Secondo la CGUE, i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme UE disapplicando quelle interne ove non conformi. Nel caso di specie, trattasi della direttiva 2006/123/CE che prescrive lo svolgimento di una procedura di selezione per l'assegnazione di concessioni di occupazione del demanio marittimo.
La vicenda trae origine dal fatto che il Comune di Ginosa avesse prorogato con apposita delibera le concessioni finalizzate all'occupazione del demanio marittimo nel suo territorio, senza rispettare quanto previsto dalla direttiva 2006/123/CE che prescrive a tal fine un'apposita procedura di selezione tra i potenziali candidati quando il numero di autorizzazioni disponibili per una certa attività sia limitato a causa della scarsità delle risorse naturali. Inoltre, la medesima direttiva stabilisce che tale autorizzazione ha durata limitata e non può prevedere alcun rinnovo automatico.
Ora, nonostante tale direttiva sia stata recepita dall'ordinamento italiano, la
In tale contesto, l'AGCM ha ritenuto che la delibera di proroga adottata dal Comune di Ginosa violasse i principi di concorrenza e la libertà di stabilimento, pertanto notificava all'Ente un parere motivato ove ricordava l'obbligo di una previa procedura ad evidenza pubblica.
Dinanzi a tal parere, il Comune non fece una piega, dunque l'AGCM si rivolgeva al TAR Puglia, il quale, pur riconoscendo l'incompatibilità della normativa italiana con la direttiva menzionata, dubitava del carattere self-executing della medesima e della conseguente disapplicazione delle norme interne. Per questa ragione, il TAR sottopone varie questioni pregiudiziali alla CGUE.
Con la sentenza del 20 aprile 2023 nella causa C-348/22, la CGUE afferma che i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti al rispetto delle norme UE, disapplicando le disposizioni del diritto interno quando non conformi alle medesime. In sostanza, la decisione evidenzia i seguenti punti:
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CGUE, Terza Sezione, sentenza 20 aprile 2023, causa C -348/22
«Rinvio pregiudiziale – Servizi nel mercato interno – Direttiva 2006/123/CE – Sindacato di validità – Base giuridica – Articoli 47, 55 e 94 CE – Interpretazione – Articolo 12, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva – Effetto diretto – Carattere incondizionato e sufficientemente preciso dell’obbligo, imposto agli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali nonché del divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività – Normativa nazionale che prevede la proroga automatica di concessioni di occupazione del demanio marittimo»
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), nonché sull’interpretazione dell’articolo 12 di detta direttiva e degli articoli 49 e 115 TFUE.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Italia) (in prosieguo: l’«AGCM») e il Comune di Ginosa (Italia) in merito alla decisione di quest’ultimo di prorogare, nel suo territorio, le concessioni di occupazione del demanio marittimo fino al 31 dicembre 2033.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Diritto primario
3 L’articolo 47 CE era contenuto nel capo 2 del titolo III del Trattato CE, rubricato «Il diritto di stabilimento», e, al paragrafo 2, recitava nel modo seguente:
«[Al fine di agevolare l’accesso alle attività non salariate e l’esercizio di queste], il Consiglio [dell’Unione europea], deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 stabilisce le direttive intese al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative all’accesso alle attività non salariate e all’esercizio di queste. Il Consiglio delibera all’unanimità, durante tutta la procedura di cui all’articolo 251, per quelle direttive la cui esecuzione, in uno Stato membro almeno, comporti una modifica dei vigenti principi legislativi del regime delle professioni, per quanto riguarda la formazione e le condizioni di accesso delle persone fisiche. Negli altri casi il Consiglio delibera a maggioranza qualificata».
4 L’articolo 55 CE era contenuto nel capo 3 del titolo III del Trattato CE, rubricato «I servizi», e prevedeva quanto segue:
«Le disposizioni degli articoli da 45 a 48 inclusi sono applicabili alla materia regolata dal presente capo».
5 L’articolo 94 CE, al quale corrisponde, in sostanza, l’articolo 115 TFUE, così recitava:
«Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione [europea] e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune».
Direttiva 2006/123
6 I considerando 1, 5, 12, 64 e 116 della direttiva 2006/123 così recitano:
«(1) (...) L’eliminazione delle barriere allo sviluppo del settore dei servizi tra Stati membri costituisce uno strumento essenziale per rafforzare l’integrazione fra i popoli europei e per promuovere un progresso economico e sociale equilibrato e duraturo. (...)
(...)
(5) È necessario quindi eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del [T]rattato [CE]. (...)
(...)
(12) La presente direttiva è volta a creare un quadro giuridico per assicurare la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri. (...)
(...)
(64) Al fine della creazione di un vero mercato interno dei servizi è necessario sopprimere le restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi ancora presenti nella legislazione di taluni Stati membri e incompatibili, rispettivamente, con gli articoli 43 e 49[CE]. (...)
(...)
(116) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire la soppressione degli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera prestazione dei servizi fra Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni dell’azione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 [CE]. (...)».
7 Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di detta direttiva:
«La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi».
8 L’articolo 12 di detta direttiva, rubricato «Selezione tra diversi candidati», dispone quanto segue:
«1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.
2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami.
3. Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d’interesse generale conformi al diritto comunitario».
9 L’articolo 44 della direttiva 2006/123, rubricato «Recepimento», al paragrafo 1, primo comma, prevede quanto segue:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente direttiva entro il 28 dicembre 2009».
