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È legittimo il divieto, che dura ormai da molti anni, di rilascio di nuove licenze per l'espletamento del servizio di noleggio con conducente (NCC), fino alla piena operatività del registro informatico pubblico nazionale? |
- in primo luogo, che la legge impugnata riguarda solo il servizio di taxi;
- in secondo luogo, ha poi rilevato che, dal sistema normativo, non si può evincere alcun «radicale e indiscriminato divieto di erogare servizi innovativi» per coloro che svolgono il servizio di noleggio con conducente.
Corte costituzionale, sentenza (ud. 7 febbraio 2024) 7 marzo 2024, n. 35
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 16 del 2023, il quale dispone: a) che, allo scopo di far fronte all’incremento della domanda dovuto all’aumento dei flussi turistici e garantire i servizi di trasporto, il competente dipartimento regionale rilascia alla Ferrovie della Calabria srl «titoli autorizzatori non cedibili» per lo svolgimento del servizio di NCC di cui alla legge n. 21 del 1992 (comma 1); b) che tali autorizzazioni sono rilasciate «nel limite massimo di duecento autovetture, proporzionato alle esigenze dell’utenza, previa verifica del possesso dei requisiti di cui all’articolo 6 della legge n. 21/1992 e nelle more della specifica disciplina normativa, da adottarsi entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge» (comma 2);
che il ricorrente muove due ordini di censure all’impugnato art. 1, ritenendo che leda l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione alla materia «tutela della concorrenza», e l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., in riferimento al principio di sussidiarietà;
che, secondo il primo motivo di censura, la disposizione oggetto di doglianza si porrebbe in contrasto, da un lato, con gli artt. 5, comma 1, e 8, comma 1, della legge n. 21 del 1992, alla stregua dei quali i comuni, una volta stabiliti i requisiti e le condizioni per il conseguimento delle autorizzazioni all’esercizio del servizio di NCC, le rilasciano previa pubblicazione di un «bando di pubblico concorso»; dall’altro, con l’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, che preclude la concessione di nuove autorizzazioni all’esercizio del servizio di NCC fino alla «piena operatività» del registro informatico pubblico nazionale introdotto dal precedente comma 3 e non ancora operativo;
che, quanto al secondo motivo di censura, ad avviso del ricorrente la disposizione impugnata priverebbe i comuni delle funzioni affidate loro dal citato art. 5, comma 1, della legge n. 21 del 1992;
che, prendendo le mosse dal dedotto vulnus all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., deve essere in limine invertito l’ordine dei profili di doglianza prospettato nel ricorso;
che, in tale prospettiva, la censura statale di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. deve essere esaminata innanzitutto con riguardo all’asserita violazione della norma parametro di cui all’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, in quanto struttura, in sostanza, un divieto di rilascio di nuove autorizzazioni al servizio di NCC;
che questo divieto, infatti, deriva dal comma 3 del medesimo art. 10-bis – laddove prevede l’istituzione di «un registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il servizio taxi […] e di quelle di autorizzazione per il servizio» di NCC e demanda a un decreto «del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti» l’individuazione delle «specifiche tecniche di attuazione e [del]le modalità con le quali le predette imprese dovranno registrarsi» – e, in particolare, dal successivo comma 6, secondo cui, «fino alla piena operatività» del medesimo registro, «non è consentito il rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio» di NCC;
che la censura in parola è del resto logicamente preliminare rispetto alla prospettata violazione del primo gruppo di norme parametro – artt. 5, comma 1, e 8, comma 1, della legge n. 21 del 1992 – indicate dal ricorso statale, che si pongono a valle di detto divieto, riguardando le modalità di affidamento delle autorizzazioni stesse;
che sussiste un evidente rapporto di necessaria pregiudizialità (ordinanza n. 94 del 2022) tra la questione promossa dal ricorrente in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e quelle derivanti dai dubbi di legittimità costituzionale che suscita la disciplina recata dall’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, le quali si configurano come «logicamente pregiudizial[i] e strumental[i]» alla definizione dell’odierno giudizio (ex plurimis, ordinanze n. 94 del 2022, n. 18 del 2021; nello stesso senso, ordinanza n. 114 del 2014);
