
«lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali». |
La disposizione, quindi, subordina la sussistenza dello stato legittimo dell'immobile alla condizione che l'Amministrazione, in sede di rilascio di un titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, non ammettendosi una implicita attestazione della loro regolarità. |
Svolgimento del processo
1. Con ricorso introduttivo notificato in data 16 marzo 2021 e depositato il 14 aprile successivo, i ricorrenti hanno impugnato, unitamente agli atti presupposti e connessi, l’ordinanza del Comune di Pavia n.-OMISSIS-dell’11 gennaio 2021, recante “Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e degli artt. 167 e 181 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42”.
I ricorrenti coniugi sono proprietari di immobili siti in Via -OMISSIS- a Pavia [Foglio -OMISSIS-, mappali -OMISSIS-, sub. 8 (abitazione), mappale -OMISSIS- (autorimessa) e mappale -OMISSIS- (aree esterne)]. A seguito di alcune segnalazioni pervenute agli Uffici comunali, sono stati effettuati dei sopralluoghi da parte del personale dello Sportello Unico Edilizia e della Polizia Municipale del Comune di Pavia, nelle date 31 gennaio, 7 febbraio, 21 febbraio e -OMISSIS- novembre 20-OMISSIS- e 8 giugno 2020. All’esito dei predetti sopralluoghi è stata assunta dal Comune di Pavia l’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n. -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, nonché degli artt. 167 e 181 del D. Lgs. n. 42 del 2004, notificata ai ricorrenti in data 15 gennaio 2021. In particolare, per quanto riguarda l’autorimessa (mappale -OMISSIS-) sono state contestate delle difformità a livello di dimensioni, rilevate sia in pianta (accertati 6,35 x 6,30 anziché 6,11 x 6,21 come autorizzati con condono edilizio pg. -OMISSIS-/2004) sia in altezza (accertati h. max. 3,42 - h. min. 2,80 anziché h. max. 3,63 - h. min. 2,97 come autorizzati con condono edilizio pg. -OMISSIS-/2004); quanto all’abitazione (mappale -OMISSIS-, sub. 8), sono state riscontrate difformità interne ed esterne in tutti i piani e altezze interne difformi riguardo al piano sottotetto, in difformità rispetto all’ultimo stato assentito con autorizzazione edilizia UT n. 630/-OMISSIS-98. Con riferimento alle aree esterne (mappale -OMISSIS-) le contestazioni hanno riguardato una serie di manufatti realizzati in assenza di autorizzazione paesaggistica, e più specificamente (i) un gazebo in ferro poggiato su pavimentazione in piastrelloni prefabbricati, (ii) una tettoia con struttura in ferro e legno con copertura in lastre ecologiche, (iii) una scala in muratura con parapetti in ferro nell’alveo originale della -OMISSIS- e, infine, (iv) il differente posizionamento dell’ingresso del passaggio carraio rispetto a quanto assentito con l’autorizzazione edilizia UT n. 793/-OMISSIS-92. L’Amministrazione Comunale, considerando le predette opere alla stregua di interventi di nuova costruzione eseguiti in assenza di permesso di costruire, nonché in assenza di autorizzazione paesaggistica, ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi entro il termine di 90 giorni dalla notifica del provvedimento.
Assumendo l’illegittimità della richiamata ordinanza ripristinatoria, i ricorrenti ne hanno chiesto l’annullamento per violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32 e 34 del D.P.R. n. 380 del 2001, per violazione e falsa applicazione degli artt. 136, 142, 149, 167 e 181 del D. Lgs. n. 42 del 2004, per violazione e falsa applicazione dell’art. 54 della legge regionale n. 12 del 2005, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.P.R. n. 31 del 2017 e per carenza di istruttoria e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
Si è costituito in giudizio il Comune di Pavia, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con l’ordinanza n. 441/2021 è stata accolta temporaneamente la domanda di sospensione proposta dalle parti ricorrenti ed è stata fissata la camera di consiglio per la prosecuzione della fase cautelare del presente giudizio; con la successiva ordinanza n. 1202/2021 è stato confermato l’accoglimento in via temporanea della domanda di sospensione proposta dalle parti ricorrenti ed è stata fissata la camera di consiglio per la prosecuzione della fase cautelare del presente giudizio.
2. Con un primo ricorso per motivi aggiunti notificato in data 21 febbraio 2022 e depositato il 7 marzo successivo, i ricorrenti hanno altresì impugnato, unitamente agli atti presupposti e connessi, la comunicazione di archiviazione definitiva dell’istanza di compatibilità paesaggistica, prot. gen. n. -OMISSIS-/2021 del 23 dicembre 2021, adottata dal Comune di Pavia e recante “Modifiche esterne di un edificio residenziale sito in Via -OMISSIS-. Istanza di compatibilità paesaggistica del 4.10.2021, Pg. -OMISSIS-/2021 prodotta ai sensi dell’art. 167 e 181 del D.lgs n. 42/2004. Comunicazione di improcedibilità”, successivamente notificata.
I ricorrenti, in data 29 aprile 2021, hanno presentato a mezzo p.e.c. al Comune di Pavia una istanza di accertamento della compatibilità paesaggistica ai sensi degli artt. 167 e 181 del D. Lgs. n. 42 del 2004, che tuttavia è stata archiviata per improcedibilità in data 28 luglio 2021 dal Comune; dopo una riapertura del procedimento, conseguente alla presentazione di ulteriore documentazione da parte dei ricorrenti, e una nuova comunicazione di improcedibilità, l’Amministrazione comunale, in data 23 dicembre 2021, ha adottato la comunicazione di archiviazione definitiva dell’istanza di compatibilità paesaggistica, concludendo il relativo procedimento in ragione della permanenza di “elementi ostativi per il quale non è possibile procedere e concludere l’istruttoria tecnico-amministrativa e conseguentemente di poter svolgere una valutazione paesaggistica”.
Assumendo l’illegittimità anche di tale provvedimento, i ricorrenti ne hanno chiesto l’annullamento per violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32, 34 e 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, per violazione e falsa applicazione degli artt. 136, 142, 149, 167 e 181 del D. Lgs. n. 42 del 2004, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.P.R. n. 31 del 2017, per violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., per violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 6, comma 1, lett. b, della legge n. 241 del -OMISSIS-90, per eccesso di potere per carenza di motivazione, per eccesso di potere per sviamento, per carenza di istruttoria e per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
Con l’ordinanza n. 1100/2022 è stato confermato l’accoglimento in via temporanea della domanda di sospensione proposta dalle parti ricorrenti ed è stata fissata la camera di consiglio per la prosecuzione della fase cautelare del presente giudizio; con l’ordinanza n. 100/2023 è stata respinta la domanda cautelare formulata con il primo ricorso per motivi aggiunti, in ragione dell’avvenuta presentazione della domanda di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 e la conseguente sopravvenuta inefficacia dell’ordine di demolizione impugnato.
3. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti notificato in data 17 marzo 2023 e depositato il 22 marzo successivo, i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza n. -OMISSIS- del 16 gennaio 2023 del Comune di Pavia, prot. n. -OMISSIS-/2023 del 17 gennaio 2023, con cui è stata dichiarata l’irricevibilità della «segnalazione Certificata di Inizio Attività presentata ai sensi dell’art. 37 comma 4 del DPR 380/01 e s.m.i. in atti Pg. 2022/-OMISSIS- del 20/12/2022 - PE/2022/02793/SCIA-SANA - per l’esecuzione di opere interne ed esterne eseguite in difformità dai titoli nell’unità immobiliare sita in Via -OMISSIS-. Identificazione catastale: NCEU -OMISSIS-».
Dopo i precedenti provvedimenti rigetto, in data 26 marzo 2022 i ricorrenti hanno presentato una nuova istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica delle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-. In data 14 aprile 2022, l’Amministrazione comunale ha espresso parere favorevole all’accertamento della compatibilità paesaggistica, ritenendo insussistente un danno ambientale, e ha trasmesso la pratica alla Soprintendenza per il rilascio del parere vincolante ai sensi dell’art. 167 del D. Lgs. n. 42 del 2004; in data 23 agosto 2022, l’Amministrazione comunale, preso atto della mancata espressione del parere da parte della Soprintendenza, ha assunto l’ordinanza recante la «irrogazione di sanzione pecuniaria», con la quale ha accertato positivamente la compatibilità paesaggistica delle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS- e ha irrogato ai ricorrenti una sanzione pecuniaria pari a € 10.245,18, successivamente versata. In data 18 dicembre 2022, i ricorrenti hanno presentato al Comune di Pavia una s.c.i.a. in sanatoria, che tuttavia è stata dichiarata irricevibile con ordinanza dirigenziale n. -OMISSIS- del 16 gennaio 2023.
Assumendo l’illegittimità di tale provvedimento, i ricorrenti ne hanno chiesto l’annullamento, in primo luogo, per invalidità (e/o inefficacia) del provvedimento impugnato per invalidità (e/o inefficacia) dell’ordine di demolizione presupposto.
Inoltre sono stati dedotti la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, nonché dell’art. -OMISSIS-, comma 3, della legge n. 241 del -OMISSIS-90, il difetto di motivazione, l’irragionevolezza, l’illogicità, lo sviamento e l’eccesso di potere, anche per carenza di motivazione.
Sono stati altresì dedotti la violazione e falsa applicazione dell’art. -OMISSIS-, comma 3, della legge n. 241 del -OMISSIS-90 e l’irragionevolezza, l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione.
Infine, sono stati dedotti la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, nonché dell’art. -OMISSIS-, comma 3, della legge n. 241 del -OMISSIS-90, il difetto di motivazione, l’irragionevolezza, l’illogicità, lo sviamento e l’eccesso di potere, anche per carenza di motivazione, la carenza di istruttoria e il travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
4. Con un terzo ricorso per motivi aggiunti notificato il 10 maggio 2023 e depositato in pari data, i ricorrenti hanno impugnato il provvedimento del Comune di Pavia, datato 9 marzo 2023, prot. gen. n. 2022/-OMISSIS- VINC/2022/0-OMISSIS-/PAE, avente ad oggetto «certificazione di Compatibilità Paesaggistica in atti Pg. -OMISSIS-/2022 del 16/09/2022 - relativo alla realizzazione di abbaini, difformità nella realizzazione di cancello e autorimessa per in Strada -OMISSIS- - intestatario -OMISSIS- -OMISSIS- - Revoca del provvedimento in autotutela ai sensi dell’art. 21 quinquies della L. 241/-OMISSIS-90», notificato il 13 marzo 2023.
In conseguenza, della dichiarazione di irricevibilità della s.c.i.a. in sanatoria, il Comune ha avviato anche il procedimento di revoca in autotutela del provvedimento di compatibilità paesaggistica del 16 settembre 2022, che si è concluso con l’atto di ritiro del 9 marzo 2023, essendo emerse nel corso dei sopralluoghi rilevanti difformità, “in particolare per le dimensioni delle aperture esterne e suddivisioni interne dei locali di abitazione, la dimensione in pianta e le altezze minime e massima dell’autorimessa”.
Assumendo l’illegittimità dell’atto di revoca in autotutela della compatibilità paesaggistica in precedenza rilasciata, i ricorrenti ne hanno chiesto l’annullamento, in primo luogo, per invalidità (e/o inefficacia) del provvedimento impugnato per invalidità (e/o inefficacia) dell’atto di irricevibilità della s.c.i.a. in sanatoria ad esso connesso e dell’ordine di demolizione ad esso presupposto.
Poi è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del -OMISSIS-90.
Ulteriormente sono stati dedotti la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, nonché dell’art. -OMISSIS-, comma 3, della legge n. 241 del -OMISSIS-90, il difetto di motivazione, l’irragionevolezza, l’illogicità e lo sviamento ed eccesso di potere, anche per carenza di motivazione.
Infine sono stati dedotti la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del -OMISSIS-90, il difetto di motivazione, l’irragionevolezza, l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione.
5. Con un quarto ricorso per motivi aggiunti notificato in data -OMISSIS- luglio 2024 e depositato il 23 luglio successivo, i ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza del Comune di Pavia n. -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS-/2024 datata 16 maggio 2024, recante «Ordin[e] di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 31 D.P.R. 380/2001 e degli artt. 167 e 181 D.lgs n. 42/2004», notificata il 20 maggio 2024; è stato altresì chiesto il risarcimento del danno.