Diritto italiano
Codice della navigazione
10 L’articolo 37 del codice della navigazione, approvato con regio decreto del 30 marzo 1942, n. 327 (GU n. 93, del 18 aprile 1942), prevedeva una procedura di valutazione comparativa dei candidati solo nel caso in cui fossero state presentate più domande di rilascio di una concessione sul medesimo bene demaniale. Tuttavia, da detto articolo 37, secondo comma, seconda frase, risultava che si doveva dare preferenza al titolare della concessione, il quale godeva in tal modo di un diritto «di insistenza» o «al rinnovo».
Decreto-legge n. 194/2009
11 L’articolo 1, comma 18, del decreto-legge del 30 dicembre 2009, n. 194 – Proroga di termini previsti da disposizioni legislative (GURI n. 302, del 30 dicembre 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge del 26 febbraio 2010, n. 25 (supplemento ordinario alla GURI n. 48, del 27 febbraio 2010) (in prosieguo: il «decreto-legge n. 194/2009»), prevedeva una proroga della durata delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative in essere alla data di entrata in vigore di tale decreto-legge fino al 31 dicembre 2015. Tale proroga è stata successivamente estesa fino al 31 dicembre 2020 dall’articolo 34 duodecies del decreto-legge del 18 ottobre 2012, n. 179 – Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese (supplemento ordinario alla GURI n. 245, del 19 ottobre 2012), convertito, con modificazioni, dalla legge del 17 dicembre 2012, n. 221 (supplemento ordinario alla GURI n. 294, del 18 dicembre 2012). Nella versione applicabile alla controversia nel procedimento principale, l’articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194/2009 prevede in particolare quanto segue:
«(...) Nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative, (...) nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui all’articolo 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione, il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto (...) e in scadenza entro il 31 dicembre 2018 è prorogato fino al 31 dicembre 2020 (...)».
Decreto legislativo del 26 marzo 2010, n. 59
12 Il decreto legislativo del 26 marzo 2010, n. 59 – Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (supplemento ordinario alla GURI n. 94, del 23 aprile 2010), che recepisce nell’ordinamento giuridico italiano la direttiva 2006/123, all’articolo 16 dispone quanto segue:
«1. Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l’imparzialità, cui le stesse devono attenersi.
(...)
4. Nei casi di cui al comma 1 il titolo è rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo.
(...)».
Legge n. 145/2018
13 L’articolo 1, commi da 675 a 680, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145 – Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 31 dicembre 2018; in prosieguo: la «legge n. 145/2018»), ha imposto alle amministrazioni competenti di espletare, entro un termine di due anni, una serie di attività preliminari, necessarie alla definizione della riforma delle concessioni di occupazione del demanio marittimo, quali la mappatura del litorale, il censimento delle concessioni in essere e delle diverse tipologie di strutture presenti sul demanio, nonché la ricognizione degli investimenti effettuati, dei tempi di ammortamento, dei canoni e della durata delle concessioni.
14 Ai sensi di detto articolo 1, commi 682 e 683:
«682. Le concessioni (...) vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici. (...)
683. Al fine di garantire la tutela e la custodia delle coste italiane affidate in concessione, quali risorse turistiche fondamentali del Paese, e tutelare l’occupazione e il reddito delle imprese in grave crisi per i danni subiti dai cambiamenti climatici e dai conseguenti eventi calamitosi straordinari, le concessioni di cui al comma 682, vigenti alla data di entrata in vigore del [decreto-legge n. 194/2009], nonché quelle rilasciate successivamente a tale data (...) hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici (...)».
Decreto-legge del 19 maggio 2020, n. 34
15 Ai sensi dell’articolo 182, comma 2, del decreto-legge del 19 maggio 2020, n. 34 – Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 (supplemento ordinario alla GURI n. 128, del 19 maggio 2020), convertito, con modificazioni, dalla legge del 17 luglio 2020, n. 77 (supplemento ordinario alla GURI n. 180, del 18 luglio 2020):
«Fermo restando quanto disposto nei riguardi dei concessionari dall’articolo 1, commi 682 e seguenti, della [legge n. 145/2018], per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, le amministrazioni competenti non possono avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l’uso di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, di cui all’articolo 49 del codice della navigazione, per il rilascio o per l’assegnazione, con procedure di evidenza pubblica, delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. (...)».
Legge n. 118/2022
16 L’articolo 3 della legge del 5 agosto 2022, n. 118 – Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (GURI n. 188 del 12 agosto 2022) (in prosieguo: la «legge n. 118/2022»), prevede quanto segue:
«1. Continuano ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2023, ovvero fino al termine di cui al comma 3, qualora successivo, se in essere alla data di entrata in vigore della presente legge sulla base di proroghe o rinnovi disposti anche ai sensi della [legge n. 145/2018], e del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 [(supplemento ordinario alla GURI n. 203, del 14 agosto 2020)], convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 [(supplemento ordinario alla GURI n. 253, del 13 ottobre 2020)]:
a) le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive (…)
(...)
3. In presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa, l’autorità competente, con atto motivato, può differire il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024. Fino a tale data l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima anche in relazione all’articolo 1161 del codice della navigazione.
(...)
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:
a) i commi 675, 676, 677, 678, 679, 680, 681, 682 e 683 dell’articolo 1 della [legge n. 145/2018];
(...)».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
17 Il Comune di Ginosa, con delibera del 24 dicembre 2020, rettificata con successiva delibera del 17 febbraio 2021 (in prosieguo, congiuntamente: la «delibera controversa»), ha adottato, in particolare, una comunicazione preliminare di carattere ricognitivo volta ad informare tutti i titolari di concessioni di occupazione del demanio marittimo nel territorio di detto comune del fatto che tali concessioni sarebbero state prorogate, conformemente alle disposizioni dell’articolo 1, commi 682 e 683, della legge n. 145/2018 e dell’articolo 182 del decreto-legge del 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge del 17 luglio 2020, n. 77 (in prosieguo, congiuntamente: le «disposizioni nazionali di proroga automatica delle concessioni»).
