
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. L’oggetto del giudizio è la domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio inadempimento o eventualmente del silenzio rifiuto serbato dal comune di Prata Sannita sulla S.C.I.A. a sanatoria presentata in data 22 gennaio 2024 dalla ditta (omissis) (ubicata nell’immobile in proprietà dei signori (omissis) e (omissis)).
2. Per un corretto inquadramento giuridico-fattuale della fattispecie si richiamano di seguito i fatti di causa, come emergenti dal ricorso di primo grado e dalla documentazione prodotta dalle parti:
a) con concessione edilizia in sanatoria n. 4 del 30 gennaio 1988 il comune di Prata Sannita accoglieva l’istanza di condono ex lege n. 47/1985 presentata dalla ditta (omissis) Antonio per “lavori di costruzione di un complesso per lo stazionamento e la crescita di trote con relativo alloggio di servizio per il proprietario conduttore e un piccolo locale per deposito attrezzi e mangimi (1° abuso) e locale per commercio dei prodotti ittici, con annessi servizi igienici (2° abuso)”;
b) con permesso di costruire in sanatoria n. 17 del 23 giugno 2005 il comune accoglieva una (seconda) istanza di condono- presentata ai sensi della l. n. 724/1994- per ulteriori opere abusive realizzate nel sopra indicato complesso immobiliare e consistenti in “una sala da pranzo di mq 80,11, relativi servizi quali cucina di mq 26,07, servizi igienici di mq 12,03 e piccoli locali accessori di mq 4,68, tutti ubicati al piano terra”;
c) con permesso di costruire in sanatoria n. 4 del 24 maggio 2006 il comune accoglieva una (terza) istanza di sanatoria- questa volta presentata ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001(t.u. edilizia) - per lavori eseguiti in parziale difformità rispetto al permesso di costruire n. 16 del 23 giugno 2005, relativo alla ristrutturazione del locale ristorante, e oggetto dell’ordinanza di sospensione lavori n. 1/2006 (le opere abusive consistono, in sintesi, in una vasca scoperta, nella modifica di posizione di porte e finestre, in una modifica del locale sottotetto e della relativa altezza, nell’alterazione delle lunghezze del locale ristorante: cfr. relazione tecnica allegata all’istanza di permesso di costruire n. 4/2006);
d) con ordinanza di demolizione n. 3 del 2 novembre 2023 il comune accertava la realizzazione delle seguenti ulteriori opere abusive:
d1) per il locale ristorante: i) l’esecuzione di opere che ne hanno determinato una volumetria inferiore di mc. 9,36 rispetto a quella di cui al p.d.c. n. 4/2006; ii) esecuzione di opere al locale sottotetto soprastante al ristorante (quelle di cui al punto i), che ne hanno determinato un’altezza difforme da quanto riportato nei grafici allegati al permesso di costruire in sanatoria n. 4/2006; iii) diversa utilizzazione del locale di cui al punto a.2 da sottotetto a civile abitazione;
d2) costruzione di una scala in profilati di ferro a servizio di locali di cui ai punti precedenti ii) e iii), avente una dimensione in pianta di ml. 9,00 di lunghezza circa per ml.1,00;
d3) costruzione di un porticato aperto con struttura portante in legno lamellare e sovrastante manto di copertura dalle dimensioni planimetriche di ml.9,15 per ml.4,20 ed altezza di gronda ml.2,30;
d4) costruzione di un locale deposito con intelaiatura in profilati di ferro con sovrastante manto di copertura dalle dimensioni planimetriche di ml.3,50 per m1.3,60 ed altezza di gronda ml.2,40 per un volume di mc.30,24;
d5) costruzione di una scala esterna in calcestruzzo cementizio armato a servizio dell’abitazione, posta al piano primo dalle dimensioni planimetriche di ml.5,40 + 1,20 per una larghezza di ml.1,20;
d6) costruzione di più locali in muratura di tufo con solaio in latero cemento consistenti in soggiorno, cucina e servizio igienico con annesso corridoio al piano primo del fabbricato esistente dalle dimensioni complessive lorde di ml 10,50 per ml 4,00 per altezza interna intradosso di ml 2,80 e per un volume totale di mc.126,00;
e) l’ordinanza sopra indicata veniva impugnata dagli odierni appellanti al T.a.r. per la Campania con ricorso n.r.g. n. 22 del 2024, tutt’ora pendente;
f) con nota prot. 301 del 22 gennaio 2024 la ditta inoltrava S.C.I.A. in sanatoria ex art. 37 d.P.R. n. 380/2001 per le opere realizzate in difformità dal permesso di costruire n. 4/2006 e descritte al punto b) dell’ordinanza (ossia posa in opera di una scala esterna aperta in profilati in ferro a servizio dei locali avente una dimensione in pianta di ml. 9,00 di lunghezza per ml. 1,00), nonché per alcune modifiche interne al locale sottotetto e per la diversa configurazione di due finestre e di una porta di ingresso.
