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La disciplina di riordino dell'attività di noleggio con conducente (NCC) approvata e poi congelata per quasi un decennio non ha abrogato le precedenti norme dettate dall'originario testo della Legge n. 21 del 1992. In questo contesto, pertanto, la violazione delle disposizioni sull'esercizio del servizio di NCC nel periodo in cui è stata sospesa l'efficacia va valutata in relazione all'originaria disciplina. |
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La Corte di Cassazione con l'ordinanza in commento ha ribadito il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 17541 in materia di normativa applicabile al servizio di NCC nel periodo intercorrente tra il 14 aprile 2009 ed il 31 dicembre 2018. |
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L'ordinanza n. 31791/2023 ribadisce il principio espresso dalle Sezioni Unite nel giugno scorso. La pronuncia in esame ha il pregio di indicare, in somma sintesi, le ragioni dell'applicabilità della Legge n. 21 del 1992 nella sua formulazione originaria in luogo di quella modificata. Per la complessiva comprensione del suo contenuto e delle ragioni giuridiche di base afferenti all'istituto della successione delle leggi nel tempo ed alla valutazione dell'abrogazione tacite o meno di norme ad opera di disposizioni successive è comunque consigliabile la lettura della sentenza n. 17541/2023 più volte citata. |
Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza (ud. 26 ottobre 2023) 17 novembre 2023, n. 31971
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 17279/19, il giudice di pace rigettò la domanda proposta dal Consorzio C.T. avverso alcuni verbali di infrazione al codice della strada che erano stati elevati a carico della vettura Mercedes tg. (omissis) per passaggio in z.t.l. nel mese di luglio 2016.
Impugnato il predetto atto, il Tribunale di Roma rigettò l'appello con sentenza n. 16823/20, pubblicata il 26 novembre 2020.
2. Contro la predetta sentenza, il Consorzio C.T. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati anche con memoria. Il Comune di Roma si è difeso con controricorso.
Motivi della decisione
1.1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (pronuncia sul secondo motivo d'appello), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere il giudice d'appello omesso di pronunciarsi sulla sollevata eccezione di giudicato esterno riferito alla sentenza n. 10796/18, resa dal Tribunale civile di Roma tra le stesse parti e per gli stessi motivi, che aveva accolto integralmente la tesi sostenuta dalla difesa in ordine alla sospensione dell’art. 5-bis della legge quadro n. 21 del 1992 e dell'assoluto divieto di limiti o imposizioni agli esercenti l'attività di noleggio con conducente fino al 31/12/2018.
1.2 Il primo motivo è infondato.
A norma dell'art. 2909 cod.civ., il giudicato sostanziale, che, in quanto riflesso di quello formale (art. 324 cod. proc. civ.), fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi ed aventi causa, per l'accertamento di merito, positivo o negativo, del diritto controverso, opera nei limiti oggettivi costituiti dai suoi elementi costitutivi, ovvero il titolo della stessa azione (causa petendi) e il bene della vita che ne forma oggetto (petitum mediato), a prescindere dal tipo di sentenza adottato, coprendo, entro tali
limiti, il dedotto e il deducibile, cioè non soltanto le questioni di fatto e di diritto fatte valere in via di azione o di eccezione e, comunque, esplicitamente investite dalla decisione, ma anche le questioni che, non dedotte in giudizio, costituiscano, tuttavia, presupposto logico e indefettibile della decisione stessa, restando salva ed impregiudicata soltanto l'eventuale sopravvenienza di fatti e situazioni nuove (tra le tante Cass., Sez. L, 21/6/2004, n. 11493; Cass., Sez. 2, 23/12/1999, n. 14477; Cass., Sez. 2, 17/5/1997, n. 4393).
Nella specie, deve escludersi che sussistano i presupposti perché il precedente di cui alla sentenza n. 10796/18, resa dal Tribunale civile di Roma tra le stesse parti e per illeciti analoghi faccia stato anche con riferimento a illeciti compiuti in momenti diversi, quantunque riconducibili alla violazione delle medesime disposizioni di legge, non potendo ravvisarsi né il medesimo petitum e causa petendi, né un rapporto di derivazione o pregiudizialità di un illecito rispetto ad altro, restando ciascuno di essi del tutto autonomo e distinto.
