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4 marzo 2024
L’equo compenso entra nel Codice deontologico forense
Il 23 febbraio 2024 il Consiglio Nazionale Forense ha approvato una modifica del Codice deontologico forense che ha introdotto due illeciti deontologici per quelle condotte che violano la legge sull'equo compenso.
di Avv. Fabio Valerini
Novità in materia di equo compenso
Dopo la consultazione con gli Ordini degli Avvocati, il Consiglio Nazionale ha approvato nella seduta amministrativa del 23 febbraio 2024 la modifica del Codice deontologico forense introducendo un articolo 25-bis che sanziona disciplinarmente le violazioni delle disposizioni in materia di equo compenso.
Ed infatti, la Legge 21 aprile 2023, n. 49 aveva introdotto le nuove disposizioni sull'equo compenso nell'ambito dei rapporti con quelli che sono stati definiti ed individuati come clienti forti.
Uno degli snodi più importanti della Legge – e certamente oggetto di ampio dibattito - è stato, però, quello che riconosce il possibile ruolo del professionista nell'accordo che non tenga conto dell'equo compenso.
Ed infatti, il Legislatore con l'obiettivo di rafforzare la disciplina dell'equo compenso aveva previsto all'art. 5 comma 5 l'introduzione da parte degli ordini e collegi professionali di due ipotesi di illecito deontologico a carico del professionista.
Secondo la nuova norma, infatti, «gli ordini e i collegi professionali adottano disposizioni deontologiche volte a sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell'obbligo di convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e determinato in applicazione dei parametri previsti dai pertinenti decreti ministeriali, nonché a sanzionare la violazione dell'obbligo di avvertire il cliente, nei soli rapporti in cui la convenzione, il contratto o comunque qualsiasi accordo con il cliente siano predisposti esclusivamente dal professionista, che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni della presente legge».
Sanzioni disciplinari
Il Consiglio Nazionale Forense ha quindi provveduto ad attuare la disposizione legislativa con la nuova norma contenuta nel Codice deontologico forense che è l'art. 25-bis rubricato «Violazioni delle disposizioni in materia di equo compenso» e composta di tre canoni il cui contenuto – come ci ricorda anche la Relazione di accompagnamento – «è stata declinata a rime praticamente obbligate».
La prima disposizione prevede che «l'avvocato non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso, non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti».
La seconda disposizione prevede che «nei casi in cui la convenzione, il contratto, o qualsiasi diversa forma di accordo con il cliente cui si applica la normativa in materia di equo compenso siano predisposti esclusivamente dall'avvocato, questi ha l'obbligo di avvertire, per iscritto, il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia».
La previsione che deve essere dato per iscritto l'avviso al cliente circa l'obbligo di rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia di equo compenso ha tenuto conto delle osservazioni presentate dagli Ordini.
La terza disposizione riguarda le sanzioni disciplinari in adesione al principio di tipizzazione cui è ispirato il nuovo Codice deontologico.
Ebbene, «la violazione del divieto di cui al primo comma (stipulazione di un accordo in violazione dell'equo compenso) comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dell'obbligo di cui al secondo comma (mancato avvertimento) comporta l'applicazione della sanzione disciplinare dell'avvertimento» (che è la minima sanzione disciplinare).
Prime considerazioni sull'art. 25-bis
Infine, alcune considerazioni sulla nuova norma.
In primo luogo, la genesi e il contenuto della norma disciplinare porta a concludere che l'ambito di applicazione è quello delle ipotesi che ricadono nell'ambito della legge sull'equo compenso e, quindi, quando l'avvocato si relazione con i c.d. clienti forti
Si deve, quindi, escludere un'applicazione generalizzata delle nuove disposizioni che deve essere intesa come limitata ai rapporti regolati dalla Legge 21 aprile 2023 n. 49.
In secondo luogo, pur essendo le sanzioni accorpate in un'unica disposizione (su indicazione degli Ordini), trattandosi comunque di due fattispecie distinte, l'una che riguarda l'avvenuta conclusione di un accordo in violazione dell'equo compenso) e l'altra che riguarda – in casi specifici di redazione dell'accordo da parte dell'avvocato – un avvertimento, le due condotte potrebbero dare luogo a due illeciti disciplinari autonomi.
La lettura del quadro sanzionatorio porta a chiederci le ragioni di una scelta delle sanzioni che si è assestata praticamente sul minimo edittale (l'avvertimento e la censura dove quest'ultima è stata prevista perché la condotta è più grave della semplice mancata avvertenza onde garantire l'adeguatezza al diverso disvalore effettivamente sussistente).
La risposta a questo interrogativo la possiamo trovare nella Relazione di accompagnamento dove leggiamo che «la tenuità delle misure delle sanzioni tiene conto del dibattito emerso durante i lavori preparatori della legge n. 49, laddove è stato evidenziato che il professionista che accetta un compenso iniquo è già in qualche modo una vittima di un cliente “forte”, e non andrebbe ulteriormente vessato da obblighi e/o sanzioni».
Peraltro, la deontologia potrebbe aiutare nella trattativa l'avvocato: osserva, infatti, il CNF che «l'argomento del rilievo disciplinare ben può essere utilizzato, dall'avvocato, nelle trattative con i clienti “forti”, per sottrarsi alle pressioni più spinte, ed ottenere magari condizioni contrattuali più vantaggiose».
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