
Svolgimento del processo
1. Con il provvedimento in epigrafe il Magistrato di sorveglianza di L'Aquila ha respinto il reclamo proposto da I.F. (detenuto presso il locale istituto carcerario in regime ex art. 41-bis Ord. pen.) con il quale il predetto aveva chiesto la disapplicazione degli artt. 6 e 8 della circolare D.A.P. del 2 ottobre 2017 e la conseguente possibilità di detenere all'interno della camera di pernottamento pentole, detersivi e fornelletto a gas nell'arco delle 24 ore e non già soltanto dalle ore 07:00 sino alle ore 20:00. Il Magistrato di sorveglianza ha respinto il reclamo, ai sensi dell'art. 35 Ord. pen., escludendo la sussistenza di una lesione attuale di diritti soggettivi del detenuto.
2. Avverso il predetto provvedimento I.F., per mezzo dell'avv. P.F., ha proposto ricorso per cassazione (come tale qualificato dal Tribunale di sorveglianza dell’Aquila con ordinanza del 12 marzo 2023 attesa la natura amministrativa del medesimo in quanto emesso ai sensi dell'art. 35 Ord. pen.) lamentando la violazione degli artt. 3, 27 e 32 Cost. considerato che la limitazione di orario nella detenzione degli oggetti sopra indicati viene applicata soltanto ai detenuti sottoposti allo speciale regime ex art. 41-bis Ord. pen. con la conseguente violazione dei principi costituzionali sopra indicati.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
2. Invero, il tema dell'ambito di esplicazione del diritto, per i detenuti sottoposti a regime detentivo differenziato ex art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario), di cottura dei cibi è stato oggetto di approfondimento applicativo e giurisprudenziale a partire dalla sentenza n. 186 del 2018, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 2 -quater, lett. t), nella parte in cui imponeva all'amministrazione penitenziaria di adottare tutte le misure di sicurezza volte ad assicurare l'assoluta impossibilità, per quella categoria di detenuti, di cuocere cibi.
3. In proposito, l'originario indirizzo, secondo cui la questione della individuazione, ad opera dell'amministrazione penitenziaria, di fasce orarie in cui è permessa la cottura dei cibi da parte dei detenuti soggetti al regime di cui all'art. 41 -bis non incide sul riconoscimento diritto soggettivo del detenuto, che resta comunque garantito, e costituisce, invece, mera regolamentazione dell'esercizio del diritto, non giustiziabile, in quanto tale, davanti alla magistratura di sorveglianza (Sez. 1, n. 8560 del 17/12/2019, dep. 2020, Attanasio, n.m.), è stato successivamente abbandonato in favore di altro orientamento - del quale è espressione Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, dep. 2021, Gallo, Rv. 280532 - 01 - che ammette l'esistenza di uno spazio di sindacabilità in sede giurisdizionale dei provvedimenti con cui l'amministrazione penitenziaria regolamenta l'esercizio del diritto individuando fasce orarie di autorizzazione alla cottura dei cibi. In questa prospettiva, si conferma, da un canto, che la previsione di fasce orarie in cui l'attività è consentita, di per sé, integra mera regolamentazione dell'esercizio di un diritto, ma si aggiunge, dall'altro, che l'amministrazione penitenziaria non può, attraverso tale regolamentazione, ripristinare quella maggiore afflittività del trattamento detentivo differenziato che la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima con la citata sentenza n. 186 del 2018. Secondo questa lettura, il parametro di riferimento per stabilire la legittimità della regolamentazione dell'esercizio del diritto per i detenuti soggetti al regime differenziato è rappresentato dal trattamento riservato ai detenuti comuni ristretti presso il medesimo istituto: la previsione di fasce orarie per la cottura dei cibi si rivela, dunque, legittima laddove non discriminatoria rispetto al trattamento riservato ai detenuti comuni, determinandosi, in caso contrario, un'ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, carattere 3 sostanzialmente vessatorio.