A conclusione della vicenda relativa alla verifica della regolarità degli immobili di proprietà dei ricorrenti, il Comune ha adottato l’ordinanza di rimessione in pristino, con cui ha imposto ai ricorrenti il “1. ripristino delle dimensioni della porta d'ingresso al piano terra come assentita pari a mt. 1,60x2,50;
2. chiusura della finestra di dimensioni di mt. 0,50 x 1,50 realizzata nell'ingresso al piano terra;
3. ripristino del tavolato nella zona ingresso al piano terra, demolito;
4. ripristino delle dimensioni delle finestre al piano primo come assentite (nel locale cucina mt. 1,60x1,50, nel bagno mt. 1,10x0,80, nel locale soggiorno mt. 1,00x2,50 - mt. 1,40x1,50 - mt. 1,10x1,50):
5. ripristino delle dimensioni delle finestre al piano sottotetto come assentite (nelle camere mt. 1,10x1,90 e mt. 1,10x1,60):
6. chiusura della finestra di dimensioni di mt. 0,40x0,40 realizzata nel bagno;
7. eliminazione dell’abbaino realizzato nel locale lavanderia al piano sottotetto, di dimensione di mt. 1,06 di larghezza ed altezza minima di mt. 2,13 ed altezza massima di mt. 2,27;
8. eliminazione dell’abbaino realizzato nel locale bagno al piano sottotetto, di dimensione di mt. 3,11 di larghezza ed altezza minima di mt. 2,15 ed altezza massima di mt. 2,46;
9. rimozione al piano sottotetto dell’impianto idrico-sanitario, dell’impianto di riscaldamento, rimozione degli apparecchi sanitari che hanno determinato la trasformazione del sottotetto in locali abitativi creando n. 3 camere da letto, lavanderia, n. 2 bagni e guardaroba per una superficie complessiva di mq. 130,20 circa di SLP;
10. ricostruzione della porzione di parete nel locale bagno al piano sottotetto nell’originaria posizione;
11. ripristino dell’ingresso carraio nell’originaria posizione autorizzata con autorizzazione edilizia UT 793/92;
12. ripristino delle dimensioni dell’autorimessa esterna come autorizzate con Condono Edilizio Pg. -OMISSIS-/04 rif. 1-OMISSIS-/04 pari a mt. mt. 6,11 x 6,21 in pianta ed altezze massima di mt. 3,63 e altezza minima di mt. 2,97 mt”.
A sostegno del ricorso sono stati dedotti, in primo luogo, la violazione dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del -OMISSIS-90, l’eccesso di potere, la carenza di istruttoria, il travisamento dei fatti e la violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32 e 34 del D.P.R. n. 380 del 2001.
Con l’ordinanza n. 941/2024 è stata sospesa l’efficacia dell’ordinanza comunale di demolizione n. -OMISSIS- e sono stati disposti incombenti istruttori a carico del Comune di Pavia; la difesa del Comune di Pavia, in data 20 settembre 2024, ha depositata in giudizio in adempimento dell’ordinanza n. 941/2024 la richiesta documentazione.
6. In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, i difensori delle parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni.
All’udienza di smaltimento del 7 novembre 2024, svoltasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, il Collegio, dopo aver prospettato ai difensori delle parti la possibile improcedibilità del ricorso introduttivo e dei primi ricorsi per motivi aggiunti, ha trattenuto in decisione la controversia.
Motivi della decisione
1. In via preliminare, come segnalato in sede di discussione collegiale, devono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse sia il ricorso introduttivo che il primo ricorso per motivi aggiunti, aventi a oggetto, rispettivamente, l’ordinanza di rimessione in pristino del Comune di Pavia n. -OMISSIS- e la comunicazione comunale di archiviazione definitiva dell’istanza di compatibilità paesaggistica del 23 dicembre 2021, atteso che la prima è stata superata dalla presentazione dell’istanza di sanatoria da parte dei ricorrenti (a sua volta sfociata in un provvedimento negativo, impugnato con il secondo ricorso per motivi aggiunti), mentre la seconda è stata superata dall’avvenuto rilascio della compatibilità paesaggistica in data 16 settembre 2022 (peraltro successivamente oggetto di revoca in data 6 marzo 2023, cui ha fatto seguito la proposizione del terzo ricorso per motivi aggiunti).
2. Sempre in via preliminare, deve essere evidenziato che l’istanza di esibizione ai sensi dell’art. 65, comma 3, cod. proc. amm., formulata dai difensori dei ricorrenti nel quarto ricorso per motivi aggiunti (pagg. 16, 25 e 28), è stata soddisfatta all’esito dell’ordinanza n. 941/2024, cui ha fatto seguito il deposito in giudizio della pertinente documentazione da parte della difesa del Comune di Pavia in data 20 settembre 2024; in ogni caso, a fronte della non integrale esibizione di atti ritenuti rilevanti per il giudizio o con lo stesso connessi, è onere della parte attivarsi tramite l’esercizio del diritto di accesso e delle azioni poste a garanzia dello stesso (art. 116 cod. proc. amm.), non potendo, in caso contrario, la parte chiedere al Giudice di sopperire alle proprie lacune probatorie (assumendo in tal caso l’istanza istruttoria un carattere del tutto esplorativo e soprattutto ponendosi in violazione dei principi discendenti dal codice del processo amministrativo in materia di onere della prova e di perimetrazione del thema decidendum, che sono nella esclusiva titolarità della parte che agisce in giudizio: cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, IV, ord. 17 maggio 2024, n. 1503; IV, 8 novembre 2023, n. 2580; II, 11 maggio 2021, n. 1171; II, 9 aprile 2021, n. 915).
3. Passando all’esame del merito del secondo ricorso per motivi aggiunti – avente a oggetto l’ordinanza comunale n. -OMISSIS- del 16 gennaio 2023 con cui è stata dichiarata l’irricevibilità della «segnalazione Certificata di Inizio Attività presentata ai sensi dell’art. 37 comma 4 del DPR 380/01 e s.m.i. in atti Pg. 2022/-OMISSIS- del 20/12/2022 - PE/2022/02793/SCIA-SANA - per l’esecuzione di opere interne ed esterne eseguite in difformità dai titoli nell’unità immobiliare sita in Via -OMISSIS-. Identificazione catastale: NCEU -OMISSIS-» – lo stesso non è fondato.
4. Con la prima doglianza si assume l’invalidità e/o l’inefficacia dell’ordinanza comunale n. -OMISSIS- per invalidità e/o inefficacia dell’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-, stante il loro rapporto di presupposizione.
4.1. La censura è infondata.
L’ordinanza n. -OMISSIS-, con cui è stata dichiarata l’irricevibilità della s.c.i.a. in sanatoria presentata dai ricorrenti allo scopo di regolarizzare i manufatti oggetto della presupposta ordinanza comunale n. -OMISSIS-, contrariamente all’assunto attoreo, trae il suo fondamento proprio dalla sopravvenuta inefficacia della citata ordinanza di rimessione in pristino n. -OMISSIS-, poiché secondo la giurisprudenza della Sezione la presentazione di una istanza di sanatoria rende improcedibile il ricorso avverso la presupposta ordinanza di demolizione, poiché all’esito dell’esame di tale domanda, anche ove la stessa dovesse essere respinta, dovrà essere adottato un nuovo provvedimento sanzionatorio (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 11 novembre 2024, n. 3091); tale aspetto è stato ben chiarito attraverso l’ordinanza n. 100/2023, dove si è rilevato che “l’amministrazione, ad esito della procedura di accertamento di conformità urbanistico-edilizia dell’opera, anche in ipotesi di rigetto dell’istanza, dovrà comunque adottare un nuovo provvedimento sanzionatorio nei confronti del privato che superi quello oggetto dell’originaria impugnativa divenuto nelle more inefficace”.