che, del resto, «non può […] ritenersi che proprio la Corte […] sia tenuta ad applicare leggi incostituzionali» (ordinanza n. 22 del 1960), giungendosi altrimenti al paradosso che, sino a quando una questione su di esse non sia sollevata in via incidentale dal giudice comune, venga dichiarata l’illegittimità costituzionale di una disposizione legislativa sulla base di un’altra, assunta a parametro interposto, a sua volta in contrasto con la Costituzione;
che è quindi pregiudizialmente necessario, al fine della definizione del presente giudizio, affrontare la questione della legittimità costituzionale del divieto di rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di NCC, stabilito fino alla piena operatività del suddetto registro informatico;
che tale registro non era operativo al momento dell’adozione della disposizione impugnata, dal momento che l’efficacia del decreto ministeriale di cui al comma 3 dell’art. 10-bis, che ne ha stabilito la piena operatività a decorrere dal 2 marzo 2020 (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, decreto del Capo dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale, del 19 febbraio 2020, n. 4), è stata, il giorno seguente, sospesa e differita (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, decreto del Capo dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale, del 20 febbraio 2020, n. 86) sino all’adozione del decreto previsto dal comma 2 dello stesso art. 10-bis, diretto alla determinazione delle specifiche tecniche del foglio di servizio in formato elettronico, che, tuttavia, non è stato emanato;
che questa Corte ha già esaminato, con la sentenza n. 56 del 2020, proprio in relazione a un ricorso in via principale della Regione Calabria, il divieto stabilito dall’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, escludendo «un’irragionevole restrizione della concorrenza a vantaggio dei titolari di licenze per taxi, per le quali il divieto temporaneo di rilascio non opera», ma solo nella misura in cui «il numero delle imprese operanti nel settore» veniva bloccato «per il tempo tecnico strettamente necessario ad adottare in concreto il nuovo registro»;
che in forza del permanere del blocco all’ingresso di nuovi NCC dopo più di cinque anni dalla entrata in vigore del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, si deve ritenere che tale «tempo tecnico» si sia potuto protrarre in modo del tutto ingiustificato, al punto da condurre a dubitare della legittimità costituzionale della modalità con cui il suddetto art. 10-bis, comma 6, ha stabilito il divieto di cui si discute;
che i dubbi di costituzionalità non possono essere esclusi perché riconducibili a «un mero inconveniente di fatto», ovvero a mere «circostanze contingenti attinenti alla […] concreta applicazione» della disposizione (ex plurimis, sentenza n. 170 del 2017), non idonee secondo la giurisprudenza di questa Corte a introdurre il giudizio di legittimità costituzionale di una norma;
che essi, infatti, derivano dalla «stessa struttura» (sentenza n. 132 del 2018) del «meccanismo normativo» previsto dalla disposizione in oggetto e dalla «sua combinazione» (sentenza n. 166 del 2022) con le previste modalità dirette a dare «piena operatività [a]ll’archivio informatico pubblico nazionale»;
che è proprio tale combinazione a consentire la possibilità di bloccare per un tempo indefinito il rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di NCC, come in effetti è sino a ora avvenuto;
che la non manifesta infondatezza della questione pregiudiziale sull’art.10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, si pone in relazione agli artt. 3, in riferimento ai principi di ragionevolezza e proporzionalità, 41, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost.;
che, alla luce di «un “apprezzamento di conformità tra la regola introdotta e la ‘causa’ normativa che la deve assistere”» (da ultimo, sentenza n. 195 del 2022), si può dubitare dell’intrinseca razionalità della suddetta norma;
che altresì si può dubitare, in riferimento al principio di proporzionalità, dell’esistenza di una connessione razionale tra il mezzo predisposto dal legislatore e il fine che questi intende perseguire (ex plurimis, sentenza n. 8 del 2024);
