, il datore di lavoro non ha dimostrato, come era suo onere (cfr. Cass. n. 13063/2022 secondo cui, in materia di licenziamento disciplinare intimato per lo svolgimento di altra attività, lavorativa o extralavorativa, durante l'assenza per malattia del dipendente, grava sul datore di lavoro la prova che la malattia in questione sia simulata ovvero che la predetta attività sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente medesimo, atteso che l'art. 5 della legge n. 604 del 1966 pone a carico del datore di lavoro l'onere della prova di tutti gli elementi di fatto che integrano la fattispecie che giustifica il licenziamento e, dunque, di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, idonee a connotare l'illecito disciplinare contestato), l'incompatibilità dell'attività svolta con la ripresa psico-fisica, limitandosi solo ad obiettare, oltre la cattiva applicazione del "notorio", che l'avere trascorso una intera giornata fuori casa per svolgere ordinarie attività ovvero per avere partecipato quale musicista/cantante ad una serata musicale quale cantante di piano bar mal avrebbe reagito con la sindrome di ansia di cui il S era affetto, senza però fornire alcun riscontro obiettivo, di qualsivoglia natura, a quanto affermata.
11. Guanto, poi, alla doglianza riguardante una errata valutazione atomistica (e non complessiva) dei singoli episodi contestati, da parte della Corte territoriale, deve sottolinearsi che in tema di licenziamento per giusta causa occorre che la mancanza del lavoratore sia tanto grave da giustificare l'irrogazione della sanzione espulsiva: nella fattispecie, tale mancanza non è stata ritenuta sussistente perché dei quattro addebiti, due sono risultati insussistenti e due punibili con sanzione conservativa, per cui alcun vizio metodologico può essere ravvisato nell'analisi frazionata dei giudici di seconde cure che hanno escluso, in relazione ai soli comportamenti disciplinarmente rilevanti, la presenza della giusta causa perché puniti appunto singolarmente con sanzione conservativa.
12. Non meritevole di accoglimento è, da ultimo, anche la censura circa la asserita sussunzione delle fattispecie concrete in quelle astratte previste dall'art. 45 del Regolamento AII. A) al RD n. 148/1931, sanzionate con la destituzione, le quali, come correttamente osservato dalla Corte territoriale, per la loro specificità riguardano ipotesi del tutto diverse, espressamente tipizzate, non suscettibili di applicazione analogica in senso sfavorevole al lavoratore e, comunque, non pertinenti ai comportamenti rilevati che, per la loro consistenza, in un'ottica di valutazione della giusta causa, devono essere effettivamente qualificati come inadempimenti lievi.
13. Il terzo motivo, infine, è anche esso infondato in quanto gli episodi oggetto di addebito o sono stati ritenuti insussistenti da un punto di vista disciplinare (avere abusato dei permessi ex art 3 legge n. 104/92 e avere svolto attività pregiudizievole con lo stato di malattia) ovvero punibili con sanzione conservativa costituendo appunto inadempimenti lievi (inosservanza delle fasce di reperibilità, rientrante nei casi di cui all'art. 4 -assenze arbitrarie per un giorno- e svolgimento di attività lavorativa per una sola serata senza autorizzazione, parificabile al volontario inadempimento dei doveri di ufficio o per negligenza, la quale abbia portato danni al servizio o agli interessi dell'azienda, art- 42) per cui correttamente la tutela da applicare è stata individuata dalla Corte distrettuale in quella di cui all'art. 18 co. 4 e non in quella di cui all'art. 18 co. 5 legge n. 300/1970.
14. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
15. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente.
16. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
17. In caso di diffusione della presente pronuncia vanno oscurati nomi del lavoratore controricorrente e della società datrice di lavoro, venendo in rilievo dai sensibili per la natura della patologia da cui il primo è risultato affetto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente. Ai sensi dell'art, 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Ai sensi dell'art. 52 comma 5 del d.lgs. n. 196/2003, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi del lavoratore controricorrente e della società datrice di lavoro.