Il Consiglio di Stato dà atto dello sforzo di innovare il sistema in coerenza con gli obiettivi del PNRR ma allo stesso tempo fornisce alcuni suggerimenti per rendere lo schema di regolamento ancora più efficace.
Con il parere n. 413 del 19 febbraio 2022, il Consiglio di Stato ha reso il parere sul Regolamento ai fini della determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, dando atto dell'apprezzabile intento di procede all'aggiornamento e all'innovazione dell'ordinamento per conseguire gli obiettivi di riforma del sistema in coerenza con quelli contenuti nel PNRR.
D'altra parte, il Consiglio di Stato suggerisce di modificare alcune disposizioni per rafforzare la portata sistematica dell'intervento. Si tratta nello specifico:
- Di temperare la discrezionalità del giudice in sede di applicazione dei valori medi dei parametri con un rafforzamento dell'obbligo di motivazione, giungendo a un bilanciamento adeguato delle diverse esigenze per favorire un sistema che contribuisca al raggiungimento dell'obiettivo di interesse generale di rendere maggiormente efficiente la funzione giurisdizionale e più effettiva la tutela dei diritti;
- Di rendere più pregnante la disposizione sull'aumento del compenso in caso di conciliazione giudiziale o di transazione della lite allo scopo di incentivare l'opera del professionista verso tale direzione e di ridurre il contenzioso, ricorrendo alla giurisdizione come extrema ratio, in linea con gli obiettivi del PNRR;
- Di attribuire alla norma sulla riduzione del compenso dell'avvocato del soccombente del 75% in caso di responsabilità processuale di cui all'
art. 96 c.p.c. portata più ampia con l'obiettivo di ostacolare la proposizione di liti temerarie o di controversie bagatellari.
Consiglio di Stato, sez. Consultiva per gli Atti Normativi, parere (ud. 17 febbraio 2022) 19 febbraio 2022, n. 413
Premesso:
1. Con la nota prot. n. 1441 dell’11 febbraio 2022 il Ministero della giustizia ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto in oggetto.
2. Il Ministero riferisce che tale schema è stato predisposto a norma dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e trova fondamento nell’art. 13 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante «Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense», ai sensi del cui comma 6 “I parametri indicati nel decreto emanato dal Ministro della giustizia, su proposta del CNF, ogni due anni, ai sensi dell' articolo 1, comma 3, si applicano quando all'atto dell'incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge”.
2. Il testo trasmesso al Consiglio di Stato per il prescritto parere è accompagnato dalla relazione illustrativa, dalla relazione tecnica, dall’analisi tecnico normativa - A.T.N., dall’A.I.R., nonché dalla delibera n. 535, assunta nell’adunanza del 9 febbraio 2022 dal Consiglio Nazionale Forense.
3. Occorre precisare, innanzitutto, che la relazione tecnica è priva della necessaria verifica del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze e che, pertanto, il parere di questo Consiglio è reso a condizione che sia integrato tale adempimento.
Considerato:
1. I precedenti
La Sezione ha già espresso il parere n. 4514 dell’11 novembre 2013 sul d.m. 10 marzo 2014, n. 55 di prima attuazione della previsione di cui all’articolo 13, comma 6, nonché il parere n. 2703 del 27 dicembre 2017 sul successivo d.m. 8 marzo 2018, n. 37 che ha proceduto alla modifica e all’aggiornamento dei parametri fissati nel primo d.m..
In particolare con tale ultimo decreto, mediante la tecnica della novella, sono state apportate modifiche ai parametri previsti dal citato d.m. n. 55 del 2014, al fine di perseguire i seguenti obiettivi:
- superare l’incertezza applicativa ingenerata dalla possibilità, nel precedente sistema parametrale, che il giudice provvedesse alla liquidazione del compenso dell’avvocato senza avere come riferimento alcuna soglia numerica minima, rendendo inadeguata la remunerazione della prestazione professionale;
- prevedere la modifica dei parametri in taluni singoli casi al fine di assicurare il rispetto del principio di adeguatezza del compenso in relazione all'importanza dell'opera prestata e al decoro della professione;
- eliminare alcuni dubbi interpretativi nella disciplina vigente e colmare vuoti della regolazione.
