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Svolgimento del processo
1. Con la pronuncia sopra indicata, la Corte di appello di Vene riforma della sentenza di condanna di primo grado ha condannato pena di anni uno di reclusione, con pena condizionalmente sospesa d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per il possesso - in assenza di autorizzazione e a fini di spaccio - di 414 grammi di marijuana e b) artt. 2, 7 e 5 legge 2 ottobre 1967, n. 895, per aver detenuto presso la propria abitazione 1rn dissuasore elettrico tipo Taser da 80 Kilovolt con 4 testine da due dardi ciascuna senza averne fatto denuncia all'Autorità di P.S.
2. Avverso tale provvedimento A (omissis) ricorre per cassa ione, tramite rituale ministero difensivo, affidandosi a tre motivi.
Con il primo motivo, il difensore dell'interessato denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla leggi in generale, nonché rispetto all'avvenuta equiparazione a fini penalistici della pistola lanciarazzi e del Taser ontologicamente differenti per forma e funzionamento rispetto alle armi comuni da sparo artt. 2, 7 e 5 legge 2 ottobre 1967, n. 895. I
Con il secondo motivo, il difensore dell'interessato denuncia I violazione di legge e l'erronea applicazione del combinato disposto degli artt. 2 I gge 18 aprile 1975, n. 110, dell'art. 1 d.lgs. 10/8/2018, n. 104 nonché 12-sexie decies del d.l. 6/7/2012, n. 95, convertito con legge 7/8/2012, n. 135, da cui si s rebbe potuto escludere la qualificazione di arma da sparo rispetto al manufatto (taser) in sequestro.
Con il terzo motivo, il difensore dell'interessato denunci I il difetto di motivazione rispetto alla ritenuta sussistenza dell'elemento se aggettivo che sarebbe sfornito di prova e, quindi, la fattispecie concreta sarebbe dovuta essere riqualificata nell'ipotesi contravvenzionale colposa di cui all'art. 697 cod. pen.
Con il quarto motivo, il difensore dell'interessato denunce il difetto di motivazione rispetto al ritenuto travisamento del contenuto delle dichiarazioni rese da (omissis), di cui al verbale di s.i.t. redatto ai sensi dell'art! 391-bis cod. proc. pen. in data 9 febbraio 2021, e del certificato medico rilasciataci dall'ospedale di Treviso il 14 marzo 2018, entrambi oggetto di deposito nella (cancelleria del G.i.p. del Tribunale di Treviso in data 10 febbraio 2021 dalle quali si sarebbe potuto desumere l'uso a fini terapeutici della sostanza stupefacente i sequestro e l'utilizzo degli oggetti in sequestro (bilancino e cellophane) per scopi culinari e non per predisporre le dosi per lo spaccio.
Con il quinto motivo, il difensore dell'interessato denuncia I violazione di legge in relazione all'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. rispetto al 'affermazione contenuta nella sentenza impugnata che, per affermare la responsabilità del (omissis) nella detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio, ha fatto riferimento al mero dato quantitativo della sostanza in sequestro.
È stata depositata una nota con conclusioni scritte con cui son stati ribaditi i motivi di ricorso.
3. Il Procuratore generale, intervenuto con la sua requisitoria or le, ha chiesto una dichiarazione d'inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato, quindi, meritevole di un rigetto.
2. In relazione al primo e al secondo motivo di ricorso, app·1 re opportuno premettere che, agli effetti dell'art. 696 cod. pen. devono intendersi per armi, a norma del successivo art. 704 cod. pen. (che rinvia all'art. 585 cod.! pen., punto 1 del primo capoverso), quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona, definizione ribadita dall'art. 30 r.d. 18 giugno! 1931, n. 773, {T.U.L.P.S.) ed esemplificativamente specificata nel relativo regolar7ento, all'art. 45 r.d. 6 maggio 1940, n. 635, con riferimento a «pugnali, stiletti I simili».
Va altresì ricordato che sono "armi" tutti gli strumenti atti a of rendere e che, sono naturalmente destinati a recare un'offesa o un danno ad alltro soggetto.
All'interno della categoria si suole distinguere tra armi bianche e gliele da fuoco.