18 Ritenendo che la delibera controversa violasse gli articoli 49 e 56 TFUE, nonché l’articolo 12 della direttiva 2006/123, l’AGCM ha notificato a detto comune un parere motivato, con il quale gli ha ricordato l’obbligo di una previa procedura ad evidenza pubblica, al fine di garantire il rispetto dei principi di concorrenza e di libertà di stabilimento. Tale autorità ha rilevato, in particolare, che le disposizioni nazionali di proroga automatica delle concessioni violavano detta direttiva, cosicché tutti gli organi dello Stato dovevano disapplicarle.
19 Poiché il Comune di Ginosa ha rifiutato di adeguarsi a tale parere, l’AGCM ha adito il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Italia), giudice del rinvio, proponendo un ricorso diretto all’annullamento della delibera controversa e di tutti gli attestati di proroga rilasciati successivamente.
20 Il Comune di Ginosa e le altre parti del procedimento principale sostengono che, poiché la direttiva 2006/123 non sarebbe «self-executing», occorrerebbe applicare la legge n. 145/2018 al fine di salvaguardare il principio di certezza del diritto. Inoltre, i presupposti fondamentali per l’applicazione di tale direttiva, relativi alla scarsità della risorsa naturale di cui trattasi e, di conseguenza, al numero limitato di autorizzazioni disponibili, non sarebbero soddisfatti nel territorio costiero di tale comune, in quanto numerose aree ulteriori sarebbero disponibili oltre a quelle già affidate in concessione. Neppure la sussistenza di un interesse transfrontaliero certo sarebbe stata dimostrata.
21 Inoltre, il diniego generalizzato di proroga delle concessioni di occupazione del demanio marittimo derivante dalla mera disapplicazione di tale legge violerebbe manifestamente il diritto di proprietà dell’azienda, nonché il principio di tutela del legittimo affidamento, in assenza di una qualsiasi previsione di indennizzo per gli investimenti effettuati e l’avviamento commerciale. Tale diniego non consentirebbe neppure di valutare caso per caso i tempi di ammortamento degli investimenti effettuati e neppure i casi specifici in cui sul demanio siano state realizzate strutture in muratura debitamente autorizzate.
22 In merito a tutti questi aspetti il giudice del rinvio rileva che, in origine, l’articolo 37 del codice della navigazione imponeva l’esperimento di una procedura di valutazione comparativa degli aspiranti al rilascio di tale concessione solo nel caso di presentazione di più domande di rilascio di una concessione sul medesimo bene demaniale. Tuttavia, in siffatta ipotesi, ai sensi del secondo comma, seconda frase, di tale articolo, il titolare di detta concessione godeva di un diritto di insistenza o al rinnovo. Nel corso del 1993 è stato introdotto il rinnovo automatico delle concessioni in essere di sei anni in sei anni e nel 2006 la durata massima di una concessione demaniale è stata fissata a venti anni.
23 Dopo l’avvio, da parte della Commissione, della procedura d’infrazione n. 2008/4908, la Repubblica italiana ha adottato il decreto-legge n. 194/2009, il cui articolo 1, comma 18, abrogava l’articolo 37, secondo comma, seconda frase, del codice della navigazione e prorogava le concessioni in essere fino al 31 dicembre 2012. Tale termine è stato successivamente esteso al 31 dicembre 2015 con una legge del 26 febbraio 2010.
24 Tenuto conto di tali modifiche e dell’impegno delle autorità italiane a conformarsi al diritto dell’Unione, il 27 febbraio 2012 la Commissione ha deciso di archiviare la procedura d’infrazione.
25 Ciononostante, alla fine del 2012 le concessioni di occupazione del demanio marittimo sono state prorogate di cinque anni, vale a dire fino al 31 dicembre 2020. Inoltre, in prossimità di tale scadenza e senza che il diritto italiano si conformasse alla direttiva 2006/123, l’articolo 1, commi 682 e 683, della legge n. 145/2018 ha disposto un’ulteriore proroga delle concessioni in vigore, fino al 31 dicembre 2033.
26 Secondo il giudice del rinvio, quest’ultima proroga delle concessioni di occupazione del demanio marittimo costituisce una violazione manifesta della direttiva 2006/123 e, in ogni caso, dell’articolo 49 TFUE. In tale contesto, alcuni comuni avrebbero applicato la legge n. 145/2018 e concesso la proroga fino al 31 dicembre 2033, mentre altri si rifiuterebbero di farlo, senza tuttavia applicare il diritto dell’Unione. Altri ancora, dopo aver concesso tale proroga, ne hanno disposto l’annullamento nell’ambito del loro potere di autotutela. Infine, taluni comuni avrebbero preferito restare inerti rispetto alle istanze di proroga delle concessioni loro presentate. Una siffatta situazione comporterebbe incertezza del diritto e avrebbe ripercussioni negative sull’economia dell’intero settore di cui trattasi.
27 Il giudice del rinvio deduce dalla sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558), che, in assenza di una qualsivoglia procedura di selezione tra i candidati potenziali, le disposizioni nazionali che prevedono una proroga automatica delle concessioni sono incompatibili sia con l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva sia con l’articolo 49 TFUE, nei limiti in cui, in quest’ultimo caso, tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo. L’articolo 12 di detta direttiva non potrebbe tuttavia produrre un effetto di esclusione delle norme nazionali difformi, dal momento che tale articolo 12, paragrafo 3, demanda espressamente agli Stati membri il compito di stabilire le regole della procedura di selezione.
