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28 novembre 2024
Arbitro FIPAV usa i permessi sindacali per partecipare agli incontri di pallavolo: merita una sanzione sportiva?
Il Tribunale Federale decide di non comminare alcuna sanzione disciplinare all'arbitro: i fatti contestati, seppur accertati, non integrano la violazione di norme dell'ordinamento sportivo, bensì rilevano sotto il profilo professionale e/o sindacale e, quindi, sono di competenza di altro giudice.
di La Redazione
L'odierna vicende trae origine da alcuni articoli di stampa in cui Tizia, arbitro di pallavolo, è stata accusata di aver usato dei permessi sindacali concessi dal datore di lavoro per partecipare ad alcune gare dei Campionati Europei CEV Under 22 maschili, in Olanda. Condotta, questa, che integrerebbe un abuso dei permessi in quanto lo scopo non è stato di tipo sindacale, bensì sportivo.

Nonostante le prove negative fornite da Tizia, la Procura Federale ha deciso di procedere con il suo deferimento, citando la violazione dei principi di lealtà e correttezza, nonché il danno d'immagine per la FIPAV e il settore arbitrale. La difesa ha chiesto il proscioglimento, sostenendo che i permessi sindacali non sono regolati da precise norme temporali, rendendo infondata l'accusa di abuso. Inoltre, la deferita avrebbe comunque svolto le proprie funzioni di rappresentante partecipando ad incontri da remoto e conferendo telefonicamente con colleghi e con altri lavoratori.
 
Il Tribunale Federale FIPAV investito della questione, con comunicato ufficiale n. 37/2024, esclude la responsabilità disciplinare dell'incolpata, rilevando l'assenza di elementi per configurare un illecito disciplinare ai sensi dell'ordinamento federale.
 
Nella decisione si distingue chiaramente tra il giudizio sulla legittimità della condotta sportiva e l'eventuale rilevanza di tale condotta in altri ambiti, quali quello professionale o sindacale. A tal riguardo, il Tribunale afferma espressamente che l'indagine sulla compatibilità del comportamento di Tizia con le norme del lavoro o del sindacato esula dalle sue competenze, ribadendo che compito degli organi giudicanti sportivi è solo quello di accertare la violazione delle norme sportive. L'approccio interpretativo, dunque, si basa sull'autonomia del diritto sportivo rispetto ad altre sfere normative, sottolineando che il concetto di “illecito” deve essere inteso in un contesto sportivo e non professionale o sindacale.
 
Altro aspetto centrale della decisione riguarda il presunto danno d'immagine subito dalla FIPAV e dal settore arbitrale, come prospettato dalla Procura Federale. Il Tribunale evidenzia che, pur riconoscendo l'esistenza di un clamore mediatico, non sussiste alcuna prova che la Federazione abbia subito una lesione reputazionale derivante dalla condotta dell'incolpata. Gli articoli di stampa sopracitati, infatti, si concentrano esclusivamente sull'incolpata, accusata di avere adottato una condotta "furba e scorretta" nei confronti del datore di lavoro e del sindacato.
 
Inoltre, il Tribunale esclude che Tizia abbia violato i principi di lealtà e probità sportiva, non essendo emersa alcuna evidenza di una condotta moralmente scorrette o giuridicamente illecita. Su tale aspetto, si sottolinea la necessità di una certezza in ordine all'antigiuridicità della condotta, principio fondamentale in ogni ordinamento giuridico, che impedisce di sanzionare comportamenti che non presentano una chiara violazione delle norme.
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