che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, non è configurabile una lesione della libertà d’iniziativa economica privata solo «allorché l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda, oltre che alla protezione di valori primari attinenti alla persona umana, come sancito dall’art. 41, comma secondo, Cost., all’utilità sociale» (sentenza n. 150 del 2022; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 151 e n. 47 del 2018, n. 16 del 2017 e n. 56 del 2015);
che, tuttavia, si può dubitare che la disposizione statale in oggetto, per come strutturata, sia riconducibile a un motivo di utilità sociale o a un interesse della collettività, apparendo piuttosto rispondere a un’istanza protezionistica;
che questa Corte ha chiarito come blocchi o sospensioni delle autorizzazioni funzionali all’esercizio di attività economiche possono tradursi in «una indebita barriera all’ingresso nel mercato», ponendosi «in contrasto, altresì, con la libertà formale di accesso al mercato garantita dal primo comma dell’art. 41 Cost.» (sentenza n. 7 del 2021);
che questa Corte ha anche di recente evidenziato che proprio il mercato del trasporto pubblico non di linea è «caratterizzato, come più volte ha rimarcato l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (da ultimo, mediante segnalazione del 3 novembre 2023, rif. n. S4778), da una inadeguata apertura all’ingresso di nuovi soggetti» (sentenza n. 8 del 2024);
che la necessità di evitare ingiustificate barriere nello specifico settore del trasporto di persone mediante il servizio di NCC è stata di recente precisata anche dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, chiarendo che restrizioni alla libertà di stabilimento possono essere ammesse solo a condizione, «in primo luogo, di essere giustificate da un motivo imperativo di interesse generale e, in secondo luogo, di rispettare il principio di proporzionalità, il che implica che esse siano idonee a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccedano quanto necessario per conseguirlo» (sentenza 8 giugno 2023, in causa C-50/21, Prestige and Limousine SL);
che si può quindi dubitare della conformità della norma in questione alla libertà di stabilimento di cui all’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), così come interpretata dalla Corte di giustizia;
che, pertanto, questa Corte non può esimersi, ai fini della definizione del presente giudizio, dal risolvere pregiudizialmente le questioni, come sopra prospettate, della legittimità costituzionale del divieto di rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di NCC stabilito all’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 41 primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 49 TFUE.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) solleva, disponendone la trattazione innanzi a sé, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis, comma 6, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, in riferimento agli artt. 3, 41, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea;
2) sospende il presente giudizio fino alla definizione delle questioni di legittimità costituzionale di cui sopra;
3) ordina che la cancelleria provveda agli adempimenti di legge.
Corte costituzionale, sentenza (ud. 7 febbraio 2024) 7 marzo 2024, n. 36
Svolgimento del processo
1.– Con ricorso iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2023, notificato il 6 ottobre 2023 e depositato il successivo 9 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 4, della legge della Regione Calabria 7 agosto 2023, n. 37 (Disposizioni per l’esercizio del trasporto pubblico non di linea e norme concernenti il ruolo dei conducenti dei servizi pubblici di trasporto non di linea), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
1.1.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione regionale accorderebbe anche a chi esercita servizio di noleggio con conducente (da ora, anche: NCC), e non soltanto ai titolari delle licenze per il servizio di taxi, la facoltà di sperimentare forme innovative di servizio all’utenza.
1.2.– Tale estensione contrasterebbe con la normativa statale e, in particolare, con l’art. 2, comma 3-bis, della legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea), che consentirebbe ai comuni di prevedere, per i soli titolari di licenza per il servizio di taxi, la facoltà di svolgere servizi integrativi, come il taxi ad uso collettivo o altre forme organizzate del servizio.
La suddetta limitazione sarebbe confermata dall’art. 6, comma 1, lettera e), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, che regola i servizi innovativi e ne circoscrive la sperimentazione all’ambito del servizio di taxi.