28 A tal proposito, il giudice del rinvio dissente dal Consiglio di Stato (Italia), il quale, in due sentenze del 9 novembre 2021, nn. 17 e 18, pronunciate in Adunanza plenaria, ha dichiarato che la Corte aveva espressamente riconosciuto, con la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558), il carattere self-executing di detto articolo 12. Inoltre, il giudice del rinvio ritiene che il differimento degli effetti di tali due sentenze, stabilito dal Consiglio di Stato, non sia coerente con il riconoscimento di un’efficacia diretta della direttiva 2006/123. Sebbene tale soluzione miri verosimilmente a consentire al legislatore italiano di adottare una normativa nazionale di concreta attuazione di tale direttiva, essa comporterebbe un’ulteriore proroga automatica e generalizzata del termine di scadenza delle concessioni demaniali in essere dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2023.
29 Infine, il giudice del rinvio non condivide neppure la scelta del Consiglio di Stato, di qualificare la direttiva 2006/123 come direttiva di liberalizzazione e non già di armonizzazione e ritiene quindi che, conformemente all’articolo 115 TFUE, tale direttiva avrebbe dovuto essere adottata all’unanimità e non già a maggioranza dei voti del Consiglio.
30 Ciò premesso, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la direttiva 2006/123 risulti valida e vincolante per gli Stati membri o se invece risulti invalida in quanto – trattandosi di direttiva di armonizzazione - adottata solo a maggioranza invece che all’unanimità, in violazione dell’articolo 115 [TFUE].
2) Se la direttiva 2006/123 (…) presenti o meno oggettivamente ed astrattamente i requisiti minimi di sufficiente dettaglio della normativa e di conseguente assenza di spazi discrezionali per il legislatore nazionale tali da potersi ritenere la stessa auto-esecutiva e immediatamente applicabile.
3) Qualora ritenuta la direttiva 2006/123 non self-executing, se risulti compatibile con i principi di certezza del diritto l’effetto di mera esclusione o di disapplicazione meramente ostativa della legge nazionale anche nell’ipotesi in cui non risulti possibile per il giudice nazionale il ricorso all’interpretazione conforme ovvero se invece, in siffatta ipotesi, non debba o possa trovare applicazione la legge nazionale, ferme restando le specifiche sanzioni previste dall’ordinamento [dell’Unione europea] per l’inadempimento dello Stato nazionale rispetto agli obblighi derivanti dalla adesione al [Trattato FUE] (articolo 49), ovvero derivanti dalla mancata attuazione [di tale] direttiva (procedura di infrazione).
4) Se l’efficacia diretta dell’articolo 12, paragrafi 1, 2, 3 della direttiva 2006/123 equivalga al riconoscimento della natura self-executing o immediata applicabilità della direttiva medesima ovvero se, nell’ambito di una direttiva di armonizzazione quale quella in esame (“si deve ritenere che gli artt. da 9 a 13 della direttiva provvedano ad una armonizzazione esaustiva …” ex sentenza [del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558)]), debba intendersi come prescrizione per lo Stato nazionale di adottare misure di armonizzazione non generiche, ma vincolate nel loro contenuto.
5) Se la qualificazione di una direttiva come auto-esecutiva o meno e, nel primo caso, la disapplicazione meramente ostativa della legge nazionale possa o debba ritenersi di esclusiva competenza del giudice nazionale (al quale sono all’uopo attribuiti specifici strumenti di supporto interpretativo quali il ricorso al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ovvero al giudizio di legittimità costituzionale) ovvero anche del singolo funzionario o dirigente di un comune.
6) Qualora invece ritenuta la direttiva 2006/123 self-executing, premesso che l’articolo 49 [TFUE] risulta ostativo alla proroga automatica delle concessioni-autorizzazioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo solo “nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo”, se la sussistenza di tale requisito costituisca o meno un presupposto necessario anche con riferimento all’applicazione dell’articolo 12 paragrafi 1 e 2 [di tale] direttiva (…).
7) Se risulti coerente rispetto ai fini perseguiti dalla direttiva 2006/123 e dallo stesso articolo 49 [TFUE] una statuizione da parte del giudice nazionale relativa alla sussistenza, in via generale ed astratta, del requisito dell’interesse transfrontaliero certo riferito tout-court all’intero territorio nazionale ovvero se, viceversa, stante in Italia la competenza dei singoli comuni, tale valutazione non debba intendersi riferita al territorio costiero di ciascun comune e, quindi, riservata alla competenza comunale.
8) Se risulti coerente rispetto ai fini perseguiti dalla direttiva 2006/123 e dallo stesso articolo 49 [TFUE] una statuizione da parte del giudice nazionale relativa alla sussistenza, in via generale ed astratta, del requisito della limitatezza delle risorse e delle concessioni disponibili riferito tout-court all’intero territorio nazionale ovvero se, viceversa, stante in Italia la competenza dei singoli comuni, tale valutazione non debba intendersi riferita al territorio costiero di ciascun comune e, quindi, riservata alla competenza comunale.
