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La decisione in commento è relativa ad un ricorso per cassazione proposto contro la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 28 aprile 2021, n. 588, che aveva dichiarato improcedibile l’appello proposto dal ricorrente contro la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia del 2 ottobre 2019, n. 912. L'appello, notificato il 4 giugno 2020, veniva iscritto a ruolo il 15 luglio 2021. Parte ricorrente asseriva di aver tentato di depositare telematicamente l’appello il 4 giugno 2020 e poi nuovamente il 14 giugno 2020, ma di aver riscontrato errori imprevisti in fase di deposito telematico. Afferma altresì il ricorrente di aver contattato la cancelleria senza successo fino al 15 luglio 2021, ma la Corte di Appello non rilevava alcuna traccia del primo tentativo di deposito e che il secondo tentativo, pur avendo quale ricevuta di consegna quella del 14 giugno, non fosse stato accettato dalla cancelleria a causa di errori. Per tale motivo, la costituzione in giudizio veniva considerata perfezionata solo il 15 luglio, ben oltre il termine di dieci giorni, dichiarando quindi l'appello improcedibile ai sensi dell'art. 348 c.p.c. |
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I Giudici di piazza Cavour, vengono quindi chiamati a decidere sull’unico motivo di ricorso, rubricato come «Violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al combinato disposto del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, conv. dalla L. n. 228 del 2012, del D.M. n. 44 del 2011, art. 13 e dell'art. 153, ultimo comma, c.p.c., e art. 294 c.p.c., commi 2 e 3», con il quale si contesta alla corte distrettuale di «non aver dichiarato la tempestività e validità del deposito telematico della costituzione e, quindi, per non aver accolto l'istanza di tempestività con rimessione in termini ai fini della ratifica del rinnovato deposito in cancelleria dello stesso». In particolare la Corte doveva stabilire se:
La Corte di Cassazione decide di respingere il ricorso, stabilendo che il deposito telematico dell'atto non è stato perfezionato entro i termini previsti dalla legge e che il ricorrente non ha fornito prove sufficienti per dimostrare che l'errore fosse imputabile al sistema informatico e non a proprie omissioni; la costituzione in giudizio viene quindi considerata tardiva e l'appello dichiarato improcedibile. Inoltre la Corte ha posto a carico del ricorrente il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso. |
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La Cassazione, se da una parte conferma che la tempestività del deposito telematico è sancita dalla generazione della "ricevuta di avvenuta consegna" (RdAC), dall'altra evidenzia come questo è solo il primo passo di un processo che richiede il superamento di controlli automatici e manuali (definitiva accettazione da parte del cancelliere) per essere considerato completato. Spiega infatti come il vigente sistema di deposito telematico nel processo civile prevede quattro fasi:
Il principio, ormai consolidato in giurisprudenza, è quello per cui la tempestività del deposito va verificata con riferimento al momento in cui viene generata, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia, la ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) e, cioè, la cosiddetta seconda p.e.c., la quale attesta l'ingresso della comunicazione nella sfera di conoscibilità del sistema giustizia ma, si tratta, di effetto solo anticipato e provvisorio rispetto all'ultima PEC e, dunque, subordinato al buon fine dell'intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva, sicché esclusivamente con l'accettazione del cancelliere (la quarta p.e.c.), e solo a seguito di essa, si consolida l'effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC e, inoltre, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti (Cass. n. 15997 del 2024, Cass. n. 13098 del 2024). Nel caso affrontato, l'esito dei controlli automatici era stato negativo, avendo generato messaggi di errore che non sono stati risolti tempestivamente dal difensore il quale non ha avuto cura di documentare alcun tentativo per la risoluzione degli errori entro il termine previsto; tale comportamento ha portato alla decadenza del deposito telematico, della cui certa imputabilità al sistema informatico non vi è riscontro, sicché la stessa è stata ritenuta esclusivamente ascrivibile alla parte, non ricorrendo, in concreto, una causa non imputabile, riferibile ad un evento ad essa estraneo che presenti il carattere dell'assolutezza (Cass., SU, n. 32725 del 2018; Cass. n. 30512 del 2018). In assenza di adeguata prova che, proprio a causa di disfunzioni del sistema informatico estranee alla propria sfera di controllo, sia stato impedito al ricorrente il tempestivo deposito telematico del proprio gravame, non può ritenersi che lo stesso sia incorso in una decadenza non imputabile, idonea a giustificare una rimessione in termini. Per tali motivi la Cassazione, in linea con quanto statuito con precedente ordinanza n. 11706/2024 pubblicata il 2/5/2024, in mancanza di elementi concreti che potessero dimostrare una causa non imputabile alla parte per il mancato deposito tempestivo, ritiene di dover respingere la richiesta di rimessione in termini dichiarando l'appello improcedibile. |
Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza (ud. 10 luglio 2024) 15 luglio 2024, n. 19338
Svolgimento del processo
1. F.P. ricorre per cassazione, affidandosi ad un motivo, avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 28 aprile 2021, n. 588, dichiarativa della improcedibilità del gravame dal medesimo promosso contro la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia del 2 ottobre 2019, n. 912, che, a sua volta, ne aveva respinto l’opposizione al precetto notificatogli da I. s.r.l. Quest’ultima non svolge difese in questa sede.