La disposizione impugnata sarebbe, dunque, lesiva della competenza legislativa esclusiva statale nella materia «tutela della concorrenza», in quanto spetterebbe allo Stato il compito di definire il punto di equilibrio fra il libero esercizio delle attività di trasporto e gli interessi pubblici che interferiscono con tale libertà, dettando una disciplina uniforme delle condizioni di svolgimento del servizio di NCC.
2.– Con atto depositato il 15 novembre 2023, si è costituita in giudizio la Regione Calabria, che ha chiesto di dichiarare inammissibile o comunque non fondata la questione di legittimità costituzionale promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri.
2.1.– Secondo la parte resistente, la disposizione impugnata sarebbe espressione della competenza residuale della Regione in ordine ai servizi pubblici non di linea e non si discosterebbe dalla normativa statale sui servizi innovativi. Non si riscontrerebbe, pertanto, alcuna invasione della sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato.
2.2.– Ad ogni modo, non sarebbe convincente l’interpretazione adombrata nel ricorso, che limita ai soli titolari di licenza per servizio di taxi la facoltà di avvalersi di forme innovative di servizio all’utenza.
3.– L’Associazione nazionale imprese trasporto viaggiatori (ANITraV) ha depositato, in qualità di amicus curiae, opinione scritta, ammessa con decreto presidenziale del 21 dicembre 2023, e ha evidenziato le criticità del settore del servizio pubblico non di linea, segnalate anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall’Autorità di regolazione dei trasporti.
Non sarebbe avvalorata dal dato normativo la tesi del ricorrente, che considera vietati i servizi innovativi ai titolari di autorizzazione per il servizio di NCC. La disparità di trattamento tra chi esercita il servizio di taxi e chi esercita il servizio di NCC sarebbe comunque arbitraria.
4.– In prossimità dell’udienza, il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa e ha ribadito le conclusioni già rassegnate, replicando, inoltre, alle argomentazioni della parte resistente e dell’amicus curiae.
4.1.– La disposizione impugnata sarebbe pleonastica, se fosse intesa come sostanziale riproduzione di quella dettata dallo Stato.
4.2.– Non avrebbe fondamento, infine, la tesi dell’amicus curiae, che denuncia un trattamento deteriore dei titolari di autorizzazione all’esercizio di servizio di NCC, senza tener conto della specificità di tale servizio, non comparabile a quello di taxi.
5.– All’udienza, la parte ricorrente e la parte resistente hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate negli atti difensivi.
Motivi della decisione
1.– Con ricorso iscritto al n. 31 reg. ric. 2023, il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l’art. 2, comma 4, della legge reg. Calabria n. 37 del 2023, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
1.1.– La disposizione regionale consente ai Comuni, «su richiesta dei titolari di licenza del servizio di taxi o dei soggetti di cui all’articolo 7, comma 1, lettere b) e c), della legge n. 21/1992», di «prevedere, in via sperimentale, forme innovative di servizio all’utenza, con obblighi di servizio e tariffe differenziati, rilasciando a tal fine apposite autorizzazioni».
1.2.– Il ricorrente censura la disciplina regionale, in quanto estende la facoltà di sperimentare forme innovative di servizio all’utenza ai soggetti autorizzati a svolgere il servizio di NCC.
Tale estensione si porrebbe in conflitto con la normativa statale dettata dagli artt. 2, comma 3-bis, della legge n. 21 del 1992 e 6, comma 1, lettera e), del d.l. n. 223 del 2006, come convertito, che riconoscerebbe la facoltà di erogare servizi innovativi ai soli titolari della licenza per il servizio di taxi, così ledendo le attribuzioni del legislatore statale nella materia «tutela della concorrenza» (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.).
2.– La questione non è fondata, nei termini che seguono.
3.– Le censure muovono da un’erronea premessa ermeneutica, per quel che concerne l’interpretazione della normativa regionale e il profilo connesso della tutela della concorrenza nel mercato dei servizi pubblici di trasporto non di linea.
4.– Quanto all’ambito di applicazione della disposizione impugnata, si deve rilevare che essa non annovera, tra i suoi destinatari, coloro che esercitano il servizio di NCC.