9) Qualora in astratto ritenuta la direttiva 2006/123 self-executing, se tale immediata applicabilità possa ritenersi sussistere anche in concreto in un contesto normativo – come quello italiano – nel quale vige l’articolo 49 Codice della Navigazione (che prevede che all’atto di cessazione della concessione “tutte le opere non amovibili restano acquisite allo Stato senza alcun compenso o rimborso”) e se tale conseguenza della ritenuta natura self-executing o immediata applicabilità della direttiva in questione (in particolare con riferimento a strutture in muratura debitamente autorizzate ovvero a concessioni demaniali funzionalmente collegate ad attività turistico ricettiva, come hotel o villaggio) risulti compatibile con la tutela di diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, riconosciuti come meritevoli di tutela privilegiata nell’Ordinamento dell’Unione europea e nella Carta dei Diritti Fondamentali [dell’Unione europea]».
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
31 L’AGCM e il governo italiano hanno espresso dubbi circa la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. A loro avviso, le questioni sottoposte alla Corte sarebbero divenute ipotetiche a seguito dell’abrogazione, da parte della legge n. 118/2022, delle disposizioni nazionali di proroga automatica delle concessioni.
32 A tal riguardo, anche se dette disposizioni, in particolare quelle della legge n. 145/2018, sono state effettivamente abrogate dalla legge n. 118/2022, resta nondimeno il fatto che, quando il Comune di Ginosa ha adottato la delibera controversa, dette disposizioni erano in vigore e tale delibera è stata adottata sulla base delle disposizioni di cui trattasi. Peraltro, dalle informazioni di cui dispone la Corte non risulta che l’abrogazione delle disposizioni nazionali di proroga automatica delle concessioni abbia privato detta delibera dei suoi effetti.
33 Ne consegue che l’abrogazione delle disposizioni nazionali di proroga automatica delle concessioni non può sovvertire la presunzione di rilevanza che si riconnette alle questioni pregiudiziali sottoposte dal giudice del rinvio alla Corte (v., in tal senso, sentenze del 7 settembre 1999, Beck e Bergdorf, C-355/97, EU:C:1999:391, punto 22, nonché del 26 marzo 2020, Miasto Lowicz e Prokurator Generalny, C-558/18 e C-563/18, EU:C:2020:234, punto 43). Infatti, non appare in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta sia priva di rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale o che il problema sia di natura ipotetica (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Admiral Gaming Network e a., da C-475/20 a C-482/20, EU:C:2022:714, punto 26).
34 Pertanto, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Sulle questioni pregiudiziali
35 Occorre esaminare, in un primo momento, la sesta e la settima questione, nonché la prima parte dell’ottava questione, nella parte in cui esse riguardano l’applicabilità della direttiva 2006/123 alla controversia di cui trattasi nel procedimento principale, poi, in un secondo momento, la prima questione, la quale mette in discussione la validità di tale direttiva, e, in un terzo momento, le questioni dalla seconda alla quinta, la seconda parte dell’ottava questione, nonché la nona questione, con le quali il giudice del rinvio intende stabilire se l’articolo 12 di detta direttiva abbia efficacia diretta.
Sull’applicabilità della direttiva 2006/123
Considerazioni preliminari
36 Come risulta da una giurisprudenza costante, qualsiasi misura nazionale adottata in un settore che è stato oggetto di un’armonizzazione esaustiva o completa a livello dell’Unione deve essere valutata in rapporto non alle disposizioni del diritto primario, ma a quelle di tale misura di armonizzazione (sentenze del 12 ottobre 1993, Vanacker e Lesage, C-37/92, EU:C:1993:836, punto 9; dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband, C-322/01, EU:C:2003:664, punto 64, nonché del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a., C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558, punto 59).
37 Orbene, nel caso di specie, come si evince in particolare dal punto 61 della sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558), gli articoli da 9 a 13 della direttiva 2006/123 provvedono a un’armonizzazione esaustiva concernente i servizi che rientrano nel loro campo di applicazione.
38 In tali circostanze, la sesta e la settima questione, nonché la prima parte dell’ottava questione, saranno esaminate esclusivamente alla luce dell’articolo 12 di tale direttiva.
Sulla sesta questione
39 Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che esso si applica unicamente alle concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentino un interesse transfrontaliero certo.
40 A tal proposito la Corte ha già avuto modo di dichiarare più volte, in base a un’interpretazione letterale, storica, contestuale e teleologica della direttiva 2006/123, che le disposizioni del capo III di quest’ultima, relativo alla libertà di stabilimento dei prestatori, le quali includono l’articolo 12 di tale direttiva, devono essere interpretate nel senso che esse si applicano, in particolare, a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro. (v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 2018, X e Visser, C-360/15 e C-31/16, EU:C:2018:44, punti da 99 a 110, nonché del 22 settembre 2020, Cali Apartments, C-724/18 e C-727/18, EU:C:2020:743, punto 56).
41 Ne consegue che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso non si applica unicamente alle concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentano un interesse transfrontaliero certo.
Sulla settima questione
42 Tenuto conto della risposta fornita alla sesta questione, non occorre rispondere alla settima questione, la quale si fonda sulla premessa secondo cui l’applicabilità dell’articolo 12 della direttiva 2006/123 sarebbe subordinata alla dimostrazione che la concessione di occupazione del demanio marittimo di cui trattasi presenti un interesse transfrontaliero certo.
Sulla prima parte dell’ottava questione
43 Con la prima parte dell’ottava questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione, oppure se tale valutazione debba essere effettuata esclusivamente sulla base dell’uno o dell’altro di detti approcci.
44 È vero che, al punto 43 della sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558), la Corte ha precisato che si deve prendere in considerazione la circostanza che le concessioni di cui trattasi sono rilasciate a livello non nazionale bensì comunale, al fine di determinare se le aree demaniali che possono essere oggetto di sfruttamento economico siano in numero limitato.
