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12 luglio 2024 Penale e processo
Il DDL Nordio è legge: uno sguardo panoramico sulle principali novità
Molte le modifiche che interessano il Codice penale e quello di rito: dall'abrogazione dell'abuso d'ufficio alla stretta sulle intercettazioni.
di Avv. e Giornalista pubblicista Paolo Grillo
Premessa
Dobbiamo definitivamente rassegnarci all'idea di non vedere invecchiare i nostri codici sulle scrivanie. Dal libraio al macero, il loro ciclo vitale si è accorciato di parecchio: avevamo appena digerito la “riforma Cartabia” e ora, quando la canicola estiva ha iniziato a farsi sentire specialmente nel Mezzogiorno d'Italia, ci viene consegnata una lettura che non è esattamente da ombrellone. Il DDL Nordio, con 199 voti favorevoli e 102 contrari, è stato definitivamente approvato e ora si attende soltanto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Vediamone i contorni generali.
Gli interventi che hanno interessato il Codice penale
Sono quelli certamente più contenuti per ampiezza, ma non lo sono affatto per importanza. Il nòcciolo dell'intervento riformatore è – come tutte le cronache hanno puntualmente evidenziato – l'abrogazione del delitto di abuso d'ufficio. Non ha avuto una vita facile, l'art. 323 c.p.. Dopo un periodo di vita relativamente tranquilla, quando viaggiava ormai sereno verso la sessantina, il bisturi del Legislatore ha iniziato ad accanirsi su di lui nel tentativo di ringiovanirlo e di adeguarlo ai cronici malcontenti dell'utenza: riformato parzialmente nel 1990, è finito nuovamente sotto i ferri sette anni dopo. Ritoccato nel 2012, è stato infine riscritto nel 2020. Oggi è stato cancellato dal Codice con un inesorabile tratto di penna: difficile dedicargli un epitaffio degno del suo rilievo. Certo è che con lui se ne è andato un pezzo di storia del diritto penale. Nella tomba, oltre alle angosce degli studenti universitari, si è portato le montagne di libri che, negli anni, l'accademia ha prodotto mentre si arrovellava per cercare di penetrarne la sua sfuggente personalità. Fatica sprecata? Meglio non pensarci e guardare al futuro. Dopo averlo spazzato via dal Codice, il Legislatore ha, con scrupoloso accanimento, ripulito ogni altra norma che ne richiamava la numerazione.
Il secondo intervento, invece, ha riguardato il traffico di influenze illecite che, rispetto all'abuso d'ufficio, è un giovanotto in piena adolescenza: nato nel 2012 è stato appena riscritto daccapo. Nei nostri successivi appuntamenti approfondiremo gli aspetti di dettaglio: al momento basta rilevare la più evidente modifica, che è quella riguardante la natura delle “relazioni” di cui il soggetto agente deve avvalersi per farsi indebitamente dare o promettere denaro o altra utilità (che da oggi in poi dovrà avere necessariamente natura economica). Queste relazioni, che secondo il vecchio testo potevano anche essere “asserite”, oggi dovranno essere necessariamente esistenti. La nuova versione dell'art. 346-bis c.p. conterrà anche una definizione di ciò che si intende per “mediazione illecita”, che dovrà essere quella finalizzata a indurre il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio. In ultimo, un guizzo di rigore: non sarà più previsto che “se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita”.
Le nuove disposizioni in materia di intercettazioni
L'intento della riforma è quello di rendere più stringente la disciplina sulle intercettazioni e di alzare la soglia delle garanzie difensive. La prima modifica, infatti, interessa l'art. 103c.p.p., che verrà integrato da un divieto assoluto di acquisire ogni forma di comunicazione tra imputato e avvocato, anche se diversa dalla corrispondenza. Unica eccezione: la comunicazione che costituisca corpo del reato.
Il divieto di pubblicazione delle intercettazioni, già previsto all'art. 114 c.p.p., sarà ancora più rigoroso: non si potranno rendere pubbliche, nemmeno parzialmente, le intercettazioni a meno che le stesse non siano riprodotte dal giudice nella motivazione di un provvedimento, ovvero quando non se ne sia fatto uso nel corso del dibattimento. Ancora, per quanto concerne la trascrizione delle conversazioni captate, il pubblico ministero dovrà vigilare affinchè non siano trascritte espressioni che consentono di identificare soggetti diversi dalle parti, le cui intercettazioni dovranno essere stralciate, anche d'ufficio.
L'attenzione a non rendere conoscibili informazioni captate relative a soggetti “terzi” si proietta anche sulla richiesta cautelare: l' art. 291 c.p.p. , infatti, fa divieto al PM di riprodurre i dati personali, tratti dal materiale intercettativo, relativo a soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò risulti indispensabile “per la compiuta esposizione”.
I ritocchi normativi al sistema cautelare
Proseguendo nella prima disamina del DDL Nordio, incontriamo una modifica riguardante il procedimento applicativo delle misure cautelari. Troviamo, all' art. 291 c.p.p. , un neonato comma 1-quater, secondo il quale, prima di disporre la misura, il giudice dovrà procedere all'interrogatorio dell'indagato, a meno che non vi sia pericolo di fuga o di inquinamento probatorio, oppure ricorra il rischio di recidiva riguardante taluni gravi reati. Ciò, riteniamo, consentirà al GIP di farsi un'idea più precisa prima di gravare l'indagato di un qualunque provvedimento cautelare. Il risultato di questo interrogatorio si rifletterà sulla legittimità dell'eventuale ordinanza cautelare, che sarà nulla se il giudice non darà conto, in sede di valutazione, degli elementi addotti dall'indagato a propria difesa, oppure se avrà omesso di procedere all'interrogatorio preventivo nei casi in cui questo è obbligatorio.
Novità clamorosa è quella contenuta nel nuovo comma 1-quinquies dell'art. 328 c.p.p.: se la richiesta cautelare è quella della custodia in carcere, il GIP dovrà assumere forma collegiale. Questa disposizione, che entrerà in vigore decorsi due anni dalla vigenza della riforma, intende con tutta evidenza scongiurare il rischio che la decisione di applicare la massima misura custodiale sia adottata da un giudice singolo, sovraccaricato di tale responsabilità specialmente nei procedimenti con molte parti.
Addio al mandato specifico a impugnare e alla dichiarazione di domicilio?
Vengono meno (quasi del tutto), quando erano ancora ancora in verde età e dopo aver fatto molto discutere, due delle principali pastoie introdotte con la riforma Cartabia: il mandato specifico a impugnare nel caso di imputato assente e la dichiarazione di domicilio. Il comma 1-ter dell'art. 581 c.p.p. è abrogato. Mentre il successivo comma 1-quater, relativo per l'appunto al mandato specifico del difensore dell'assente, sarà necessario soltanto per il difensore d'ufficio, non più per quello di fiducia. Le vivaci proteste delle toghe contro due norme percepite come un inutile aggravio delle incombenze professionali sembrano avere sortito l'effetto sperato.
Concludendo
La stagione delle riforme non è quindi finita. Questo intervento di modifica ha tutta l'aria di essere una sorta di prova generale per una riforma della riforma. Resta la preoccupazione che tutti gli interventi normativi di quest'ultimo periodo, di respiro medio o piccolo producano, nell'immediato, una certa confusione applicativa.
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