4.1.– La disciplina regionale si raccorda all’art. 6, comma 1, lettera e), del d.l. n. 223 del 2006, come convertito, che si prefigge di «assicurare per il servizio di taxi il tempestivo adeguamento dei livelli essenziali di offerta del servizio taxi necessari all’esercizio del diritto degli utenti alla mobilità».
In tale contesto s’inquadra la facoltà dei comuni di «prevedere in via sperimentale forme innovative di servizio all’utenza, con obblighi di servizio e tariffe differenziati, rilasciando a tal fine apposite autorizzazioni ai titolari di licenza del servizio di taxi o ai soggetti di cui all’articolo 7, comma 1, lettere b) e c), della citata legge n. 21 del 1992».
Alle forme innovative di servizio all’utenza possono accedere, dunque, soltanto i titolari di licenza per il servizio di taxi, che svolgano l’attività in forma individuale o che siano associati in cooperative di produzione e lavoro o in cooperative di servizi (art. 7, comma 1, lettera b, della legge n. 21 del 1992) o in consorzi tra imprese artigiane e in tutte le altre forme previste dalla legge (art. 7, comma 1, lettera c, della legge n. 21 del 1992).
4.2.– La previsione della legge reg. Calabria n. 37 del 2023, nelle sue linee essenziali, ricalca la normativa statale e ne specifica le indicazioni, con esclusivo riguardo al servizio di taxi.
Inequivocabile, in tal senso, è il richiamo agli obblighi di servizio, che attengono al servizio di taxi e ne rappresentano il tratto distintivo rispetto al servizio di NCC, caratterizzato dal ruolo preponderante delle autonome pattuizioni dei contraenti.
Né la disposizione regionale racchiude alcun riferimento al servizio di NCC che possa corroborare, dal punto di vista testuale, l’interpretazione delineata nel ricorso.
4.3.– Tale interpretazione non trova riscontro neppure sul versante sistematico.
La legge reg. Calabria n. 37 del 2023 persegue l’obiettivo di dettare «norme in materia di trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea in applicazione della legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea)» (art. 1), e perciò dev’essere interpretata in armonia con la normativa statale, in mancanza di indici testuali di segno contrario.
4.4.– La disposizione impugnata, così delimitata nell’oggetto e nelle finalità che la ispirano, non incide, pertanto, sul servizio di NCC.
Essa si colloca nell’alveo della competenza regionale residuale nella materia del trasporto pubblico locale (fra le molte, sentenza n. 56 del 2020), senza sconfinare nell’àmbito riservato al legislatore statale e senza alterare il punto di equilibrio individuato dalla legge n. 21 del 1992 nell’esercizio della competenza definita dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
5.– La premessa interpretativa che sorregge il ricorso non si rivela fondata neppure con riferimento al supposto divieto di svolgere i servizi innovativi nel settore di NCC.
Il ricorrente prende le mosse dall’assunto che tali servizi siano preclusi a coloro che esercitano l’attività di NCC. Dalla disciplina espressa che il legislatore statale limita ai servizi innovativi nell’ambito del mercato dei taxi, si dovrebbe evincere, a contrario, che tali servizi siano vietati ai soggetti autorizzati a svolgere l’attività di NCC.
Tale assunto, che rappresenta il fulcro dell’odierno giudizio, è contraddetto da argomenti di carattere sia letterale sia sistematico.
6.– Si deve rilevare, anzitutto, che i divieti devono essere sanciti in termini espliciti, tanto più quando investono punti qualificanti dell’assetto normativo e limitano la libertà garantita dall’art. 41 Cost.
6.1.– È la stessa evoluzione diacronica della disciplina del servizio di NCC a confermare che il legislatore, allorché ha introdotto limiti e divieti, li ha posti in maniera espressa.
In maniera espressa stabiliscono vincoli e condizioni stringenti l’art. 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti), convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2009, n. 14, e l’art. 10-bis del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12.