45 Tuttavia, tale precisazione costituiva una mera indicazione rivolta al giudice del rinvio e si spiegava con il contesto della causa che ha dato luogo a detta sentenza.
46 Infatti, alla luce del suo tenore letterale, l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali. Tale margine di discrezionalità può condurli a preferire una valutazione generale e astratta, valida per tutto il territorio nazionale, ma anche, al contrario, a privilegiare un approccio caso per caso, che ponga l’accento sulla situazione esistente nel territorio costiero di un comune o dell’autorità amministrativa competente, o addirittura a combinare tali due approcci.
47 In particolare, la combinazione di un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e di un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione, risulta equilibrata e, pertanto, idonea a garantire il rispetto di obiettivi di sfruttamento economico delle coste che possono essere definiti a livello nazionale, assicurando al contempo l’appropriatezza dell’attuazione concreta di tali obiettivi nel territorio costiero di un comune.
48 In ogni caso, è necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati.
49 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima parte dell’ottava questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione.
Sulla prima questione relativa alla validità della direttiva 2006/123
50 Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2006/123 sia valida alla luce dell’articolo 94 CE, dal momento che tale direttiva di armonizzazione non è stata adottata dal Consiglio all’unanimità.
51 Tale questione suggerisce che detta direttiva sia invalida in quanto quest’ultima avrebbe dovuto essere adottata ai sensi dell’articolo 94 CE, che prevedeva un voto all’unanimità del Consiglio, e non già ai sensi dell’articolo 47, paragrafo 2, prima e terza frase, CE e dell’articolo 55 CE, che prevedevano un voto a maggioranza qualificata.
52 A tal proposito si deve rilevare, in primo luogo, che, secondo costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito del sistema di ripartizione delle competenze dell’Unione, la scelta del fondamento giuridico di un atto non può dipendere solo dal convincimento di un’istituzione circa lo scopo perseguito, ma deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, quali lo scopo e il contenuto dell’atto. Se l’esame di un atto dell’Unione dimostra che esso persegue una duplice finalità o che ha una doppia componente e se una di queste è identificabile come principale o preponderante, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto deve fondarsi su una sola base giuridica, ossia quella richiesta dalla finalità o componente principale o preponderante. In via eccezionale, ove sia provato che l’atto persegue contemporaneamente più obiettivi tra loro inscindibili, senza che uno di essi assuma importanza secondaria e indiretta rispetto all’altro, tale atto dovrà fondarsi sulle diverse basi giuridiche corrispondenti. Il cumulo di due basi giuridiche è però escluso quando le procedure previste dall’una e dall’altra base giuridica sono incompatibili (v., in tal senso, sentenze del 26 marzo 1987, Commissione/Consiglio, 45/86, EU:C:1987:163, punto 11, e del 29 aprile 2004, Commissione/Consiglio, C-338/01, EU:C:2004:253, punti da 54 a 57).
53 Nel caso di specie, poiché l’articolo 94 CE prevedeva un voto all’unanimità del Consiglio mentre, ai sensi dell’articolo 47, paragrafo 2, prima e terza frase, CE e dell’articolo 55 CE, il Consiglio doveva deliberare a maggioranza qualificata, il cumulo di tali basi giuridiche risultava impossibile.
54 In secondo luogo, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, la direttiva 2006/123 intende «stabili[re] le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi». Tale obiettivo, consistente nel contribuire ad assicurare la realizzazione effettiva delle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, è ripetutamente confermato dal preambolo di tale direttiva, in particolare ai considerando 1, 5, 12, 64 o 116.
55 È quindi evidente che, conformemente all’articolo 47, paragrafo 2, CE, al fine di agevolare l’accesso alle attività non salariate e il loro esercizio, la direttiva 2006/123 «[mira] al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative all’accesso alle attività non salariate e all’esercizio di queste». La medesima constatazione si impone in relazione all’articolo 55 CE concernente i servizi, il quale rinvia in particolare a detto articolo 47, paragrafo 2.
56 Inoltre, durante la procedura di adozione di tale direttiva, nessuno Stato membro ha chiesto, ai sensi della seconda frase di detto articolo 47, paragrafo 2, un voto all’unanimità del Consiglio, con la motivazione che l’esecuzione di detta direttiva avrebbe comportato una modifica dei vigenti principi legislativi del regime delle professioni, per quanto riguarda la formazione e le condizioni di accesso delle persone fisiche.
57 In terzo luogo, il Consiglio ha correttamente deliberato a maggioranza qualificata, conformemente all’ultima frase dello stesso articolo 47, paragrafo 2, al quale peraltro rinvia l’articolo 55 CE.
58 Infatti, dette disposizioni conferivano al legislatore dell’Unione una specifica competenza ad adottare misure volte a migliorare il funzionamento del mercato interno (v., per analogia, sentenza del 5 ottobre 2000, Germania/Parlamento e Consiglio, C-376/98, EU:C:2000:544, punto 87). Orbene, conformemente alla massima secondo cui le norme speciali derogano alle norme generali, dal momento che esisteva, nel Trattato CE, una disposizione più specifica che poteva fungere da base giuridica dell’atto di cui trattasi, quest’ultimo doveva fondarsi su tale disposizione (v., per analogia, sentenza del 29 aprile 2004, Commissione/Consiglio, C-338/01, EU:C:2004:253, punto 60). Il legislatore dell’Unione ha quindi correttamente privilegiato l’articolo 47, paragrafo 2, prima e terza frase, CE e l’articolo 55 CE, rispetto all’articolo 94 CE.
59 Sulla base delle considerazioni che precedono, si deve concludere che dall’esame della prima questione non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva 2006/123 alla luce dell’articolo 94 CE.