2. Considerazioni generali
Con lo schema di regolamento, sottoposto al parere di questo Consiglio, il Ministero, utilizzando la tecnica della novella al d.m. n. 55 del 2014, ha accolto, nei limiti di cui si dirà, la proposta formulata dal C.N.F. con delibera n. 535, adottata nell’adunanza del 9 febbraio 2022, e ha colto l’occasione per apportare modifiche in linea con i principi enunciati nella legge 26 novembre 2021, n. 206 e con quello generale, ribadito dalla Corte di Cassazione e dal Consiglio di Stato in molteplici pronunce, secondo cui il ricorso a richieste di giudizio deve avvenire nella corretta forma e misura per non sovraccaricare il sistema e nel rispetto del bene comune.
Ciò nell’apprezzabile intento di procedere non solo al mero aggiornamento dei valori tabellari, ma anche a innovazioni ordinamentali che contribuiscono positivamente (nei limiti consentiti dallo strumento in esame) a perseguire gli obiettivi di riforma del sistema, in coerenza con quelli contenuti nel PNRR.
In particolare, attraverso le modifiche apportate al citato d.m. n. 55 del 2014, il Ministero ha inteso:
- ridurre il margine di discrezionalità dell’autorità giudiziaria nella liquidazione dei compensi al fine di garantire maggiore omogeneità e uniformità nell’applicazione dei parametri sul territorio nazionale, attraverso la soppressione, ovunque ricorrano, delle parole «di regola» nelle disposizioni per la loro applicazione;
- ridurre la eccessiva distanza tra aumenti e diminuzioni dei valori medi individuati dai parametri in relazione alle varie fasi del processo, attraverso l’adozione di un’unica percentuale del 50% in luogo delle precedenti percentuali diversificate, anche al fine di garantire, come espressamente evidenziato dal C.N.F., esigenze di coesione interna alla categoria;
- incoraggiare la funzione conciliativa svolta dall’avvocato e la soluzione concordata delle controversie, per diffondere una cultura della ricomposizione consensuale dei conflitti, con ricadute positive anche in termini di riduzione del contenzioso giudiziario;
- incentivare la risoluzione delle controversie in sede stragiudiziale e nell’ambito delle procedure di A.D.R., quale strumento privilegiato per la pacifica convivenza sociale, in uno spazio regolamentato di leale collaborazione con l’ausilio di professionisti esperti;
- ostacolare la proposizione di liti temerarie o di controversie bagatellari attraverso l’innalzamento dall’attuale 50 per cento al 75 per cento della riduzione del compenso del difensore nel caso in cui sia accertato che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ai sensi dell’art. 96 c.p.c.;
- disincentivare la proliferazione del contenzioso attraverso la proposizione di ricorsi destinati a chiudersi con pronunce in rito;
- colmare alcuni vuoti della regolazione vigente nel processo civile, nel processo amministrativo, nel processo penale e nell’attività stragiudiziale.
Sotto il profilo della potestà normativa esercitata la Sezione non ha alcun rilevo da formulare, atteso che l’emanazione del presente decreto rientra, ai sensi della normativa precedentemente citata, nella competenza del Ministero proponente e rimane nel perimetro delineato dall’art. 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.
Per quanto concerne, infine, il procedimento seguito dal Ministero nel predisporre lo schema di decreto in esame, la Sezione osserva che il testo è stato elaborato dopo aver ricevuto la proposta di modifica formulata, ai sensi del succitato articolo 13, comma 6, della legge n. 247 del 2012, dal C.N.F. con la nota prot. n. 782 del 10 febbraio 2022 e che è conforme alla procedura già seguita per l’approvazione del d.m. n. 55 del 2014 che viene novellato.
Questo Consiglio di Stato apprezza che il Ministero della giustizia accluda alla richiesta di parere anche un testo a fronte del d.m. vigente con il testo novellato: si tratta di una pratica che dovrebbe essere sempre adottata dalle amministrazioni riferenti, in quanto rende molto più agevole la comprensione dell’intervento e, in definitiva, la “leggibilità” della riforma.
3. L’articolato.
Il decreto si compone di sette articoli e di un allegato.