6.2.– La necessità d’interpretare in senso restrittivo i divieti (Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 18 ottobre 2021, n. 28565) e il perimetro delle sanzioni amministrative (Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 19 maggio 2017, n. 12679) orienta anche la giurisprudenza di legittimità, che, in tema di servizio di NCC, afferma la necessità di una previsione espressa dell’eventuale trattamento differenziato.
6.3.– Né si possono trarre indicazioni di segno contrario dall’art. 6 del d.l. n. 223 del 2006, come convertito, che interviene a regolare in modo organico lo svolgimento dei servizi innovativi nel settore dei taxi, senza vietarli, tuttavia, per l’attività di NCC.
Per i taxi, l’esigenza di un’apposita disciplina trae origine dal nesso che intercorre tra le forme innovative, incentivate dal legislatore statale, e gli speculari obblighi di servizio, destinati a riverberarsi sulla modulazione delle tariffe e sul concreto atteggiarsi delle autorizzazioni necessarie.
Inoltre, la ratio del d.l. n. 223 del 2006, come convertito, e di un intervento puntuale del legislatore risiede nell’indifferibile necessità di porre rimedio alle carenze e alle rigidità del servizio dei taxi e di attuare il «principio comunitario di libera concorrenza» e quello «di libertà di circolazione delle persone e dei servizi», al fine di assicurare «la funzionalità e l’efficienza del medesimo servizio adeguati ai fini della mobilità urbana ai sensi degli articoli 43, 49, 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea e degli articoli 3, 11, 16, 32, 41 e 117, comma secondo, lettere e) e m), della Costituzione» (art. 6, comma 1, del citato d.l. n. 223 del 2006, come convertito).
La finalità di attuare il «principio comunitario di libera concorrenza» in un peculiare settore, contraddistinto da una marcata connotazione pubblicistica e perciò bisognoso di regole dettagliate, non può comportare alcun sacrificio della libertà dell’iniziativa economica privata in relazione all’attività di NCC, estranea all’àmbito applicativo dell’intervento riformatore.
6.4.– Si deve escludere, infine, che la diversa configurazione dei servizi pubblici non di linea si rifletta nell’erogazione dei servizi innovativi, tanto da precluderla nell’attività di NCC.
Lo speciale regime che il legislatore appresta per tale attività, rivolta a un’utenza specifica e non indifferenziata, la sua vocazione locale e le prescrizioni stabilite dalla legge al fine precipuo di salvaguardarla non sono in antitesi con la fornitura di servizi innovativi.
Il radicale e indiscriminato divieto di erogare servizi innovativi è smentito, peraltro, dal rilievo che lo stesso legislatore mostra di attribuire, in quest’àmbito, all’innovazione, allorché consente di effettuare la prenotazione, presso la sede o la rimessa, anche mediante l’impiego di strumenti tecnologici (art. 3, comma 1, della legge n. 21 del 1992, come novellato dal citato d.l. n. 135 del 2018, come convertito).
7.– Nella ricostruzione del sistema, si rivela decisivo lo stesso riparto delle competenze, invocato nell’atto d’impugnazione e legato indissolubilmente ai principi costituzionali che s’intersecano con la tutela della concorrenza.
8.– Il divieto, che la difesa dello Stato prospetta, non si potrebbe ricondurre a tale tutela, nella latitudine che essa presenta nel disegno costituzionale.
La tutela della concorrenza, invero, non si declina soltanto come contrasto agli atti e ai comportamenti delle imprese che incidano negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati, ma investe anche la promozione della competizione tra le imprese.
Tale promozione, che giustifica l’incidenza della normativa statale sulle materie di competenza regionale, si realizza, in primo luogo, mediante l’eliminazione di limiti e vincoli alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale. Alla promozione della concorrenza cooperano anche le procedure concorsuali di garanzia, dirette ad assicurare la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici (fra le molte, sentenza n. 56 del 2020, con riferimento al trasporto pubblico non di linea).
Il carattere finalistico della tutela costituzionale della concorrenza impone a questa Corte di vagliare la conformità della normativa statale allo scopo che la Costituzione prescrive come compito primario dello Stato nelle più disparate espressioni della vita economica.
