Svolgimento del processo
1.M.M. conveniva in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Patti il Consorzio per le Autostrade Siciliane, al fine di sentirlo condannare al risarcimento dei danni da responsabilità ex art. 2051 c.c., e/o in subordine ex art. 2043 c.c., nella misura di euro 2.241,20 per i danni subiti alla autovettura a causa di una sbarra metallica di circa tre metri presente sulla carreggiata del tratto autostradale A/20 in direzione Messina/Palermo.
Assunta CTU e prova testi, il giudizio di primo grado si concludeva con il rigetto delle istanze. M.M. proponeva appello avverso la pronuncia dinanzi al Tribunale di Patti, chiedendo l’accoglimento delle istanze di primo grado con vittoria di spese.
2.Il Tribunale di Patti, quale giudice dell’appello dichiarava inammissibile l’appello con ordinanza n. 120 del 12 febbraio 2022 per insussistenza della ragionevole probabilità di accoglimento ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., atteso che la condotta del terzo andava ritenuta quale caso fortuito, idoneo ad interrompere in nesso di causalità tra il fatto (la custodia) e il danno: e condannava l’appellante alla rifusione delle spese di giudizio.
3.M.M. propone ricorso per Cassazione per l’annullamento della sentenza di primo grado, n. 306/2019 emessa dal Giudice di Pace di Patti.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
Motivi della decisione
4.Con il primo ed unico motivo, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051c.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 1218 c.c. per non aver dimostrato l’ente coinvolto l’interruzione del nesso causale della responsabilità derivante da cose in custodia per mezzo di caso fortuito.
Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto, è stato formulato in modo non conforme alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 c.p.c., stante l’inosservanza dei principi di specificità, anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, Succi e altri c/ Italia, la quale ha ribadito, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso è la semplificazione dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia, (ai p.ti 74 e 75 in motivazione), investendo questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad un organo giudiziario (al p.to 81 in motivazione), esso (il principio di autosufficienza) può dirsi soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950): requisito che può essere concretamente soddisfatto “anche” fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod. proc. civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda” (Cass. 19/04/2022, n. 12481).
Qualunque sia il tipo di errore denunciato (in procedendo o in iudicando), il ricorrente ha l’onere di indicare specificatamente, a pena di inammissibilità, i motivi di impugnazione, esplicandone il contenuto e individuando, in modo puntuale, gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda, oltre ai fatti che potevano condurre, se adeguatamente considerati, ad una diversa decisione. E ciò perché il ricorso deve “contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata” (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 8/08/2023, n. 24179; Cass. civ., Sez. III, Ord., 13/07/2023, n. 20139; Cass. civ., Sez. V, Ord., 10/07/2023, n. 19524; Cass. civ., Sez. V, Ord., 22/06/2023, n. 17983; Cass. civ., Sez. I, Ord., 25/05/2023, n. 14595; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14/02/2023, n. 4571; Cass. civ., Sez. V, 20/07/2022, n. 22680;Cass. civ., Sez. 1, 19/04/2022, n. 12481; Cass. civ., Sez. V, Ord., 13/01/2021, n. 342; Cass. civ., Sez. 1, 10/12/2020, n. 28184; Cass. civ., SS. UU., 27/12/2019, n. 34469).
Il Giudice di pace ha ritenuto che dalla c.t.u. fosse emerso che il sinistro si era verificato per avere un autocarro che precedeva l’auto dell’attore perso la spondina metallica, su cui ha impattato quest’ultima, spondina che poi è stata spostata onde evitare pericoli ai veicoli in transito.
Ebbene, considerato che il motivo prospetta una erronea lettura delle risultanze probatorie e si fonda proprio sulla dinamica accertata dalla CTU, il ricorrente non riporta, a parte brevi ed interpolati stralci a pag. 5 del ricorso, il testo della Consulenza che ha effettuato l’accertamento di merito della dinamica dell’incidente (cfr. pag. 2 sentenza Giudice di pace) in violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c.
E, comunque per la giurisprudenza di questa Corte, anche il custode di una strada aperta al pubblico transito risponde delle alterazioni di quella, a meno che non provi che, per il carattere improvviso della modifica delle condizioni originarie, non sia stato inesigibile un intervento tale da scongiurare, per quanto possibile, le conseguenze potenzialmente dannose di tale modifica (tra le altre: Cass., ord. 01/02/2018, n. 2480, punto 26: ove si specifica pure che, a mano a mano che il tempo trascorre dal suo accadimento in rapporto alle concrete possibilità di estrinsecazione della signoria di fatto su quella, la modifica stessa finisce con il fare corpo con la cosa stessa, sicché è a quest’ultima, come in effetti modificata anche dall’evento originariamente improvviso, che correttamente si ascrive il fatto dannoso che ne deriva). Nel caso di specie il giudice del merito ha accertato sulla base della CTU una dinamica del sinistro tale da riscontrarvi la repentinità dell’immutazione dello stato dei luoghi della cosa custodita, tale da elidere, quale fortuito inevitabile, il nesso con quest’ultima e, di conseguenza, l’oggettiva responsabilità del custode.
5.L’indefensio degli intimati non richiede la condanna alle spese.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.