Ne consegue l’infondatezza della censura.
2. Col secondo motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 legge quadro 15 gennaio 1992, n. 21, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il Tribunale rigettato il ricorso sul presupposto che l’art. 5 della legge quadro n. 21 del 1992, nella sua originaria versione, sancisse l'obbligo, per i titolari di NCC, di comunicare, certificandoli, il possesso dei requisiti per tale tipo di noleggio e la titolarità della licenza da altro comune ovvero il transito nel Comune di Roma, benché l’art. 5, rubricato “competenze comunali” disciplinasse la diversa ipotesi del rilascio dell'autorizzazione da parte del Comune di appartenenza e, in base al proprio regolamento interno, delle licenze NCC per l'esercizio dell'attività di noleggio con conducente, mentre la questione sottoposta al suo esame riguardava la diversa ipotesi del NCC che accedeva nel territorio di un comune diverso da quello che aveva rilasciato l'autorizzazione, soggetta alla disciplina di cui all’art. 5-bis della legge quadro n. 21 del 1992, che imponeva la preventiva comunicazione al comune ospitante.
3. Col terzo motivo, si lamenta la violazione dell’art. 5-bis della legge 21 gennaio 1992, n. 15, dell’art. 9, comma 3-bis, del d.l. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il Tribunale di Roma rigettato la domanda avanzata dalla società, sostenendo che, seppure sospesa, la normativa riguardasse limitazioni al transito in Roma per soggetti muniti di licenza da altri comuni in virtù della richiamata legge n. 19 del 2017, all'art. 29, comma 1-quater, con riferimento soltanto ad alcuni emendamenti, senza considerare che tale disposizione, introdotta con d.l. n. 207 del 2008, modificava la legge quadro n. 21 del 1992 non soltanto in ordine agli emendamenti richiamati dal giudice d'appello (quali l'obbligo di stazionamento all'interno di autorimessa), ma introduceva anche l’art. 5-bis, che obbligava i titolari di licenza NCC, rilasciata da comuni diversi da quelli di Roma capitale, ad una preventiva comunicazione del loro accesso, norma che era stata sospesa con la legge 27 Febbraio 2017, n. 19, all'art. 9, comma 3-bis, del d.l. n. 244 del 2016, fino al 31 gennaio 2017, sicché, alla data delle contestate infrazioni, avvenute tutte nel 2016, non vi era alcun obbligo di dare preventiva comunicazione di ingresso e transito nel Comune di Roma Capitale.
4. Col quarto motivo, si lamenta, infine, la violazione dell’art. 4 e ss. D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (parametri forensi e mancata liquidazione per fasi), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere il giudice di secondo grado motivato in ordine alla statuizione sulle spese liquidate in favore di Roma Capitale, benché, in assenza di attività istruttoria, si sarebbe dovuta applicare la tabella n. 2 del tariffario forense prevista per l'espletamento del giudizio davanti al tribunale civile, che avrebbe consentito di liquidare la somma di euro 440,00 per le tre fasi (ridotti euro 220,00) e non quella di euro 500,00, stabilita, invece, nella sentenza appellata.
5. Il secondo e il terzo motivo, da trattare congiuntamente in ragione della stretta connessione, sono fondati.
Come risulta dalla sentenza impugnata, il Tribunale di Roma ha rigettato l’appello sulla base di due ordini di considerazioni, sostenendo, per un verso, che, nonostante l’intervenuta sospensione della normativa afferente alle limitazioni a transito in Roma per soggetti muniti di licenza NCC da altri comuni, rimaneva comunque l’obbligo degli stessi, ai sensi dell’originario art. 5, legge n. 21 del 1991, di comunicare, certificandoli, il possesso dei requisiti per tale tipo di noleggio e la titolarità della licenza di altro comune ovvero il transito nel Comune di Roma, e, per altro verso, che non era stato provato la ricezione della PEC asseritamente inviata.