Sull’effetto diretto dell’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123
Sulle questioni seconda e quarta
60 In via preliminare, occorre rilevare che le disposizioni nazionali di cui trattasi nella controversia oggetto del procedimento principale hanno avuto l’effetto di prorogare automaticamente le concessioni di occupazione del demanio marittimo in essere, cosicché non è stata organizzata alcuna procedura di selezione nell’ambito di tale controversia. Nel caso di specie, quindi, rilevano soltanto le disposizioni dell’articolo 12 della direttiva 2006/123 che vertono, da un lato, sull’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali e, dall’altro, sul divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività. Pertanto, si deve ritenere che la seconda e la quarta questione vertano sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva, ad esclusione del paragrafo 3 di detto articolo.
61 Ciò premesso, occorre rilevare che, con la seconda e la quarta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva debba essere interpretato nel senso che l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti.
62 Dalla costante giurisprudenza della Corte risulta che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise, i privati possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti di uno Stato membro, sia qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in diritto nazionale entro i termini, che qualora l’abbia recepita in modo scorretto [v., in tal senso, sentenze del 19 gennaio 1982, Becker, 8/81, EU:C:1982:7, punto 25; del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C-397/01 a C-403/01, EU:C:2004:584, punto 103; del 17 settembre 1996, Cooperativa Agricola Zootecnica S. Antonio e a., da C-246/94 a C-249/94, EU:C:1996:329, punti 18 e 19, nonché dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C-205/20, EU:C:2022:168, punto 17].
63 La Corte ha precisato che una disposizione del diritto dell’Unione è, da un lato, incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione, né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione, o degli Stati membri, ulteriore rispetto a quello con cui viene recepita nel diritto nazionale e, dall’altro, sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo ed applicata dal giudice allorché sancisce un obbligo in termini inequivocabili [v., in tal senso, sentenze del 3 aprile 1968, Molkerei-Zentrale Westfalen/Lippe, 28/67, EU:C:1968:17, pag. 226; del 26 febbraio 1986, Marshall, 152/84, EU:C:1986:84, punto 52, e dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C-205/20, EU:C:2022:168, punto 18].
64 La Corte ha inoltre dichiarato che, anche se una direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nell’adozione delle modalità della sua attuazione, una disposizione di tale direttiva può essere considerata incondizionata e precisa se pone a carico degli Stati membri, in termini inequivocabili, un obbligo di risultato preciso e assolutamente incondizionato riguardo all’applicazione della norma da essa enunciata [v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C-205/20, EU:C:2022:168, punto 19].
65 Infatti, anche se una direttiva concede agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nell’adozione delle modalità della sua attuazione, tale circostanza non incide sul carattere preciso e incondizionato delle sue disposizioni qualora tale margine di discrezionalità non escluda che sia possibile determinare alcuni diritti minimi e che sia, quindi, possibile determinare la tutela minima che deve in ogni caso essere applicata (v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 1994, Faccini Dori, C-91/92, EU:C:1994:292, punto 17; del 3 ottobre 2000, Simap, C-303/98, EU:C:2000:528, punto 68, nonché del 14 gennaio 2021, RTS infra e Aannemingsbedrijf Norré-Behaegel, C-387/19, EU:C:2021:13, punto 49).
66 Nel caso di specie, risulta dallo stesso tenore letterale dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.
67 È vero che gli Stati membri conservano un certo margine di discrezionalità qualora decidano di adottare disposizioni destinate a garantire concretamente l’imparzialità e la trasparenza di una procedura di selezione. Resta nondimeno il fatto che, imponendo l’applicazione di una procedura di selezione imparziale e trasparente, l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 prescrive, in maniera incondizionata e sufficientemente precisa, un contenuto di tutela minima a favore dei candidati potenziali (v., per analogia, sentenze del 15 aprile 2008, Impact, C-268/06, EU:C:2008:223, punto 74, nonché del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C-397/01 a C-403/01, EU:C:2004:584, punto 105).
68 Quanto all’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva, esso dispone in particolare che un’autorizzazione, quale una concessione di occupazione del demanio marittimo, sia rilasciata per una durata limitata adeguata e non possa prevedere la procedura di rinnovo automatico.
69 Tale disposizione ha effetto diretto in quanto vieta, in termini inequivocabili, agli Stati membri, senza che questi ultimi dispongano di un qualsivoglia margine di discrezionalità o possano subordinare tale divieto a una qualsivoglia condizione e senza che sia necessaria l’adozione di un atto dell’Unione o degli Stati membri, di prevedere proroghe automatiche e generalizzate di siffatte concessioni. Dalla giurisprudenza della Corte risulta peraltro che un rinnovo automatico di queste ultime è escluso dai termini stessi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2006/123 (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a., C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558, punto 50).
70 L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva impone quindi agli Stati membri l’obbligo di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali e vieta loro di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività, in termini incondizionati e sufficientemente precisi.
71 La circostanza che tale obbligo e tale divieto si applichino solo nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali utilizzabili, le quali devono essere determinate in relazione ad una situazione di fatto valutata dall’amministrazione competente sotto il controllo di un giudice nazionale, non può rimettere in discussione l’effetto diretto connesso a tale articolo 12, paragrafi 1 e 2.