1.1. Per quanto qui di interesse, quella corte: i) innanzitutto, diede atto che «l’appello è notificato il 4 giugno 2020 ed iscritto a ruolo il 15 luglio 2021. Sul punto, l’appellante con uno scritto intitolato “nota di deposito” prodotto al momento della iscrizione a ruolo, ha dedotto: i-a) Di avere effettuato un primo inoltro telematico delle buste in data 4 giugno 2020 ma che detto inoltro non era andato a buon fine; i-b) Di avere quindi effettuato un ulteriore inoltro il 14 giugno 2020 e di avere in questa occasione ricevuto un messaggio di posta dalla cancelleria nel quale si evidenziava un errore imprevisto; i-c) Di avere cercato di contattare senza esito gli uffici di cancelleria riuscendovi, infine, solo in data 15 luglio; i-d) Ha quindi richiesto che venisse dichiarata la tempestività della costituzione sul presupposto dell’avvenuto perfezionamento del deposito telematico per effetto della generazione della seconda pec, ovvero quella che attesta la consegna»; ii) ritenne non condivisibili, poi, le ragioni del P., così argomentando: «Deve […] rilevarsi che dell’inoltro telematico del 4 giugno in atti non vi è traccia. È invece effettivamente presente il messaggio di consegna che attesta il deposito telematico in data 14 giugno 2020. Va però evidenziato che sebbene, per come chiarito anche dalla Corte di cassazione, ordinariamente il deposito dell’atto telematico si perfeziona con l’inoltro della seconda pec, ovvero quella di consegna del messaggio, tuttavia l’inoltro della seconda pec vale ad individuare il momento perfezionativo del deposito sempre che l’intera procedura si sia conclusa con l’accettazione dell’atto da parte della cancelleria. L’art. 16-bis del decreto legge n. 179 del 2012 dispone, infatti, che il deposito dell’atto telematico deve avvenire nel rispetto della normativa anche regolamentare che disciplina il processo telematico. La normativa regolamentare a cui si fa riferimento è quella del DM 44/2011 e, per effetto dell’ulteriore rinvio operato dall’art. 34 di quest’ultimo, quella del provvedimento DGSIA 16/04/2014. In particolare, gli artt. 13, comma 7, del DM n. 44/2011 e 14 Provv. DGSIA stabiliscono che il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente l’esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia … secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34. Il perfezionamento del deposito è, quindi, condizionato dal superamento del sistema dei controlli. Deve peraltro rilevarsi [che] tra gli errori rilevati dal sistema alcuni sono forzabili dal cancelliere che, quindi, può accettare, l’atto altri invece impediscono la stessa ricezione dell’atto da parte della cancelleria. Nel caso in esame risulta che l’esito dei controlli automatici è stato negativo e infatti il sistema ha generato due messaggi in cui si dava atto di un errore imprevisto nel deposito. La Corte ignora se l’errore rilevato in sede di controlli automatici rientrasse tra quelli che consentivano comunque al cancelliere di accettare l’atto, i cd. “errori forzabili” o se si trattasse di un errore cd. “fatale”, quello che è certo è che l’atto non è stato accettato e che non è documentata alcuna attività del difensore volta a risolvere il problema che si era così creato. Dal 14 giugno, che era peraltro l’ultimo giorno utile per effettuare la costituzione posto che la notificazione dell’appello è avvenuta il 4 giugno 2020, nessuna attività risulta documentata fino al 15 luglio, momento in cui attraverso un nuovo inoltro è stata infine effettuata la costituzione e l’iscrizione a ruolo della causa. Alla luce dei rilievi fin qui svolti deve quindi ritenersi che la costituzione dell’appellante si è perfezionata solo in data 15 luglio 2020, ovvero ben oltre il termine dei dieci giorni di cui all’art. 165 c.p.c., richiamato dall’art. 347 c.p.c., onde l’appello deve essere dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 348 c.p.c.».