3. Con ricorso al T.a.r. per la Campania la ditta interessata ha impugnato il silenzio serbato dall’amministrazione, formulando due motivi avverso il silenzio inadempimento e tre motivi avverso silenzio rifiuto.
3.1. Sul silenzio inadempimento:
1)VIOLAZIONE ART. 97 COST.-VIOLAZIONE L. N. 241/90 -ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI IN TEMA DI: GIUSTO PROCEDIMENTO, CLARE LOQUI, TRASPARENZA, IMPARZIALITA’ ED EFFICIENZA DELLA P.A.
2)ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI IN TEMA DI COMPORTAMENTO SECONDO CORRETTEZZA, DILIGENZA E BUONA FEDE DELLA P.A.
3.2. Sul silenzio rifiuto:
1) VIOLAZIONE ARTT. 3, 6 e 22 D.P.R. N. 380/01 –VIOLAZIONE D.LGS. N. 222/2016-VIOLAZIONE D.M. 2.3.2018 –VIOLAZIONE D.P.R. N. 31 DEL 2017 ECCESSO DI POTERE PER INESISTENZA DEI PRESUPPOSTI IN FATTO ED IN DIRITTO -CARENZA DI ISTRUTTORIA
2) STESSI MOTIVI-VIOLAZIONE D.M. 2.3.2018-VIOLAZIONE ARTT. 6 E 37, CO.I°, D.P.R. N. 380/01 -ECCESSO DI POTERE.
3)STESSI MOTIVI-VIOLAZIONE ART. 3, L. N. 241/90-ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI MOTIVAZIONE-GENERICITA.
4. L’impugnata sentenza - T.a.r. per la Campania, sez. VIII, n. 5422 del 15 ottobre 2024 -:
a) ha ritenuto inapplicabile lo ius superveniens costituito dalla fattispecie di silenzio assenso di cui all’art. 36 bis d.P.R. 380/2001, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. h) d.l. 69/2024 conv. dalla l. 105/2024;
b) ha ritenuto che il silenzio serbato sulla S.C.I.A. ex art. 37 t.u. edilizia abbia natura di silenzio inadempimento;
c) ha escluso che via sia stato inadempimento all’obbligo di rispondere perché, nella sostanza, il comune avrebbe dimostrato univocamente il suo intendimento con l’ordinanza di demolizione n. 3 del 2023;
d) ha condannato parte attrice alle spese del giudizio (2.500 euro).
5. La ditta (omissis) (ed i proprietari dell’immobile) hanno interposto appello, corredato da richiesta cautelare, notificato in data 16 ottobre 2024, articolando i seguenti quattro autonomi motivi (estesi da pag. 10 a pag. 22 del gravame):
1)ERROR IN JUDICANDO -ERROR IN MOTIVAZIONE- CARENZA DI ISTRUTTORIA- VIOLAZIONE ARTT. 3, 34, 42 E 64 C.P.A ED ARTT. 99 e 112 C.P.C.- VIOLAZIONE D.P.R. N. 380/01 -INGIUSTIZIA MANIFESTA- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE L. N. 241/90 –CONTRADDITTORIETA’ - GENERICITA’- PRETESTUOSITA’ -ILLOGICITA’- ACRITICITA’- APODITTICITA’- MANIFESTA INGIUSTIZIA- MANCATA COMPARAZIONE DELL’INTERESSE PUBBLICO- TRAVISAMENTO- SVIAMENTO-VIOLAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI IN TEMA DI GIUSTO PROCEDIMENTO – ULTRAPETIZIONE.