Orbene, la disciplina amministrativa del noleggio con conducente trova la propria fonte nella legge n. 21 del 1992 (Legge quadro per il trasposto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea), la quale, nella sua originaria formulazione, prevedeva, all’art. 3 (Servizio di noleggio con conducente), che «1. Il servizio di noleggio con conducente si rivolge all’utenza specifica che avanza, presso la sede del vettore, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o viaggio. Lo stazionamento dei mezzi avviene all’interno delle rimesse o presso i pontili di attracco», e, all’art. 11 (Obblighi dei titolari di licenza per l’esercizio del servizio di taxi e di autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente), che «1. I veicoli o natanti adibiti al servizio di taxi possono circolare e sostare liberamente secondo quanto stabilito dai regolamenti comunali. 2. Il prelevamento dell’utente ovvero l’inizio del servizio sono effettuati con partenza dal territorio del comune che ha rilasciato la licenza per qualunque destinazione, previo assenso del conducente per le destinazioni oltre il limite comunale o comprensoriale, fatto salvo quanto disposto dal comma 5 dell’articolo 4. 3. Nel servizio di noleggio con conducente, esercitato a mezzo di autovetture, è vietata la sosta in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni ove sia esercitato il servizio di taxi. È tuttavia consentito l’uso delle corsie preferenziali e delle altre facilitazioni alla circolazione previste per i taxi e altri servizi pubblici. 4. Le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio con conducente sono effettuate presso le rispettive rimesse. 5. I comuni in cui non è esercitato il servizio di taxi possono autorizzare i veicoli immatricolati per il servizio di noleggio con conducente allo stazionamento su aree pubbliche destinate al servizio di taxi. 6. I comuni, ferme restando le attribuzioni delle autorità competenti in materia di circolazione negli ambiti portuali, aeroportuali e ferroviari, ed in accordo con le organizzazioni sindacali di categoria dei comparti del trasporto di persone, possono, nei suddetti ambiti, derogare a quanto previsto dal comma 3, purché la sosta avvenga in aree diverse da quelle destinate al servizio di taxi e comunque da esse chiaramente distinte, delimitate e individuate come rimessa. 7. Il servizio di taxi, ove esercitato, ha comunque la precedenza nei varchi prospicienti il transito dei passeggeri».
Il d.l. n. 207 del 2008 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, ha modificato con il comma 1-quater dell’art. 29, la disciplina del servizio di noleggio con conducente (NCC) prevista dalla legge n. 21 del 1992, attraverso la previsione di vincoli territoriali più stringenti, l’aumento di controlli sul loro rispetto e di sanzioni in caso di violazione, ma la sua applicazione è avvenuta per un brevissimo lasso di tempo (dal 1 marzo 2009, data di entrata in vigore della legge n. 14 del 2009, al 14 aprile 2009, data di entrata in vigore dell’art. 7-bis d.l. 10 febbraio 2009 n. 5, inserito dalla legge di conversione del 9 aprile 2009 n. 33), essendo stata prevista una prima sospensione fino alla data del 30 giugno 2009 dall’art. 7- bis cit., nel testo originario, successivamente prorogata al 31 dicembre 2009 dall’art. 23, comma 2, d.l. 1° luglio 2009 n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009 e, successivamente, al 31 marzo 2010, dall’art. 5, comma 3, d.l. 30 dicembre 2009 n. 194, convertito, con modificazioni, nella legge n. 25 del 2010.
Il successivo art. 2, comma 3, d.l. 25 marzo 2010 n. 40, è stato poi modificato dall’art. 9, comma 3, del d.l. n. 244 del 2016, come modificato dalla legge di conversione n. 19 del 2017, il quale ha sostituito le parole «31 dicembre 2016» con le seguenti «31 dicembre 2017», precisando che «Conseguentemente, la sospensione dell’efficacia disposta dall’articolo 7-bis, comma 1 del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009 n. 33, si intende prorogata fino al 31 dicembre 2017», mentre l’art. 1, comma 1136, lett. b), della legge n. 205 del 2017, ha confermato la sospensione dell’efficacia delle disposizioni di cui al d.l. n. 207 del 2008 per l’anno 2018.