Motivi della decisione
1. L’unico formulato motivo di ricorso, rubricato «Violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al combinato disposto del d.l. n. 179 del 2012, art. 16-bis, conv. dalla l. n. 228 del 2012, del d.m. n. 44 del 2011, art. 13 e dell'art. 153, ultimo comma, c.p.c., e art. 294 c.p.c., commi 2 e 3», contesta alla corte distrettuale di «non aver dichiarato la tempestività e validità del deposito telematico della costituzione e, quindi, per non aver accolto l'istanza di tempestività con rimessione in termini ai fini della ratifica del rinnovato deposito in cancelleria dello stesso». In particolare, si chiede a questa Corte «di stabilire se: I) l’iscrizione a ruolo inviata/depositata da P. F., telematicamente, il 14 giugno 2020 (cui era seguita la ricezione, da parte loro, delle prime tre ricevute PEC ….) può, o meno, ritenersi tempestivamente depositata; II) se, in ipotesi di risposta negativa, era configurabile, o non, la possibilità di una rimessione in termini delle prime quanto al deposito, nuovamente inoltrato telematicamente, del medesimo appello avvenuto il 14 luglio 2020».
2. Tale doglianza non merita accoglimento alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso.
2.1. Le ragioni con cui la Corte di appello di Catanzaro ha ritenuto improcedibile il gravame innanzi ad essa promosso dal P. sono state già esaustivamente riprodotte nel § 1.1. dei “Fatti di causa”, da intendersi qui richiamato per intuibili ragioni di sintesi.
2.2. Il ricorrente assume oggi, tra l’altro, che: i) «Il procuratore di P. F., non avrebbe potuto documentare i numerosi tentativi di contattare la cancelleria della Corte di appello di Catanzaro, ricordando che, essendo nel mese di giugno 2020, essendo ancora in vigore il lockdown, con divieto di circolazione delle persone sul territorio, non vi era stata la possibilità nemmeno di recarsi personalmente presso gli uffici della Corte di Appello di Catanzaro, essendo residente a Vibo Valentia, il quale sarebbe incorso alle violazione del DPCM con la conseguente sanzione, in considerazione soprattutto della circostanza che non riuscendo a mettersi in contatto telefonicamente, avrebbe seriamente rischiato di non trovare nessuno, atteso che il termine dei 10 giorni scadeva il 14 giugno, che era sabato, posticipato al 16. La documentazione comprovante l’attività di impulso della parte, P. Filippo, di voler procedere all’iscrizione a ruolo è determinata sia dalle pec di deposito, la prima datata 13 giugno e la seconda 14 giugno 2020, ovvero entro il termine dei 10 giorni, unitamente al file XML datato 12 giugno 2020 per il pagamento del contributo unificato e marca contenente, specificatamente, nella causale di pagamento: P. F. appello sentenza n. 912/2019 del 2/10/20219, effettuato da D.C. procuratore della parte appellante»; ii) «Nel caso che ci occupa, la procedura di invio/deposito dell’iscrizione a ruolo del gravame, aveva avuto inizio con la pec del 13 giugno, con la ricezione di soli due messaggi, ovvero accettazione e consegna, poi rinnovato nuovamente il giorno successivo, il 14 giugno, al quale sono seguiti solo tre ricevute, ovvero messaggio di accettazione, consegna ed esito controlli automatici, quest’ultimo contenente l’avviso: “errore imprevisto nel deposito, sono necessarie verifiche da parte dell’ufficio ricevente”. La prospettazione dei fatti, così come riportati da parte ricorrente, a seguito del mancato rinvenimento da parte della cancelleria della busta nei sistemi telematici, comunicato il 15 luglio, introduce in giudizio una circostanza astrattamente valutabile come fatto, non imputabile alla parte ed estraneo alla sua volontà (perché riferita ad attività propria della cancelleria o dei sistemi telematici), che precludeva all’appellante stesso la possibilità di rimediare tempestivamente ai vizi del deposito telematico effettuato. Se la cancelleria avesse provveduto a verificare il deposito entro il giorno successivo lavorativo, come prescritto dalle direttive ministeriali, ovvero lunedì 16 giugno, parte appellante, avrebbe avuto la possibilità di provvedere con un nuovo deposito, essendo il termine prorogato dal sabato 14 al lunedì 16».