L’articolo 1 (Modifiche alle disposizioni generali in tema di compensi e spese) dispone la soppressione delle parole «di regola» alla disposizione generale di cui all’articolo 2 del d.m. n. 55 del 2014.
L’articolo 2 (Modifiche alla disciplina dei parametri generali per la determinazione dei compensi relativi all’attività civile e amministrativa) apporta modifiche alle disposizioni del d.m. n. 55 del 2014 relative ai parametri per la determinazione dei compensi per l’attività professionale svolta nell’ambito dei procedimenti civili e di quelli davanti alla giurisdizione amministrativa, prevedendo in primo luogo l’adozione di un’unica percentuale del 50 per cento per regolare gli aumenti e le diminuzioni dei valori medi individuati dai parametri in relazione alle varie fasi del processo (di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria).
Inoltre, modifica in modo puntuale l’art. 4 del d.m. n. 55 del 2014, nei termini così esposti:
a) con riguardo al processo civile:
- aggiunge il comma 4 bis, ai sensi del quale la tabella relativa ai procedimenti di volontaria giurisdizione, che prevede un parametro unico non suddiviso per fasi, trova applicazione solo con riguardo all’attività professionale svolta nell’ambito dei procedimenti di natura non contenziosa;
- modifica il comma 6 prevedendo che, in caso di conciliazione giudiziale o transazione in corso di causa, il compenso dovuto per l’attività professionale svolta fino a quel momento sia aumentato di un quarto rispetto a quello altrimenti liquidabile per la fase decisionale;
- modifica il comma 9 stabilendo che nel caso in cui sia dichiarata la responsabilità processuale della parte, ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., il compenso del difensore è ridotto del 75 per cento, anziché del vigente 50 per cento, rispetto a quello altrimenti liquidabile;
- sempre al comma 9 conferma, distinguendola dalle ipotesi di responsabilità ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., la riduzione del 50 per cento del compenso liquidabile al difensore nei casi d'inammissibilità, improponibilità o improcedibilità della domanda, solo “ove concorrano gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”;
- aggiunge il comma 10 ter prevedendo per il giudizio davanti alla Corte di cassazione un’ipotesi di maggiorazione del compenso qualora venga depositata una memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c.;
- aggiunge il comma 10 quinquies per disciplinare i parametri applicabili all’attività professionale svolta nell’ambito delle procedure concorsuali e, in particolare, nei procedimenti di ammissione al passivo e di impugnazione dello stato passivo;
- aggiunge il comma 10 sexies prevedendo l’applicazione dei parametri della tabella 12 in caso di reclamo in Corte di appello avverso sentenza dichiarativa del fallimento e di altri provvedimenti del tribunale fallimentare;
- aggiunge il comma 10 septies, ai sensi del quale per le attività difensive svolte dall’avvocato, in qualità di curatore del minore, il compenso deve essere liquidato applicando i parametri previsti dalle tabelle relative alle procedure e ai giudizi in cui l’attività è svolta;
b) con riguardo al processo amministrativo:
- modifica il comma 10 bis aggiungendo il secondo alinea che prevede l’aumento fino al 20 per cento del compenso, rispetto ai parametri base della fase introduttiva, qualora venga proposto ricorso incidentale e il terzo alinea che introduce, nelle tabelle 21 e 22, i compensi per la fase cautelare monocratica “solo quando vengono svolte attività ulteriori rispetto alla formulazione dell’istanza cautelare”;
- aggiunge il comma 10 ter, ai sensi del quale è previsto il compenso per l’appello davanti al Consiglio di stato avverso l’ordinanza cautelare pronunciata dal T.A.R., precedentemente non disciplinato, parametrato sulla tabella 22 e ridotto del 50 per cento.
Infine, il comma 2 dell’articolo 2 interviene sull’articolo 5 (Determinazione del valore della controversia) specificando al comma 3 che, nei procedimenti in materia di contratti pubblici, l’utile effettivo e i profitti attesi si intendono di regola non inferiori al 10 per cento del valore dell'importo dell'appalto.
L’articolo 3 (Modifiche alla disciplina dei parametri generali per la determinazione dei compensi relativi all’attività penale) interviene sui parametri relativi all’attività svolta nell’ambito del processo penale, prevedendo anche in questo caso che tanto gli aumenti quanto le diminuzioni dei valori medi previsti dalle tabelle operino fino al 50 per cento, anziché, come in precedenza, con percentuali differenti in relazione alle varie fasi.
