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19 luglio 2024
Incostituzionale il divieto di rilasciare nuove licenze NCC

Per la Consulta, la norma ha compromesso gravemente «la possibilità di incrementare la già carente offerta degli autoservizi pubblici non di linea», causando così «un grave pregiudizio all'interesse della cittadinanza e dell'intera collettività».

di La Redazione

Con sentenza n. 137 del 19 luglio 2024, la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10-bis, c. 6, D.L. n. 135/2018.

Sulla questione, ha affermato che:

ildiritto

«Il divieto di rilasciare nuove autorizzazioni per il servizio di noleggio con conducente (NCC) sino alla piena operatività del registro informatico nazionale delle imprese titolari di licenza taxi e di autorizzazione NCC ha consentito, per oltre cinque anni, “all'autorità amministrativa di alzare una barriera all'ingresso dei nuovi operatori”, compromettendo gravemente “la possibilità di incrementare la già carente offerta degli autoservizi pubblici non di linea”».

In via preliminare, la Corte costituzionale ha chiarito che la recente adozione del decreto n. 203/2024 del MIT, che stabilisce la “piena operatività” dell'anzidetto registro informatico a decorrere da centottanta giorni dalla sua pubblicazione, «non ha alcuna incidenza sul presente giudizio, dal momento che le censure sono state prospettate sulla disposizione legislativa in ragione della sua struttura, a prescindere dalle evenienze “di fatto” e dalle “circostanze contingenti” attinenti alla sua concreta applicazione».

Inoltre, proprio la configurazione della norma censurata ha consentito all'autorità amministrativa di bloccare l'ingresso dei nuovi operatori nel mercato del NCC semplicemente rinviando, «con il succedersi dei decreti (ovvero con la loro emanazione e la loro successiva sospensione), la piena operatività del registro informatico».

Sul tema era intervenuta anche l'AGCM, la quale, mostrandosi preoccupata, evidenziava che «l'ampliamento dell'offerta dei servizi pubblici non di linea risponde all'esigenza di far fronte ad una domanda elevata e ampiamente insoddisfatta, soprattutto nelle aree metropolitane, di regola caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall'incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione».

Pertanto, conclude la Corte costituzionale, la norma censurata ha causato, in modo sproporzionato, «un grave pregiudizio all'interesse della cittadinanza e dell'intera collettività».

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