2.3. Fermo quanto precede, rammenta il Collegio che, giusta l’art. 16-bis, comma 7, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 – inserito dall’art. 1, comma 19, n. 2), della l. 24 dicembre 2012, n. 228, modificato dall’art. 51, comma 2, lett. a) e b), del d.l. 24/6/2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 114 ed abrogato dal d.lgs. n. 149 del 2022 (ma qui comunque applicabile ratione temporis), “il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza ...”. Il citato art. 16-bis, al comma 4, prevede che “Il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”.
2.3.1. Tale normativa regolamentare è integrata dalle seguenti norme: i) l’art. 13, commi 2 e 3, del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 (Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione), secondo cui “I documenti informatici di cui al comma 1 si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. Nel caso previsto dal comma 2, la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l’avvenuto deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente”; ii) l’art. 13 del d.m. 44/2011, al comma 7, e l’art. 14 del provvedimento del 16 aprile 2014, cui rinvia l’art. 34 del d.m. medesimo, i quali stabiliscono che “il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente l’esito dei controlli effettuati dal dominio (…) giustizia secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34”.
2.3.2. In forza delle richiamate disposizioni, il deposito telematico di un atto si articola in quattro fasi, che coincidono con il rilascio di altrettanti messaggi di p.e.c. da parte del sistema informatico: 1) «ricevuta di accettazione deposito», ossia la ricevuta di presa in carico del messaggio da parte del gestore p.e.c. del mittente; 2) «ricevuta di avvenuta consegna» (“RdAC” – cd. “seconda PEC”), con la quale il gestore p.e.c del Ministero della Giustizia attesta che lo stesso è stato ricevuto nella sua casella; 3) «esito controlli automatici deposito» (cd. “terza Pec”), che viene inviata dal gestore dei servizi telematici del Ministero della Giustizia contenente l’esito dei controlli che il sistema effettua automaticamente sulla busta, all’esito dei quali possono essere segnalate al depositante anomalie che sono codificate secondo specifiche tipologie (warn, anomalia non bloccante, error, anomalia bloccante, non preclusiva dell’accettazione manuale da parte della Cancelleria; fatal, anomalia non gestibile per gravi carenze dell’atto che non consentono l’elaborazione e accettazione manuale); 4) «accettazione deposito» (cd. “quarta PEC”), che viene inviata dalla cancelleria dell’ufficio giudiziario destinatario del deposito e contiene l’eventuale accettazione o il rifiuto del deposito, previo scrutinio delle anomalie eventualmente rilevate dal sistema. Solo a seguito dell’accettazione, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo visibile alle controparti.