Inoltre, modifica in modo puntuale l’art. 12 del d.m. n. 55 del 2014:
- aggiungendo il comma 3 bis che stabilisce un aumento del 20 per cento dei compensi previsti per le indagini difensive “quando (…) siano particolarmente complesse e urgenti”;
- aggiungendo il comma 3 ter, ai sensi del quale per le attività difensive svolte davanti al Tribunale per i minorenni, i compensi sono liquidati applicando i parametri previsti dalla tabella 15, avuto riguardo all’autorità giudiziaria che sarebbe stata competente se al momento del fatto l’imputato fosse stato maggiorenne.
L’articolo 4 (Modifiche alla disciplina dei parametri generali per la determinazione dei compensi relativi all’attività stragiudiziale) interviene sugli articoli 18, 19, 20 e 22 del d.m. n. 55 del 2014 introducendo una deroga al criterio dell’onnicomprensività dei parametri previsti dalla relativa tabella se l’affare si compone di fasi o di parti autonome in ragione della materia trattata ed estendendo anche a tale tipologia di attività l’adozione della sola percentuale del 50 per cento per regolare gli aumenti e le diminuzioni dei valori medi.
L’articolo 5 (Revisione delle tabelle dei parametri forensi allegate al decreto di cui al Ministro della giustizia 10 marzo 2014, n. 55) prevede che le tabelle dei parametri medi allegate al d.m. n. 55 del 2014 siano sostituite da quelle allegate al presente regolamento con un adeguamento dei parametri che tenga conto delle variazioni del costo della vita nel frattempo intervenute, come registrate dall’ISTAT negli otto anni trascorsi, pur non essendo direttamente commisurato a queste.
L’articolo 6 (Disposizione temporale) stabilisce che le nuove disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore, analogamente a quanto previsto dai precedenti decreti ministeriali.
L’articolo 7 (Entrata in vigore) stabilisce che il regolamento entri in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
L’allegato contiene, infine, le nuove tabelle dei parametri medi, richiamate dall’articolo 5.
4. Rilievi della Sezione.
1. La Sezione segnala l’opportunità di modificare alcune delle disposizioni contenute nello schema di regolamento, sottoposto al parere di questo Consiglio, al fine di perseguire con ancora maggiore efficacia le finalità dichiarate dal Ministero, di rafforzare la portata sistematica dell’intervento e di emendarlo da alcune locuzioni che potrebbero inficiarne la chiarezza e, quindi, l’immediata attuazione.
Le osservazioni sia di forma che di sostanza sono svolte in relazione a ciascuna singola disposizione, al fine di renderne più agevole l’eventuale recepimento.
2. Sull’articolo 1 dello schema non vi sono osservazioni.
3. Con l’articolo 2 dello schema viene modificato l’art. 4 del d.m. (Parametri generali per la determinazione dei compensi in sede giudiziale) prevedendo un’ampia serie di interventi.
3.1. In via generale, si prevede la soppressione, in tutti i commi in cui ricorrono, delle parole “di regola” e si dispone, al comma 1 dell’art. 4 del d.m., l’adozione di un’unica percentuale del 50 per cento per regolare gli aumenti e le diminuzioni dei valori medi individuati dai parametri in relazione alle varie fasi del processo, in luogo delle precedenti percentuali diversificate.
Questo Consiglio di Stato condivide pienamente le finalità perseguite attraverso le predette modifiche, come dichiarate dal Ministero nella relazione illustrativa: ridurre il margine di discrezionalità dell’autorità giudiziaria nella liquidazione dei compensi, rendere più omogena l’applicazione dei parametri e garantire maggiore coesione interna alla categoria degli esercenti la professione forense, perseguita anche dal C.N.F. nella proposta di cui alla delibera n. 535, assunta nell’adunanza del 9 febbraio 2022.
In coerenza con tale finalità, la Sezione suggerisce di sostituire al secondo periodo del comma 1 dell’art. 4 del d.m. le parole “tiene conto” con le parole “applica di regola” i valori medi di cui alle tabelle.