Quindi risulta evidente che, al fine di non paralizzare sine die e illegittimamente i poteri repressivi dell’Amministrazione comunale in materia edilizia, a seguito della presentazione di una istanza di sanatoria la predetta Amministrazione sia obbligata a fornire un riscontro, positivo o negativo, altrimenti si configura una ipotesi di silenzio significativo negativo: sul punto può essere utile richiamare il costante orientamento della giurisprudenza, riferibile al procedimento di accertamento di conformità di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, in relazione al quale si evidenzia che il silenzio dell’Amministrazione sulla richiesta di sanatoria ha un valore legale tipico di rigetto e costituisce pertanto un’ipotesi di silenzio significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego (cfr. Consiglio di Stato, VI, 15 marzo 2023, n. 2704; VI, 29 aprile 2022, n. 3396; VI, 12 maggio 2020, n. 2980; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 11 novembre 2024, n. 3093; II, 15 maggio 2020, n. 824; II, 5 aprile 20-OMISSIS-, n. 762; anche Corte costituzionale, sentenza n. 42 del 2023).
Nella specie, l’ordinanza comunale n. -OMISSIS- risulta un adempimento perfettamente legittimo, oltre che necessitato, posto a conclusione del procedimento avviato con l’istanza di sanatoria da cui è scaturita l’inefficacia dell’ordinanza di rimessione in pristino n. -OMISSIS-.
4.2. Ciò determina il rigetto dello scrutinato motivo.
5. Con la seconda e la quarta censura del ricorso, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connesse, si assume che l’atto inibitorio adottato dal Comune di Pavia non avrebbe assolto all’obbligo di motivazione imposto dall’art. -OMISSIS- della legge n. 241 del -OMISSIS-90, non indicando né le ragioni ostative alla conservazione dei manufatti oggetto di sanatoria, né quelle finalizzate, eventualmente, alla conformazione degli interventi edilizi alla normativa vigente.
5.1. Le doglianze sono infondate.
Nel provvedimento impugnato, premessi i vincoli gravanti sull’area in cui insistono i manufatti dei ricorrenti – ovvero il vincolo paesaggistico, la zona di rispetto del depuratore e la fascia B di delimitazione fluviale del Piano per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.) –, è stato rilevato che (i) “non sono state indicate tutte le opere eseguite in difformità/assenza dai titoli edilizi e paesaggistici contestate nell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n. -OMISSIS-”, (ii) “l’impostazione grafica generale della pratica non è corretta in quanto in linea generale deve essere fornito uno stato assentito, rilevato e di confronto tenendo conto dei diversi titoli abilitativi”, (iii) “lo stato attuale/rilevato dell’immobile e dell’autorimessa, così come rappresentato, contrasta con quanto rilevato e riscontrato nel corso dei sopralluoghi di vigilanza eseguiti”, (iv) “gli interventi proposti e prospettati al fine di ottenere la sanatoria edilizia, con particolare riferimento alla modifica di sagoma del piano sottotetto e dell’autorimessa esterna sono interventi qualificati nella ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. d) del DPR 380/2001 ed eseguiti in contrasto con il punto 1.2 allegato A della Delibera del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento approvata in data 04/02/-OMISSIS-77, in quanto gli immobili ricadono in fascia di rispetto del depuratore”, (v) “la modifica della copertura al piano sottotetto ha comportato una diminuzione delle altezze minime e massime interne” e (vi) “la SCIA in esame, presentata ai sensi dell’art. 37 comma 4 del DPR 380/2001, difetta del seguente aspetto formale (…) gli interventi eseguiti in assenza di titolo riportati nella SCIA di sanatoria, avendo comportato modificazioni della sagoma e della volumetria complessiva dell’edificio e dei relativi prospetti ad un immobile sottoposto a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ai sensi dell’art. 10 comma 1 lett. c) del DPR 380/2001 tale sanatoria rimane subordinata a Permesso di costruire ed al relativo accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del DPR 380/2001, previa attestazione e verifica della condizione di doppia conformità della disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento e sia al momento della presentazione della domanda”.
In ragione dei predetti elementi, le contestazioni attoree risultano infondate, visto che la domanda di sanatoria non è stata proposta seguendo il procedimento di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, ossia richiedendo l’accertamento di conformità, ma è stata presentata una s.c.i.a. ai sensi del successivo art. 37: nella specie, è pacifico che l’abuso contestato – consistente tra l’altro (i) nella modifica delle altezze del piano sottotetto dell’abitazione e nella realizzazione di due abbaini, con modifica della sagoma, (ii) nella modifica delle dimensioni dell’autorimessa esterna e nella realizzazione sempre nelle aree esterne senza titolo (iii) di un gazebo in ferro e (iv) di una tettoia in ferro e legno – deve essere qualificato alla stregua di una totale difformità, in quanto il comma 3 dell’art. 32 del D.P.R. n. 380 del 2001 prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali, con conseguente necessità di presentare una istanza di accertamento di conformità e non una s.c.i.a. ex art. 37 del D.P.R. n. 380 del 2001.
Pertanto, trattandosi di aspetto dirimente e idoneo di per sé solo a determinare il rigetto della richiesta di sanatoria formulata dai ricorrenti, risultano irrilevanti le ulteriori contestazioni formulate nel motivo di ricorso oggetto di esame.
In ogni caso, deve rilevarsi l’inconferenza nella specie di una s.c.i.a. in sanatoria, poiché l’abuso deve essere valutato nel suo complesso, essendo preclusa la possibilità di sanatorie con opere, come invece si vorrebbe nella vicenda oggetto di controversia, a seguito all’intervenuta rimozione soltanto di una parte degli abusi, ovvero del gazebo in ferro e della tettoia in ferro e legno. Nessuna possibilità di conformazione, prevista dall’art. -OMISSIS-, comma 3, della legge n. 241 del -OMISSIS-90, sarebbe stata ammissibile, dovendo considerarsi l’unità funzionale degli abusi, che ne impedisce la parcellizzazione e la valutazione atomistica: nella specie, deve segnalarsi che le dimensioni dell’autorimessa – ridotte rispetto all’assentito oltre il limite del 2%, ossia delle tolleranze costruttive, in quanto rispetto a quanto autorizzato con condono edilizio pg. -OMISSIS-/04 risultano pari a m 6,35 x 6,30 circa, anziché m 6,11 x 6,21, e altezze di m 3,42 (h max) e m 2,80 (h min), anziché m 3,63 (h max) e m 2,97 (h min) –, potrebbero consentire la regolarizzazione (sotto il profilo edilizio e forse anche paesaggistico) del manufatto se considerato singolarmente, ma ove invece si tiene conto della circostanza che in adiacenza allo stesso è stato costruito il gazebo in ferro (nel frattempo rimosso) si può verificare come la riduzione della sagoma dell’autorimessa sia da mettere in correlazione con lo spazio riservato a un altro manufatto abusivo, che impone una diversa conclusione con riguardo alla domanda di sanatoria.