2.3.3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che valorizza il dato testuale dell’art. 16-bis, comma 7, del d.l. n. 179 del 2012, dal combinato disposto delle menzionate norme (in cui quella regolamentare integra il contenuto precettivo della disposizione di rango primario) si ricava la regola per cui la tempestività del deposito va verificata con riferimento al momento in cui viene generata, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia, la ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) e, cioè, la cosiddetta «seconda p.e.c.», la quale attesta l’ingresso della comunicazione nella sfera di conoscibilità del «sistema giustizia» (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 32296, 19307 e 238 del 2023; Cass., SU, n. 22834 del 2022; Cass. nn. 29357 e 12422 del 2022; Cass. n. 19796 del 2021; Cass. nn. 19163, 4787 e 1366 del 2018).
2.3.4. Tuttavia, ponendo l’accento sul fatto che la struttura del procedimento di deposito telematico è a fattispecie progressiva, sicché la RdAC consente di ritenere perfezionato il deposito con effetto anticipato, ma pur sempre provvisorio, altra parte della giurisprudenza ha precisato che il definitivo consolidarsi dell’effetto di tempestivo deposito prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della RdAC è condizionato dalla ricezione della terza e della quarta p.e.c. (cfr., Cass. n. 27654 del 2022; Cass. n. 17404 del 2020) e, quindi, al buon fine dell’intero procedimento, in tal modo riconoscendo la necessità di un positivo superamento dei controlli, automatici (art. 13, comma 7, del d.m. Giustizia n. 44/2011 e art. 14, comma 7, delle Specifiche tecniche sul PCT di cui al Provv. DGSIA del 16 aprile 2014) e manuali (articolo 13, comma 7, d.m. Giustizia n. 44/2011 e articolo 14, comma 10, delle Specifiche Tecniche sul PCT di cui al Provv. DGSIA del 16 aprile 2014), documentati da queste ultime comunicazioni p.e.c. (cfr. Cass. n. 27654 del 2022; Cass. n. 17404 del 2020; Cass. n. 28982 del 2019). Ciò in quanto lo scopo del deposito non può dirsi raggiunto finché non vi sia stata l’accettazione dell’atto da parte della Cancelleria, che ne determina la conoscibilità a beneficio delle parti del processo e del giudice, e la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l’esito dell’intervento di accettazione (cd. quarta p.e.c.); in caso di mancato completamento dell’iter del deposito telematico, ed in particolare ove sia risultato negativo l’esito di una o di entrambe le ultime fasi della procedura, il deposito telematico, pur perfetto, non può dirsi efficace, poiché inidoneo al raggiungimento dello scopo. Da tanto discende che, sebbene sia vero che il perfezionamento deve essere cronologicamente fissato al momento della seconda p.e.c., come stabilisce l’art. 16-bis citato, è altrettanto vero che detto perfezionamento è subordinato all’esito positivo dei successivi controlli (cfr. in motivazione, Cass. n. 19307 del 2023).
2.4. Così ricostruito il quadro normativo di riferimento e l’interpretazione datane dalla giurisprudenza, occorre, anzitutto, rilevare che, nel caso in esame, la corte distrettuale ha dato atto, in primis, della mancanza di qualsivoglia riscontro riguardante «l’inoltro telematico del 4 giugno 2020».
2.4.1. Ha rimarcato, poi, che «È invece effettivamente presente il messaggio di consegna che attesta il deposito telematico in data 14 giugno 2020», precisando, tuttavia, che: i) «l’esito dei controlli automatici è stato negativo e infatti il sistema ha generato due messaggi in cui si dava atto di un errore imprevisto nel deposito. La Corte ignora se l’errore rilevato in sede di controlli automatici rientrasse tra quelli che consentivano comunque al cancelliere di accettare l’atto, i cd. “errori forzabili” o se si trattasse di un errore cd. “fatale”, quello che è certo è che l’atto non è stato accettato e che non è documentata alcuna attività del difensore volta a risolvere il problema che si era così creato»; ii) «Dal 14 giugno, che era peraltro l’ultimo giorno utile per effettuare la costituzione posto che la notificazione dell’appello è avvenuta il 4 giugno 2020, nessuna attività risulta documentata fino al 15 luglio, momento in cui attraverso un nuovo inoltro è stata infine effettuata la costituzione e l’iscrizione a ruolo della causa».