72 Peraltro, occorre ricordare che l’effetto diretto di cui godono le disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una direttiva costituisce una garanzia minima, che deriva dal carattere vincolante dell’obbligo imposto agli Stati membri dalle direttive, ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, la quale non può servire a giustificare la mancata adozione in tempo utile, da parte di questi, delle misure d’attuazione adeguate allo scopo di ciascuna direttiva (sentenza del 6 maggio 1980, Commissione/Belgio, 102/79, EU:C:1980:120, punto 12). Ne consegue che, nonostante il riconoscimento di un effetto diretto all’obbligo e al divieto summenzionati, previsti dall’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123, le autorità italiane restano tenute a garantirne il recepimento nel loro ordinamento giuridico.
73 Infine, occorre sottolineare che una sentenza pregiudiziale, come la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558), chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata della norma stabilita da detta disposizione della direttiva 2006/123, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore, ossia, conformemente all’articolo 44 di tale direttiva, a decorrere dal 28 dicembre 2009. Ne consegue che detta norma così interpretata deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima di tale sentenza [v., in tal senso, sentenze del 27 marzo 1980, Denkavit italiana, 61/79, EU:C:1980:100, punto 16, e del 22 febbraio 2022, RS (Effetto delle sentenze di una corte costituzionale), C-430/21, EU:C:2022:99, punto 77].
74 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda e alla quarta questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti.
Sulla terza questione
75 Tenuto conto della risposta fornita alla seconda e alla quarta questione, non occorre rispondere alla terza questione.
Sulla quinta questione e sulla seconda parte dell’ottava questione
76 Con la quinta questione e con la seconda parte dell’ottava questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 288, terzo comma, TFUE debba essere interpretato nel senso che la valutazione dell’effetto diretto connesso all’obbligo e al divieto previsti dall’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 e l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie incombono esclusivamente ai giudici nazionali o anche alle autorità amministrative, comprese quelle comunali.
77 A tal proposito è sufficiente rammentare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’amministrazione, anche comunale, è tenuta, al pari del giudice nazionale, ad applicare le disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una direttiva e a disapplicare le norme del diritto nazionale non conformi a tali disposizioni (v., in tal senso, sentenze del 22 giugno 1989, Costanzo, 103/88, EU:C:1989:256, punti da 29 a 33, nonché del 10 ottobre 2017, Farrell, C-413/15, EU:C:2017:745, punto 33).
78 A tal riguardo, occorre precisare che l’indicazione contenuta al punto 43 della sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558), secondo la quale spettava al giudice nazionale verificare se il requisito relativo alla scarsità delle risorse naturali, previsto dall’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, fosse soddisfatto, non può significare che solo i giudici nazionali siano tenuti a verificare la sussistenza di tale requisito. Infatti, allorché il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività è limitato per via della scarsità delle risorse naturali utilizzabili, ogni amministrazione è tenuta ad applicare, in forza di tale disposizione, una procedura di selezione tra i candidati potenziali e a garantire che tutte le condizioni previste da detta disposizione siano rispettate, disapplicando, se del caso, le norme di diritto nazionale non conformi.
79 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre quindi rispondere alla quinta questione e alla seconda parte dell’ottava questione dichiarando che l’articolo 288, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che la valutazione dell’effetto diretto connesso all’obbligo e al divieto previsti dall’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 e l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie incombono ai giudici nazionali e alle autorità amministrative, comprese quelle comunali.
Sulla nona questione
80 Con la sua nona questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che l’effetto diretto di cui gode tale disposizione comporta la disapplicazione di una normativa nazionale in forza della quale, alla scadenza di una concessione, tutte le opere inamovibili costruite dal concessionario sul terreno affidatogli in concessione restano acquisite al concedente, senza alcun compenso o rimborso e se la disapplicazione di tale normativa sia compatibile con l’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali.
81 Al riguardo occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, lo spirito di collaborazione che deve presiedere al funzionamento del rinvio pregiudiziale implica che il giudice nazionale tenga conto della funzione attribuita alla Corte, che è quella di contribuire all’amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri consultivi su questioni generali o ipotetiche (sentenze del 3 febbraio 1983, Robards, 149/82, EU:C:1983:26, punto 19; del 16 luglio 1992, Meilicke, C-83/91, EU:C:1992:332, punto 25, e del 15 dicembre 1995, Bosman, C-415/93, EU:C:1995:463, punto 60).
82 Pertanto, la Corte può rifiutare di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione o il giudizio di validità del diritto dell’Unione che si richiede non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C-415/93, EU:C:1995:463, punto 61, e del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland, C-709/20, EU:C:2021:602, punto 55).
83 Nel caso di specie, la controversia di cui trattasi nel procedimento principale riguarda la proroga delle concessioni e non già la questione del diritto, in capo a un concessionario, di ottenere, alla scadenza della concessione, un qualsivoglia compenso per le opere inamovibili che esso abbia costruito sul terreno affidatogli in concessione. Pertanto, non avendo il giudice del rinvio esposto gli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la situazione di cui trattasi nel procedimento principale, la Corte si trova nell’impossibilità di fornire una risposta utile alla nona questione.
84 Tale questione deve quindi essere dichiarata irricevibile.
Sulle spese
85 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno,
deve essere interpretato nel senso che:
esso non si applica unicamente alle concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentano un interesse transfrontaliero certo.
2) L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123
deve essere interpretato nel senso che:
esso non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione.
3) Dall’esame della prima questione non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva 2006/123 alla luce dell’articolo 94 CE.
4) L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123
deve essere interpretato nel senso che:
l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti.
5) L’articolo 288, terzo comma, TFUE
deve essere interpretato nel senso che:
la valutazione dell’effetto diretto connesso all’obbligo e al divieto previsti dall’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 e l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie incombono ai giudici nazionali e alle autorità amministrative, comprese quelle comunali.