Deve essere ribadito, infatti, che «la valutazione degli interventi oggetto di istanza di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 deve essere complessiva e globale, non potendosi ammettere la parcellizzazione degli abusi ai fini della loro regolarizzazione poiché la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l’effettiva portata dell’operazione (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 31.01.20-OMISSIS-, n. 461). Secondo consolidati principi giurisprudenziali, dai quali il Collegio non rinviene ragioni per discostarsi, deve escludersi “l’ammissibilità di sanatorie parziali o condizionate di opere abusive che abbiano dato luogo a un intervento unitario, giacché l’art. 36 cit. ha riguardo, appunto, all’intervento abusivo nella sua interezza e non alla singola opera abusiva. In tale evenienza, pertanto, l’interessato è tenuto a scegliere tra l’integrale ripristino dello stato dei luoghi, mediante la demolizione e rimozione di tutte le opere accertate come abusive dall’amministrazione competente, ovvero la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità riferita alla totalità dell’intervento abuso (per tutte, da ultimo cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 settembre 2021, n. 6235). Dall’altro, si è da tempo consolidato l’orientamento secondo cui non è consentito il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione. La sanatoria “condizionata”, o “con prescrizioni”, contraddice infatti sul piano logico la previsione di legge nella misura in cui contiene in sé la negazione della “doppia conformità”, e ad analoghe conclusioni deve pervenirsi qualora gli interventi volti a conformare gli abusi alla disciplina urbanistico-edilizia vengano apportati preliminarmente su iniziativa dello stesso richiedente il titolo in sanatoria, tanto più che le opere realizzate su manufatti abusivi partecipano della medesima natura di questi ultimi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 gennaio 2021, n. 423; id., 12 ottobre 2020, n. 6060)” (cfr. TAR Toscana, Sez. III, 26.05.2022, n. 727). (…) Alla luce del quadro normativo e interpretativo così delineato, la pretesa del ricorrente è priva di fondamento poiché le opere individuate nella domanda di sanatoria devono essere considerate e trattate come un unicum funzionale, non come una sommatoria di interventi distinti, ciascuno suscettibile di essere valutato separatamente e in autonomia rispetto agli altri» (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 17 ottobre 2024, n. 2758; anche, IV, 8 gennaio 2024, n. 37; IV, 5 marzo 2024, n. 629; sulla necessità di una valutazione unitaria degli abusi, anche, Consiglio di Stato, VI, 1° marzo 2023, n. 21-OMISSIS-; VI, 18 ottobre 2022, n. 8848; VI, 25 gennaio 2022, n. 496; sul divieto di sanatoria con opere, Consiglio di Stato, VI, 15 novembre 2023, n. 9776; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 29 settembre 2022, n. 2126).
Difatti, «il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida direttiva normativa poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell’opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso l’esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di accertamento in sanatoria)» (Consiglio di Stato, VI, 13 gennaio 2021, n. 423; altresì, 24 giugno 2020, n. 4058; 14 gennaio 20-OMISSIS-, n. 325; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 9 marzo 2021, n. 6-OMISSIS-; II, 29 aprile 2020, n. 713).
5.2. Inoltre, a prescindere dal mancato rispetto del vincolo paesaggistico, di cui si dirà oltre, non risulta acquisito nessun assenso volto al superamento delle limitazioni legate alla circostanza che la zona si trova in fascia di rispetto del depuratore e nella fascia B di delimitazione fluviale del Piano per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.); il nulla osta delle Autorità preposte a tali vincoli è essenziale per poter ottenere la sanatoria delle opere abusive e la sua carenza rappresenta in tal senso un elemento ostativo di carattere assoluto.
5.3. Quanto poi alla mancata specifica indicazione delle opere da ripristinare, deve rilevarsi come tale contestazione non sia fondata, visto che nelle premesse del provvedimento impugnato si fa espresso riferimento all’ordinanza comunale n. -OMISSIS-, si indicano poi specificatamente tutti gli interventi abusivi e nel dispositivo si vieta ai ricorrenti “di mantenere le opere eseguite e gli eventuali effetti dannosi contenuti nella SCIA Pg. 2022/-OMISSIS- del 20/12/2022 e di rimuovere gli eventuali effetti dannosi”, così rendendo del tutto chiara la portata precettiva del provvedimento.
5.4. Le considerazioni svolte in precedenza sono sufficienti per respingere gli scrutinati motivi.
6. Con la terza censura di ricorso si assume l’erronea adozione di una pronuncia di irricevibilità da parte del Comune, sebbene le ragioni poste a fondamento dell’atto non attengano soltanto a vizi di forma, ma riguardino anche il merito della domanda di sanatoria.
6.1. La doglianza è infondata.
La declaratoria di irricevibilità operata dal Comune con il provvedimento impugnato deve essere sostanzialmente riqualificata come un diniego di sanatoria, in quanto supportata da ragioni sia di carattere formale sia attinenti al merito della vicenda, in ordine alla non sanabilità dei manufatti abusivi. Al di là di un unico, improprio, richiamo all’art. -OMISSIS-, comma 3, della legge n. 241 del -OMISSIS-90, nel provvedimento comunale si indicano con precisione sia le opere abusive e i vizi che le affliggono, sia, come già rilevato, le conseguenze da ciò derivanti.
Pertanto, nella specie, nessuna effettiva incertezza si pone con riguardo all’oggetto del provvedimento adottato dall’Amministrazione, perfettamente e univocamente individuabile, e quindi nessuna illegittimità può ritenersi sussistente al riguardo; al massimo si potrebbe qualificare l’indicazione di “irricevibilità” della s.c.i.a. presentata dai ricorrenti, quale mera irregolarità non viziante l’intero provvedimento, considerata la piena intellegibilità dello stesso (“vitiatur, sed non vitiat”). Del resto, le stesse parti ricorrenti hanno potuto censurare l’atto senza alcuna difficoltà o incertezza in relazione al suo effettivo contenuto dispositivo.