Tale obiettivo non rispecchia un’accezione meramente statica e conservativa, ma si estrinseca, in via prioritaria, nell’ampliamento dell’area di libera scelta sia dei cittadini, sia delle imprese (sentenza n. 430 del 2007).
9.– In questa prospettiva, la ricerca e l’impiego delle innovazioni rivestono un ruolo essenziale.
Le innovazioni, che spaziano in ogni settore (i prodotti, i metodi di produzione, le strutture industriali, i mercati), rappresentano il cardine della libertà d’iniziativa economica privata e dell’interazione fra le imprese in un mercato efficiente e attento ai bisogni dei consumatori.
Un indistinto divieto di svolgere i servizi innovativi, che prescindesse quindi dalla necessaria valutazione di eventuali esternalità negative, lederebbe il nucleo essenziale dell’iniziativa economica privata e del processo competitivo che su di essa si fonda.
Tale vulnus sarebbe ancor più palese in un contesto caratterizzato da incessanti innovazioni tecnologiche, che sfruttano la rete e l’interconnessione fra diverse modalità di trasporto, e dalla ricerca di nuove tipologie di fornitura del servizio, che non è possibile predeterminare in astratto o vietare senza una ponderazione dei costi e dei benefici.
10.– Il divieto, addotto dal ricorrente a supporto delle censure, non solo confliggerebbe con la tutela della concorrenza, ma determinerebbe un grave sacrificio della libertà d’iniziativa economica privata, senza attuare alcun punto di equilibrio tra il libero esercizio delle attività economiche e gli interessi pubblici coinvolti dalla dinamica competitiva del mercato (sentenze n. 265 del 2016 e n. 30 del 2016).
10.1.– Nel settore del noleggio con conducente, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della previsione di aggravi gestionali e organizzativi sprovvisti di un’adeguata giustificazione e sproporzionati, come l’obbligo indefettibile di rientrare in rimessa prima d’intraprendere un nuovo trasporto (sentenza n. 56 del 2020).
10.2.– In consonanza con tali principi si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità, che, per i trattamenti differenziati tra il servizio di taxi e quello di NCC, ha posto l’accento sulla necessità di una finalità legittima e sull’osservanza dei canoni di adeguatezza e proporzionalità (Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 10 ottobre 2008, n. 24942).
10.3.– Anche la giurisprudenza amministrativa, chiamata a vagliare i limiti imposti in via esclusiva a chi eserciti l’attività di NCC, li ha considerati lesivi dei principi d’imparzialità dell’attività amministrativa e di ragionevolezza, oltre che della libertà d’iniziativa economica privata, quando alterino le regole di competizione fra le diverse tipologie di operatori dell’autotrasporto e implichino «una ingiustificata restrizione del principio di concorrenza» (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 7 febbraio 2024, n. 1261).
10.4.– Indicazioni convergenti si desumono dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea riguardante l’applicazione dell’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che garantisce la libertà di stabilimento, ai rapporti tra imprese che forniscono il servizio di taxi e imprese autorizzate per il servizio di NCC.
Con riferimento al più esiguo numero di licenze che una normativa spagnola attribuiva a chi esercita il servizio di NCC (un trentesimo di quelle riservate ai taxi), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha ribadito la necessità di esaminare in modo rigoroso le preminenti finalità d’interesse generale che presiedono alla disciplina limitativa (gli obiettivi di corretta gestione del trasporto, del traffico e dello spazio pubblico dell’agglomerato urbano e di protezione dell’ambiente). Le misure adottate, inoltre, devono essere adeguate e non devono travalicare quanto si dimostri indispensabile per conseguire gli obiettivi fissati dalla legge (Corte di giustizia UE, prima sezione, sentenza 8 giugno 2023, causa C-50/21, Prestige and Limousine, SL).