2) STESSI MOTIVI-ERROR IN JUDICANDO -ERROR IN PROCEDENDO.
3) STESSI MOTIVI-ERROR IN JUDICANDO -ERROR IN PROCEDENDO.
4) STESSI MOTIVI -ERROR IN JUDICANDO -ERROR IN PROCEDENDO.
6. Si è costituito per resistere il comune di Prata Sannita in data 31 ottobre 2024.
7. Nel corso del procedimento:
a) la parte appellante ha depositato: a1) la determina comunale prot. n. 4460 del 28 settembre 2024 con cui il comune ha chiesto chiarimenti e integrazioni con riguardo alla S.C.I.A. in sanatoria prot. 3990 del 4 settembre 2024, presentata dalla ditta appellante e relativa alla scala in muratura indicata al punto e) dell’ordinanza n. 3/2023; a2) la comunicazione di inizio e fine lavori di ripristino dello stato dei luoghi con riguardo ai manufatti di cui ai punti c) e d) dell’ordinanza n. 3/2023; a3) il regolamento edilizio comunale; a4) una perizia tecnica di parte datata 23 dicembre 2024;
b) il comune appellato ha depositato: b1) la S.C.I.A. in sanatoria n. 301/2024; b2) la documentazione fotografica dello stato dei luoghi; b3) l’attestazione dell’ufficio tecnico comunale relativa alla normativa vincolistica e urbanistica dell’area; b4) le ordinanze cautelari del T.a.r. Campania n. 202/2024 e del Consiglio di Stato n.601/2024 pronunciate nel giudizio relativo all’ordinanza di demolizione; b5) le note tecniche a firma del responsabile del servizio tecnico e l’istanza di fiscalizzazione ex art. 38 d.P.R. n. 380/2001, presentata dall’appellante per le opere di cui al punto f) dell’ordinanza;
c) entrambe le parti hanno depositato memorie.
8. Alla camera di consiglio del 5 novembre 2024, su richiesta del difensore dell’appellante, la trattazione della domanda cautelare è stata rinviata alla camera di consiglio dell’11 febbraio 2025.
9. La causa è stata trattenuta in decisione alla camera di consiglio dell’11 febbraio 2025, nel corso della quale il difensore di parte ricorrente ha dichiarato a verbale di non insistere per la decisione dell’istanza cautelare.
10. Preliminarmente il collegio rileva quanto segue:
a) in appello è stato devoluto l’intero thema decidendum trattato in primo grado, pertanto, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il collegio esaminerà direttamente i motivi originari posti a sostegno dei ricorsi di primo grado i quali perimetrano obbligatoriamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. (sul principio e la sua applicazione pratica, fra le tante, cfr. sez. IV, n. 1137 del 2020, n. 1130 del 2016, sez. V, n. 5868 del 2015; sez. V, n. 5347 del 2015);
b) sono inammissibili i documenti nuovi prodotti dalla parte privata per la prima volta in appello mentre sono ammissibili, ai sensi del combinato disposto degli artt. 38, 46 comma 2, e 104, comma 2, c.p.a., quelli che l’amministrazione (come nel caso di specie) ha l’obbligo di produrre anche in sede di gravame (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2057 del 2022; sez. IV, n. 5560 del 2021).
11. Premesso quanto sopra, l’appello è infondato.
12. Deve, in primo luogo, escludersi l’applicabilità dello ius superveniens costituito dall’art. 36 bis d.P.R. 380/2001, introdotto dal d.l. n. 69/2024 (convertito con modificazioni dalla l. n. 105 del 2024), come preteso da parte ricorrente (cfr. memoria del 3 settembre 2024).