Tale suggerimento – che vale anche per gli articoli 3 e 4 dello schema, laddove introducono le medesime modifiche in relazione all’attività penale e all’attività stragiudiziale – sembra perseguire più efficacemente la finalità alla quale rispondono sia la limitazione del margine di discrezionalità dell’autorità giudiziaria nella liquidazione dei compensi, sia l’individuazione di un’unica percentuale in diminuzione ed in aumento dei predetti parametri. Infatti, all’esito della modifica suggerita, laddove il giudice ritenga che non ricorrano i presupposti per applicare i valori medi delle tabelle, egli sarebbe tenuto a motivare l’apprezzamento discrezionale in forza del quale, considerate le peculiarità di ogni procedimento, viene comunque data concreta attuazione alla previsione (contenuta nel primo periodo dello stesso comma) secondo cui la liquidazione deve tener conto “delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell'attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate”.
La sostituzione delle parole “tiene conto”, combinata con l’adozione di un’unica percentuale del 50 per cento per regolare gli aumenti e le diminuzioni dei valori medi individuati dai parametri in relazione alle varie fasi del processo, sembra conferire maggiore efficacia all’intervento, temperando la discrezionalità dell’autorità giudiziaria nell’applicazione dei valori medi dei parametri con un rafforzamento dell’obbligo motivazionale.
In tal modo, ad avviso del Consiglio di Stato, sembra perseguirsi un adeguato bilanciamento delle varie esigenze per favorire un sistema che, garantendo uniformità, omogeneità e adeguatezza dei compensi agli esercenti la professione forense, contribuisca altresì all’obiettivo di interesse generale di rendere più efficiente la funzione giurisdizionale e più effettiva la tutela dei diritti.
3.2. Sotto un diverso profilo, sembra meritevole di accoglimento la proposta del C.N.F. – non recepita nello schema in oggetto – di prevedere che in ipotesi di subentro nell’attività difensiva a processo in corso, al nuovo difensore sia dovuto il compenso previsto per la fase di studio della controversia, nonostante questa sia anteriore all’inizio del processo.
Appare, infatti, evidente che il difensore subentrante debba necessariamente svolgere le attività di esame e studio degli atti e di consultazione con il cliente e che, pertanto, gli spetti il corrispondente compenso. Né appare dirimente in senso negativo la prospettata possibilità di abusi e ingiustificati aggravi di spesa pubblica nei casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, trattandosi della patologia e non della fisiologia del processo, evitabile attraverso la discrezionalità attribuita al giudice in sede di liquidazione delle spese a favore del soggetto ammesso al detto beneficio (questa argomentazione potrebbe anche essere esplicitata nel testo, laddove necessario, semmai operando un particolare riferimento al gratuito patrocinio).
Sulla scorta delle predette motivazioni, si suggerisce pertanto l’aggiunta di un comma 5 bis che preveda espressamente – se del caso, con le precisazioni appena esposte – la liquidazione delle spese delle diverse fasi, ivi compresa quella di studio della controversia, in caso di subentro di altro difensore a processo in corso.
3.3. In relazione al novellando comma 6 dell’art. 4 del d.m., che disciplina le ipotesi di conciliazione giudiziale o transazione della controversia, questo Consiglio di Stato suggerisce di rendere più pregnante la previsione dell’aumento del compenso del professionista in tale ipotesi.
Se, infatti, non è revocabile in dubbio che la fase decisionale non viene svolta, appare altrettanto certo che ciò consegue all’opera dei difensori, i quali addivengono a una soluzione transattiva della controversia alternativa alla decisione dell’autorità giudiziaria.
Tale opera va incentivata con maggiore decisione e chiarezza: l’ottica deve essere quella di perseguire con ogni mezzo la riduzione del contenzioso e il ricorso alla “risorsa giustizia” come extrema ratio, in linea con i principi contenuti nella legge 26 novembre 2021, n. 206 e con gli obiettivi del PNRR, ispirati anche a una cultura della ricomposizione consensuale dei conflitti e al contrasto degli eccessi di litigiosità.