Tale conclusione risulta coerente con il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in via generale, “l’esatta qualificazione di un provvedimento amministrativo va effettuata tenendo conto del suo effettivo contenuto e della sua causa, anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’Amministrazione, con la conseguenza che l’apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa od impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante, né può prevalere sulla sostanza e neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell’atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato” (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 25 giugno 2024, n. -OMISSIS-67; IV, 20 febbraio 2024, n. 481; IV, 8 maggio 2023, n. -OMISSIS-4; anche, Consiglio di Stato, VI, 2 dicembre 20-OMISSIS-, n. 8214; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 15 aprile 2022, n. 865; III, 23 giugno 2021, n. 1537; T.A.R. Veneto, I, 14 gennaio 2021, n. 52; T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, 23 luglio 2020, n. 1361; T.A.R. Sardegna, II, 4 maggio 2020, n. 260).
6.2. Ne discende il rigetto della suesposta censura.
7. All’infondatezza delle scrutinate doglianze consegue il rigetto del secondo ricorso per motivi aggiunti.
8. In seguito al rigetto del secondo ricorso per motivi aggiunti, con cui è stata confermata la legittimità del “diniego” di s.c.i.a. in sanatoria, si potrebbe anche prescindere dall’esame del terzo ricorso per motivi aggiunti – avente a oggetto il provvedimento del Comune di Pavia, datato 9 marzo 2023, prot. gen. n. 2022/-OMISSIS- VINC/2022/0-OMISSIS-/PAE, riguardante la «certificazione di Compatibilità Paesaggistica in atti Pg. -OMISSIS-/2022 del 16/09/2022 - relativo alla realizzazione di abbaini, difformità nella realizzazione di cancello e autorimessa per in Strada -OMISSIS- - intestatario -OMISSIS- -OMISSIS- - Revoca del provvedimento in autotutela ai sensi dell’art. 21 quinquies della L. 241/-OMISSIS-90» – poiché l’accertata carenza del titolo edilizio impone all’Amministrazione di adottare la sanzione a prescindere dalla eventuale conformità paesaggistica dell’intervento, stante l’autonomia dei richiamati ambiti (edilizio e paesaggistico: cfr. Consiglio di Stato, II, 14 ottobre 2022, n. 8778).
Tuttavia per ragioni di completezza, si ritiene opportuno esaminare anche il ricorso proposto avverso la revoca della compatibilità paesaggistica; il gravame è comunque infondato nel merito.
9. Con la prima doglianza di ricorso si assume l’invalidità e/o l’inefficacia del provvedimento comunale di revoca della compatibilità paesaggistica per invalidità e/o inefficacia dell’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-, stante il loro rapporto di presupposizione.
9.1. La censura è infondata.
Come già rilevato al precedente punto 4.1, l’inefficacia dell’ordine di rimessione in pristino n. -OMISSIS- è scaturita proprio dall’avvio della procedura di sanatoria dei manufatti abusivi, in relazione alla quale il procedimento di compatibilità paesaggistica rappresenta un aspetto fondamentale, essendo collocati i predetti manufatti in un’area soggetta a vincolo paesaggistico. Deve precisarsi che il vicolo paesaggistico sull’area è stato imposto con il Decreto Ministeriale del 5 agosto -OMISSIS-70 recante la “Dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona lungo le sponde del Ticino, nel comune di Pavia”.
Pertanto, è una conseguenza dell’inefficacia dell’ordinanza di rimessione in pristino n. -OMISSIS- l’adozione da parte del Comune degli atti afferenti alla valutazione della compatibilità edilizia e paesaggistica dei manufatti da sanare.
L’atto di revoca della compatibilità paesaggistica si pone a conclusione della indicata sequenza procedimentale e per tale ragione è pienamente efficace.
9.2. Ciò determina il rigetto dello scrutinato motivo.
10. Con la seconda, la terza e la quarta censura, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connesse, si deduce l’illegittimità dell’impugnata revoca per violazione dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del -OMISSIS-90 e dei presupposti dallo stesso richiesti e la sua carenza di motivazione sotto molteplici profili.
10.1. Le doglianze sono infondate.
In prima battuta, deve rilevarsi che il provvedimento impugnato con cui è stato revocato in autotutela l’atto di certificazione di compatibilità paesaggistica, rilasciato ai sensi degli artt. 181 e 167, comma 5, del D. Lgs. n. 42 del 2004 in data 16 settembre 2022 dal medesimo Comune di Pavia, deve essere (ri)qualificato quale provvedimento di annullamento ex art. 21-nonies della legge n. 241 del -OMISSIS-90, poiché nella specie non si è al cospetto di una rivalutazione del merito della situazione per mutate esigenze di natura pubblica, ma si tratta di eliminare un atto che risulta viziato ab origine e si pone in contrasto con l’interesse pubblico, stanti le acclarate «difformità tra lo stato attuale/rilevato dell’immobile e dell’autorimessa rappresentato nella SCIA e nella compatibilità rilasciata, rispetto a quanto rilevato nel corso dei sopralluoghi, in particolare per le dimensioni delle aperture esterne e suddivisioni interne dei locali di abitazione, la dimensione in pianta e le altezze minime e massime dell’autorimessa». Anche in questo frangente, come già accaduto in precedenza, nessuna reale incertezza si pone con riguardo all’effettivo contenuto dell’atto adottato dall’Amministrazione, perfettamente e univocamente individuabile, trattandosi con evidenza di un atto di annullamento in autotutela sottoposto al regime di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241 del -OMISSIS-90.
10.2. Quanto all’asserita carenza di motivazione, deve evidenziarsi come le difformità emerse tra quanto dichiarato dalle parti in sede di istanza formulata all’Amministrazione (cfr. la mancata dichiarazione in ordine alle differenti altezze del piano sottotetto dell’abitazione, che ha modificato la sagoma esterna dell’immobile, rilevante a livello paesaggistico: cfr. Domanda di rilascio di autorizzazione paesaggistica o accertamento di compatibilità paesaggistica, pag. 7: all. 17 del Comune; anche all. 9 del Comune, pag. 47) e le effettive risultanze dello stato dei luoghi, emergenti dai sopralluoghi effettuati dai tecnici comunali, sono idonee a giustificare l’annullamento in autotutela, visto che non sussiste alcun legittimo affidamento in capo alle parti istanti (cfr. Consiglio di Stato, V, 29 aprile 2024, n. 3899; con riguardo a un condono edilizio, Consiglio di Stato, VI, 23 ottobre 2023, n. 9143).
