Si tratta dell'art. 25-bis, il quale prevede la censura per i compensi ingiusti o sproporzionati e l'avvertimento per la mancata informativa al cliente.
Nella seduta del 23 febbraio 2024, il Consiglio Nazionale Forense ha approvato la nuova norma deontologica in materia di equo compenso, prevista dalla
L'obiettivo della Legge è quello di garantire che gli avvocati ricevano un adeguato compenso per la loro attività professionale, contrastando al tempo stesso il fenomeno delle parcelle troppo basse o addirittura gratuite.
L'avvocato, secondo la nuova norma del codice deontologico forense (art. 25-bis), non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta, e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti.
La violazione comporta l'applicazione in sede disciplinare della censura, e, nei casi in cui l'avvocato stipuli una qualsiasi forma di accordo con il cliente, la norma richiede l'obbligo ad avvertire per iscritto il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare i criteri stabiliti dalla legge, pena la nullità della pattuizione. La violazione di questa seconda disposizione normativa comporta l'applicazione della sanzione disciplinare dell'avvertimento.
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Art. 25-bis - Violazioni delle disposizioni in materia di equo compenso 1. L'avvocato non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta, e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti. 2. Nei casi in cui la convenzione, il contratto, o qualsiasi diversa forma di accordo con il cliente cui si applica la normativa in materia di equo compenso siano predisposti esclusivamente dall'avvocato, questi ha l'obbligo di avvertire, per iscritto, il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia. 3. La violazione del divieto di cui al primo comma comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dell'obbligo di cui al secondo comma comporta l'applicazione della sanzione disciplinare dell'avvertimento. |