E allora, volendo incoraggiare le forme di risoluzione alternative alla decisione dell’autorità giudiziaria, non appare compatibile mantenere, nel sistema, un’opzione secondo cui il compenso del professionista che ha evitato o ridotto il ricorso al giudice possa essere inferiore a quello che sarebbe spettato se la controversia si fosse risolta con la decisione dell’autorità giudiziaria.
Va invece disposto un meccanismo premiale più certo nella sua effettività, e quindi più efficace e più motivante. In tal senso, appare preferibile la formulazione originaria della proposta del C.N.F., la quale prevede che, fermo il compenso già maturato, il compenso per l’attività di conciliazione e transazione è determinato nella misura pari a quella prevista per la fase decisionale (che in questa sede viene indicata solo come parametro quantitativo, e non certo per la assimilazione di un’attività a un’altra, come temeva il Ministero), aumentata di un quarto.
3.4. Il comma 9 del d.m., come novellato dallo schema in oggetto, prevede che “nel caso di dichiarata responsabilità processuale ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile, il compenso dovuto all’avvocato del soccombente è ridotto del 75 per cento rispetto a quello altrimenti liquidabile”. Si modifica la previsione vigente, che fissa la percentuale di riduzione al 50 per cento.
Il Consiglio osserva che la norma, così come formulata (peraltro, sin dal testo originario), nel fare riferimento alla improbabile ipotesi di “liquidazione” del compenso “del soccombente”, sembra limitarsi nella pratica al solo caso in cui egli sia stato ammesso al gratuito patrocinio.
Per conferire alla disposizione una portata più ampia e incisiva, con la dichiarata finalità di ostacolare la proposizione di liti temerarie o controversie bagatellari, sembrerebbe più efficace evitare ogni riferimento alla parola “liquidabile”, sostituendola con la parola “spettante” ed eventualmente aggiungendo la precisazione “ai sensi dell’art. 13, comma 6, della legge n. 247 del 2012”.
In tal modo, risulterebbe più chiara l’applicabilità della disposizione (e della riduzione da essa disposta) a tutte le ipotesi di determinazione del compenso del professionista soccombente ai sensi del d.m. in esame e non solo a quelle in cui sia prevista una liquidazione. Con l’effetto, ad avviso del Consiglio, di potenziare il contrasto degli eccessi di litigiosità e, quindi, la deflazione del contenzioso.
3.5. Con riguardo al comma 10 ter, relativo alla liquidazione dei compensi per la fase dell’appello davanti al Consiglio di Stato avverso ordinanza cautelare del TAR, il Consiglio ritiene che sia più chiara (e aderente alle peculiarità dell’appello cautelare nella giustizia amministrativa) una formulazione – proposta anche dal C.N.F. – che stabilisca che “è dovuto il compenso previsto dalla tabella 22 per la fase di studio della controversia e la fase introduttiva del giudizio, nonché il 50% del compenso relativo alla fase decisionale”, rispetto a quella introdotta dall’art. 2 che fa generico riferimento al “compenso previsto dalla allegata tabella 22, ridotto del 50 per cento”, richiamando in modo poco chiaro tutte le voci nella stessa ricomprese.
Si suggerisce, pertanto, di introdurre la predetta specificazione.
3.6. Il comma 2 dell’articolo 2 dello schema interviene sull’articolo 5 del d.m. (Determinazione del valore della controversia), introducendo un ultimo periodo al comma 3 secondo cui, nei procedimenti in materia di contratti pubblici, “l’utile effettivo e i profitti attesi si intendono di regola non inferiori al 10 per cento del valore dell'importo dell'appalto”.
Al riguardo, questo Consiglio di Stato evidenzia che, secondo la sua più recente giurisprudenza, è onere del concorrente danneggiato offrire compiuta dimostrazione dei presupposti del danno subito, sia sul piano dell’an che sul piano del quantum, atteso che, in punto di tutela risarcitoria, l’ordinario principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal c.d. metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento ex articolo 64, commi 1 e 3, c.p.a., che si giustifica solo in quanto sussista la necessità di equilibrare l'asimmetria informativa tra amministrazione e privato (cfr. Consiglio Stato, V, 18 marzo 2021, n. 1803; Consiglio Stato, 13 luglio 2017, n. 3448).
