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28 gennaio 2025
Professionisti: dall’equo compenso all’equo ribasso
È possibile che in una gara pubblica si consenta il ribasso sui compensi ai professionisti o la Legge sull'equo compenso impedisce questo risultato?
di La Redazione
Per il Consiglio di Stato la risposta sembra essere positiva. A venire in rilievo l'applicazione della disciplina dell'equo compenso di cui alla Legge n. 49 del 2023 alle gare bandite nel vigore del previgente Codice dei Contratti Pubblici dalla pubblica amministrazione per i servizi di ingegneria e architettura da affidarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

Una disciplina che aveva portato a differenti interpretazioni da parte della giurisprudenza amministrativa di merito.

Oggi, la Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 594 del 27 gennaio 2025 ha annullato la sentenza del TAR Veneto con la sentenza n. 632 del 2024 che aveva adottato un'interpretazione effettiva della Legge n. 49 del 2023 sull'equo compenso come normativa imperativa che la Pubblica Amministrazione non può soltanto “tenere in considerazione” ma applicare necessariamente (la si può vedere nell'edizione dell'8 aprile 2024 con sotto la lente di F. Valerini, Fuori dalla gara chi propone un'offerta economica che viola l'equo compenso).

Orbene, per il Consiglio di Stato non può predicarsi alcuna antinomia tra la disciplina dei contratti pubblici e la sopravvenuta disciplina sull'equo compenso.

I due plessi normativi (contratti pubblici ed equo compenso) devono essere interpretati e applicati in modo integrato e coordinato valorizzando le rispettive rationes legis: l'una proconcorrenziale per la disciplina sui contratti pubblici, l'altra di favor del professionistaintellettuale, per la disciplina sull'equo compenso (che, peraltro, è dichiaratamente estesa alle «prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica» (art. 2, co. 2 Legge n. 49/2023).

A sostegno depone anche l'ultimo decreto correttivo in materia di contratti pubblici.

Ecco allora che la nozione di equo compenso applicabile alla contrattualisticapubblica deve essere riformulata più perspicuamente in termini di equo ribasso, nozione frutto dell'esegesi coordinata tra corrispettivo equo e proporzionato posto a base di gara e minimum inderogabile evincibile dal range di flessibilità del compenso liquidabile in ragione della complessità della prestazione dedotta nell'affidamento.

Non può essere, quindi, seguita la tesi del valore fisso e inderogabile dell'equo compenso per i professionisti negli appalti per i servizi di architettura e ingegneria.

La verifica dell'anomalia dell'offerta sarà la sede naturale della verifica dell'equo ribasso operato dagli offerenti rispetto agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali unitamente alla verifica di sostenibilità giuridico-economica del ribasso.

Infine, un profilo sul quale occorrerà riflettere. Per il Consiglio di Stato l'eventuale nullità delle clausole che prevedono un compenso non equo andrebbe, in ogni caso, sussunta nella figura delle nullità di protezione a legittimazione relativa senza legittimare un contro-interessato a far valere la nullità del contratto medio tempore stipulato tra la pubblica amministrazione e l'aggiudicatario per l'asserita violazione della disciplina imperativa sull'equo compenso. 

E ciò perché non può configurarsi la sua legittimazione ad impugnare gli atti di gara assumendo che, alla nullità civilistica del contratto a valle, si giustapponesse l'annullabilità degli atti amministrativi a monte sul rilievo che essi avrebbero dato falsa applicazione alla disciplina imperativa sull'equo compenso anche nel corso della fase pubblicistica ad evidenza pubblica.
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