Difatti, si è affermato che “nell’esercizio del potere di autotutela non può non assumere rilievo anche l’effettivo contributo dato dal beneficiario del provvedimento favorevole al suo (illegittimo) rilascio, sia se risulti accertato nella sede penale sia se emerga dagli atti acquisiti al procedimento di autotutela, essendo evidente che la sua compartecipazione alla consumazione dell’illecito, anche se non giudizialmente accertata, ma ragionevolmente desumibile dal concreto svolgersi della vicenda sottostante, comprime, fino ad annullarla, la legittima aspirazione al mantenimento di un assetto di interessi prevalentemente incentrato sulla egoistica realizzazione di un interesse privato in contrapposizione - e non, fisiologicamente, in sinergica relazione - con quello pubblico (Cons. Stato, Sez. III, 9 giugno 2022, n. 4687; Sezione II, 13 giugno 2024, n. 5309). Inoltre rileva la falsità, anche per omissione, della prospettazione dei fatti rilevanti e la sua incidenza, ai fini dell’adozione del provvedimento amministrativo, che non consentono di configurare una posizione di affidamento legittimo in capo al destinatario dell’annullamento, ma legittimano l’amministrazione a limitare l’onere motivazionale alla dedotta falsità, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa, non sussistendo un interesse privato meritevole di tutela da porre in comparazione con quello pubblico comunque sussistente al ripristino della legalità violata (Cons. Stato, VI, 17 giugno 2022, n. 4959; Sez. VII, 11 aprile 2023, n. 3643; sez. IV, 30 giugno 2023, n. 6387)” (Consiglio di Stato, II, 3 gennaio 2025, n. 29).
Risulta altresì assolutamente legittimo il riferimento per relationem ad altri atti del procedimento, che risultano ben conosciuti dai ricorrenti, visto che una parte di questi sono stati da essi impugnati in sede giurisdizionale – ordinanza di rimessione in pristino n. -OMISSIS- e provvedimento del 16 gennaio 2023, con cui è stata dichiarata l’irricevibilità della s.c.i.a. presentata dai ricorrenti – e altri sono stati assunti previo diretto coinvolgimento dei predetti ricorrenti (cfr. Relazione di sopralluogo del -OMISSIS- novembre 2021 e verbale di visita dell’8 giugno 2020: all. 1 e 4 del Comune).
10.3. A ciò consegue l’infondatezza anche delle suesposte censure.
11. L’infondatezza delle esaminate doglianze determina il rigetto del terzo ricorso per motivi aggiunti.
12. Il quarto ricorso per motivi aggiunti – avente a oggetto l’ordinanza del Comune di Pavia n. -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS-/2024 datata 16 maggio 2024, recante «Ordin[e] di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 31 D.P.R. 380/2001 e degli artt. 167 e 181 D.lgs n. 42/2004» – non è fondato.
13. Con la prima censura si assume l’illegittimità dell’ordinanza comunale con riguardo a tutti gli interventi oggetto di ingiunzione ripristinatoria.
13.1. La doglianza è complessivamente infondata.
13.2. Quanto alle contestazioni afferenti all’asserita irrilevanza delle ridotte dimensioni dell’autorimessa rispetto all’assentito (condono edilizio pg. -OMISSIS-/04) – m 6,35 x 6,30 circa anziché m 6,11 x 6,21 e altezze di m 3,42 (h max) e m 2,80 (h min) anziché m 3,63 (h max) e m 2,97 (h min) –, come già rilevato al punto 5.1, assume portata dirimente la circostanza che in adiacenza alla stessa era stato costruito il gazebo in ferro (nel frattempo rimosso) e quindi la riduzione della sua sagoma, da riferire necessariamente agli abusi (originariamente) sussistenti sull’area (e complessivamente considerati), assume una differente portata rispetto al caso in cui un unico manufatto sia realizzato con misure inferiori rispetto all’assentito; peraltro anche in tale frangente, non versandosi in una ipotesi di tolleranza costruttiva (ovvero con misure che non superino il 2% dell’assentito), pur ove si trattasse di un abuso formale, la variazione avrebbe dovuto essere regolarizzata e non potrebbe essere sanata in via di fatto. Nella specie, nessun legittimo atto di sanatoria sussiste in relazione all’autorimessa, né da un punto vista edilizio, né paesaggistico, né con riguardo agli altri vincoli (fluviale e del depuratore).
Del resto si può dubitare che l’autorimessa rientri nelle cubature accessorie di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 380 del 2001, e quindi che la sua modifica rappresenti una variazione non essenziale, poiché tale manufatto non può essere qualificato come una pertinenza, visto che in ambito edilizio non sussiste la natura pertinenziale di un manufatto quando sia realizzato un nuovo volume, suscettibile di autonoma rilevanza (sulla più ristretta nozione di pertinenza in materia edilizia rispetto a quella civilistica, cfr. Consiglio di Stato, VI, 9 maggio 2023, n. 4667; VII, 3 aprile 2023, n. 3422), su un’area diversa e ulteriore rispetto a quella già occupata dall’edificio principale, ovvero quando sia realizzata una qualsiasi opera che ne alteri la sagoma (cfr. Consiglio di Stato, II, 4 luglio 20-OMISSIS-, n. 4586; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 2 gennaio 2024, n. 8; II, 8 luglio 2020, n. 1295; II, 20 agosto 20-OMISSIS-, n. -OMISSIS-07; II, 17 ottobre 2017, n. -OMISSIS-87).
13.3. Con riferimento all’immobile destinato ad abitazione si è contestata l’abusiva realizzazione del piano sottotetto, con misure inferiori rispetto all’assentito (altezza massima prevista pari a 3,05 m e altezza minima 1,80 m: cfr. all. 9 del Comune, pag. 47; altezza effettiva massima pari a 2,83 m e minima pari a 1,16 m), e la sua indebita destinazione a uso abitativo; anche gli abbaini presenti nel predetto sottotetto e alcune delle aperture e finestre sono stati realizzati in difformità rispetto al titolo. Nella Relazione degli Uffici comunali, sono stati richiamati i titoli edilizi risultanti agli atti – (i) Autorizzazione Edilizia n. -OMISSIS- per il parziale rifacimento del tetto e del solaio al piano sottotetto, (ii) Autorizzazione Edilizia n. -OMISSIS- per il parziale rifacimento del tetto e del solaio al piano primo, (iii) Autorizzazione Edilizia in sanatoria n. -OMISSIS- per il parziale rifacimento di murature perimetrali e coperture, (iv) DIA Pg. -OMISSIS-/95 del 29/12/-OMISSIS-95 UT -OMISSIS- per la “realizzazione di opere interne consistenti nella demolizione e ricostruzione di tavolati e scala interna” e (v) Autorizzazione Edilizia n. -OMISSIS-per la realizzazione di varianti interne ed esterne (modifiche distributive interne e apertura di finestre) al piano primo e sottotetto alla DIA UT -OMISSIS- e (vi) Richiesta di certificato di agibilità Pg. -OMISSIS-/98 del 13/07/-OMISSIS-98 con parere contrario n. -OMISSIS- del 10/11/-OMISSIS-98 dell’ASL (all. 30 al ricorso) – e nessun titolo ha autorizzato la destinazione a uso abitativo del predetto, in carenza dell’altezza minima di 2,70 m (o di quella media ponderale di 2,40 m).
