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24 novembre 2023
Maltrattamenti in famiglia: con il Codice Rosso aggravati anche se commessi in presenza di un neonato

Per la Cassazione, «sussiste violenza assistita a prescindere dall'età del minorenne, purché il numero, la qualità e la ricorrenza degli episodi cui questi assiste siano tali da lasciare inferire il rischio della compromissione del suo normale sviluppo psico-fisico».

La Redazione

L'imputato ricorre per cassazione avverso la decisione della Corte d'Appello che aveva confermato la condanna per il delitto di maltrattamenti in famiglia alla presenza del figlio minore.
Tra i motivi di doglianza, il ricorrente lamenta l'errata applicazione dell'aggravante ex art. 572, c. 2, c.p. da parte della Corte d'Appello, la quale ha affermato, senza motivazione, che non occorre nell'infante la piena consapevolezza per percepire la portata negativa di avvenimenti violenti e dolorosi.
Secondo il ricorrente, va escluso che un bambino appena nato possa comprendere, elaborare o anche soltanto percepire l'ambiente circostante. Inoltre, sarebbe stato necessario un accertamento ulteriore, non realizzato nel caso di specie, in merito alla capacità delle condotte in oggetto di incidere sull'equilibrio psicofisico dello spettatore passivo.

Per la Cassazione il motivo è infondato. Nelle sue argomentazioni, la Corte richiama anzitutto un precedente (non citato dal ricorrente) che ha escluso la configurabilità dell'aggravante dei c.d. maltrattamenti assistiti, affermando esplicitamente che «la tenera età dell'infante non consentisse a quest'ultimo di percepire il contesto ambientale e le condotte maltrattanti (…), a prescindere, quindi, dal numero di comportamenti a cui il minore avesse assistito» (Cas. n. 21087/2022).
Per la Cassazione tale orientamento, successivo all'entrata in vigore della L. n. 69/2019 (cd. Codice Rosso), non è condivisibile poiché non trova giustificazione né nel dato letterale, né in quello teorico e di sistema, né, infine, nel dato empirico.

Quanto al dato letterale, per dare attuazione alla Convenzione di Istanbul del 2011 sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne, il nuovo art. 572 c.p., modificato appunto dal Codice Rosso con l'innesto dell'aggravante, non fa accenno alcuno all'età del minorenne.
Su un piano teorico e di sistema, la Corte osserva che «richiedere la verifica sull'idoneità della condotta a produrre un danno psico-fisico nel minorenne significherebbe ri-descrivere quest'ultimo in chiave di pericolo concreto e imporre, quindi, un accertamento, di caso in caso, non richiesto dal tipo. Significherebbe, in definitiva, destrutturare la forma dell'offesa prescelta dal legislatore».
Quanto al piano empirico, nell'ipotesi di “maltrattamenti assistiti” non vi è ragione di dubitare dell'offensività “in astratto” della fattispecie. Non è infatti incerto il pericolo di danno provocato dalla visione di comportamenti violenti «anche in bambini di età tenerissima, il cui sviluppo neurobiologico, nelle prime fasi, appare, anzi, particolarmente delicato e potrebbe quindi essere vieppiù compromesso proprio per l'impossibilità/difficoltà, per il neonato e l'infante di elaborare le immagini e gli stimoli cui sono passivamente sottoposti».

Sulla questione specifica un principio di diritto espresso in varie pronunce:

ildiritto

«sussiste violenza assistita a prescindere dall'età del minorenne, purché il numero, la qualità e la ricorrenza degli episodi cui questi assiste siano tali da lasciare inferire il rischio della compromissione del suo normale sviluppo psico-fisico».

Per questi motivi, la Cassazione rigetta il ricorso con sentenza n. 47121 del 23 novembre 2023.

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