2.4.2. È innegabile, dunque, che in presenza di una terza p.e.c. (asseritamente pervenuta lo stesso 14 giugno 2020) che segnalava «un errore imprevisto» ed in assenza di una quarta p.e.c., di cui non si rinviene alcuna notizia nella sentenza impugnata, né nell’odierno ricorso, non può ritenersi che il secondo deposito si sia perfezionato (del primo, asseritamente del 4 giugno, la corte d’appello, giova ricordarlo, ha negato l’esistenza di riscontri), giacché non risulta, sulla base di quanto esposto dallo stesso P. ed in difetto di diversa prova, dallo stesso non fornita pur incombendogliene l’onere, che esso sia pervenuto all’ufficio giudiziario destinatario ed abbia superato i controlli automatici e quelli manuali.
2.4.3. Sotto diverso profilo, si osserva che, seppure non può non tenersi conto che il depositante deve poter confidare nel sistema tecnologico e, quindi, nel buon esito del procedimento avviato con la spedizione (attestata dalla prima p.e.c.), senza che inconvenienti successivi, dipendenti dal “Dominio Giustizia”, possano incidere sulla validità e tempestività dell’attività processuale compiuta, di contro non può ignorarsi che, nel caso in esame, sulla base della stessa ricostruzione degli eventi descritta dal ricorrente e, soprattutto, dell’affermazione, rinvenibile nella sentenza impugnata, secondo cui «La Corte ignora se l’errore rilevato in sede di controlli automatici rientrasse tra quelli che consentivano comunque al cancelliere di accettare l’atto, i cd. “errori forzabili” o se si trattasse di un errore cd. “fatale”, quello che è certo è che l’atto non è stato accettato e che non è documentata alcuna attività del difensore volta a risolvere il problema che si era così creato», non è possibile evincere la prova della non imputabilità dell’esito negativo dell’intero procedimento e dell’incolpevole decorso del termine di deposito (cfr., in tal senso, le già citate Cass. nn. 17404 e 6147 del 2020; Cass. n. 19307 del 2023).
2.4.3.1. Difetta, invero, l’allegazione, da parte del P., di concreti elementi atti a comprovare come lo stesso sia incorso in decadenze per causa a lui non imputabile, come previsto dal comma 2 dell’art. 153 cod. proc. civ., il quale richiede la verifica della ricorrenza di due elementi e, cioè, dell’esistenza di un fatto ostativo esterno alla volontà della parte, non governabile da quest’ultima, e dell’immediatezza della reazione, diretta a superarlo prontamente (cfr. ex aliis, Cass. n. 2342 del 2021. In senso sostanzialmente conforme, si veda, in motivazione, anche la più recente Cass. n. 19307 del 2023). E ciò non solo in termini di «avvenuta consegna» dell’atto da depositare, ma anche, e qui, soprattutto, in punto di eventuali verifiche effettuate prima del decorso del termine di cui al combinato disposto degli artt. 347, comma 1, e 165, comma 1, cod. proc. civ., mancando la dimostrazione (avendo rimarcato la corte distrettuale, con accertamento di natura chiaramente fattuale, non ulteriormente sindacabile in questa sede, come, invece, mostra di voler fare il P. con le argomentazioni di cui si è detto nel precedente § 2.2. di questa motivazione, che «non è documentata alcuna attività del difensore volta a risolvere il problema che si era così creato») che il ricorrente, dopo la ricezione del messaggio p.e.c. attestante l’esistenza di un “errore imprevisto” (di cui, peraltro, la medesima corte nemmeno è stata posta in condizione di stabilire se rientrasse tra quelli che consentivano comunque al cancelliere di accettare l’atto, i cd. “errori forzabili” o se si trattasse di un errore cd. “fatale”) si sia tempestivamente ed adeguatamente attivato, al fine di conoscere l’esito del deposito ed effettuare, contestualmente ad una formale istanza di rimessione in termini (di cui nemmeno vi è puntuale riscontro in atti), un nuovo e corretto deposito prima della scadenza del termine di cui si è detto.
