
Così l'Agenzia delle Entrate con la risposta n. 5/2025, tenendo conto delle modalità di utilizzo della carta e del rispetto del massimale previsto dalla normativa vigente in materia.
L'stante è una società che intende adottare un piano di welfare aziendale che preveda l'erogazione di fringe benefit ai propri dipendenti. Per fare ciò, essa intende servirsi di un provider che gestisca l'assegnazione dei menzionati benefit ai dipendenti mediante sistema informatico. A tal riguardo, l'istante evidenzia che l'assegnazione avverrà attraverso una carta di debito nominativa avente le seguenti caratteristiche:
- Essa può essere utilizzata solo per fruire dei fringe benefit assegnati presso specifici fornitori, rispettando un determinato budget;
- La carta non può essere utilizzata per finalità diverse da quelle indicate;
- Essa non è monetizzabile e/o convertibile in denaro;
- È vietato l'uso promiscuo della carta per finalità diverse;
- La carta non è cedibile a terzi o commercializzabile.
Ciò chiarito, l'istante chiede all'Agenzia delle Entrate se la carta di debito possa essere qualificata come un documento di legittimazione e possa quindi costituire un voucher cumulativo ai sensi dell'art. 51, comma 3-bis, TUIR. Se sì, l'istante chiede se può allora ritenersi esentato dall'obbligo di applicare la ritenuta
Con la
Ciò detto, nel caso di specie, fermi i vincoli di spesa conformi al massimale previsto dalla normativa vigente in materia di fringe benefit e in considerazione delle modalità di utilizzo della carta, l'Agenzia delle Entrate afferma che alla carta di debito può essere riconosciuta la funzione di documento di legittimazione e, di conseguenza, l'istante non è tenuto ad applicare la ritenuta a titolo di acconto.