In particolare con riguardo al danno emergente, secondo la richiamata giurisprudenza, “deve escludersi l’ancoraggio forfettario alla misura del dieci per cento dell'importo a base d’asta: e ciò sia perché detto criterio esula storicamente dalla materia risarcitoria, non avendo fondamento la presunzione che la perdita sia, secondo un canone di normalità, ancorata alla ridetta percentuale, sia perché l’art. 124 cit. va inteso nel senso della rigorosa incombenza, a carico del danneggiato, di un puntuale onere di allegazione e di dimostrazione (cfr. Consiglio Stato, V, 11 maggio 2017, n. 2184; Ad. plen, 2 maggio 2017, n. 2), sicché il ricorso alla valutazione equitativa può essere riconosciuto solo in caso di impossibilità o di estrema difficoltà a fornire prova in relazione all'ammontare preciso del danno patito” (cfr. Consiglio Stato, V, 26 luglio 2019, n. 5283).
Alla luce della citata giurisprudenza e dei principi rinvenibili negli artt. 64 e 124 c.p.a., la Sezione suggerisce di aggiungere, dopo la parola “appalto”, la seguente espressione: “salvo che non sia ricavabile dagli atti di gara”.
4. Sugli articoli 3, 4 e 5 dello schema non vi sono osservazioni.
5. L’articolo 6 dello schema stabilisce che le nuove disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore.
Al riguardo, la Sezione rileva che la disposizione deve necessariamente tenere conto di quanto statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 13 del 2016.
Nella citata pronuncia, la Corte ha statuito che “Dopo le riforme dell’anno 2012, relative sia ai compensi professionali degli avvocati, sia più in generale allo stesso ordinamento della professione forense (riforme realizzate dapprima con il d.l. n. 1 del 2012, come convertito dalla l. n. 27 del 2012, poi con la legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante «Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense», e sviluppate dai successivi decreti ministeriali), questa Corte ha avuto modo di osservare come, anche in caso di variazione dei parametri retributivi, una prestazione unitaria debba essere remunerata secondo un unico criterio. Aggiungendo, con citazione dello stesso precedente di legittimità prima ricordato (sentenza n. 2 del 1985), che laddove si tratti di liquidare onorari maturati all’esito di cause durante le quali si siano succedute tariffe professionali diverse, è necessario fare riferimento «alla tariffa vigente al momento in cui la prestazione professionale si è esaurita» (ordinanza n. 261 del 2013; nello stesso senso, ordinanza n. 76 del 2014)”.
La norma deve, pertanto, essere formulata tenendo conto dei principi affermati dalla Corte Costituzionale nella richiamata sentenza, facendo riferimento alla conclusione della prestazione professionale e non solo alla sua liquidazione.
6. L’articolo 7 dello schema prevede, infine, che il regolamento entri in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
La Sezione osserva che la previsione che il regolamento entri in vigore il giorno successivo alla sua nella Gazzetta Ufficiale deroga inammissibilmente – in mancanza di idonea autorizzazione in tal senso nella disposizione di rango primario – al disposto dell’art. 10 delle preleggi, in base a cui le leggi e i regolamenti divengono obbligatori il quindicesimo giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto. L’ultimo inciso dell’art. 10 delle preleggi (“salvo che sia altrimenti disposto”) è costantemente interpretato nel senso che tale diversa disposizione spetta a una fonte di pari forza innovativa dell’ordinamento giuridico, ossia alla legge. Di conseguenza, la fonte regolamentare può eventualmente rinviare l’operatività e la concreta applicazione di talune sue previsioni, insuscettibili di immediata applicazione, ma non può mai disporre dei tempi dell’entrata in vigore dell’intero testo (cfr., ex multis, Consiglio Stato, parere n. 690 del 2 aprile 2020).
Conseguentemente, l’articolo 7, in relazione a quanto disposto dall’indicato articolo 10 delle preleggi, deve essere modificato prevedendo che il termine di entrata in vigore del decreto è di quindici giorni da quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
7. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Sezione esprime il proprio parere favorevole nei termini indicati, evidenziando che è necessario che, ai fini dell’approvazione finale del regolamento, sia acquisita, con la bollinatura, la verifica positiva della Ragioniere Generale dello Stato.
P.Q.M.
nei sensi suesposti è il parere della Sezione.