2.5. Resta solo da dire che il Collegio non ignora che questa Corte ha affermato il principio secondo cui «La serie di messaggi Pec che scandisce il deposito telematico di atti (descritti dalle “specifiche di interfaccia tra punto di accesso e gestore centrale”), così come le indicazioni date dalla cancelleria alle parti, sono specie di “istruzioni” che l’amministrazione della giustizia dà alle parti e pertanto sono fonti di affidamento qualificato, meritevole di essere considerato nell’ambito del giudizio ex art. 294, co. 2 c.p.c. sul presupposto della rimessione in termini, laddove – a cagione dei loro difetti - s’inseriscano con ruolo determinante nella catena causale che sfocia nella decadenza, fermo rimanendo che l’apprezzamento circa la non imputabilità alla parte nel caso concreto è affidato al giudice del merito» (cfr. Cass. n. 30514 del 2022). Reputa, tuttavia, che, nella specie, tale principio non possa trovare applicazione. Difatti, nel caso esaminato dalla sentenza da ultimo richiamata, la terza p.e.c. e le rassicurazioni della cancelleria sono intervenute in un momento anteriore a quello della scadenza del termine per la iscrizione a ruolo, cosicché ben poteva affermarsi che esse avessero determinato un affidamento incolpevole della parte tenuta al rispetto del termine, meritevole di essere considerato nell’ambito del giudizio sulla non imputabilità della scadenza del termine perentorio per il deposito. Nel caso che ci occupa, invece, la terza p.e.c. è intervenuta nell’imminenza della scadenza del termine di cui al combinato disposto degli artt. 347, comma 1, e 165 comma 1, cod. proc. civ. (alle ore 20,51 del 14 giugno 2020, ultimo giorno utile per la costituzione dell’appellante nel giudizio di gravame da lui introdotto con citazione notificata il 4 giugno 2020. Cfr. quanto si legge alle pagine 8-9 del ricorso) e la parte oggi ricorrente, rimasta inerte sino al ricevimento di tale messaggio (in disparte ogni considerazione sulla carenza di prova – anch’essa a quella incombente – della rigorosa osservanza delle specifiche tecniche per la spedizione degli atti: tra cui quelle dimensionali, che è onere del depositante rispettare al fine di conseguire l’utile risultato atteso del rituale deposito), nemmeno ha documentato (stante l’accertamento negativo compiuto dalla corte territoriale, qui non ulteriormente sindacabile) di essersi tempestivamente attivato fino al successivo 15 luglio 2020 (allorquando, il suo ulteriore tentativo di deposito telematico aveva finalmente avuto esito positivo) oppure di aver proposto una tempestiva istanza di rimessione in termini (diversamente da quanto accaduto nella fattispecie decisa da Cass. n. 32296 del 2023, non invocabile, dunque, utilmente dal P.). In tal modo, essa è incorsa in una decadenza che della cui certa imputabilità al sistema informatico non vi è riscontro, sicché va ritenuta esclusivamente ascrivibile alla parte, non ricorrendo, in concreto, una causa non imputabile, riferibile ad un evento ad essa estraneo che presenti il carattere dell’assolutezza (cfr. Cass., SU, n. 32725 del 2018; Cass. n. 30512 del 2018).
Alteris verbis, in assenza di adeguata prova che, proprio a causa di disfunzioni del sistema informatico, estranee alla propria sfera di controllo, sia stato impedito al P. il tempestivo deposito telematico del proprio gravame, non può ritenersi che lo stesso sia incorso in una decadenza non imputabile, idonea a giustificare una rimessione in termini.
2.5.1. È appena il caso di precisare, infine, che la giurisprudenza formatasi in tema di immediata ripresa del procedimento di notificazione non può trovare in alcun caso applicazione alla fattispecie, sia perché quest’ultima attiene al procedimento di deposito dell’atto già notificato, sia, in via dirimente, perché, in ogni caso, è presupposta una non imputabilità del fatto che ha impedito l’atteso perfezionamento del procedimento: non imputabilità la cui prova si è visto essere, nella specie, insussistente.
3. In conclusione, l’odierno ricorso promosso da F.P. deve essere respinto, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo I. L. s.r.l. rimasta solo intimata, altresì dandosi atto, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell'art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre «spetterà all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento».
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso di F.P..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del medesimo ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.