Le prime comprendono tutti gli strumenti atti a offendere che possi no provocare ferite per mezzo di punte (come pugnali e baionette), forme contundenti (manganelli) o lame di metallo (sciabole, spade, katane, ecc.). jella categoria rientrano, altresì, quelle che permettono di scagliare altri oggetti (archi, balestre, cerbottane o c.d. armi da lancio). In generale, le armi bianche, sfruttano solo la forza di chi le impugna e la potenzialità lesiva dell'oggetto.
Le armi da fuoco, invece, sono strumenti atti a offendere tale sfruttano il particolare meccanismo costruttivo, basato sull'esplosione o sulla deflagrazione. Esse integrano la categoria delle classiche armi da sparo e utilizzano I, dunque, una peculiarità di tipo esplosivo (pistole, bombe, fucili, ecc.). Vi è poi la differenza tra armi proprie e improprie, laddove queste ultime a differenza delle p ime, possono essere qualificate come strumenti idonei a offendere, ma non anno, in via esclusiva e per destinazione naturale, quello scopo, né sono state ideate e realizzate per quella finalità. Si possono definire improprie, allora, le armi che, per loro natura, non sono destinate all'offesa della persona, pur potendo, tuttavia, nuocere, se utilizzate in maniera pericolosa; si pensi a cacciaviti, artelli, asce, trapani, catene, tubi di ferro ovvero qualsiasi strumento che, pur no avendo come naturale destinazione l'offesa, può essere utilizzato anche con La distinzione indicata è stata tracciata dalla giurisprudenza di legittimità che ha affermato che, in tema di reati concernenti le armi, per arma in sens, proprio deve intendersi quella la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona; e che rientrano in tale categoria, secondo gli artt. 30 T.U.L.P.S. e 45, comma primo, del relativo regolamento, sia le armi da sparo che quelle cosiddette I ianche. Sono invece armi improprie quelle che, pur avendo una specifica diversai destinazione, possono tuttavia servire all'offesa personale, secondo le indicazion date dall'art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110. Delle armi proprie in genere è vietat la detenzione non previamente denunciata all'autorità di pubblica sicurezza; delle élrmi improprie è vietato solo il porto, non anche la detenzione. (Sez. 1, n. 14953 d 1117/03/2009, Rv. 243917; Sez. 1, nr. 3377 del 22/02/1995, Rv. 200698).
Ciò premesso, ritiene il Collegio che la qualificazione giurierica del taser oggetto d'imputazione, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa è corretta e che la condotta del ricorrente è stata a ragione ritenuta integrare delitto di cui agli artt. 2, 7 e 5 legge 2 ottobre 1967, n. 895. Il taser, infatti, è da considerarsi quale arma comune da sparcf, «trattandosi di dispositivo che ha il funzionamento tipico di tali armi e che, lar ciancio piccoli dardi che a contatto con l'offeso scaricano energia elettrica, è sicure mente idoneo a recare danno alla persona» (Sez. 2, n. 49325 del 25/10/2016, Rv. 268364; Sez. 1, n. 8991 del 16/09/2022, dep. 2023, Rv. 284379). Seco1rdo l'art. 2, comma 3, della legge n. 110 del 1975 sono armi comuni da sparo I armi ad aria compressa, i cui proiettili erogano un'energia cinetica superiore a 7,51,joule, nonché gli strumenti lanciarazzi, non destinati alla pesca ed alla caccia, de! quali non sia stata esclusa la idoneità a recare offesa alla persona. La norma constante, dunque, d'inquadrare come arma comune da sparo ogni dispositivo che esplode proiettili dotati di una significativa energia cinetica, nonché i dispositivi lancia razzi idonei a recare danno alla persona. Mentre la capacità del proiettile di! recare danno dipende dall'energia cinetica erogata, diversamente i dispositivi I lanciarazzi si presumono idonei all'offesa salvo che tale capacità non sia stata e esclusa dall'autorità competente (Banco nazionale di prova). Il tase,1(con sistema di lancio ad aria compressa o a innesco elettrico) lancia appunto iccoli dardi, o razzi, che a contatto con la persona ne producono la temporanea immobilizzazione con effetti più o meno importanti sul sistema cardiaco. È un difensivo la cui idoneità a recare danno non dipende dall'energia cinetica dei d rdi, essendo l'idoneità all'offesa dipendente dalla scarica elettrica; consegue temente, per l'inquadramento del taser come arma comune da sparo non è necessario che venga misurata l'energia cinetica di emissione del dardo, ma solo he - come nel caso di specie - non sia stata esplicitamente esclusa la sua idoneità all'offesa. Di ciò è conferma nella citata legge n. 110 del 1975 che, all'art. 4, com a 1, dispone che «Salve le autorizzazioni previste dal terzo comma dell'art. 42 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, non possono essere portati, fuori dalla propria abitazione o delle appartenenze di essa, armi, mazze ferrate o bastoni ferrati sfollagente, noccoliere, storditori elettrici e altri apparecchi analoghi in grado i erogare una elettrocuzione».