La pronuncia citata ha posto in risalto il ruolo cruciale che i servizi di NCC sono deputati a svolgere, proprio in virtù dell’impiego dell’innovazione tecnologica, per «contribuire a conseguire l’obiettivo di una mobilità efficiente e inclusiva, grazie al loro livello di digitalizzazione e alla flessibilità nella fornitura di servizi, come una piattaforma tecnologica accessibile ai non vedenti» (paragrafo 96).
11.– In definitiva, i divieti e gli obblighi posti in capo alle imprese autorizzate al servizio di NCC, per essere legittimi, devono essere funzionali alla tutela di uno specifico interesse pubblico, adeguati e proporzionati rispetto allo scopo da perseguire. Nel caso di specie non si ravvisa alcuna finalità di interesse generale che possa giustificare il divieto di erogare servizi innovativi.
12.– Un divieto generalizzato di fornire servizi innovativi mancherebbe di qualsiasi giustificazione razionale e configurerebbe una misura protezionistica a favore di una determinata categoria di imprese, pregiudicando non soltanto la libertà di iniziativa economica privata, che ha la sua cifra caratteristica nella costante ricerca di innovazioni, ma anche il benessere del consumatore.
12.1.– La domanda di mobilità non di linea considera ormai in larga parte fungibili i servizi di taxi e di NCC, come hanno segnalato l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Segnalazione del 15 ottobre 2019), l’Autorità di regolazione dei trasporti pubblici (Segnalazioni al Parlamento e al Governo del 21 maggio 2015 e del 10 marzo 2017), la Commissione europea (Comunicazione della Commissione europea concernente un trasporto locale di passeggeri su richiesta, taxi e veicoli a noleggio con conducente, ben funzionante e sostenibile, 2022/C 62/01).
In un contesto in cui l’incontro tra la domanda e l’offerta di mobilità si avvale delle applicazioni su internet e notevoli sono, soprattutto nelle grandi città, le difficoltà nel soddisfare in modo efficiente la domanda di trasporto locale non di linea, i consumatori si rivolgono in maniera indifferenziata alle due tipologie d’impresa, che tendono, perciò, a confluire in un unico mercato.
12.2.– Il divieto di erogare servizi innovativi, disancorato dalle diversità di regime dei due servizi pubblici non di linea, conculcherebbe la libertà di scelta, risolvendosi in un pregiudizio per il consumatore, che rappresenta il punto di riferimento ineludibile di qualsiasi disciplina volta alla tutela della concorrenza.
La possibilità per le imprese di NCC di erogare servizi innovativi, riconosciuta anche alle imprese autorizzate al servizio di taxi, sia pure compatibilmente con gli obblighi di tariffa e di servizio pubblico che le caratterizzano, amplia la libertà di scelta del consumatore e così facendo accresce il grado di effettività della libertà di circolazione (art. 16 Cost.), che è la condizione per l’esercizio di altri diritti, concernenti le sfere più diverse, dal lavoro, allo studio, alla cultura, allo svago, al turismo.
Né, sul profilo del benessere del cittadino consumatore, sottoposto all’udienza al contraddittorio delle parti, sono stati indicati elementi circostanziati atti a giustificare il divieto di erogare i servizi innovativi.
13.– Anche da quest’angolazione, il divieto in esame non costituirebbe il punto di equilibrio tra i diversi interessi di rilievo costituzionale che, nella disciplina del trasporto pubblico non di linea, si confrontano.
14.– Alla luce del quadro sistematico così ricostruito, la legislazione statale evocata dal ricorrente e quella regionale che ne condivide l’àmbito applicativo devono essere interpretate nel senso che non impediscono ai soggetti autorizzati a svolgere il servizio di NCC di erogare servizi innovativi, nell’osservanza degli obblighi sanciti dalla legge per la specifica attività svolta.
15.– Dai rilievi illustrati discende la non fondatezza della questione.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 4, della legge della Regione Calabria 7 agosto 2023, n. 37, recante «Disposizioni per l’esercizio del trasporto pubblico non di linea e norme concernenti il ruolo dei conducenti dei servizi pubblici di trasporto non di linea», promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.