Il successivo art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018 ha, infine, abrogato, a decorrere dal 10 gennaio 2019, tanto il comma 3 dell’art. 2, d.l. n. 40 del 2010, quanto l’art. 7-bis del d.l. n. 5 del 2009, che avevano sospeso l’efficacia della disciplina dettata dall’art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008, sicché le disposizioni modificative della legge n. 21 del 1992, contenute nell’art. 29-quater, di quest’ultimo d.l., come ulteriormente modificato dall’art. 10-bis, d.l. n. 135 de 2018, hanno acquistato efficacia dal 1 gennaio 2019, mentre è venuta meno la previsione di «urgenti disposizioni attuative» dirette a contrastare il fenomeno dell'abusivismo, da adottare con decreto ministeriale.
Con la sentenza n. 17541 del 20/6/2023, le Sezioni unite di questa Corte, dopo avere affermato che le modifiche alla disciplina della legge quadro n. 21 del 1992 sono state sospese fino a tutto il 2018, si sono chieste se, durante il periodo di sospensione dell'efficacia delle disposizioni recate dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008, debbano ritenersi reviviscenti le disposizioni dettate dalla legge n. 21 del 1992 (artt. 3 e 11) nel testo precedente alle modifiche recate dal menzionato articolo 29 del decreto-legge n. 207/2008 o se, al contrario, tali disposizioni non possano ritenersi tornate in vigore durante la sospensione dell'efficacia dell'art. 29, comma 1- quater, d.l. n. 207/2008, in quanto abrogate e non reviviscenti, con conseguente deregolazione della materia dalle stesse disciplinata, pervenendo alla conclusione che «l’intento dichiarato con il d.l. n. 207 del 2008 di predisporre una riforma unitaria per assicurare omogeneità di applicazione della disciplina dei trasporti non di linea in ambito nazionale, differendo per ben dodici volte il termine per l'emanazione del decreto interministeriale, non abbia voluto abrogare la disciplina previgente».
In definitiva, le Sezioni unite hanno affermato che, per effetto della norma di interpretazione autentica di cui all'art. 9, comma 3, del d.l. n. 244 del 2016, il legislatore ha sospeso l'efficacia - posticipata al 31 dicembre 2016 (divenuto successivamente 31 dicembre 2017 e poi 31 dicembre 2018) - delle fattispecie introdotte dall'art. 29, comma 1-quater, d.l. n. 207 del 2008 (inserito dalla legge di conversione n. 14 del 2009), le quali non hanno abrogato le previgenti disposizioni di cui agli artt. 3 e 11 della legge quadro n. 21 del 1992, ma le hanno soltanto integrate, con la conseguenza che queste ultime devono ritenersi vigenti e applicabili durante il periodo della indicata sospensione. Ciò significa che, alla data di elevazione della contravvenzione oggetto di causa, vigeva la versione originaria della legge quadro n. 21, la quale non prevedeva alcun obbligo a carico dei titolari di NCC al fine di poter transitare nelle z.t.l. o nelle corsie preferenziali di comuni diversi da quello che aveva rilasciato loro l’autorizzazione.
Né può dirsi che tali limitazioni possano trarsi dall’art. 5 della legge quadro, come sostenuto nella sentenza, atteso che tale norma si riferisce alla diversa questione riguardante i regolamenti predisposti dai comuni in ordine all’esercizio degli autoservizi pubblici non di linea, che, ancorché rilevante, non è stata affrontata in sentenza con riguardo all’esistenza di quello di Roma Capitale e ai relativi contenuti.
L’accoglimento del motivo esaminato comporta l’assorbimento della restante censura.
6. In conclusione, dichiarata l’infondatezza del primo motivo, l’accoglimento del secondo e del terzo e l’assorbimento del quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.