4. L'orientamento giurisprudenziale da ultimo citato, si è, successivamente, evoluto e consolidato, precisando, a fronte degli oscillamenti interpretativi che hanno attraversato la magistratura di sorveglianza, che ciò che è censurabile in sede giurisdizionale, perché elusivo della pronuncia n. 186 del 2018 della Corte Costituzionale, non è la previsione in sé di fasce orarie di cottura dei cibi per i detenuti al 41-bis differenziate rispetto a quelle riservate ai detenuti comuni, ma, piuttosto, l'individuazione di fasce orarie di cottura dei cibi differenziate che non sia accompagnata dall'enucleazione di ragioni apprezzabili che giustifichino tale differenziazione, e quindi con l'unica finalità di ottenere, attraverso di esse, una maggiore afflittività della detenzione nel regime speciale rispetto a quella in regime comune (Sez. 1, n. 36940 del 28/06/2022, Crea, n.m.; Sez. 1, n. 38401 del 6/05/2022, Bolognino, n.m.). In particolare, nella menzionata pronuncia n. 36940 del 2022, il giudice di legittimità, nell'annullare il provvedimento del Tribunale di sorveglianza che aveva ritenuto discriminatoria la previsione di fasce orarie differenziate per la cottura dei cibi, ha ritenuto che l'ordinanza non avesse «fornito adeguate ragioni per le quali la definizione delle fasce orarie nel corso delle quali è consentito cucinare ai detenuti assoggettati al regime differenziato, avrebbe costituito una scelta esorbitante dal ragionevole contemperamento tra il riconoscimento della possibilità di riscaldare liquidi e cibi già cotti e di preparare cibi di facile e rapido approntamento nella camere detentiva, ai sensi dell'art. 13, comma 4, d.P.R. n. 230 del 2000 (all'esito della pronuncia della Corte costituzionale n. 186 del 2018), e le ulteriori, evidenti, esigenze di organizzazione interna degli istituti penitenziari». Nell'ambito di detto indirizzo, si rimarca la necessità di chiarire «per esplicito e all'esito di un'analisi specifica, se la previsione di fasce orarie stabilita, nell'istituto stesso, solo per i detenuti assoggettati al regime differenziato fosse in concreto esorbitante dall'esercizio del potere organizzatorio da parte dell'Amministrazione penitenziaria, in quanto del tutto avulso dal perseguimento delle esigenze connotanti il regime differenziato stesso, tale da comportare una diversificazione di disciplina priva di giustificazioni e, in tal caso, avente carattere irragionevole, perché discriminatorio».
5. L'applicazione della regula iuris testé enucleata - che ha ispirato anche le più recenti pronunzie in argomento (cfr. Sez. 1, n. 43528 del 28/06/2023, Rv. 285204 - 01, nonché, tra quelle non massimate: Sez. 1, n. 11050 del 22/11/2023, dep. 2024; Sez. 1, n. 49810 del 15/09/2023; Sez. 1, n. 49527 del 4 10/10/2023) ed a cui il Collegio intende attenersi - conduce a ritenere il ricorso manifestamente infondato.
5.1. In proposito, come indicato nell'impugnazione, all'interno della Casa circondariale di L'Aquila, i detenuti sottoposti a regime differenziato, a differenza degli altri, sono autorizzati a cucinare tra le ore 07:00 e le 20:00 e la limitazione dell'autorizzazione a tali fasce orarie è dichiaratamente volta a preservare la salubrità degli ambienti, l'ordinata convivenza, il rispetto del lavoro del personale ed a non condizionare i tempi previsti per le attività interne.
5.2. L'amministrazione ha indicato che la concentrazione dell'autorizzazione alla cottura dei cibi in una, peraltro assai ampia, fascia oraria consente di alleggerire, per il tempo residuo, i compiti del personale addetto al controllo - numericamente ridotto nelle ore notturne - di un'attività lato sensu pericolosa ed è compatibile con l'organizzazione delle attività quotidiana dei detenuti collocati in regime ex art. 41-bis, presenti, per la maggior parte della giornata, nella camera detentiva. Considerato che l'organizzazione delle attività dei detenuti sottoposti a regime ordinario comporta la loro assenza dalla camera detentiva per un lasso temporale assai più ampio, l'estensione, nei loro confronti, all'arco delle ventiquattr'ore dell'autorizzazione alla cottura dei cibi è frutto, nella prospettiva dell'amministrazione, del contemperamento tra le concorrenti esigenze che, altrimenti, sarebbero frustrate, derivando dalla fissazione di fasce rigide la necessità di sacrificare una delle attività concomitanti. La maggiore dilatazione del tempo in cui è consentita la cottura dei cibi consente, per altro verso, di evitare la concentrazione di fumi ed odori, potenzialmente pregiudizievole per la salubrità degli ambienti, che deriverebbe dal contemporaneo utilizzo dei fornelli da parte dei detenuti assegnati alla medesima camera detentiva, eventualità non ipotizzabile per quelli sottoposti a regime differenziato, che occupano celle singole.
5.3. Le giustificazioni offerte inducono a ritenere, pertanto, che la diversità di trattamento riservata ai soggetti ristretti al regime previsto dal citato art. 41-bis rispetto ai detenuti comuni trovi plausibile giustificazione nelle indicate esigenze logistiche ed organizzative e non si traduca, invece, in un mezzo per ottenere, attraverso la differenza di regolamentazione, una maggiore afflittività della detenzione.
6. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.