12.1. La disposizione da ultimo citata è entrata in vigore il 30 maggio 2024, ossia in data largamente successiva a quella di presentazione della S.C.I.A. in sanatoria oggetto dell’impugnato silenzio (22 gennaio 2024).
12.2. Non si rinviene nel testo del d.l. n. 69/2024 (né la ditta ricorrente ha indicato) alcuna disposizione transitoria intesa a consentire l’applicazione in via retroattiva della nuova disciplina alle istanze presentate prima della sua entrata in vigore, sicché, in difetto di un’espressa statuizione di retroattività, non può che trovare applicazione la regola generale sancita dall’art. 11 disp. prel. c.c.
12.3. In senso contrario all’invocata retroattività depone, quale logico corollario del principio tempus regit actum, il disposto dell’art. 3, comma 4, d.l. n. 69/2024 il quale esclude che la sanatoria presentata ai sensi dell’art. 36 bis d.P.R. 380/2001 fondi un diritto del privato alla ripetizione delle somme già versate a titolo di oblazione o di pagamento di sanzioni irrogate sulla base della normativa vigente alla data di entrata in vigore del decreto (sull’inapplicabilità in via retroattiva del d.l. 69/2024, cfr. Cons. Stato sez. II, n. 10076 del 2024 e Corte cost. n. 124 del 2024 la quale ha chiarito che la novella “non ha inteso superare il requisito della cosiddetta “doppia conformità”, ma ne ha circoscritto l’ambito di applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità”).
12.4. Nemmeno è predicabile, come sostiene l’appellante, l’avvenuta formazione del silenzio assenso sull’istanza presentata, poiché l’art. 37 d.P.R. n. 380/2001 (nel testo applicabile ratione temporis), a differenza dell’art. 36 che lo precede (relativo al silenzio rigetto sull’istanza di permesso di costruire in sanatoria), non assegna al silenzio serbato dall’amministrazione alcun valore provvedimentale: di qui la necessaria qualificazione di esso quale silenzio inadempimento (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. II, n. 1708 del 2023, n. 8806 del 2023 e n. 4191 del 2024, quest’ultima citata anche dall’appellante in memoria di replica del 23 dicembre 2024; sull’inapplicabilità, in materia edilizia, della disciplina del silenzio assenso dettata dall’art. 20 l. n. 241/1990, essendo esso assoggettato a una disciplina speciale, che ne definisce ambito e condizioni di applicazione, cfr. le sentenze di questa sezione n. 10076 del 2024 e n. 10077 del 2024). La stessa disposizione fa salva, peraltro, al comma 6, l’applicazione dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 t.u. edilizia (e quindi del silenzio rigetto) “ove ne ricorrano i presupposti in relazione all'intervento realizzato”, ovvero laddove si tratti di interventi soggetti a permesso di costruire, insuscettibili di sanatoria ai sensi del comma 4 dell’art. 37.
12.5. Siffatta conclusione costituisce il naturale corollario del principio di legalità dell’azione amministrativa, sicché non è consentito all’interprete sostituirsi o sovrapporsi alla chiara volontà del legislatore.
13. Pur sussistendo, in linea generale, un obbligo dell’amministrazione di pronunciarsi sull’istanza di S.C.I.A. in sanatoria e una correlativa legittimazione del privato ad agire in giudizio a fronte del silenzio serbato dall’amministrazione ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., nel caso di specie l’evidente strumentalizzazione, posta in essere dalla ditta interessata, dell’istituto della sanatoria non consente di ravvisare né un obbligo di rispondere in capo all’amministrazione né un interesse legittimo ad ottenere una risposta in capo alla ditta ricorrente.
13.1. Le circostanze concrete, richiamate nella parte in fatto, evidenziano come l’istituto della sanatoria sia stato, nel corso degli anni, strumentalmente utilizzato da parte ricorrente non per legittimare, in via eccezionale, occasionali abusi di natura formale e di minima entità, ma come ordinario strumento per realizzare, in via progressiva e frazionata, un unico intervento di ampliamento e trasformazione dell’immobile originario (anch’esso in origine abusivo ed oggetto di sanatoria), senza ricorrere al titolo edilizio ex ante e secondo la logica del “fatto compiuto”: ciò in violazione del divieto di valutazione frazionata delle opere abusive che devono essere sempre apprezzate nella loro concreta intierezza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. III, n. 8795 del 2024, sez. V, n. 8032 del 2024; sez. VI n. 7968 del 2024), per giunta ubicate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale, oltreché nella fascia di rispetto fluviale.