La difesa dei ricorrenti, pur nella carenza di uno specifico titolo abilitativo posto a fondamento della contestata attività edilizia, ha cercato di dimostrare che i vari interventi che si sono susseguiti sull’immobile avrebbero legittimato le citate modifiche e i titoli presupposti ormai sarebbero assolutamente consolidati e non più annullabili, stante il rilevante lasso temporale trascorso dalla loro adozione. In realtà, il richiamo alla pratica n. -OMISSIS-/-OMISSIS-88 UT -OMISSIS-/88 (all. 3.1 al quarto ricorso per motivi aggiunti) non è dirimente, poiché riguarda l’autorizzazione al «rifacimento parziale del tetto e del solaio di sottotetto» e si limita a rappresentare uno stato di fatto, ossia la presenza di un bagno nel sottotetto e due camere dotate di finestre sul lato est, ma ciò non è idoneo ad attestare la natura abitativa legittima del sottotetto, poiché la circostanza che un’opera non legittima sia rappresentata nelle pratiche edilizie non può infatti comportarne la regolarizzazione postuma. Inoltre, gli eventuali atti autorizzativi che avrebbero attestato la sussistenza dei requisiti igienico sanitari dei locali del sottotetto non possono surrogare l’insussistenza delle altezze minime, stabilite dal D.M. Sanità del 5 luglio -OMISSIS-75 (indicate in 2,70 m per i locali principali e 2,40 m per i locali di servizio; sulla inderogabilità in via amministrativa di tali prescrizioni, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 31 maggio 2021, n. 1351).
Anche la d.i.a. UT -OMISSIS- non è idonea ad avallare la tesi attorea, poiché nella stessa sono indicate altezze maggiori di quanto rilevato in sede di sopralluogo (altezza massima di 3,05 m anziché di 2,80/2,83 m e altezze minime di 1,80 m anziché di 1,60/1,65 m: cfr. all. 6.1 al quarto ricorso per motivi aggiunti); la non veritiera dichiarazione non consente il consolidamento del titolo edilizio e soprattutto non permette di evitare l’applicazione della sanzione. L’intervento comunale sotto questo profilo risulta legittimo, in quanto espressione del generale potere di vigilanza edilizia attribuita all’Ente locale (ex art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001: T.A.R. Lombardia, Milano, II, 17 dicembre 2021, n. 2837); attraverso un qualsivoglia titolo edilizio (nella specie, la d.i.a.) non è infatti possibile imprimere a un immobile una destinazione d’uso vietata dalla legge e, laddove ciò avvenga, “il Comune è tenuto a intervenire senza limiti temporali e a prescindere dalla formale esistenza del predetto titolo, che ove sussistente dovrà essere ritenuto tamquam non esset (l’utilizzo di un titolo inidoneo rende abusivo l’intervento: T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 27 giugno 2022, n. 1508)” (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 24 novembre 2022, n. 2626).
13.4. Neppure rileva l’eventuale rilascio (rectius, ottenimento) dell’abitabilità – peraltro contestato dal Comune, che richiama il parere contrario dell’A.S.L. di Pavia, datato 10 novembre -OMISSIS-98, sulla richiesta di abitabilità formulata dal dante causa dei ricorrenti (all. 11 del Comune) – poiché il certificato di agibilità di un immobile non attesta la regolarità edilizia e urbanistica dello stesso, essendo tale aspetto afferente al titolo edilizio in senso stretto. I richiamati atti presidiano interessi diversi, visto che il primo è diretto ad attestare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’edificio, mentre il titolo edilizio attesta la regolarità edilizia e urbanistica (cfr. Consiglio di Stato, II, 29 novembre 2024, n. 9580; T.A.R. Lazio, Roma, II Stralcio, 13 gennaio 2025, n. 553, che richiama Consiglio di Stato, VII, 8 marzo 2023, n. 2461; VII, 5 gennaio 2023, n. 180; in senso contrario, Consiglio di Stato, II, 24 settembre 2024, n. 7740).
13.5. In ogni caso, le stesse parti ricorrenti riconoscono la sussistenza di plurime difformità negli immobili di proprietà – relative al piano sottotetto, agli abbaini e alle varie aperture – ma attraverso un loro esame parcellizzato cercano di ricondurli a difformità non essenziali, che non consentirebbero di applicare la sanzione ripristinatoria, ma soltanto pecuniaria.
Tale modus procedendi si pone in contrasto con il già citato principio secondo il quale l’abuso deve essere valutato nel suo complesso ed è preclusa la possibilità di sanatorie con opere; inoltre si ribadisce che nella specie non è stata accordata la sanatoria delle opere, stante il rigetto della s.c.i.a. in sanatoria, e risultano violate anche le disposizioni di natura paesaggistica e di rispetto dei vincoli derivanti dalla presenza di un corpo idrico e del depuratore.
Tali vincoli distanziali devono poi ritenersi rilevanti anche laddove non si proceda a un ampliamento dell’ingombro dell’immobile, ma si aumenti il carico urbanistico, destinando a uso abitativo una parte di un immobile prima non idonea a tal fine, visto che una maggiore presenza di persone in un immobile aumenta il rischio che la previsione di una distanza minima da tende a prevenire (cfr., in argomento, Consiglio di Stato, II, 27 maggio 2024, n. 4693).
13.6. Da quanto evidenziato, discende il rigetto della scrutinata doglianza e quindi del quarto ricorso per motivi aggiunti.
14. In conclusione, il ricorso introduttivo e il primo ricorso per motivi aggiunti devono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, mentre il secondo, il terzo e il quarto ricorso per motivi aggiunti devono essere respinti.
15. All’infondatezza delle domande di annullamento, consegue la reiezione della domanda risarcitoria, stante la carenza di uno degli elementi costitutivi della stessa.
16. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. Civ., II, 22 marzo -OMISSIS-95, n. 3260 e, per quelle più recenti, Consiglio di Stato, II, 30 marzo 2022, n. 2328; VI, 22 marzo 2022, n. 2072; VI, 20 gennaio 2022, n. 358). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
17. Avuto riguardo alla risalenza della controversia e alle sue peculiarità, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando:
- dichiara improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso introduttivo e il primo ricorso per motivi aggiunti;
- respinge il secondo, il terzo e il quarto ricorso per motivi aggiunti;
- respinge la domanda di risarcimento del danno;
- compensa integralmente le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. -OMISSIS-6, e dell’art. 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo a identificare le parti del giudizio.