3. Il terzo motivo, sull'asserita assenza di prova dell'elemento soggettivo doloso ritenuto necessario per poter fondatamente ritenere responsabile il ricorrente della detenzione dell'arma (taser) in sequestro, non è formato.
Va infatti qui ribadito che, ai fini della sussistenza del delitto di detenzione abusiva di arma comune da sparo, sono irrilevanti il titolo dell acquisto e le modalità attraverso cui si perviene al possesso dell'arma, poiché i in ogni caso necessario che il detentore - una volta acquisita la disponibilità di questa - ne faccia denuncia alla competente autorità (Sez. 1, n. 20896 del 28J04/2015, Rv. 263607). Non esclude il dolo del delitto di detenzione illegale di arma l'erroneo convincimento dell'agente circa l'obbligo o meno di denuncia il possesso dell'arma all'autorità competente, trattandosi di errore su norme et e integrano il precetto penale e non possono quindi essere ricondotte alla disciplina di cui all'art. 47, comma terzo, cod. pen. (Sez. 6, n. 33875 del 26/03/2014, Rv. 62073).
4. Non sussiste il denunciato difetto di motivazione, oggetto deli, terzo motivo, rispetto al ritenuto travisamento del contenuto delle dichiarazioni rese da (omissis), di cui al verbale di s.i.t. redatto ai sensi dell'art. 391-bis cod. proc. pen. in data 9 febbraio 2021, e del certificato medico rilasciato dall'ospedale e di Treviso il 14 marzo 2018 da cui si sarebbe dovuto desumere l'uso personale a 1fjni terapeutici dello stupefacente sequestrato al ricorrente e l'utilizzo domestico Idei materiale ritenuto, invece, utilizzato per confezionare le dosi.
Deve ritenersi, infatti, infondata la doglianza basata sul supposto travisamento della prova, atteso che la Corte di appello, nel caso di specie, ha confermato la sentenza di condanna resa in primo grado, 1 utilizzando, a fondamento della decisione, i medesimi elementi probatori scrutinate dal Tribunale e condividendo pienamente la valutazione che di essi era stata effettuate, anche nella parte in cui si era ritenuta del tutto priva di valenza probatori a discarico le circostanze evidenziate con gli atti di indagine difensiva. Tale circostanza preclude la deducibilità della proposta censura, costituendo principio ampiamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui «nel caso di cosiddetta "doppia conforme", il vizio del travisamento dell prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale proc per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto co il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti - con specifica deduzione - che il d, to probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto corre oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado>ll (in tal senso, tra le tante, da ultimo Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, Rv. 2837Tp.
5. Anche il quinto e ultimo motivo è infondato. Come già parzialmente riportato al punto che precede, la motivazione della Corte d'appello E, ancor prima della sentenza del Tribunale, per affermare la responsabilità dell'imputato nella detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente in sequestro ( 414 gr. Di marijuana pari a 107 dosi medie singole e superiore di circa 4,5 voltellil quantitativo massimo detenibile - suddivisa in tre involucri - di cui uno da: due grammi rinvenuto indosso al di fuori dell'abitazione) non è fondata esclusivamente sul dato ponderale come denunciato in ricorso, bensì anche sulla suddivisine in diverse confezioni di cui quella sequestrata fuori dall'abitazione è considerato una dose da spacciare, dal materiale considerato come utilizzato per il confezio1ramento delle dosi e, dato del tutto ignorato dal ricorrente, dall'affermazione n n contrastata secondo cui la polizia giudiziaria operante non ha "rinvenuto alcunclré", in sede di perquisizione, "che potesse far ritenere che lo stupefacente fossi destinato al consumo personale".
6. Sulla base delle precedenti considerazioni deriva il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento! omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs.19EI/03 in quanto disposto d'ufficio e/o imposto dalla legge.