13.2. A conferma di quanto appena osservato si richiamano le plurime sanatorie richieste (e ottenute) dalla ditta ricorrente a partire dall’originario condono del 1988 (cfr. supra §2), da cui emerge con evidenza la strategia elusiva della ricorrente, consistente:
a) nella realizzazione e nel progressivo ampliamento del compendio immobiliare mediante la sistematica omissione della previa acquisizione del titolo edilizio;
b) nella successiva polverizzazione delle istanze di sanatoria a singole porzioni dell’abuso, limitando ad esse la valutazione di doppia conformità e sottraendo, in tal modo, all’istruttoria procedimentale la valutazione (e la percezione) del complessivo carico urbanistico e paesaggistico dell’intervento (non a caso sanzionato in via unitaria con l’ordinanza n. 3/2023);
b) nell’effetto ultimo di ottenere una sanatoria a formazione progressiva dell’intero compendio immobiliare con un uso distorto della S.C.I.A. ex art. 37 d.P.R. 380/2001, utilizzata per sanare abusi che, invece, avrebbero dovuto essere assoggettati alla più ampia valutazione di compatibilità ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380/2001 e alla formazione del silenzio rigetto, anziché del silenzio inadempimento (o, peggio ancora, del silenzio assenso).
13.3. La strumentalizzazione dell’istituto della sanatoria, utilizzato scientemente e sistematicamente per uno scopo concreto diverso e antitetico rispetto alla finalità a cui è per legge deputato (id est la sanatoria in via eccezionale di abusi formali minori e non quella di sottrarre l’intervento al rilascio del titolo edilizio ex ante e all’accertamento di compatibilità urbanistica ex post), ha immediate ricadute sul piano procedimentale e processuale con riguardo:
a) all’insussistenza di un obbligo dell’amministrazione di provvedere poiché il ricorso abusivo all’istituto in esame ne determina un ingiustificato sviamento dal fine tipico ed integra una fattispecie di abuso del diritto, nonché di violazione degli obblighi di collaborazione e buona fede (cfr. Cons. Stato sez. IV, n. 7843 del 2022 ove si rileva l’insussistenza dell’obbligo di provvedere in caso di comportamento del privato violativo dei doveri di collaborazione e buona fede; Cons. Stato, sez. II, n. 2329 del 2024 che ha concluso per la natura abusiva delle reiterate istanze di sanatoria ex art. 37 d.P.R. 380/2001, presentate al solo scopo di sospendere sine die l’efficacia dell’ordinanza di demolizione, le quali, anziché porre fine all’abuso, finiscono irragionevolmente per protrarlo);
b) alla conseguente inconfigurabilità, in capo alla ditta ricorrente, di una situazione soggettiva suscettibile di tutela nelle forme del rito del silenzio ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., per la natura illegittima, emulativa ed elusiva dell’interesse rivendicato (sull’impossibilità di tutela del c.d. interesse illegittimo o emulativo, cfr. fra le tante Cons. Stato, sez. I, parere n. 1034 del 2024, sez. IV, nn. 1734 del 2022, 2698 del 2016, sez. V, n. 5870 del 2015).
13.4. Le su indicate argomentazioni sono coerenti con le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza più rigorosa circa l’inconfigurabilità di un obbligo a provvedere espressamente, pur a fronte di quanto previsto dal novellato art. 2, comma 1, l. n. 241 del 1990, allorquando l’Amministrazione sia sollecitata a esercitare i propri poteri di autotutela (Cons. Stato, sez. IV, n. 6915 del 2022).
14. Per le ragioni sopra indicate, l’appello deve essere respinto.
23. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sull'appello (r.g. 7767 del 2024), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti in solido al pagamento a favore del comune appellato delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre a spese generali e accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.